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Valdesi. 

Membri di un movimento di rinnovamento che ebbe inizio nel XII secolo e finì per diventare una Chiesa con un credo calvinista. Nel 1174, un ricco mercante di Lione, Pietro Valdo (morto prima del 1219), dopo aver sentito l'invito di Cristo al giovane ricco (Mt 19,21), distribuì le sue ricchezze ai poveri e cominciò a predicare il vangelo nel Sud della Francia. Con frequenti attacchi sulla mondanità della Chiesa, Valdo e i suoi seguaci provocarono costanti urti. Dopo il fallimento del Concilio Lateranense III (1179) di riportarli all'unità, furono scomunicati nel Concilio di Verona (1184). La loro rinuncia a qualsiasi uso di violenza, il loro rifiuto di fare giuramenti (DS 913), la predicazione senza l'approvazione ufficiale della Chiesa (cf DS 809) scavarono un fosso troppo ampio per poterlo colmare. Nel 1207, Innocenzo III bandì una crociata contro gli Albigesi che colpì anche le basi dei Valdesi nel Sud della Francia. Molti Valdesi emigrarono in Spagna, Germania, Boemia, Polonia, Savoia e Piemonte. I Valdesi che ritornarono alla Chiesa Cattolica nel 1207 dovettero fare una professione di fede che riguardava i problemi discussi (cf DS 790‑797; FCC 3.009; 7.055‑7.56). I Valdesi italiani cercarono un contatto con la Riforma protestante nel Sinodo di Chanforans (1532) e adottarono la confessione di fede calvinista. Dopo il massacro di Valdesi nel 1655, pianti da John Milton nella sua poesia: « Sul recente massacro in Piemonte », alcuni comuni di montagna ottennero il permesso di praticare liberamente la loro religione. Dopo il 1848, godettero di una vera libertà politica e religiosa. Nel 1922, istituirono la loro Facoltà di teologia, proprio nelle vicinanze del Vaticano. Sono una Chiesa di circa trentamila aderenti e costituiscono in Italia il gruppo protestante più forte. Cf Calvinismo; Hussiti; Protestante; Riforma.

 

Valentiniani. 

Seguaci di Valentino che fondò una delle sètte gnostiche più importanti nel II secolo. Pare che sia nato in Egitto e che abbia guidato gli Gnostici di Alessandria prima di venire a Roma verso il 135. Vi stette per circa vent'anni e ad un certo punto sperò di divenire vescovo di Roma. Insegnò un sistema complicato di eoni che originariamente formavano il pleroma. Più tardi, mediante la syzigies (Siriaco « accoppiare », « unire in matrimonio »), la dèa Sophia ed uno degli eoni inferiori diedero origine al Demiurgo o creatore dell'universo, identificato con il Dio (cattivo) dell'AT. Questo sistema fu combattuto energicamente da sant'Ireneo di Lione (circa 130 ‑ circa 200) (cf anche DS 1341). Cf Demiurgo; Dualismo; Gnosticismo; Marcionismo; Platonismo; Pleroma.

 

Validità (Lat. « forte », « efficace »).

Termine divenuto comune nella Chiesa col Concilio di Trento (DS 1809; FCC 9.356) e col papa Benedetto XIV (1675‑1758, papa dal 1740). Riguarda le condizioni che vanno osservate perché un atto sia efficace, anche nel Diritto Canonico (cf CIC 124). I sacramenti, per esempio, oltre ad essere primariamente segni dell'amore fedele di Cristo, hanno i loro elementi essenziali e perciò possono essere validi o invalidi. Una condizione per ricevere validamente un sacramento è di essere innanzitutto battezzati (CIC 842). L'invalidità è sinonimo di nullità; un atto invalido può essere descritto come nullo e vuoto. La recezione valida di un sacramento significa il suo valore; la recezione fruttuosa significa che la grazia è impartita o accresciuta. Un cristiano che si sposa secondo le condizioni richieste dalla Chiesa, ma lo fa in stato di peccato mortale, è sposato validamente ma non ha (ancora) ricevuto la grazia del sacramento. Cf Forma del matrimonio; Grazia; Impedimenti del matrimonio; Peccato; Sacramento.

 

Vangeli apocrifi. 

Scritti cristiani che vanno dal II al IV secolo e che hanno l'intento di completare e di rivedere quello che dicono i vangeli canonici sulla nascita di Gesù, sulla sua vita, dottrina, morte e risurrezione. Comprendono « il Vangelo di Giacomo », « il Vangelo di Pietro », « il Vangelo di Tommaso », e « il Vangelo di Verità ». Cf Vangelo.

  

Vangeli dell'infanzia. 

Si chiamano così alcune opere apocrife come il Libro, o Protovangelo di Giacomo, e il Vangelo dell'infanzia di Tommaso, che inventano miracoli e altri particolari per narrare, spesso in modo fantastico, la storia della nascita e dell'infanzia di Gesù. Questi libri, non canonici, vanno distinti dai racconti dell'infanzia dei Vangeli di Matteo (1,1-2,23) e di Luca (1,5-2,52). Sebbene ci siano differenze nei particolari, Matteo e Luca sono tuttavia concordi nell'affermare che, dopo essere stato concepito verginalmente per opera dello Spirito Santo, Gesù nacque da Maria a Betlemme. La sua venuta diede compimento alla preparazione dell'AT e portò la rivelazione salvifica a tutti i popoli della terra (Mt 2,1‑12; Lc 2,30‑32). Cf Apocrifi; Concepimento verginale di Gesù; Protovangelo.

 

Vangeli Sinottici (Gr. « veduta simultanea »).

Sono i Vangeli di Matteo, Marco e Luca che sono spesso strettamente paralleli fra di loro come contenuto e fraseologia. Il termine viene da uno studioso protestante Jakob Johann Griesbach (1745‑1812) che pubblicò i tre Vangeli su colonne parallele in modo che si potessero cogliere con una veduta simultanea le loro grandi convergenze e le loro piccole divergenze. Per spiegare il loro ovvio rapporto letterario, la maggior parte degli studiosi contemporanei accettano la teoria delle « Due Fonti » secondo cui Marco scrisse per primo. Poi, Matteo e Luca si basarono su Marco e su una raccolta di detti di Gesù (Q o Quelle), avendo così due fonti distinte. Cf Quelle.

 

Vangelo (Gr. Buona novella »).  

Il messaggio o la proclamazione che il Regno di Dio è a portata di mano (Mc 1,14‑15) e che Gesù è effettivamente rivelato come il Figlio di Dio e il nostro Salvatore mediante la sua risurrezione dai morti (Rm 1,3‑4; 1 Cor 15,1‑11). Questo lieto annuncio porta la salvezza a chiunque crede (Rm 1,16), riassume il messaggio di san Paolo (Gal 1,11) e invita al sacrificio personale (Mc 8,35; 10,29). Nel II secolo, la parola « Vangelo » divenne il titolo per indicare i quattro libri del NT che trattano dell'insegnamento, attività, morte e risurrezione di Gesù: si ha così il Vangelo secondo Matteo, il Vangelo secondo Marco, il Vangelo secondo Luca, il Vangelo secondo Giovanni. Cf Evangelismo; Vangeli apocrifi.

 

Vaticano

Cf Concilio vaticano.

 

Vecchia ortodossia protestante. 

La fedeltà ai punti di fede cristiani che provengono dalla Scrittura e dalla Chiesa primitiva e che fu sostenuta dalle Chiese principali della Riforma nel secolo XVI e XVII. Cf Calvinismo; Luteranesimo; Neo‑ortodossia; Protestante; Riforma (La).

 

Vecchi cattolici. 

Quei cattolici che lasciarono la Chiesa Cattolica romana per vari problemi pur conservando parecchio della stessa tradizione. Il gruppo più importante è quello di lingua tedesca che si staccò dalla Chiesa per protestare contro i dogmi dell'infallibilità e del primato pontificio proclamati nel Vaticano I nel 1870 (DS 3050‑3075; FCC 7.176‑7.199). Questo gruppo si sentì incoraggiato a comportarsi così da un prete bavarese, storico della Chiesa, Johann Joseph Ignaz von Döllinger (1799‑1890). Nel 1889, la Chiesa giansenista di Utrecht, che si era staccata da Roma nel 1724, si unì ai Vecchi Cattolici. Nel 1932, i Vecchi Cattolici entrarono in piena comunione con la Chiesa d'Inghilterra. Cf Concilio Vaticano I; Giansenismo; Giurisdizione; Infallibilità; Papa.

 

Vecchi credenti. 

Quei Russi, specialmente contadini, che rifiutarono le riforme (principalmente liturgiche) di Nikon, patriarca di Mosca (1605‑1681). Scomunicati nel 1667 come Raskolniki  (= scismatici), furono perseguitati dallo Stato, specialmente sotto Pietro il Grande (1672‑1725). Il loro capo, l'arciprete Avvakum, fu bruciato sul rogo (1682). Siccome nessun vescovo si unì a loro, i Vecchi Credenti si divisero in due gruppi: quelli che cercarono di avere sacerdoti dalla loro parte e coloro che cercarono di sopravvivere senza di loro. Nel 1846, un vescovo deposto, Ambrogio di Bosnia, si unì a loro e il riconoscimento dello Stato avvenne nel 1881. Cf Calendario gregoriano.

 

Venerazione dei santi. 

Devozione che si manifesta verso persone defunte di santità eminente, cercando di imitarne la vita e di ottenere la loro intercessione presso Dio. I Santi sono venerati in un modo speciale dalla Chiesa Cattolica e da quella Ortodossa (UR 15), e, in una estensione minore, dalla Comunione Anglicana, in particolare a partire dal Movimento di Oxford. Gli Ebrei trassero ispirazione da grandi personaggi della storia del loro passato (Sir 44,1-50,21; cf 2 Mac 15,12‑16). Questo tema è ripreso dalla Lettera agli Ebrei che elenca molti eroi e eroine della fede (Eb 11,1-12,1). I primi cristiani veneravano la Beata Vergine Maria e i martiri. Origene (circa 185 ‑ circa 254) fu il primo a riflettere seriamente sulla devozione ai Santi. I primi non martiri venerati furono sant'Antonio Abate (circa 251‑356) e san Martino di Tours (morto nel 397). Il Concilio di Nicea II (787) contro gli iconoclasti d'Oriente, e quello di Trento (1545‑1563), contro l'iconoclasmo protestante, affermarono l'importanza di venerare i Santi. Gli altari vengono consacrati soltanto dopo che sono state fissate in essi reliquie di Santi. Nella Chiesa Orientale, la liturgia eucaristica è celebrata sull'antimension: è un pezzo di panno che contiene reliquie e che è posto sull'altare; compie una funzione analoga al corporale latino (panno inamidato su cui sono posti il calice e la patena). Cf Beatificazione; Canonizzazione; Comunione dei Santi; Concilio di Nicea II; Concilio di Trento; Iperdulìa; Martire; Miracolo; Movimento di Oxford; Pellegrinaggio; Reliquie; Santo.

 

Verginità. 

Uno stato di astensione dal matrimonio e dai rapporti sessuali. Fin dal tempo della Chiesa delle origini, comunità maschili e femminili hanno praticato una vita di verginità consacrata, alla sequela di Cristo, vivendo un programma di preghiera costante, servendo i bisognosi e agendo come un segno del regno finale di Dio (cf LG 42; PC 12, OT 10; CIC 604). Cf Bogomili; Castità; Catari; Celibato; Encratiti; Monachesimo; Vita religiosa.

 

Verità. 

Una caratteristica (a) della conoscenza, (b) dell'essere, (c) dell'attività.

  a) La conoscenza è vera quando i giudizi di uno sono logicamente coerenti e corrispondono al modo con cui sono le cose.

  b) Ogni realtà è vera, in quanto è intrinsecamente conoscibile e conosciuta da Dio.

  c) Le nostre parole e azioni sono vere quando attestiamo fedelmente ciò che noi conosciamo, viviamo secondo ciò che crediamo e troviamo le nostre teorie verificate dalle loro conseguenze pratiche.

  La parole ebraica per verità (emeth) è affine a amen e indica fedeltà vissuta. Dio è chiamato « ricco di grazia (hesed) e di fedeltà » (Es 34,6; cf Sal 117,2); è un ritornello dell'AT che riecheggia in Gv quando descrive il Verbo fatto carne « pieno di grazia e di verità » (Gv 1,14). Come perfetta rivelazione del Padre, Cristo è la verità (Gv 14,6). Il suo Santo Spirito ci « guiderà alla verità tutta intera » (Gv 16,13). I credenti sono resi liberi per « fare » la verità (Gv 3,21; 8,32). Mentre la filosofia intende la verità come una proprietà (della conoscenza, della realtà e dell'attività), il NT intende la verità in un modo profondamente personale che riguarda Cristo, lo Spirito Santo e i credenti. Cf Hesed; Rivelazione; Spirito Santo; Trascendentali.

 

Vescovo (Gr. « epìskopos », « ispettore »).

Uno che è stato ordinato nella pienezza del sacerdozio e che ha l'incarico di guidare una Chiesa particolare, o diocesi, con l'insegnamento, la cura pastorale e il ministero liturgico. Come successore degli Apostoli, condivide con l'intero corpo o collegio dei vescovi la responsabilità dell'intera Chiesa (cf LG 22‑23). Conferisce i sacri Ordini, e, in Occidente, è il ministro ordinario della Confermazione; la benedizione degli olii sacri è a lui riservata (cf CIC 375‑430) Cf Cattedra; Collegialità; Conferenza episcopale; Diocesi; Giurisdizione; Ordinario; Sacramento; Successione apostolica.

 

Vespri (Lat. « stella della sera »).

Canto o preghiera della sera nella Liturgia delle Ore. Nella riforma del 1970, i Vespri di rito latino hanno la seguente struttura:

  a) un versetto introduttorio;

  b) un inno che corrisponde al giorno, o alla festa o al periodo liturgico;

  c) tre salmi, uno dei quali è sostituito alle volte da un cantico biblico;

  d) una breve lettura tolta dalla Scrittura;

  e) un breve inno responsoriale;

  f) il Cantico di Maria, ossia il Magnificat (Lc 1,46‑55);

  g) le Intercessioni, seguite dal Padre nostro e dalla Colletta del giorno;

  h) la benedizione finale.

  Nel rito bizantino, la preghiera della sera è chiamata hesperinos (Gr. « preghiera della sera »). Durante la Quaresima, serve da introduzione per la Messa dei Presantificati. Cf Liturgia delle Ore; Lodi; Messa dei Presantificati.

 

Vestigia trinitatis  

(Lat. « impronte, tracce della Trinità »).

Accenni dell'essere tripersonale di Dio che si possono trovare nel mondo creato, specialmente negli esseri umani. Sant'Agostino di Ippona (354‑430) vide la Trinità rispecchiata nella memoria, nell'intelletto e nella volontà dell'essere umano. Altre tracce della Trinità possono essere l'« Io ‑ Tu Noi » dei rapporti interpersonali, la struttura della famiglia: padre ‑ madre ‑ figlio e la ricerca umana per la pienezza di vita, di significato e di amore. Cf Analogia; Creazione; Gloria; Immagine di Dio; Teologia naturale; Teologia trinitaria.

 

Via affirmationis, negationis, eminentiae  

(Lat « via di affermazione, via di negazione, via di eminenza »).

Queste tre regole per parlare analogicamente di Dio sono state formulate in modo classico da san Tommaso d'Aquino (circa 1225‑1274). La nostra esperienza della bontà umana, per esempio, ci permette di parlare della bontà di Dio. D'altra parte, Dio non è buono nel modo limitato con cui si dicono buoni gli esseri umani. Infine, Dio essendo la bontà infinita, è buono in un modo eminente che trascende la nostra comprensione e il nostro linguaggio. Cf Analogia; Cinque vie (Le); Teologia apofatica; Teologia catafatica; Teologia negativa; Trascendenza.

 

Viatico (Lat. « cibo per il viaggio »). 

La Santa Comunione data a coloro che sono in pericolo di morte per prepararli alla vita futura. La legge ecclesiastica elimina ogni restrizione per i cristiani che sono in punto di morte affinché possano confessare i loro peccati e ricevere l'Eucaristia (cf CIC 566, 844, 865, 867, 883, 913, 921, 961). Cf Eucaristia.

 

Vienne. Cf Concilio di Vienne. 

 

Virtù (Lat. « forza »). 

È l'atteggiamento di comportamento buono che rende capaci di fare ciò che è bene con facilità, piacere e coerenza. L'opposto è il vizio, ossia l'inclinazione abituale a fare il male. Cf Abito; Castità; Etica; Opzione fondamentale; Personalismo; Teologia morale.

 

Virtù cardinali (Lat. « cardine »). 

Sono la prudenza, temperanza, fortezza e giustizia che insieme sostengono l'intera struttura della vita morale. Cf Giustizia; Prudenza; Temperanza; Teologia morale.

 

Virtù della penitenza (Lat. « pentimento »). 

Il desiderio reale di abbandonare il peccato e di orientarsi nuovamente verso Dio. Cf Attrizione; Contrizione; Conversione; Metànoia.

 

Virtù eroiche. 

Si tratta della pratica delle virtù cristiane in un grado straordinario. Un simile eroismo è caratterizzato dalla carità, dall'umiltà e dalla sopportazione delle difficoltà per lunghi periodi. Perché uno venga beatificato e canonizzato, bisogna dimostrare che ha praticato le virtù in un modo superiore alla norma comune. I martiri formano l'unica eccezione, in quanto la natura eroica della loro morte pone l'intera loro vita in una prospettiva nuova. Cf Beatificazione; Canonizzazione; Martire; Santità; Virtù.

 

Virtù teologali. 

Sono la fede, la speranza e l'amore che sono diretti immediatamente verso Dio come Bene infinitamente verace e amabile e al quale possiamo affidare l'intera nostra vita e quella futura (1 Cor 13,13; Gal 5,5‑6; Col 1,4‑5; 1 Ts 1,3; 5,8; DS 1530‑1531; FCC 8.063‑8.064 DV 5). Cf Agàpe; Amore; Fede; Speranza.

 

Visione beatifica. 

È la visione immediata di Dio in cielo, che costituisce il nucleo della felicità eterna degli eletti (cf DS 1000‑1002; 1304‑1306; FCC 0.016‑0.018, 0.022‑0.024). Cf Cielo; Luce di gloria; Palamismo.

 

Visioni. (

Esperienze insolite in cui si manifestano esseri dell'altro mondo e che possono essere allucinazioni puramente soggettive o invece genuine comunicazioni di Dio (Is 6,1‑5; Lc 24,23; At 7,31; 10,17.19; 11,5; 12,9; 16,9‑10; 2 Cor 12,1‑4). La Chiesa gerarchica ha ritenuto degne di essere credute solo poche apparizioni di Maria, come quelle al beato Juan Diego, un contadino azteco, a Guadalupe, in Messico (1531), a santa Caterina Labouré, Parigi (1830), a La Salette, Francia (1846), a Bernardetta Soubirous a Lourdes (Francia) (1858), e a Lucia, Francesco e Giacinta a Fatima, Portogallo (1917). Le visioni possono essere corporee, quando si vede qualcosa; immaginative, quando l'immaginazione interiore è colpita (mentre non lo sono i sensi esterni); intellettive, quando il veggente riceve una percezione subitanea e non mediata delle verità divine. Le visioni autentiche non possono mai aggiungere un « nuovo » contenuto al deposito della fede. Esse non fanno che ricordare ai cristiani ciò che è già stato rivelato in Cristo e danno un incoraggiamento pratico ad una riforma morale e spirituale. Presunte visioni che, almeno a lungo andare, non producono « i frutti dello Spirito » (Gal 5,22‑23; cf Mt 7,15‑20) sono, proprio per questo motivo, fortemente sospette. Cf Apparizioni del Signore risorto; Deposito della fede; Mistica; Rivelazione.

 

Visita ad limina (Lat. « al limine »). 

È la visita che i vescovi sono tenuti a fare al Papa per rendere conto della situazione delle loro diocesi (cf CIC, can. 395). Cf Collegialità; Diocesi; Papa; Vescovo.

 

Vita dopo morte. 

È l'esistenza cosciente e personale degli esseri umani che, per la potenza di Dio, continua dopo che sono morti biologicamente. Il Magistero insegna che la sorte definitiva degli esseri umani è il cielo o l'inferno, ma non è possibile specificare dettagliatamente come sia questa vita dopo la morte. I racconti di quanti sono tornati in vita dopo che erano stati creduti morti non sono affidabili per darci qualche informazione al riguardo. Queste persone si sono avvicinate alla morte, ma non sono ritornate in vita dopo essere state veramente morte e avere sperimentato la vita dell'al di là. Cf Anima; Cielo; Eternità; Giudizio universale; Inferno; Limbo; Purgatorio; Risurrezione; Visione beatifica.

 

Vita religiosa. 

Una forma di esistenza cristiana che pratica i consigli evangelici di castità, povertà e obbedienza e conduce una vita comune sotto la guida di un superiore. Si comincia con un periodo di noviziato e poi i voti regolano lo stile di vita. In Occidente, le forme approvate di vita religiosa comprendono gli ordini monastici (come i Benedettini, i Certosini e i Cistercensi), i canonici regolari (come i Premonstratensi, fondati da san Norberto nel XII secolo), i mendicanti (come i Francescani e i Domenicani, fondati nel XIII secolo), i chierici regolari (come i Gesuiti e i Teatini, fondati nel XVI secolo). Gli Istituti di vita consacrata fondati in tempi più recenti si chiamano Congregazioni se i loro membri pronunciano soltanto voti semplici (a differenza degli Ordini che fanno voti solenni). La vita religiosa è composta di laici non ordinati e di chierici ordinati. Il Concilio Vaticano II insegnò:

  a) che tutti i battezzati sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e della perfezione dell'amore (LG 39‑42) e

  b) che i religiosi abbracciano il loro stile di vita per consacrarsi con maggior libertà all'amore e al servizio di Dio e del prossimo (LG 43‑47; PC 1).

  Il Concilio chiese anche un aggiornamento degli Istituti religiosi col ritorno allo spirito genuino dei loro fondatori (cf PC 2; CIC 573‑709). Gli « Istituti secolari » sono associazioni di laici, di sacerdoti, o di laici e sacerdoti sorti a partire dalla Seconda Guerra Mondiale. Sono una forma di vita cristiana consacrata, non, però, di vita religiosa (CIC 710‑730). Fra i risultati durevoli del Movimento di Oxford, c'è stata la rinascita della vita religiosa nelle comunità anglicane. Simili rinascite si sono avute tra i Protestanti, come la Christusbruderschaft in Germania e la comunità ecumenica di Taizé. Cf Anacoretismo; Castità; Celibato; Cenobiti; Consigli evangelici; Eremita; Monachesimo; Movimento di Oxford; Obbedienza; Perfezione; Povertà; Voto.

 

Volgata. 

Questo nome deriva da vulgata editio (Lat. « edizione popolare ») e si riferisce alla traduzione latina più diffusa della Bibbia. Quando si sentì a Roma la necessità di una traduzione comune, san Girolamo (circa 340‑420) intraprese di rivedere alcune traduzioni latine del NT già esistenti. Costretto a lasciare Roma, Girolamo imparò l'ebraico e cominciò a tradurre anche l'AT. Verso il 404, egli terminò di tradurre (o di rivedere le traduzioni esistenti) l'intera Bibbia. Nel 1546, il Concilio di Trento dichiarò che la Volgata era la traduzione autentica della Bibbia (cf DS 1506; FCC 2.009). Un'edizione riveduta del testo fu pubblicata sotto Sisto V (1590) e un'altra revisione avvenne sotto Clemente VIII (1592). Nel 1908, fu cominciata una nuova edizione dell'intera Volgata, ma terminerà adesso con un'edizione riveduta soltanto dell'AT. Negli anni 1965‑1978 un'apposita Commissione Pontifica ha pubblicato una Nova Vulgata, Neo‑Volgata, che diventerà il testo biblico ufficiale delle Chiese. Cf Bibbia.

 

Volontà di Dio. 

Il principio supremo che deve guidare l'intera vita degli esseri umani (Mt 6,10; cf 6,33). Basata sull'infinita sapienza e bontà di Dio, la volontà divina è un progetto personale di amore per tutti gli esseri umani e mira a portarli alla loro piena e finale felicità. Non sempre facile da discernere nella pratica, la volontà di Dio può alle volte chiedere sacrifici dolorosi (Mc 14,35‑36). Cf Coscienza; Decalogo; Discernimento degli spiriti; Perfezione; Provvidenza; Santità; Teologia morale.

 

Volontarismo (Lat. « volontà »). 

Qualsiasi teoria che sottolinei la volontà a spese dell'intelletto. La discussione seria del volontarismo fu lanciata da Platone (427‑347 a.C.) nel dialogo Euthyphro quando Socrate pose la questione: « Gli dèi amano la legge perché è santa, o la legge è santa perché gli dèi l'amano? ». Il volontarismo afferma la seconda alternativa. Per i sistemi volontaristi, la volontà di Dio o le preferenze dell'agente morale hanno avuto la tendenza ad essere decisive nello stabilire i valori morali. Il volontarismo ha avuto un ruolo anche nella metafisica: per esempio, nello scotismo e nel nominalismo. Cf Etica; Metafisica; Nominalismo; Scotismo; Teologia morale.

 

Voto. 

È una promessa fatta liberamente da un adulto di compiere una cosa che di per sé non è richiesta dai comandamenti di Dio, né dai precetti della Chiesa, né da altri obblighi. L'adempimento dei voti cade sotto la virtù della religione (cf CIC 1191‑1198). Nell'AT, esisteva già la pratica di fare dei voti (Lv 27,1‑33; Dt 23,22‑24; 1 Sam 1,11), alle volte con tragiche conseguenze (Gdc 11,30‑40). Questa prassi continuò nel NT (At 21,23‑26). I voti possono essere privati o pubblici. Sono pubblici se vengono pronunciati alla presenza di testimoni, com'è il caso dei primi voti, semplici (non solenni) emessi dai membri di Istituti religiosi subito dopo il noviziato. Se questi voti pubblici legano per tutta la vita, si chiamano voti perpetui. Se impegnano solo per un certo periodo di tempo, dopo di che possono essere rinnovati, si chiamano voti temporanei. I voti perpetui solenni comportano maggiori esigenze per chi li pronuncia; sono riconosciuti tali dall'autorità competente della Chiesa e solo l'autorità pontificia può concedere la dispensa. Cf Castità; Novizio; Obbedienza; Povertà; Vita religiosa.