Nota: Alcune versioni della Bibbia usano una
numerazione diversa dei Salmi (quella greca invece di quella
ebraica).
In tali versioni bisogna sottrarre uno dalla maggior parte
di questi riferimenti.
Salmo 1
CANTO DELLE DUE VIE Alef..
Apri, Signore,
la mia bocca la mia lingua apprenda a lodarti: di lettera in
lettera dell'intero alfabeto canti dispiega, mio cuore, al
Santo: nel nome di ogni creatura.
1 Beato l'uomo
che dei perversi non batte le vie né dei maldicenti i ritrovi
frequenta né siede nelle assemblee degli empi,
2 ma sua gioia
è la Legge di Dio, la Legge sua, che giorno e notte mormora in
cuore.
3 Egli sarà
come un albero alto piantato sulle rive del fiume, che il frutto
matura ad ogni stagione e foglie non vede avvizzite: a
compimento egli porta ogni cosa.
4 Non così, non
così degli empi: pula dispersa dal vento!
5 Malvagi e
perversi mai siederanno a giudizio coi giusti, mai avranno parte
all'assemblea dei santi:
6 è il Signore
l'approdo degli uomini pii, mentre gli empi svaniscono nel
nulla.
Aperta
nell'originale ebraico da una parola che inizia con la prima
lettera dell'alfabeto, 'alef, questa composizione sapienziale è
quasi la chiave di lettura di tutta la collezione dei Salmi. Due
vie, due destini, due umanità si confrontano: il giusto che
canta i Salmi è come un albero alto che non vede avvizzire le
sue foglie, l'ingiusto è arido come pula dispersa dal vento.
L'ultima lettera con cui si chiude la lirica è la tau, l'ultima
dell'alfabeto ebraico: il salmo è, quindi, l'alfabeto della
morale e delle scelte dell'uomo nella storia. Dossologia A te, o
Padre, che sei luce e fuoco, a lui che viene col gran
ventilabro, al Santo Spirito, vento e fiamma, gioia dei giusti e
giudizio degli empi, gloria e vittoria da tutto il creato.
Preghiera Dio, misteriosa
presenza nascosta in ogni creatura, ragione ultima del nostro
cercare e sperare, Padre di Gesù Cristo, il nostro fratello più
caro, il Giusto, nel quale hai rivelato la via della vita,
donaci di saper accogliere la tua parola e di fare di tutta la
nostra esistenza un canto; e di camminare senza soste lungo la
strada che conduce al tuo volto e al tuo abbraccio. Amen.
Almeno da noi
sgorghi un umile canto al Dio che sopra ogni cosa ci ama: un
canto al suo regno di pace, composto da liberi figli.
1 Perché le
nazioni sono sempre in tumulto e tramano vani progetti i popoli?
2 Contro il Signore e contro il suo Messia complottano i
principi insieme,
3 «Rompiamo - dicono - le loro catene, il loro giogo spezziamo e
gettiamo»,
4 Colui che siede nei cieli sorride, il Signore si beffa di loro
e ne ride;
5 ad essi tuona nella sua ira e li sgomenta nel suo furore:
6 «Sono io che ho stabilito il Sovrano sopra il mio monte santo
di Sion» .
7 Di Dio il bando ora annunzio, è quanto egli mi disse: «Figlio
mio tu sei: oggi io stesso ti ho generato»,
8 Chiedimi e ti darò le genti in possesso, le terre più remote
saranno tua eredità.
9 Li spezzerai con scettro di ferro, farai di essi dei vasi
infranti.
10 E dunque, o re, tornate in voi stessi, riprendete coscienza,
o grandi del mondo:
11 servite Dio in timore e amore, baciategli i piedi con cuore
tremante,
12 perché non esploda nell'ira sua grande e voi non abbiate a
finire per via: divampa infatti in fulmineo furore.
Solo è beato chi in lui si rifugia.
Ecco una delle
pagine più celebri del Salterio: col Salmo 110 essa rappresenta
la classica preghiera messianica del cristianesimo. In se, però,
il carme è un testo della solenne liturgia d'incoronazione del
re di Giuda. In quel giorno, secondo una prassi orientale, egli
veniva dichiarato essere divino: «Figlio mio tu sei: oggi io
stesso ti ho generato» (v. 7). Se per Israele il sovrano resterà
solo figlio adottivo e non naturale del Signore, nella rilettura
cristiana il re-messia del salmo sarà il Cristo, il Figlio per
eccellenza. Sullo sfondo si odono rumori di ribellioni, ma Dio
si schiera dalla parte del «figlio» il cui scettro infrangerà
ogni resistenza del male quasi fosse vaso di coccio. E tutti si
prostreranno a lui «baciandogli i piedi con cuore tremante».
Dossologia Gloria
al Padre che ha stabilito il Primogenito avanti l'aurora vero
Signore di tutte le genti, nel santo Spirito canti la terra.
Preghiera Padre
santo, Dio dell'amore e della giustizia, che hai costituito il
tuo Figlio, Signore di tutto il creato, dona ai potenti di
rinsavire affinché non siano più odiati da nessuno; e a noi da'
la grazia di porci sempre al servizio di lui, il tuo Unigenito
nascosto nell'ultimo di tutti gli uomini: per noi egli dilati la
sua Signoria sul mondo e tutti lo riconoscano unico e vero
Signore, modello di umanità. Amen.
Pure nel cuore
della notte qualcuno veglia per te: pure tentato di dirti
perduto perduto non sei se in lui confidi.
2 Quanti, oh
quanti oppressori, Signore: troppi sono ad accanirsi su di me:
3 senza numero sono, e tutti a dire: «più nemmeno il suo Dio 10
salva» .
4 Invece tu sei il mio scudo; Signore, la gloria mia che a testa
alta mi fa camminare.
5 Appena salga a lui la mia voce egli dal santo suo monte
risponde.
6 Mi corico, mi coglie il sonno e già al risveglio è lui che mi
tiene per mano:
7 più non temo nemici a miriadi pur se schierati intorno a
battaglia.
8 Sorgi e salvami mio Dio, rompi loro la faccia: spezza i denti
al malvagio!
9 È dal Signore soltanto il salvare: benedizione sopra il suo
popolo.
È una preghiera
dell'aurora. Le prime ore si affacciano su una giornata
tormentata, percorsa da incubi, popolata di oppressori, segnata
dalla lotta e dalla caccia. La supplica del poeta conosce
l'implorazione accorata ma anche l'imprecazione sanguigna nello
stile della preghiera spontanea e totale propria della Bibbia.
Conosce la paura ma soprattutto conosce la fiducia: «già al
risveglio è lui che mi tiene per mano» (v. 6). Il testo
originale ebraico è continuamente martellato dal suono -i- che,
in ebraico, è il pronome di prima persona singolare: la
preghiera è, quindi, molto personale, è la consegna di tutto
l'«io» a Dio.
Dossologia A Dio
Padre, nostra sola speranza, al suo Figlio che è venuto a
salvarci, allo Spirito che sempre ci libera, pur se oppressi, o
nel pianto, cantiamo.
Preghiera Ti
chiediamo di credere, Signore, poiché noi non comprenderemo mai
il mistero dell'umana sofferenza: le difficoltà e le
tribolazioni che gli umili incontrano ogni giorno non fiacchino
- almeno in loro - lo slancio di fede, ed essi stessi rivelino
come può avverarsi e rinnovarsi il mistero della Risurrezione in
ogni uomo che segua fedelmente il cammino di tuo Figlio. Amen.
È Dio il nostro
libero spazio, la fiducia in lui la nostra terra tranquilla:
grande dono la quiete della sera, ma dono ancora più grande è la
quiete dell'ultima sera.
2 Dio, mia
giustizia, io grido, rispondimi: dall' angustia portami in
liberi spazi ; la tua pietà mi rinfranchi: conforto mi doni il
sapermi esaudito.
3 Fino a quando, uomini, adorerete il nulla? Cultori
d'illusioni, fino a quando offenderete la mia gloria?
4 Cose prodigiose compie il Signore per il suo fedele,
sappiatelo: appena io grido, il Signore ascolta.
5 Trepidate sgomenti e più non peccate, sui vostri giacigli
meditate in silenzio, coricatevi quieti nelle vostre stanze.
6 Offrite degni sacrifici di lode, nel Signore riposi la vostra
fiducia. 7 Molti vanno gridando: chi mai potrà mostrarci come
esser felici? Risplenda, Signore, su noi il tuo volto, nella tua
luce conosceremo il bene.
8 Tu hai colmato di gioia il mio cuore più di quando abbondano
vino e frumento a pieno raccolto.
9 Così attendo sereno la notte, Signore, e in pace subito il
sonno mi coglie: solo tu mi fai riposare tranquillo.
È una preghiera
della sera tutta intrisa di fiducia in Dio. L 'oscurità della
notte sarà squarciata dallo splendore del volto di Dio (v. 7);
la prigione delle tenebre, simbolo di morte, sarà disserrata dal
Signore che ci aprirà spazi infiniti di sogni (v. 2); il
silenzio pauroso si trasforma in oasi di meditazione e di
serenità (v. 5); il cuore agitato è avvolto di pace e di
felicità come se fosse la festa della mietitura o quella della
vendemmia (v. 8). Ma ormai «il sonno mi coglie e solo tu mi fai
riposare tranquillo» (v. 9). Sulla filigrana di questo salmo è
stata costruita una dolce preghiera della sera usata dalla
sinagoga: «È un dono della tua santa volontà, o Signore, che io
posso coricarmi in pace e svegliarmi sereno...».
Dossologia A te,
Padre, nostra fonte di vita, a te, Figlio suo e nostro fratello,
a te, Spirito, o soave riposo, dolci canti componiamo di lode.
Preghiera Dio
della libertà e della pace, per la protezione che sempre
elargisci a tutti coloro che in te ripongono la loro fiducia,
mai ci abbandoni il tuo sguardo di Padre; e così possiamo
innalzarti senza fine il sacrificio di giustizia e di lode!
Padre, che più nessuno si tenga una pietra per cuore; nessuno
più seguiti ad amare il nulla e a correre dietro a menzogne; e
tu continua a vegliare sulla notte del mondo. Amen.
Forse geme invano
il leone ferito? O forse non sente Iddio anche il pianto
dell'umile cerva? Ma più ancora il Signore ascolta il grido del
giusto.
2 Dio, porgi
l'orecchio a me che ti parlo:
3 tu m 'intendi se pure mormoro o grido, al mio lamento presta
attenzione, tu sei il mio Re e il mio Signore.
4 Fin dal mattino la mia voce ascolta, la mia richiesta ti
espongo dal primo mattino e in ansia attendo che tu mi risponda.
5 Tu non sei un Dio che del male si goda, non può essere il
malvagio tuo ospite,
6 lo stolto al tuo sguardo non regge, tu ogni iniquo respingi
con odio.
7 I fabbricanti d'illusioni tu hai in orrore, Signore,
fraudatori e violenti tu detesti e distruggi.
8 lo invece entrerò nel tuo tempio portato dal grande tuo amore:
mi prostrerò nella santa tua casa con timoroso e umile cuore.
9 Guidami tu nella tua giustizia, salvami dai miei avversari, tu
stesso appianami il tuo cammino.
10 Mai quelle bocche che dicano il vero, nei loro visceri non
c'è che malizia, sepolcri aperti le loro gole, lingue piene di
mielose parole.
11 Colpiscili, Dio: i loro stessi intrighi siano la loro rovina;
perdili dentro i lor crimini innumeri, tutti divenuti ribelli a
te.
12 I tuoi amanti invece siano in festa, di gioia senza fine
esultino i devoti del santo tuo nome: tutti gioiscano e cantino
!
13 Il giusto tu benedici, Signore: e dentro lo cinge una corazza
d'amore.
Nuova preghiera
dell'aurora. Una giornata che si affaccia sul pianeta delle
ingiustizie quotidiane per cui le parole sono piene di tensione
e si fanno supplica. La sostanza della lirica è, quindi, nella
descrizione vivace dei mali della storia simbolicamente
rappresentati nella bocca (v. 10): in una civiltà a matrice
orale, com'è quella dell' Antico Oriente, la parola è spada, è
tomba, è veleno. Ma su questo orizzonte di idolatri, di
frodatori e di violenti (v. 7) che popolano le strade del
giorno, si erge una presenza, quella di un Dio che non gode del
male e non accetta alla sua mensa il corrotto (v. 5). Ed allora,
anche davanti a un giorno di lotta, «i tuoi amanti siano in
festa» (v. 12).
Dossologia Al
Padre, al Figlio, allo Spirito Santo, al loro Dio che compie
giustizia, quanti del male ora temon trionfi della speranza
innalzino il canto.
Preghiera Padre,
poiché ti è gradito il sacrificio di opere giuste e ti inebri al
profumo della fraterna misericordia, donaci un cuore generoso e
tieni lontano le nostre mani dal fare il male, affinché possiamo
godere anche noi con te il dono d'amore che ci hai elargito in
Gesù tuo Figlio. Amen.
Se riusciste a
cantare, o disperati! Anche il pianto più nero si muterà in
luminosa rugiada.
2 Non colpirmi nella tua ira, Signore, non annientarmi nel tuo
furore.
3 Pietà di me, Signore, più non resisto. Ridammi la vita,
Signore, le mie ossa sono tutte uno sfascio.
4 L 'intero mio corpo, Signore, trema e stride di paura.
5 Ma tu fino a quando? Alla tua pietà ritorna. La tua grazia mi salvi, mi
renda libero, Signore.
6 Nessuno mai dagli inferi ti canta, mai che uno ti canti dal
regno dei morti.
7 Un estenuante ininterrotto gemere sono le mie notti, inzuppato
di lacrime è il mio giaciglio,
8 Sì, ormai spenti mi sono gli occhi dal lungo piangere, occhi
di vecchio fra tanti avversari.
9 Via da me tutti voi, operatori del Male: il Signore ha udito
il mio pianto.
10 Il Signore ha udito il mio grido, il Signore ha raccolto la
mia preghiera.
11 Siano i miei nemici ad arrossire e a tremare, all'istante
inghiottiti da vergogna e ludibrio.
«Più non
resisto!»: è questa la supplica drammatica di un malato che
sente nello sfacelo fisico ramificarsi la forza gelida della
Morte. E, nell'ancora nebulosa visione dell'oltrevita che
Israele ha, il regno dei morti è un'area di silenzio da cui Dio
è assente (v. 6). La domanda intensa della vita che il malato
lancia a Dio è, quindi, qualcosa di più di una semplice
richiesta di guarigione. E il desiderio di ritrovare la vita e
l'intimità col Dio che ora sembra ostile: è per questo che la
tradizione cristiana ha messo questo salmo in apertura ai Sette
salmi penitenziali (Salmi 6; 32; 38; 51; 102; 130; 143). Il
dolore in questa luce è segno di ciò che non è Dio, cioè del
peccato. Ma, come sempre nelle suppliche bibliche, l'ultima è
sempre una parola di speranza e di vita: «Il Signore ha udito il
mio pianto» (v. 9).
Dossologia A Dio
che suscita il Figlio da morte, a Dio che mai abbandona i suoi
giusti, nel santo Spirito grazie cantiamo.
Preghiera Padre,
fonte amorosa della vita e della speranza, ti preghiamo per ogni
fratello che geme e piange; per quanti non riusciamo a
confortare: dona a tutta la gente che soffre, al tuo popolo di
poveri, forza nella tribolazione e fiducia per i giorni
d'angoscia; così rinvigoriti dal tuo soccorso possiamo tutti
giungere all'alba della risurrezione qui e nella vita eterna.
Amen.
MA QUANDO DA MORTE
Ma quando da morte
passerò alla vita, sento già che dovrò darti ragione, Signore, e
come un punto sarà nella memoria questo mare di giorni. Allora
avrò capito come belli erano i salmi della sera; e quanta
rugiada spargevi con delicate mani, la notte, nei prati, non
visto. Mi ricorderò del lichene che un giorno avevi fatto
nascere sul muro diroccato del Convento, e sarà come un albero
immenso a coprire le macerie. Allora riudirò la dolcezza degli
squilli mattutini per cui tanta malinconia sentii ad ogni
incontro con la luce; allora saprò la pazienza con cui
m'attendevi, a quanto mi preparavi, con amore, alle nozze...
Una volta che
tu ci hai creati nemmeno tu puoi negare, Signore, il diritto
all'innocente e al giusto di gridare. Anche se tu trovi macchie
perfino negli angeli, sei tu a dire: «discutiamone pure».
2 Signore, mio
Dio, in te mi rifugio: di salvarmi ti grido e di liberarmi dalla
furia che mi perseguita,
3 che non mi addenti il leone e mi sbrani senza che nulla e
nessuno mi scampi.
4 Signore, mio Dio: avessi una sola colpa commesso, vi fosse
traccia d'ingiustizia nelle mie mani!
5 Avessi ricambiato con il male l'amico e a torto spogliato
nemici:
6 allora irrompa l'avversario e m'insegua, mi raggiunga e mi
calpesti al suolo e trascini nel fango la mia vita.
7 Sorgi, Signore, nel tuo furore levati contro la rabbia nemica:
mio Dio, svegliati, e raduna il consiglio dei popoli:
8 assiso sull' alto trono tuoni su tutti la tua sentenza.
9 Tu che giudichi i popoli, o Altissimo, rendi giustizia alla
mia pietà: è la mia innocenza a darmi ragione.
10 Poni fine alla
malizia degli empi, stabilità abbia da te il giusto, o giusto
Iddio, scrutatore dei reni e del cuore.
11 Mio scudo è il
Signore, l' Altissimo, che salva la gente dal cuore sincero.
12 Giusto giudice
è Dio, ogni giorno s'incendia di sdegno.
13 E torna ad affilare la spada e a tendere l'arco, pronto a
puntarlo.
14 E ancora prepara ordigni di morte, e frecce arroventa.
15 Continui pure l'empio a ordire ingiustizie, a concepire
delitti, a partorire menzogne:
16 non farà che scavarsi un pozzo sempre più fondo e sarà la sua
fossa ove lui stesso affonderà.
17 Gli cascherà il suo male sul capo, la sua stessa violenza gli
piomberà sulla testa.
18 lo invece canterò alla giustizia di Dio, al nome di Dio
Altissimo innalzerò la mia lode per sempre.
Un innocente
perseguitato, abbandonato dalle magistrature terrene, si rivolge
alla suprema cassazione divina con un giuramento d'innocenza (vv.
4-6). È una potente automaledizione che l'orante emette nella
certezza che nelle sue mani non c'è traccia d'ingiustizia e che,
quindi, Dio non può tollerare la sua condanna assurda. Col ritmo
di una marcia militare, il poeta lancia l'arcaico grido della
guerra santa «Sorgi, Signore... svegliati!», v. 7): il giusto
giudice dei popoli non può restare indifferente di fronte al
diritto violato. Deve accendersi d'ira, affilare la spada del
suo giudizio, tendere il suo arco regale, puntarlo e far
piombare nella fossa tutti i prepotenti e i perversi. Su tutta
la lirica incombe questa monumentale figura del Dio giusto,
guerriero implacabile nella difesa degli oppressi della terra.
Dossologia Al
Padre, al Figlio, allo Spirito gloria, al nostro Iddio che
vendica i giusti.
Preghiera Con la
voce di Giobbe e di Cristo, con la voce di tutti i giusti, o
Padre, ti preghiamo: manda il tuo Fuoco a purificare la terra,
manda il tuo Spirito a santificare il nostro essere nel mondo:
non abbandonarci nell'arsura della prova, e mai il maligno abbia
via libera nelle nostre vite; così, fatti sicuri della tua
misericordiosa protezione, potremo ancora sciogliere canti di
esultanza. Amen.
E pur l'occhio di una
colomba può riflettere il cielo e il sole: così il grembo di una Fanciulla
l'Infinito in se ha racchiuso!
2 Come splende, Signore Dio
nostro, il tuo nome su tutta la terra: la bellezza tua voglio cantare, essa
riempie i cieli immensi.
3 Da fanciullo e lattante balbetto: un baluardo a tua casa innalzasti
costringendo al silenzio i superbi, confondendo ogni tuo avversario.
4 Quando il cielo contemplo e la luna e le stelle che accendi nell'alto,
5 io mi chiedo davanti al creato: cosa è l'uomo perché lo ricordi? Cosa è
mai questo figlio dell'uomo che tu abbia di lui tale cura?
6 Inferiore di poco a un dio, coronato di forza e di gloria!
7 Tu l'hai posto signore al creato, a lui tutte le cose affidasti:
8 ogni specie di greggi e d'armenti, e animali e fiere dei campi.
9 Le creature dell' aria e del mare e i viventi di tutte le acque:
10 come splende, Signore Dio nostro, il tuo nome su tutta la terra!
Affidato alle sabbie lunari
dagli astronauti N. Armstrong e E. Aldrin, questa straordinaria celebrazione
dell'uomo nella trama grandiosa dell'universo sembra evocare certe battute
del primo coro dell'Antigone di Sofocle: «Molte sono le cose mirabili, ma
nessuna è più mirabile dell'uomo». Nel «silenzio eterno degli spazi
infiniti», questa «canna pensante» - per usare le immagini di Pascal - è un
granello microscopico. Ancor più insignificante è la sua realtà di fronte ad
un Dio creatore che ricama nel cielo con le sue dita le costellazioni e i
pianeti. Eppure è proprio questo Dio che si china sull'uomo e lo incorona
rendendolo di poco inferiore a se stesso, sovrano dell'orizzonte cosmico. Un
canto dell'umanesimo, quindi; una preghiera pericolosa quando l'uomo diventa
tiranno e umilia il mondo. È per questo che la Lettera agli Ebrei ha
trasformato questo salmo notturno nel canto della notte di Natale e della
nascita dell'uomo perfetto, il Cristo.
Dossologia Gloria al Padre
nell'alto dei cieli, gloria al Figlio suo eterno splendore, e allo Spirito,
cuore del mondo: pure all'uomo, suo volto ancor gloria.
Preghiera
Padre, che nella creazione hai
profuso ogni ricchezza del tuo amore e con le tue mani hai formato l'uomo
dalla terra e gli hai infuso il tuo spirito perché ti rappresentasse davanti
all'universo e per questo con lui hai stretto alleanza, ricordati di noi,
tuoi figli in cammino: perché, contemplando il misterioso disegno di
salvezza, possiamo scoprire nel volto del tuo Figlio l'immagine disvelata
del tuo amore senza fine. Amen.
Noi sappiamo che pregare è
fare giustizia, noi sappiamo che Dio è sempre dalla parte dei poveri: donaci
la forza di cambiare le cose le stare dalla parte tua, Signore.
I(9) 2 Dal cuore trabocca una lode al Signore, le tue meraviglie io voglio
narrare:
3 Alla tua gioia ispirarmi e danzare, cantare al tuo nome, o Altissimo:
4 Mentre i nemici davanti a te. arretrano e inciampano e cadono;
5 e tu nelle mani tue hai preso, il mio diritto e la causa mia, tu assi so
sul trono, Giudice giusto.
6 Terrore .agli increduli tu sei, agli empi sterminio sia cancellato il loro
nome in eterno.
7 Siano i nemici un' eterna e infinita rovina, e delle loro città si
sradichi perfino il ricordo.
8 Ecco, il Signore ha eretto il suo trono, in perpetuo vi siede a giudizio:
9 con giustizia egli giudica il mondo, con rettitudine decide le cause dei
popoli.
10 Dell'oppresso e umiliato e offeso baluardo si farà lo stesso Signore:
rocca sicura, e riparo all'oppresso per ogni tempo di pena e angoscia.
11 Rifugio in te ritrovino quanti conoscono il tuo nome, Signore: quanti ti
cercano tu non deludi.
12 A Dio che abita in Sion cantate, le sue gesta narrate alle genti.
13 Egli vendica il sangue versato, egli si ricorda di loro, egli non
dimentica il grido dei poveri.
14 Pietà di me, Signore, vedi in che misero stato mi trovo a causa dei miei
oppressori.
15 Che io possa annunziar le tue lodi, e poiché tu mi hai salvato io danzi
davanti alle porte di Sion.
16 Nella fossa che hanno scavato sprofondano gli oppressori. Nella tagliola
da essi nascosta li resti impigliato il lor piede.
17 Il Signore si è rivelato: giustizia è fatta! L'empio è caduto nella rete
tesa dalle stesse sue mani.
18 Morte agli empi: vadano agli inferi i miscredenti che rinnegano Dio.
19 Non per sempre Dio dimentica il misero, non per sempre andrà delusa la
speranza dei disperati.
20 Sorgi, Signore, non prevalga l'uomo, tutte le genti raduna a giudizio.
21 Spavento di te le sommerga: sappiano tutti che son figli di morte.
Dossologia
A Dio Padre,
nostra sola speranza, al suo Figlio che è venuto a salvarci, allo Spirito
che sempre ci libera, pur se oppressi, o nel pianto, cantiamo.
Preghiera
Dio d
'infinita misericordia, che del povero e dell'oppresso serbi memoria, e nel
tuo amore vendichi il giusto, non abbandonare in preda al maligno o in balia
dei potenti il popolo di poveri che confida in te e a te innalza l'inno di
lode per la mirabile opera della tua salvezza. Amen.
1 Perché, Signore, te ne stai
lontano e ti nascondi in tempo di angoscia?
2 Il povero è braccato dall'orgoglio dell'empio, travolto dai suoi intrighi:
3 Di se si vanta il traditore, l'ingordo bestemmia, si fa scherno di Dio.
4 È sempre l'empio che dice dall'alto della sua insolenza: «Dio non se ne
cura, Dio non esiste» queste le sue convinzioni.
5 E i suoi piani hanno sempre successo: Tu stai troppo in alto per i suoi
pensieri, con disprezzo tiene a bada i suoi avversari.
6 Così egli pensa: «Mai nulla e nessuno mi potrà soppiantare, sventura non
ml tocca» .
7 Di spergiuri e frodi e inganni ha piena la bocca. " Sotto la lingua
nasconde sopruso e malizia.
8 Dietro la siepe attende in agguato, restando nascosto, assassina
innocenti.
9 Con gli occhi avvolge la vittima: in agguato, nell'ombra, continua come un
leone nel covo. In agguato, a ghermire infelici, a ghermire poveri entro la
rete.
10 Di nascosto, in agguato, s'accovaccia e rannicchia, e infelici cadono
sotto i suoi colpi.
11 «Dio è senza memoria», dice fra se, «Ha bendato gli occhi: nulla egli
vede».
12 Sorgi, Signore, innalza la tua mano, non scordarti dei tuoi infelici.
13 Perché l'empio può beffarsi di Dio e dire: «No, il conto non chiede, ne
chiederà».
14 Eppure ogni dolore e affanno tu vedi e li guardi, e li prendi nelle tue
mani. A te si affida il misero, dell'orfano tu sei l'aiuto.
15 All'empio, al malvagio tu spezzagli il braccio, scruta e indaga sul loro
peccato, di essi non resti più nulla.
16 Il Signore è re in eterno, per sempre: via dalla sua terra i pagani !
17 Signore, esaudisci le attese dei miseri, il loro cuore rinfranca,
ascoltali, Dio:
18 Giustizia sia fatta all'oppresso e all'orfano te nessun mortale più sulla
terra incuta sgomento.
Spezzato in due testi dalla
tradizione giudaica (è da qui che nasce la diversa numerazione del testo
ebraico rispetto a quello della versione greca e latina), questo , salmo è
compatto attorno ad una figura, quella del «povero di JHWH». Con questa
locuzione si definiscono nella Bibbia i perdenti della storia, la cui unica
fiducia è in Dio, nella giustizia e nella verità. Il carme, pur nel suo
movimento a spirale poetica, si fissa su un asse spirituale preciso: anche
se apparentemente sconfitti, i poveri sfidano i secoli e le potenze perché
Dio, l'eterno, è schierato dalla loro parte. Per tre volte nel salmo si
implora e si loda l'irruzione del Signore giudice e salvatore nella storia
(9,2-13; 9,14-21; 10). Le immagini si fanno in progressione sempre più
appassionate e tenere sino al vertice di 10,14: «Ogni dolore e affanno tu
vedi e li guardi e li prendi nelle tue mani».
Dossologia
A Dio Padre, nostra sola
speranza, al suo Figlio che è venuto a salvarci allo Spirito che sempre ci
libera, pur se oppressi, o nel pianto, cantiamo.
Preghiera
Padre, nel cui
amore infinito trova rifugio ogni uomo perseguitato e oppresso, dona il tuo
soccorso a quanti sollevano a te le mani nel pianto e non permettere che
l'uomo malvagio incuta terrore e oppressione al fratello. Amen.
Come in un nido tra le rocce è la mia vita
in te, o Signore: Contro chi disse tu sia «indifferenza divina» ; mai di
fuggire il male affanno mi prenda.
1 Nel Signore io mi
rifugio: perché osano dirmi: emigra, come un passero fuggi al monte?
2 Ecco: gli empi mi tendono
l'arco, incoccata è la freccia alla corda, per colpire dall'ombra i suoi
giusti.
3 Se sono minate le basi
del mondo resterà indifferente il Giusto?
4 Il Signore vive, è nel
santo suo tempio, il Signore ha il suo trono nei cieli: occhi, solo, che
guardano, pupille fisse a sondare ogni uomo.
5 Pio ed empio il Signore
scandaglia e chi ama violenza con odio ricambia:
6 zolfo evento e carboni di
fuoco egli rovescia sugli empi: Dalla coppa assorbiranno vento bollente;
7 il Signore è giusto e
giustizia egli ama: chi è retto di cuore vedrà il Signore.
Una deliziosa, piccola lirica, colma di
pace e di serenità, scandita dal nome sacro di Dio: JHWH risuona all'inizio
(v. 1), tre volte al centro (w. 4-5) ed echeggia in finale (v. 7). In un
dittico si fronteggiano due trionfi, quello del perverso (vv. 1-3) e quello
del giusto (vv. 4- 7) ma l'accento è naturalmente tutto sul secondo. L
'empio è plasticamente rappresentato come un insaziabile arciere (v. 2). Ma
il Giusto per eccellenza, Dio, non resta indifferente alla sua caccia
sanguinaria; gli occhi di Dio non sono occhi ciechi ma penetranti; le sue
mani preparano la coppa bruciante del destino che il malvagio dovrà subire.
Scrive il libro dell' Apocalisse, quasi commentando il nostro salmo:
«Chiunque adora la Bestia berrà il vino dell'ira di Dio e sarà torturato con
fuoco e zolfo al cospetto degli angeli santi e dell' Agnello» (14,10).
Dossologia
A te Padre, rifugio del debole, senza fine
innalziamo la lode: tu col Figlio insieme allo Spirito sei la sola speranza
dell'uomo.
Preghiera
Dio, casa della pace, mio nido sicuro.
Amen. O nostro Padre Iddio, quando ci afferra l'angoscia e il terrore,
donaci di trovare rifugio nella tua amorosa protezione: tieni sempre aperti
i nostri occhi alla speranza fino al giorno in cui disvelerai il misterioso
splendore del tuo volto a chiunque abbia operato secondo giustizia. Amen.
Signore, gli uomini dalle mille parole
dominano gli uomini dalle cento parole: Verità si è oscurata, questo è tempo
senza colpevoli.
2 Aiutami tu, Signore:
l'uomo fedele è scomparso, sono spariti gli uomini giusti.
3 Solo falsità l'uno
all'altro si dicono: bocche piene di menzogna, tutti a nascondere ciò che
tramano in cuore.
4 Tagliale tu quelle lingue
bugiarde: ogni lingua che ordisce discorsi arroganti.
5 Strappale, quelle lingue
che dicono: «Con le nostre parole noi tutto possiamo; son le parole le armi
cui tutto si piega: nessuno ci potrà dominare»
6 «Per l'oppressione dei
miseri, per il pianto dei deboli ora vengo», dice il Signore: « Vengo a
salvare chi sente su dorso, il soffio dell'oppressore»-
7 Risplendenti parole come
puro argento sette volte colato !
8 Tu. stesso, Signore,
sarai la custodia del detti tuoi e ci scamperai da questa genìa:
9 Come rettili strisciano e i più vili
emergono, è al colmo la feccia.
Caleidoscopio di temi, di motivi, di
qualità e tonalità letterarie, questo lamento prende corpo dal dramma
sociale dei poveri oppressi e dalle labbra bugiarde ed arroganti degli
oppressori. Di fronte alla sfida blasfema che gli empi gli lanciano «Con le
nostre parole noi tutto possiamo», v. 5) Dio non resta indifferente ed
interviene con un oracolo solenne: «Vengo a salvare...» (v. 6). Il giusto
oppresso, armato solo di questa promessa, preziosa più del «puro argento»,
affronta la feccia dei più vili che sono sempre gli «emergenti» (v. 9) della
storia. «Io ascolto il lamento dei poveri» parafrasava Paul Claudel -Questo
mi fa male, dice Dio! Contate su di me, dice Dio!».
Dossologia
A te, Padre, la gloria, a te, Figlio,
l'amore, a te, Spirito, il canto.
Preghiera
Dio, la pietà va morendo, è scomparsa la
fede! Ma tu che nel tuo Figlio Gesù Cristo hai dato compimento al disegno di
salvezza, guarda con misericordia al tuo popolo nella prova e liberalo da
ogni malvagità e
menzogna: non
prevalgano gli empi contro la verità e non siano oppressione per coloro che
in te sperano. Amen.
Cantate, infelici, con libero cuore; anche
Dio non ama la Morte! È nostro diritto sapere, è suo dovere rispondere; suo
Amore è nostra ragione di piangere e sperare!
2 Fino a quando, fino a
quando Signore continuerai a scordarti di me: per sempre?
3 Fino a quando mi
nasconderai il tuo volto, e io continuerò a ingoiare giorno e notte
tristezza e affanni? Fino a quando su di me si ergerà il nemico?
4 Guarda, Signore,
rispondimi. Che i miei occhi splendano ancora e io non abbia a spegnermi,
inghiottito dal sonno di morte.
5 E il nemico non dica:
l'ho vinto! ne alcuno dei miei avversari tripudi se incerto cammino.
6 È il tuo amore la mia
speranza: è gioia mia che tu mi salvi. Mio cuore canta al Signore:
Altissimo, fonte di ogni dono.
Con la sua quadruplice martellata
ripetizione del grido Fino a quando? il Salmo 13 è uno dei modelli
emblematici delle lamentazioni bibliche. Questo interrogativo audace,
diretto, categorico, divenuto anche musica in due famose composizioni di F.
Liszt (1855) e di J. Brahms (1859), è il grido di un fedele che si sente
abbandonato dal suo Signore divenuto indifferente ed ostile. Ma è anche
quasi un'eco del respiro di dolore che sale continuamente dall'umanità
ferita e impaurita. Ma se il primo movimento della supplica è segnato
dall'appello e dalla protesta sincera, il secondo si pacifica già nella
fiducia e nel canto gioioso. Il Nemico per eccellenza, la Morte, non griderà
il suo epinicio: «L'ho vinto!» (v. 5); sarà, invece, l'orante che eleverà il
suo inno di felicità all' Altissimo, fonte di ogni dono (v. 6).
Dossologia
Misterioso Signore del mondo, che nel
Figlio ti sveli e ti doni, in noi preghi il tuo Spirito santo le ti canti le
lodi più degne.
Preghiera
Dio, fino a quando? C'è qualcuno che ha il
cuore troppo devastato, ci sono troppi poveri che si sentono abbandonati! Ma
pure quando scende il buio sui nostri occhi e non solo non scorgiamo il tuo
Volto ma neppure un debole segno della tua presenza, donaci Padre di credere
ancora, di continuare a credere; donaci una incrollabile fede per superare
così la notte; e sperare che anche per i poveri ci sarà salvezza: Signore,
nostro unico bene! Amen.
O Dio, dei privi di Dio, tu, assoluta
necessità: misteriosa ragione dell'uomo, chi può dire in vero di crederti?
1 Gli stolti dicono: «Qui
Dio non c'è». Sono corrotti, fan cose orrende, non c'è nessuno che operi il
bene.
2 Dai cieli Dio si affaccia
a vedere se mai ci sia un uomo sapiente, se c'è qualcuno che cerchi Iddio.
3 Si sono tutti traviati e
corrotti, non c'è più uno che faccia il bene: ci fosse uno almeno: nessuno!
4 Nulla comprendono dunque
i malvagi? E si divorano il popolo mio come mangiassero un tozzo di pane.
5 E non invocano Dio, il
Signore! Sì, di terrore dovranno tremare: Iddio sta con la stirpe del
giusto.
6 Voi disprezzerete le
attese del povero ma il Signore è il suo rifugio, e voi finirete nella
vergogna.
7 Oh, la salvezza venisse
da Sion, restaurasse il Signore il suo popolo ! Sì, Israele, quel giorno che
festa!
Il «Requiem aeternam» per Dio pronunciato
dal filosofo P. Nietzsche «Dio è morto! Dio è morto e noi l'abbiamo ucciso!
» ha una sua prefigurazione nelle parole degli «stolti» di questo testo,
riedito con alcune varianti nel Salmo 53. L'ateo della Bibbia non è, però,
un negatore teorico e assoluto di Dio, non per nulla la sua dichiarazione
suona così: «Qui Dio non c'è» (v. 1). Egli è, quindi, convinto che Dio sia
come un imperatore impassibile, relegato nei suoi cieli dorati ed
indifferente alle vicende della terra che restano, allora, il campo in cui
si può imperversare senza nessuna morale se non quella della sopraffazione e
della violenza. Ma Dio - afferma il nostro poeta - «si affaccia a vedere»
coloro che divorano i poveri come se fossero un tozzo di pane ed interviene.
Ed in quel giorno sarà festa per gli oppressi e gli umiliati. «Il Dio dei
privi di Dio - scrive il teologo O. Ebeling - continua a disturbare, è il
Dio che tutto rovescia, è il Dio della grande svolta».
Dossologia
A lui che era, che è e che viene e del
creato è vita e salvezza la nostra fede e il canto di lode.
Preghiera
Padre, perché tanto male? Padre, se tu ci
sei, donde il male? E anche noi deboli e corrotti, anche noi! Padre, non
lasciarci in balia della tentazione, ma liberaci dal male. Non abbandonarci
a stolti pensieri, ma effondi sopra di noi, tuoi servi, la tua dolcissima
luce: guida i nostri passi sulla tua strada fino a che giungerà l'alba
dell'ultima liberazione, il giorno di festa senza fine. Amen.
Chi di noi può mai abitare presso un fuoco
divoratore? Chi può abitare tra fiamme perenni? Eppure non altra dimora è
sicura quanto fare del cuore di Dio il nostro rifugio.
1 Chi potrà varcare,
Signore, la tua soglia, chi fermare il piede sul tuo monte santo?
2 Uno che per vie diritte
cammini uno che in opere giuste s' adopri
3 uno che conservi un cuore
sincero uno che abbia monde le labbra da inganni uno che al prossimo male
non faccia uno che al fratello non rechi offesa
4 uno che all'infame la
stima rifiuti uno che onori gli amici di Dio uno che mantenga le sue
promesse
5 uno che non presti denaro ad usura
uno che non venda per lucro il giusto: costui mai nulla avrà da temere.
Tecnicamente definito «liturgia
d'ingresso», questo salmo immagina che alla processione dei fedeli, giunti
alle soglie del Tempio di Gerusalemme, i sacerdoti elenchino in undici commi
le condizioni requisite per accedere al culto. Anche sui templi egiziani e
babilonesi erano incise norme che regolavano l'accesso, ma si trattava
sempre di prescrizioni rituali di purificazione e di abbigliamento. La
Bibbia, invece, sulla scia della predicazione profetica, esige un severo
esame di coscienza sugli impegni morali, sociali ed esistenziali, come è
limpidamente affermato nella lista di richieste su cui si articola il nostro
salmo. Le parole del profeta Michea (VIII sec. a.C.) sono il miglior
commento al testo salmico: «Con che cosa mi presenterò al Signore, mi
prostrerò al Dio altissimo? Mi presenterò a lui con olocausti, con vitelli
di un anno? Gradirà il Signore le migliaia di montoni e torrenti di olio a
miriadi? Uomo, ti è stato insegnato ciò che è buono e ciò che richiede il
Signore da te: praticare la giustizia, amare la pietà, camminare umilmente
con il tuo Dio» (Mi 6,6-8).
Dossologia
Trinità beata, a te sempre cantiamo mentre
vigilanti attendiamo il tuo Regno.
Preghiera
Dio, dona a coloro che ti cercano un cuore
sincero e mani di giustizia; la nostra preghiera diventi norma della vita:
così, da varcare sereni ora la soglia del tempio e poi l'ultima soglia,
fiduciosi di entrare nel tuo Regno. Amen.
Altri i loro idoli si cerchino, non noi,
fedeli del nostro Dio: non c'è altro Dio che lui, nostra sorte, unica gioia.
1 Fa' che il tuo cuore sia
la mia custodia, ove riponga tranquillo la fiducia, Signore.
2 Ho detto a Dio: Signore,
tu sei il mio unico bene.
3 Non più simulacri di
santi, potenze profane adorate sulla terra:
4 sequela di idolo, di un
dio straniero, molta pena con se comporta. Non più verserò le lor libagioni
di sangue, ne il lor nome infetti più la mia bocca.
5 È lui, il Signore, la mia
porzione, mio calice, mio destino.
6 Delizioso è quanto mi hai
dato in sorte, veramente splendida è la mia eredità.
7 Benedico il Signore che
la mente m 'ispira e i reni miei illumina pure la notte.
8 Sono fissi al Signore gli
occhi miei per sempre, con lui a fianco, incertezza non scuote.
9 Gioiscono cuore e sensi
per questo e tripudiano: tutto il mio essere riposa sicuro. Non è da te
abbandonare una vita agli Inferi, lasciare che la fossa inghiotti un fedele.
10 Tu la via alla vita m 'insegnerai:
oh, la gioia al vedere il tuo volto, solo gioia lo starti vicino !
Stupenda composizione scritta forse da un
sacerdote: il linguaggio dell'«eredità» divina presente nei vv. 5-7 è tipico
della classe levitica che non possedeva un proprio territorio in Israele ma
viveva attorno al Tempio. Il cuore poetico e religioso del salmo è, allora,
nella professione di fede del v. 2: «Signore, tu sei il mio unico bene».
Sembra di sentire già le parole di Teresa d' Avila: «Nulla manca a chi
possiede Dio: Dio solo gli basta!». Animato da questa fiducia il poeta osa
lanciare anche una sfida alla paura suprema dell'uomo, quella della morte.
Da un lato egli vede il fluire inesorabile dei giorni verso la fossa, ma
dall'altro egli intuisce che il Dio della vita non può permettere che il suo
fedele piombi nel nulla o nel soggiorno spettrale di morti. Ai suoi occhi
appare quasi un bagliore: è la via della vita e della gioia eterna davanti
al volto di Dio. Pietro nel suo discorso di Pentecoste (Atti 2,22-36) e
Paolo in quello di Antiochia di Pisidia (Atti 13,14-43) diranno le parole
del Salmo 16 per il Cristo risorto.
Dossologia
A te, Padre, Iddio della vita, che
risusciti il Figlio da morte,
nello Spirito santo
cantiamo, pur noi certi di vivere sempre.
Preghiera
Dio, fonte di ogni intelligenza e luce che
illumini i cuori, se tu ci accompagni nel nostro cammino a nessuna
incèrtezza soccomberemo: e quando saremo al termine del lungo viaggio,
riposeremo senza fine in te che sei la sola ragione della nostra gioia.
Amen.
Pure di notte innocenza e colpa egli vede e
giustizia per tutti egli compie: lui solo! O fedele, attendi sereno che
spunti l'alba di quando il suo volto potrai vedere.
1 Signore, accogli la
giusta mia causa e sii attento a quanto ti grido: porgi l' orecchio alla mia
preghiera che non proviene da labbra bugiarde.
2 Venga da te la sentenza
attesa, la mia giustizia scandaglia a fondo,
3 scruta il mio cuore,
esplorami al buio, provami al fuoco: malizia non trovi! Mai la mia bocca si
è resa colpevole
4 nell'imitare umani
discorsi: sempre fedele alla tua parola, ho evitato i sentieri dell'empio.
5 Sulle tue vie conferma i
miei passi, che il mio piede non abbi a tremare:
6 mio Signore, ti chiamo:
rispondimi, porgi l'orecchio, o Dio, ascoltami!
7 Del tuo amore rivela i
prodigi e dai nemici difendi i fedeli:
8 come pupilla dell'occhio
proteggimi, l'ombra mi copra dell'ali tue, Dio.
9 Da ogni perfido, Dio,
nascondimi e dall'assalto di tutti i violenti:
10 essi hanno chiuso il
cuore all'amore, su quelle bocche c'è solo arroganza!
11 Ormai m'incalzano,
serrano il cerchio, gli occhi puntati per stendermi a terra:
12 come leone in cerca di
preda, o leoncello che arde in agguato.
13 Sorgi, affrontalo,
battilo, Dio! con la tua spada da gli empi difendimi:
14 tu di tua mano distendili
a terra, strappali via, recisi dai vivi. Di tua ira riempi il lor ventre e
ne avanzino ai figli e lor piccoli:
15 lo innocente vedrò il tuo
volto sazio sarò nel goderti al risveglio.
Una protesta d'innocenza davanti al Giudice
supremo (vv. 1-5) e un 'intensa supplica indirizzata al Salvatore (vv.
6-15): sono questi i due registri sui quali si svolge questo poemetto. Da un
Iato emerge con forza la certezza che Dio difende i suoi fedeli, anzi li
protegge come la pupilla dei suoi occhi e li avvolge all'ombra delle sue
ali, simbolo dell'arca dell'alleanza con le ali dei cherubini, segno della
vicinanza di JHWH al suo popolo (v. 8). D'altra parte, però, Dio si erge
anche come l'alfiere della giustizia che ingaggia una violenta colluttazione
coi perversi. Le scene finali, di stile barocco, dipingono la sua vittoria
trionfale sul male che è colpito sin nelle sue più lontane propaggini, nei
figli degli empi, secondo la visione antica della solidarietà familiare nel
bene e nel male (v. 14).
Dossologia
Pur nelle prove ora dunque cantiamo insieme
al Figlio che vince la morte, già noi siamo con lui nello Spirito sempre in
attesa, o Dio, di vederti.
Preghiera
Padre, cui nulla è nascosto del cuore
dell'uomo, ascolta la preghiera dei tuoi figli, non abbia su di noi alcun
potere l'antico avversario, affinché, quando aprirai i nostri occhi al
risveglio possiamo contemplare senza fine il tuo Volto. Amen.
Lodate tutti il mio
Signore per la natura inquieta o serena, per l'uragano e le folgori e il
vento, e la luce all'alba e il silenzio: Lodatelo perché la terra è il suo
paese, e senza farci morire or si rivela.
2 Signore, mia forza, ti
amo; Signore, mia roccia, acropoli mia, mia liberazione.
3 Mio Dio, mia rupe e
rifugio, mio scudo, mia potente salvezza, mia muraglia, Iddio.
4 Il Signore io voglio
invocare, egli è degno di tutta la lode: che mi salvi dai miei nemici.
5 Mi avvolgevano flutti di
morte mi inghiottivano i torrenti di Belial mi stringevano reti infernali mi
spiava in agguato la morte.
6 Nell'angustia gridai al
Signore al mio Dio ho gridato: Signore!
7 Dal suo tempio udì la mia
voce il mio urlo gli è giunto all'orecchio.
8 La terra si scosse e
tremò vacillarono i monti alla base, al suo sdegno tutti si scossero.
9 Fumo saliva dalle sue
narici, dalla sua bocca uscivano fiamme, carboni ardenti sprizzavano e
fiamme.
10 Incurvò i suoi cieli e
discese, camminava su densa caligine, cavalcava un Cherubino e volava, si
librava sulle ali del vento.
11 Gli velavan la faccia le
tenebre dispiegate come a mantello:
12 come una tenda lo
circondavano acque oscure e nubi profonde,
13 Riappariva e spariva in
mezzo alle folgori tra un vorticare di grandine e fuoco.
14 Il Signore ha tuonato dai
cieli, dall' Altissimo esplose la voce dentro bufere di grandine e fuoco.
15 Scrosciarono folgori
ovunque, disseminò saette dovunque, e tutti furono vinti e sconfitti.
16 Apparve allora il fondo
del mare scoperchiate le basi del mondo: allo scoppio della tua ira,
Signore, al soffiare del tuo furore.
17 Dall'alto egli mi tese la
mano afferrandomi, al di sopra delle grandi acque mi trasse:
18 Mi liberò da nemici
potenti salvandomi da quanti mi odiavano, da quanti mi superavano in forze.
19 Mi avevano stretto
d'assedio in un giorno di nera sciagura, e fu lui, il Signore, la mia
salvezza.
20 Mi fece uscire, libero,
allargo perché sono il suo prediletto. perché monde sono le mie mani:
22 perché del Signore ho
seguito le vie, ne ribelle fui mai al mio Dio.
23 In faccia tengo la sua
Parola, né respingo mai di lui un comando.
24 Mi sono reso per lui
perfetto, la cura mia è di mai peccare.
25 Il Signore mi rende
giustizia vedendo la purezza delle mie mani.
26 Con il fedele tu sei
fedele con il perfetto tu sei perfetto;
27 e da giusto agisci col
giusto, Icon il perverso ti rendi astuto.
28 In vero tu stai dalla
parte dei poveri sempre e fiacchi e umilii gli occhi superbi.
29 In vero, Signore, tu sei
la mia luce, mio Dio, splendore che mette a giorno le tenebre mie.
30 lo con te mi sento di
saltare le mura e di gettarmi in mezzo alla mischia.
31 Perfetta è la vita di
Dio, la sua Parola è provata col fuoco, egli è scudo al suo fedele.
32 All'infuori del Signore
chi altri è Dio? C'è altra Rupe che non sia il Dio nostro?
33 È Dio che mi cinge della
sua forza, lui che mi tiene libera la via:
34 lui che mi dona piedi
veloci di cerva e sulle alture mi fa stare sicuro.
35 Mi ha addestrato le mani
all'assalto e le braccia a tendere l'arco di bronzo.
36 A mia salvezza mi hai
dato il tuo elmo, la mano tua destra mi regge, il tuo ammaestramento mi
rende imbattibile.
37 Hai spianata la via dei
miei passi, i miei piedi non hanno esitato
38 a inseguire i nemici in
fuga e, sol dopo raggiunti, tornare.
39 Annientati, non si alzano
più: mi sono tutti caduti ai piedi:
40 come muro mi hai cinto di
forza, hai piegato per me i prepotenti:
41 dei nemici mi mostri le
spalle e fai strage di quanti mi odiano.
42 Hanno gridato: «Signore,
Signore» ma nessuno risponde o li salva:
43 come polvere al vento
dispersi, come fango di strada pestati!
44 Sono salvo da un popolo
in rivolta, da te sono posto a capo delle genti.
45 Nazioni sconosciute mi
servano: all'udirmi mi ascoltano subito, han paura di me gli stranieri.
46 Infedeli mi fanno la
corte, dai loro ridotti si affaccian tremanti.
47 Viva il Signore,
benedetta la Rupe, il Dio della mia salvezza sia esaltato,
48 Dio, tu arridi alle mie
vendette, tu sottometti al mio giogo i popoli:
49 tu da nemici furibondi mi
scampi, sui miei assalitori mi fai trionfare, e mi liberi dall'uomo
violento:
50 io per questo ti lodo in
faccia alle genti e comporrò al tuo nome canti interminabili .
51 Egli al suo re concede
magnifiche vittorie, fedeltà immutabile al suo messia:
52 a David alla sua discendenza in
eterno.
Questa monumentale ode regale, che ci è
giunta in ben tre edizioni (Salmo 18; 2Samuele 22; Salmo 144,1-11), è una
specie di «Te Deum» arcaico, quasi certamente steso da Davide in tredici
ottave pervase da tonalità, da simboli, da emozioni diverse. Indimenticabile
è l'apparizione del grande Cavaliere divino avvolto nel mantello tenebroso
delle nubi: cavalcando un cherubino, egli si curva sulle onde dell'oceano
ove 1'0rante sta affogando, lo afferra con la sua mano potente e lo fa
uscire allargo perché egli lo ama (vv.8-20).
Indimenticabile è anche la scena marziale
di Dio che addestra il re (Davide) a tendere l'arco di bronzo (v. 45).
Indimenticabile è la scena del campo di battaglia in cui i nemici sono
dispersi come la polvere sollevata dalle folate di vento, sono calpestati
come il fango della terra (v .43). Ma l'inno, in finale, lascia il passo ad
un nuovo personaggio: è il re del futuro, il Messia, la cui vittoria sul
male inaugurerà un orizzonte perfetto di luce e di pace.
Dossologia
Al Dio nascosto e presente per lo Spirito
in Cristo Signore, gloria sia da tutti gli eventi.
Preghiera
Signore, mentre ti rendiamo grazie per la
salvezza che continui a operare per Cristo Gesù nella comunione con il tuo
Spirito, donaci di sentirti presente nella tempesta e nella bonaccia, nei
giorni belli e nei giorni bui; liberaci da ogni avversità e da ogni
angoscia, e così potremo sempre innalzare il canto alla tua eterna
misericordia. Amen.
Ora sappiamo perché tante stelle e sappiamo
perché tanti fiori: siamo noi la coscienza del loro splendere, noi la
coscienza del loro fiorire; ed è la tua legge la fonte di ogni esistere, la
ragione del nostro pensare ed agire.
2 Narrano i cieli la gloria
di Dio, il firmamento annunzia le opere
3 delle sue mani, il
messaggio tramanda il giorno al giorno, la notte alla notte.
4 Non è linguaggio
d'accenti usati, non sono voci che orecchio ascolta:
5 sono armonie che riempion
la terra, sonanti fino ai confini del mondo.
6 Là per il sole Dio pose
una tenda: esce da là quale sposo dal talamo e di letizia inonda il creato,
come un eroe percorre il suo corso !
7 Da un estremo del cielo
egli sorge, all'altro estremo vi chiude il suo arco, nulla mai sfugge ai
suoi raggi di fuoco;
8 tutta perfetta è la Legge
di Dio! È l'altro sole che guida e ristora, testimonianza verace di Dio che
di ogni giusto irradia la mente,
9 luce e splendore
all'occhio del santo.
10 Pura, immutabile, eterna
Parola! Di Dio i detti son tutti fedeli,
11 e più preziosi dell'oro
più fino, molto più dolci del miele stillante.
12 Anche il tuo servo ne è
illuminato: grande è il bene per chi li osserva!
13 Ma come scorgere le
inavvertenze? Pure da colpe ignote tu salvami.
14 E anche da orgogli
proteggi il tuo servo: che mai prevalgano sopra di me: solo allora sarò uomo
libero, integro e puro dal grande peccato.
15 Care ti siano queste
parole che la mia bocca ti canta, Signore: dei tuoi pensieri risuoni il mio
cuore, mio redentore, mia rupe, Signore.
Due
soli, due luci, due parole divine: il sole, la luce e la parola del creato,
voce segreta di Dio; il sole, la luce e la parola della Torah, cioè della
Bibbia, voce esplicita di Dio. Un famoso commentatore ebreo medioevale
scriveva: «Come il mondo non s'illumina e vive se non per opera del sole,
così l'anima non raggiunge la sua pienezza di luce e di vita se non
attraverso la Torah». II sole non è un dio come Ra o Aton, le divinità
solari egiziane, è solo una splendida creatura che, come uno sposo o un
corridore, esce dal talamo della notte per correre lungo l'orbita del cielo.
E nel suo sfolgorare ha un messaggio superiore cifrato da svelare.
La
Torah, la legge di Dio, è invece la parola pura, radiosa ed eterna di JHWH.
Chi la accoglie con gioia è come se gustasse un miele dal gusto
irraggiungibile, è come se avesse un tesoro ineguagliabile. «La mia Bibbia e
la natura: questi sono i miei due libri di fede», esclamava il poeta
francese Lamartine nello spirito del nostro cantico dei due dischi solari.
Dossologia
Sia
gloria al Padre nell'alto dei cieli, sia gloria al Figlio, suo eterno
splendore, e allo Spirito, cuore del mondo, pure all'uomo, suo volto, ancor
gloria!
Preghiera
Padre, che hai creato il sole a illuminazione del giorno, immagine del tuo
Figlio, luce vera che illumina ogni uomo; Padre, autore della Legge,
splendore che illumina ogni legge, fonte di ogni santità; Padre, cui tutto
il creato scioglie l'inno di lode, donaci un cuore puro
per
essere anche noi luminosi della tua luce, e seguendo la tua via possiamo
giungere a contemplare senza veli il tuo volto, e a cantare con tutto il
creato la tua gloria nel giorno che non conosce tramonto. Amen.
Mai
la preghiera abbia confini, pure per re e governanti preghiamo: sono le
umane vicende a segnare lo spazio ai divini interventi: più si vince con
mani levate che a forza di clave assassine.
2 Ti risponda Iddio nel dì
della prova, il Dio di Giacobbe sia la tua roccia.
3 Dal suo tempio ti mandi
il suo aiuto e ti sostenga dall'alto di Sion.
4 Delle tue offerte egli
serbi memoria e sia soddisfatto dei tuoi olocausti.
5 Il desiderio del tuo
cuore assecondi le porti a compimento ogni tuo progetto.
6 Possa tu vincere! E inni
di gioia noi canteremo, dispiegati nel suo nome i vessilli. Il Signore
adempia pienamente a tutte le sue attese.
7 Il Signore vuole -ora è
certissimo - che il suo Eletto riporti vittoria. Dalla santa dimora dei
cieli della stessa sua destra risponde la sempre vittoriosa potenza.
8 Gli altri pongano pur la
fiducia nei loro carri e nei loro cavalli: a noi basta gridare il suo nome,
nel nome di Dio è la nostra forza.
9 Già gli altri ripiegano e
crollano, e noi in piedi a resistere, saldi e imbattibili.
10 O Signore, fa' che il re vinca!
Esaudisci la nostra invocazione.
Ecco un inno
nazionale marziale dell'antico Israele: Dio salvi il re! (v. 10). È però un
inno a più voci, cantato da un coretto, dall'assemblea e dal sacerdote che
proclama, come solista, un oracolo di vittoria: «il Signore vuol che il suo
Eletto riporti vittoria» (v. 7).
Intanto i vessilli del re davidico
garriscono al vento (v. 6) e fanno balenare un'altra insegna, quella del
Messia. È, infatti, con lo sguardo rivolto a questa insegna che il salmo
veniva cantato anche quando il trono di Davide era stato spazzato via dalle
armate babilonesi di Nabucodonosor nel 586 a.C. È con lo sguardo rivolto a
Colui che solo nel nome di Dio ha la sua forza (v. 8) che l'inno è cantato
nel mondo cristiano: «Siano rese grazie a Dio che ci concede la vittoria per
mezzo del Signore nostro Gesù Cristo!» (l Corinzi 15,57).
Dossologia
Ora tutta la Chiesa gloria canti al suo
Cristo che ascende in potenza e alla destra del Padre si asside, mentre
annunzia ogni giorno il ritorno.
Preghiera
Dio, che hai manifestato il tuo amore
infinito inviando tuo Figlio nella carne, concedi che quanti hanno riposto
in te la loro fiducia, possano aver parte alla sua piena vittoria sulla
morte e sappiano vivere in attesa del suo ritorno, nel mentre che annunciano
la sua continua Risurrezione. Amen.
«Al presente non vediamo ancora che ogni
cosa è a Lui sottomessa»: ma noi come monaci nella battaglia preghiamo con
lo Spirito di lui, nostro unico Kyrios.
2 Nella tua forza è riposta
la gioia del re: il suo giubilo trabocca per la tua vittoria.
3 Hai risposto a quanto
bramava il suo cuore. quanto le sue labbra invocavano non hai respinto .
4 L 'hai precorso con
fausti auspici, di oro puro un diadema gli poni sul capo.
5 Ti chiese vita e vita gli
desti: lunghi giorni, in eterno, per sempre.
6 Gloria grande a lui per
la vittoria tua: di splendore e maestà tu l'ammanti.
7 Di benedizioni e favori
l'adorni per sempre, il tuo volto lo inonda di gioia.
8 Certo, è nel Signore la
fiducia del re, per la fedeltà dell' Altissimo mai scosso sarà.
9 I nemici tutti la tua
mano raggiunga le afferri chiunque ti odia:
10 ne farai un'ardente
fornace appena mostrerai il tuo volto: nel fuoco dell'ira di Dio già tutti
riarsi.
11 La loro prole sradicherai
dalla terra: perfino il seme sia estinto da mezzo gli uomini:
12 per che contro te hanno
ordito malizie, hanno tramato congiure, non avranno successo:
13 subito volteranno le
spalle, tutti in fuga appena tu punti contro di loro il tuo arco.
14 Sorgi, Signore nella tua
potenza: inni e inni canteremo al tuo valore.
«Di oro puro un diadema gli poni sul capo»:
questa frase del v. 4 rivela la destinazione originaria di questo carme
regale. Si tratta di un'ode per il rito dell'incoronazione del re di
Gerusalemme. Il canto è ritmato sul contrappunto tra le acclamazioni dell'
assemblea (vv. 2.8.14) e la voce del solista che implora la benedizione
divina sul re e la maledizione sui suoi avversari (vv. 3- 7; 9-13). Il
vertice del carme è nella colossale raffigurazione del re arciere (v. 13):
essa evoca i bassorilievi dei «piloni» dei templi egiziani, ove il faraone è
tratteggiato nell'atto di scoccare le sue frecce contro i nemici.
Naturalmente il dono della vita, della vittoria e della felicità destinate
al re si trasfigurano nell'uso liturgico posteriore: già il Talmud applicava
questo corale al Messia e Agostino scriveva che esso «de Christo canitur», è
ormai cantato per il Cristo, vincitore sulla morte, sul dolore, sul male.
Dossologia
A te, Cristo, il
canto di gloria, a te, fonte di grazia e bellezza, per la morte che tu hai
sofferto: noi, i viventi per te nello Spirito, ti adoriamo «Signore del
mondo».
Preghiera
O Padre, che hai sottoposto ogni essere al
tuo Figlio e a lui hai dato un nome che è sopra ogni altro nome, non
dimenticarti del popolo da lui riscattato, ma guidalo con l'abbondanza delle
tue benedizioni, verso la pienezza del regno che viene. Amen.
«Padre, che debbo dire: salvami da
quest'ora? Ma no: è per quest'ora che sono venuto!». «Padre, non la mia
volontà, ma la tua!».
2Dio mio, Dio mio, perché,
ma perché mi hai abbandonato, Dio mio assente e lontano ! Così piango nel
mio lamento:
3 io ti chiamo di giorno e
tu muto, senza pace io urlo la notte.
4 Eppur sei nel tempio il
santo, Dio assiso su un trono di lodi che Israele ti innalza da sempre.
5 In te ebbero fede i
padri: han sperato e li hai soccorsi,
6 ti invocarono e furono
salvi. Non fu vana la loro speranza:
7 io invece un verme, non
uomo, un obbrobrio di uomo, un rifiuto! Per la folla oggetto di scherno:
8 al vedermi sorridono
tutti, sono favola al mondo intero. Tutti scuotono il capo e dicono:
9 «Si è rivolto a Dio, lo
liberi, lui lo salvi, s'è vero che l'ama».
10 Eppur fosti tu a trarmi
dal grembo, a raccogliermi fin dalla nascita, tu mia pace dal seno materno.
11 Fin dall'utero a te son
votato, dall'origine sei il mio Dio, mia vita succhiata col latte.
12 Ed allora non starmi
lontano, un assediò d' angoscia s ' approssima e nessuno mi viene in aiuto.
13 In gran numero a cerchio
mi stringono: i nemici m'assalgono insieme, come i tori di Basan potenti.
14 Mi spalancano contro le
bocche da sembrar delle fauci affamate di leoni già pronti a sbranare.
15 E svanisco come acqua
versata: le mie ossa son tutte slogate, una cera disfatta è il mio cuore.
16 La mia gola è creta
riarsa, incollata la lingua al palato, già la morte mi sparge qual cenere.
17 Sono stato così assalito
da un branco di cani mastini: assediato da turbe di iniqui. Mani e piedi mi
hanno forato:
18 tutte le ossa mie vado
contando, mentre loro mi stanno a guardare. E gli occhi si pascono lieti:
19 la mia veste divi don tra
loro, la mia tunica giocano a sorte.
20 Ma tu, Dio, non stare
lontano: vieni presto, mia forza, in aiuto,
21 dalle spade accorri a
scamparmi. La mia carne, Dio, salva dai cani,
22 dalla bocca del leone
riparami dall'assalto del bufalo liberami. Esaudito, esaudito mi hai,
23 ora annunzio il tuo nome
ai fratelli, a te inni in piena assemblea.
24 O voi, quanti temete il
Signore, degne lodi a lui innalzate, di Giacobbe la stirpe lo canti. Israele
lo tema per sempre:
25 mai respinse il Signore
infelici, mai sdegnato i lamenti del povero ! Dal suo povero Dio non toglie
mai lo sguardo, e il grido di aiuto egli ascolta e sempre esaudisce.
26 O Dio, fonte del mio
cantare: nella grande assemblea i miei voti scioglierò in presenza dei
giusti.
27 Pane ai poveri, siano
sazi, quanti cercano Dio lo cantino: al cuor loro sia vita per sempre!
28 Del Signore essi fanno
memoria per la terra intera, al Signore vorran tutti i paesi tornare: le
nazioni verranno a prostrarsi adorando il santo suo volto, in ginocchio le
genti pentite.
29 Del Signore è di esser
regale: egli domina i popoli tutti.
30 tutti devon curvarsi a
lui: prima d' esser preda alla morte ! E anche chi giace sotto la polvere,
al cospetto suo deve inchinarsi.
31 È per lui che vive il mio
sangue, la mia stirpe lo serve per sempre, e lo canta all'età che già viene:
32 La salvezza sarà
annunciata a un popolo prossimo a nascere; si dirà: «Questo ha fatto il
Signore».
Non c'è cristiano che non conosca la forza
sconvolgente delle battute iniziali di questa celebre lamentazione, gridate
da Gesù agonizzante (Matteo 27,46). Un testo di grande desolazione striato
dal sangue e dalle lacrime, segnato da immagini «bestiali» di sapore
prettamente orientale
(tori, leoni, mastini, bufali), affidato in filigrana alla raffigurazione di
un corpo dalle ossa slogate, dal cuore molle come cera, dalla gola simile a
creta riarsa, dal respiro affannato, dalle mani e dai piedi feriti...
Attorno, il silenzio di Dio e l'ostilità degli uomini che già si spartiscono
l'eredità, convinti di essere di fronte a un maledetto (v. 19). Ed invece,
all'improvviso, ecco la svolta: «Esaudito, esaudito mi hai!» (v. 22). E il
lamento si trasforma in inno di ringraziamento festoso (vv. 23-27) e in
cantico al Signore, re dell'universo (vv. 28-29). Dalla disperazione alla
speranza, dalla morte alla vita, dal sepolcro alla risurrezione: «Questo ha
fatto il Signore!» (v. 32).
Dossologia
Così, Padre, perché a te piacque; a te,
Padre, pur noi affidiamo, con lo spirito, canti e speranze.
Preghiera
Padre, dopo le forti grida, e le lacrime di
tuo Figlio in croce, non ti chiediamo di capire; ti chiediamo solo di essere
fedeli come lui e che tu ci esaudisca nella nostra pietà: così, pure noi
possiamo cantare l'inno della Pasqua insieme a tutti i poveri e gli
oppressi. Amen.
Dio, o pastore di costellazioni, Spirito
che apri il volo agli infiniti stormi di uccelli verso i terminali delle
loro migrazioni; Spirito che spiri avanti tutti i pensieri degli uomini
buoni e giusti; Spirito che conduci i pellegrini dello spirito negli
incantati pascoli della santità, e gli erranti riconduci da sperduti deserti
sulle vie della vita, e mai desisti, Divino mendicante, di cercare la
pecorella smarrita: se il vederti con gli occhi del corpo è di troppo in
questa valle oscura, che almeno sempre oda i tuoi passi mentre mi cammini
accanto, o Compagno di traversata; e ciò sia a tua gloria più ancora che il
prestarti a guidare le stelle nella notte. Amen.
1I1 Signore è il mio
pastore: nulla manca ad ogni attesa,
2 in verdissimi prati mi
pasce, mi disseta a placide acque.
3 È il ristoro dell' anima
mia, in sentieri diritti mi guida per amore del santo suo nome, dietro lui
mi sento sicuro.
4 Pur se andassi per valle
oscura non avrò a temere alcun male:
perché sempre mi sei vicino, mi sostieni col tuo vincastro.
5 Quale mensa per me tu
prepari sotto gli occhi dei tuoi nemici ! Del tuo olio profumi il mio capo,
il mio calice è colmo di ebbrezza!
6 Bontà e grazia mi sono
compagne quanto dura il mio cammino: io starò nella casa di Dio lungo tutto
il migrare dei giorni.
«Le centinaia di libri che ho letto non mi
hanno procurato tanta luce e tanto conforto quanto questi versi del Salmo
23». Questa testimonianza del filosofo francese H. Bergson esprime
limpidamente il fascino costante esercitato sui lettori da questa lirica
studiata, amata e continuamente echeggiante nelle liturgie cristiane. Due
sono le unità simboliche che reggono la poesia: la prima è quella pastorale,
tanto cara alla tradizione biblica e orientale in genere (vedi Ezechiele 34
e Giovanni 10), la seconda è quella dell'ospitalità (la mensa, l'olio
profumato, il calice colmo), segno di intimità. Il pastore non è solo la
guida, è anche il compagno di viaggio per il quale le ore del gregge sono le
sue ore, stessi i rischi, stessa la sete e la fame, identica la calura
implacabile. Il pasto dell'ospitalità evoca, invece, il sacrificio di
comunione nel Tempio che comprendeva un banchetto sacro con le carni della
vittima immolata.
I due simboli parlano, quindi, di comunione
e di intimità tra Dio e l'uomo: «sempre mi sei vicino» (v. 4) è, allora, la
parola decisiva del salmo e la fiducia l'atteggiamento di fondo.
Dossologia
Grazie al Padre che ci ha benedetti fin
dall'alba del mondo nel Cristo: nello Spirito il solo pastore che nei cieli
ci fa camminare.
Preghiera
Gesù Cristo, pastore buono, che ti sei
fatto nostro compagno di cammino: a causa delle nostre infedeltà non
lasciarci mai soli, poiché ci perderemo in aridi pascoli e ci smarriremo
nella valle oscura; ma continua a custodirci e a difenderci dai lupi; a
nutrirci di cibi purissimi e a portarci tutti a libertà. Amen.
Pure se il velo del Tempio si è rotto alla
sua morte e la «Presenza» ora si posa sopra un patibolo,
anche se più non
credete, o pellegrini, aiutateci a cantare ad altra gloria.
1Appartiene al Signore la
terra,
l'universo e la sua pienezza,
ogni
cosa e tutti i viventi.
2 L 'ha fondata lui sopra
le acque,
lui è
stato a renderla stabile
sopra
i fiumi e sopra gli abissi.
3 Chi può mai salire al
monte
ove
tiene dimora Iddio,
chi
sostare nel suo santuario?
4 Chi ha monde le mani e il
cuore,
chi
non segue dei culti bugiardi,
chi
non giura a danno del prossimo.
5 Dal Signore avrà ogni
bene,
solo
lui otterrà la giustizia,
sua
salvezza sarà il Signore.
6 Così è benedetta la
stirpe
di
chi cerca il Dio di Giacobbe,
di
ognuno che cerca il suo volto.
7 Sollevate, o porte, i
vostri archi,
spalancatevi, soglie immortali:
fate
entrare il re della gloria!
8 Ma chi è questo re della
gloria ?
È il
Signore potente, il forte,
il
Signore potente in battaglia.
9 Sollevate, o porte, i
vostri archi,
spalancatevi, soglie immortali:
fate
entrare il re della gloria!
10 Ma chi è questo re della
gloria?
È il Signore degli astri del cielo,
egli Iddio è il re della gloria.
Nell'interno di questo salmo arcaico sono
intrecciati in un'unica trama tre composizioni: un inno cosmico al Creatore
(vv. 1-2), una «liturgia d'ingresso» simile a quella incontrata nel Salmo 15
(vv. 3-6) e una solenne epifania del Signore degli astri, il Dio degli
eserciti celesti (vv. 7-10). Il carme ha il tono di una marcia che
accompagna la processione sacra. Dopo aver celebrato la signoria suprema di
JHWH sul creato, il corteo si arresta alle porte del Tempio ove i sacerdoti
elencano le tre condizioni per accedere al culto (leggi il v. 4). A questo
punto, in un crescendo di grande potenza sonora, le porte del Tempio sono
invitate a spalancarsi, sollevando i loro frontoni e i loro archi per
accogliere il Re della Gloria che entra nel suo Tempio. Forse il testo
riflette la prassi liturgica della processione con l'Arca dell'alleanza.
Plinio il Giovane in una lettera a Traiano (103 d.C.) ricorda che questo
salmo era divenuto la preghiera della liturgia cristiana dell'aurora.
Dossologia
Gloria al Padre, al Figlio, allo Spirito,
come già era fin dal principio, ora e sempre nei secoli, amen!
Preghiera
Dio, Padre dell'universo, che hai posto
l'uomo al centro del Giardino, a lui affidando il creato perché lo
coltivasse e lo custodisse, liberaci dalla tentazione di crederci despoti
delle cose; donaci e conservaci cuore e mani purissimi per usare di ogni tua
creatura sempre con umiltà e amore, e continuare a vivere in reciproca
amicizia portando a te l'omaggio di tutta la creazione. Amen
Di lettera in lettera il cuore ti canti,
Signore. Per tutte le ore del giorno fioriscano salmi: Dio è più grande del
nostro cuore, più grande di ogni peccato è l'Amore...
1 La mia vita ti affido,
Signore,
2 solo in te, mio Dio, ho
speranza e di questo mai abbia a pentirmi! Ne mai rida di me il nemico,
3 chi in te spera non resti
deluso: arrossisca chi sceglie il suo nulla!
4 Le tue vie, Signore,
rivelami, Dio, insegnami i tuoi sentieri,
5 sii mia guida sul vero
cammino ! Fammi esperto del tuo volere, tu sei l'unico Dio che salva, in te
spero ogni ora del giorno !
6 Il tuo amore ricorda,
Signore, come sempre tu fosti fedele, o bontà che permani nei secoli!
7 Ma le colpe dimentica,
Dio, che ho commesse ancora fanciullo, solo il tuo amore ricorda!
8 Buono e giusto è Dio, il
Signore, agli erranti addita la via:
9 guida gli umili in retti
sentieri! La via giusta insegna ai poveri;
10 verità e grazia: vie di
Dio per chi vive la sua alleanza!
11 Pur se grande è il mio
peccato perdonarmi tu puoi, Signore, sempre a causa del santo tuo nome!
12 C'è qualcuno che teme il
Signore? Iddio stesso al beato rivela il cammino che deve seguire !
13 Egli ha colma la vita di
beni, la sua stirpe possiede la terra;
14 il Signore si dona a chi
l'ama: a lui svela la sua alleanza!
15 Il mio sguardo è fisso al
Signore che mi libera d'ogni inganno.
16 O Dio, guardami e abbi
pietà, perché sono infelice e solo
17 e allevia le ansie del
cuore. Dagli affanni tu salvami, Dio!
18 Guarda in quale miseria
io vivo e perdona il mio peccato.
19 Guarda e conta, o mio
Signore, quanti sono i miei nemici, come ardon di odio violento.
20 Che non debba io mai
arrossire per averti chiamato a difesa:
21 innocenza e giustizia è
il mio scudo ! O mia sola speranza, Signore:
22 Israele, il tuo popolo
salva dal dolore e da ogni sventura!
È questo il primo salmo rigorosamente
alfabetico (lo era parzialmente anche il 9-10): ogni versetto si apre con
una parola ebraica che inizia con la corrispondente lettera dell'alfabeto in
successione. Nonostante questo artificio esteriore, destinato a favorire la
memoria, aiutata anche dai quattordici imperativi che reggono il salmo, i
sentimenti che affiorano sono vivi e calorosi. Pericoli esterni e nemici si
affiancano al peccato interiore nel seminare paura nel cuore dell'orante. Ma
egli è certo che l'amore di Dio sconfigge ogni incubo: «il tuo amore
ricorda, Signore, ma le colpe dimentica, Dio!» (vv. 6.7). L'atteggiamento
spirituale che il testo suppone è quello degli 'anawim, cioè dei «poveri di
JHWH», coloro la cui ultima fiducia e speranza è solo in Dio, il Liberatore
buono e giusto (v. 9). Ed allora, anche se il senso del peccato è lacerante,
il cuore è pieno di pace.
Dossologia
Questi canti offriamo a te,Padre, perché
nati noi siamo nel Cristo, da lo Spirito eletti tuoi figli.
Preghiera
Padre, dimentica i nostri peccati, ricorda
soltanto il tuo amore infinito; conservaci nella tua verità: illuminati da
essa in ogni momento,
possiamo seguire la
strada della vita sulla quale ci precede il tuo Figlio Gesù. Amen.
Di chiunque a nominarti appena oppure che
osi accostarsi all'altare, come dev'essere pura la bocca, e devono essere
innocenti le mani, e deve essere libero il cuore!
1 Voglio, Signore, tu sia il mio giudice:
in piena innocenza cammino da sempre,
da sempre in Dio è la mia fiducia,
il mio passo non può vacillare.
2 Come vuoi, o Dio, scrutami e vagliami,
e mettimi pure alla prova:
le mie viscere passa al crogiolo
mente e cuore raffinami al fuoco.
3 Mi sta davanti agli occhi il tuo amore,
mi cammina a fianco la tua verità.
4 Mai mi vedranno a convegni di idolatri,
mai siederò con orditori d'inganni:
5 le assemblee dei perfidi detesto:
con i malvagi nessun compromesso.
6 In acqua purissima lavo le mani
e con corone di danze circondo l'altare:
7 mentre nel tempio risuona la lode
e continua il racconto delle tue
meraviglie.
8 La casa, la tua casa, Signore, io amo,
il rifugio ove tu dimori,
la tenda della tua Presenza e Gloria.
9 Non mischiarmi con empi assassini,
non mi perdere in ciurme di violenti:
10 hanno mani che grondan delitti,
con regali corrompono tutti.
11 lo invece integro continuo il cammino:
da te fatto libero,
custodito dalla tua pietà.
12 Su terra piana sta saldo il mio piede:
nella assemblea elevo al Signore
il canto di benedizione.
Celebre nell'antico Messale latino per
l'uso del v. 6 «Lavabo inter innocentes manus meas» ), questo salmo coniuga
una dichiarazione di innocenza alla «liturgia d'ingresso» al Tempio nello
stile dei Salmi 15 e 24,3-6. Il primo tema è solennemente affermato in
apertura: «In piena innocenza cammino da sempre» (v. l).
Come in un crogiuolo, Dio può far passare
al fuoco viscere, mente e cuore dell'orante e vedrà solo brillare l'oro
dell'amore, della verità e della giustizia. Con questa limpidità di
coscienza il salmista può entrare in quella «casa» che egli tanto ama, «la
tenda della Presenza e della Gloria» divina, il Tempio (v. 8). Ancora una
volta si ribadisce, nello spirito della predicazione profetica, che la
preghiera senza la giustizia è farsa, che la liturgia senza l'esistenza
giusta è magia (vedi Isaia 1 e Amos 5). Il simbolo della lavanda delle mani,
classico in tutte le culture (si ricordi il gesto di Pilato), è quindi
espressione di una purezza totale, interiore e sociale.
Dossologia
Al suo trono di grazia e d'amore egli ha
aperto per tutti la via: con fiducia andiamo dal Padre, e lo Spirito canti
per noi.
Preghiera
Padre, per amore del
tuo Cristo, non vogliamo più maledire; Padre, tieni lontani i nostri passi
dai sentieri della malvagità e dell'ingiustizia; Padre, abbiamo paura di
essere anche noi travolti dal male: rendi saldo il nostro cammino sulla via
che conduce al tuo volto; purificati dal dono del tuo Spirito, possiamo
cantare a te in esultanza per sempre. Amen.
MI SORPRENDONO
Mi sorprendono queste mani protese in
favolosi spazi; costellazione di ori e sangue. Brilla la croce uguale a una
spada e la terra è tutta una ferita, una montagna di marmo è l'altare e la
chiesa vuota, immensa. lo ho gridato l'augurio al popolo ma risposta nessuna
è venuta a sostegno del mio ardimento assurdo: l'eco dei passi e la voce
infranta sotto gli archi muti. .. Ora, dunque, la parola alle mani che
tracciano gesti indicibili.
«Non paura» di te o dell'uomo e più, brama
di vederti è la fede: il tuo santuario ora è la terra, e il nido della mia
fiducia il tuo cuore.
1 Mia luce, salvezza mia è Dio: di chi devo
avere paura? Dio è la mia roccaforte, chi mai io posso temere?
2 Si scatenino pure i malvagi a divorarmi in
lauti bocconi la carne: sono essi, avversari e nemici, a inciampare e
soccombere!
3 Pure se intera un' armata mi assale io so
che il mio cuore non trema: e anche se battaglia divampa intorno pure allora
mi sento tranquillo.
4 Una cosa solamente io chiedo, questo invoco
e bramo: abitare nella casa di Dio tutti i giorni che vita mi dona. E
contemplare la sua bellezza, e la notte vegliare nel suo santuario:
5 e sentirmi al riparo per il giorno nero nel
suo tabernacolo: avvolto nel segreto della sua Tenda, piantato sulla Rupe
alta e sicura.
6 E da là il capo ancora sollevo sopra la
ciurma nemica in assalto. Nella sua tenda canterò al trionfo con sacrifici
di lode: inni di lode e danze innalzerò al mio Signore.
7 La mia voce ascolta, Signore: pietà - grido
-, ti prego, rispondimi!
8 Di te il mio cuore mi dice: cerca il suo
volto ! Il tuo volto io cerco, Signore:
9 non nascondermi il tuo volto non respingere
il tuo servo, non mi scacci il tuo furore! Sei il mio aiuto, Signore: non mi
lasciare, non mi abbandonare, Dio, salvezza mia!
10 Padre e madre mi hanno abbandonato, il
Signore -lui solo -mi raccolse!
11 Mostrami la tua via, Signore, guidami tu
per strade sicure, lontano da sguardi maligni.
12 Non espormi alla gola bramosa dei miei
avversari: testimoni bugiardi contro di me sono insorti e mi accusano, tutti
aspirare violenza.
13 Non mi soccorre forse certezza di
contemplare la bontà del Signore nella terra dei viventi?
14 Nel Signore tu spera, e sii forte: nel
Signore tu spera con fermissimo e libero cuore.
Costruito su due tavole simmetriche (vv.
1-6 e 7-14), il salmo celebra una fiducia trionfale nell'azione di Dio c (vv.
1-6) e una fiducia supplice (vv. 7-14). Da un lato, infatti, il poeta vede
scatenarsi l'assalto del male con tutta la sua mostruosa e famelica violenza
(v. 2): ma Dio è come una rupe alta e imprendibile, il suo Tempio è rifugio
inespugnabile anche nel giorno più nero. D'altra parte, invece, il poeta
viene colto dalla paura, l'grida il suo terrore sentendo alle spalle
l'ansimare bramoso delle gole dei mostri nemici. Egli è totalmente solo;
come in un'antichissima supplica del re mesopotamico Gudea (XXII sec. a.C.),
si vede abbandonato persino dal padre e dalla madre. Ma in questo vuoto, una
certezza permane: «il Signore - lui solo - mi raccolse» (v. 10). Ed il salmo
si chiude, allora, col filo verde della speranza: «Nel Signore tu spera, e
sii forte. ..».
Dossologia
Grazie al Padre che ci ha benedetti fin
dall'alba del mondo nel Cristo: pur se madri abbandonano i figli non il
Padre un uomo abbandona!
Preghiera
Dio, tu hai detto: «Non mi cerchereste se
non mi aveste già trovato», poiché sappiamo che tu ti nascondi anche quando
ti riveli, liberaci dalla supponenza di sapere chi tu sia; donaci di
cercarti sempre, dirada le nostre tenebre perché possiamo scorgere la via
che conduce alla tua tenda: nella speranza di contemplare un giorno il tuo
volto. Amen.
Oh, le attese al colloquio impossibile! Le
tue labbra sigillate sono la lapide sulla mia preghiera. Ti parlo, ti parlo,
Signore, e tu non rispondi. Perché? Saranno un monologo ancor disperato
queste confidenze a te solo aperte, uguali a primule nella notte?
Ma ora oltre la paura a presenza di lui ci
compensa: anch'egli, anch'egli è con noi nell'orto: sola risposta al grande
silenzio.
1 Grido a te, Signore: mia roccia, non starmi
davanti muto come una lapide. Tu incombi, indifferente e muto, io uguale a
uno calato nella fossa. Da se la mia voce grida: ascolta!
2 Ascolta quando ti supplico, quando protendo
verso il tuo rifugio le mani.
3 Non strapparmi via cogli empi, coi perversi
operatori di sortilegi: tutti che parlano di pace allor prossimo, mentre non
hanno in cuore che malizia.
4 A misura del male che fanno ripagali, da'
loro un salario conforme alle azioni: la paga secondo le opere, un compenso
adatto al merito.
5 poiché non sanno, ne voglion sapere, come
sono le opere di Dio com'è l'agire delle sue mani, egli li demolisce senza
rimedio.
6 Benedetto sia il Signore che ha voluto
ascoltare il grido della mia voce !
7 Mia fortezza e mio scudo il Signore, in lui
si è abbandonato il mio cuore. E perché lui mi ha soccorso e il mio cuore
esulta e io col cantare gli rendo la lode.
8 Fortezza è Dio per il popolo suo, torre di
salvezza per il suo Eletto.
9 Il tuo popolo salva, Signore, benedici la
tua eredità: Sii tu il nostro pastore, portaci con te nel tempo per sempre.
Nel silenzio di Dio muto come una lapide si
leva il grido di un uomo circondato da perversi e da ingiusti. Eppure egli è
certo che, nonostante l'indifferenza apparente di Dio e la situazione quasi
mortale del giusto, uno sbocco ci sia: Dio «paga secondo le opere» (v. 4). È
a questo punto che la scena muta con violenza: Dio parla ed interviene ed
allora il grido del giusto si trasforma in benedizione e in lode (vv. 6-9).
Il Salmo 28 è, quindi, un canto di attesa della Parola di Dio, l'unica
parola risolutrice che squarcia la notte dell'anima e blocca la morte.
«Ecco, vengono giorni in cui manderò la fame sul paese: non fame di pane ne
sete d'acqua, ma di udire la parola del Signore», diceva il profeta Amos
(8,11).
Dossologia
Con il Figlio che fu esaudito per noi gema
lo stesso suo Spirito, gema e canti perché non sappiamo mai pregarti e
lodarti, o Padre.
Preghiera
Sia la terra una selva di mani alzate,
perché la preghiera di tutti i poveri e degli innocenti finalmente riesca a
rompere il tuo silenzio: c'è gente, specialmente tra i potenti, che non
vuole sapere nulla di te, Signore neppure che tu ci sia, pur parlando sempre
di pace! Signore, intervieni e poni fine all'ignominia. Amen.
E a Dio si prostra adorante tutto quello
che è sui cieli e sulla terra, di buona voglia o a dispetto, e le ombre loro
ancora al sorgere dell'alba e al calar della sera.
1 Date al Signore, o figli di Dio, date al
Signore onore e potenza,
2 date al Signore la gloria del suo nome. i A
lui prosternatevi, all'apparire della sua santità.
3 La voce del Signore tuona sulle acque - il
Dio della gloria folgora e tuona – sulle acque immense incombe il Signore.
4 Potente e maestosa è la voce del Signore,
5 la voce del Signore schianta i cedri, il
Signore sradica e schianta i cedri del Libano.
6 Fa ballare come torello il Libano, il
Sirion come un giovane bufalo.
7 La voce del Signore semina fuoco,
8 alla voce del Signore trema la steppa,
tutta atterrita è la steppa di Kades.
9 Scatena le doglie alle cerve, le pecore
selvatiche costringe alI' aborto . E tutti a gridare nel tempo: «Gloria!».
10 Sopra l'oceano è assiso il Signore, siede
il Signore quale re in eterno.
11 Il Signore doni la forza al suo popolo, il
Signore benedica il suo popolo nella pace.
Secondo molti studiosi questo folgorante
corale della tempesta sarebbe il salmo più antico: esso desume lessico,
simboli, idee dal mondo indigeno preisraelitico, quello cananeo a noi noto
soprattutto per le scoperte di Ugarit in Siria. L' ode, sorta forse nel XII
sec. a.C., è scandita da una cupa onomatopea: per sette volte rimbomba la
parola ebraica qol che significa sia «tuono» sia «voce». Nel cosmo scatenato
il poeta intravede, quindi, un segno del Creatore. La tempesta in Canaan era
vista come l'orgasmo di Baal, il dio fecondatore con la sua pioggia. Nel
salmo, invece, è solo uno strumento con cui Dio svela la sua trascendenza:
egli è sopra la bufera e in lui e con lui c'è solo pace (vv. 9-11). La
tempesta è sceneggiata nel suo svolgimento: dal Mediterraneo alla catena del
Libano (Sirion è il nome fenicio), sino alle steppe meridionali di Kades ove
le cerve e le pecore incinte per il terrore dei lampi e dei tuoni
abortiscono. Ma nel gorgo ciclonico della storia e della natura noi abbiamo
un punto fermo in lui, il Signore che «benedice il suo popolo nella pace».
Dossologia
Venne una voce dal
cielo che disse: ecco l'Eletto, il mio Figlio amato: sia gloria a lui, il
Cristo Signore, cui obbediscono il vento e il mare.
Preghiera
Dio del fuoco, del vento e del tuono, Dio,
misteriosa presenza che ti nascondi nella fenditura della roccia come nel
cavo di un albero o anche nell'occhio di una colomba; Dio che l'universo non
riesce a contenere, donaci il tuo santo timore, donaci un cuore attento a
tutti i tuoi passaggi sulle vie dell'uomo: sia che tu irrompa come un
uragano, sia che tu spiri leggero come un alito sopra le messi all'alba:
purché ti riveli, Signore, e noi ci inginocchiamo mentre tu passi. Amen.
Basta che l'alba appena sorrida e subito
qual fumo è dissolta la notte, e il giorno si alza sovrano sul mondo: così,
è così del tuo volto, Signore. Nel gioco alterno di gioia e pianto sono i
nostri giorni, Signore, secondo che il tuo volto appare e dispare...
2 Signore, ti voglio esaltare: salvo mi
traesti dal pozzo, ne lasciasti i nemici beffarsi di me.
3 Signore, mio Dio, ho gridato e subito tu mi
hai guarito.
4 Dal regno buio dei morti mi hai fatto,
Signore, risalire alla luce: quando stavo per scendere la fossa hai voluto
ridarmi la vita.
5 Componete salmi al Signore, o fedeli,
evocate la santa memoria:
6 la sua collera dura un istante, l'amore suo
tutta la vita. s'allunga e perdura il pianto la notte ma il mattino ridona
la gioia.
7 Nella mia fortuna dicevo: nulla mai mi
potrà turbare.
8 Come un monte stabile e forte l'mi aveva
reso la tua grazia, Signore; ma bastò che appena mi celassi il volto che
subito io mi sentissi un perduto.
9 È a te, Signore, che elevo il mio grido, è
da te, mio Signore Iddio, che imploro pietà.
10 Forse ti giova versare il mio sangue, farmi
scendere giù nella fossa? Potrà forse lodarti la polvere, potrà mai cantare
al tuo nome?
11 Signore, ascolta e abbi pietà, sii tu la
mia forza, Signore.
12 Hai mutato il mio pianto in danza, il mio
sacco in vesti di gioia:
13 perché il mio cuore ti possa cantare,
cantare inni senza mai fine: lodarti per sempre Signore, mio Dio.
Cinque strofe di ringraziamento tutte
ritmate su una serie di contrasti, vita-morte (vv .2-4), pianto-gioia (vv.
5-6), stabilità-vacillare (vv. 7-9), vita-morte (vv. 10-11), pianto-gioia (vv.
12-13): è questa la struttura del Salmo 30, un canto di gioia dopo che si è
provato il sapore amaro del dolore e della morte. Infatti, anche se la
lirica sembra oscillare continuamente tra due estremi antitetici, l'accento
finale è posto sulla vita, sulla gioia, sulla stabilità. E le ultime battute
dimenticano le sere fatte di lacrime e si aprono ad un mattino di luce
mentre sulle labbra del poeta affiora un inno entusiastico e «danzante» alla
pace che Dio sostituisce all'amarezza nel cuore di chi spera. S. Agostino ha
applicato il salmo al Cristo che dal «sacco di lutto della passione e della
morte» (vedi il v. 12) è passato alle vesti splendenti della gioia pasquale.
Dossologia
Grazie, o Padre, perché non lasciasti il
tuo Figlio in balia della morte: noi abbiamo uguale speranza d'esser liberi
e vivere sempre.
Preghiera
Signore, se tristezza ci reca la sera
perché un altro giorno muore ed è grazia grande se abbiamo sbagliato di
meno, se meno di ieri abbiamo peccato; gioia ancora più grande ci ridoni il
sorgere del sole, perché siamo ancora vivi, perché abbiamo superato la
notte, perché possiamo ancora operare e fare giustizia; nella fiducia di non
tradirti più, e finalmente godere del tuo riposo alla fine dei giorni. Amen.
UOMINI, SE VOLETE
Uomini, se volete una goccia almeno di
gioia, alzatevi di buon mattino, guardate la faccia nuova della terra. La
gioia è una stilla di rugiada che il sole disperderà...
Mistero, più che oscurità, circonda la
storia: almeno il cuore dell'orante sia sereno! Nessuno può dire cosa tu
serbi, Signore, per gli uomini pii, i hasidim.
2 Ho confidato in te, o Signore: che io non
resti confuso per sempre, per tua giustizia riscattami subito.
3 Ascolta e portami subito allargo: sii tu
per me una: rocca sicura, il baluardo che certo mi salva.
4 Mio bastione, mia roccia tu sei: nel nome
tuo accompagnami e guidami.
5 Spezza il laccio che mi han teso intorno,
perché tu sei la mia sola fortezza.
6 Nelle tue mani affido il mio spirito:
Signore, Dio fedele, riscattami!
7 Odio chi onora gli dèi del Nulla, io ho
solo fede nel mio Signore.
8 Per la tua grazia esulto di gioia, tu hai
guardato alla mia miseria, la pena hai visto di tutto il mio essere.
9 Ma non mi hai dato in balia al nemico,
bensì mi traesti in libera terra.
10 Abbi pietà di me, Dio e Signore, una agonia
mi strugge e devasta: gli occhi si vanno spegnendo nel pianto, gola e
viscere tutto è distrutto;
11 solo tristezza consuma i miei anni: tutta
una vita passata a piangere ! Di giorno in giorno il vigore vanisce, pure le
ossa ormai si disfanno.
12 Sono un obbrobrio ai miei avversari, una
sciagura per tutti i vicini, i conoscenti mi hanno in orrore. Chiunque
incontro per via mi sfugge,
13 sono un cadavere ormai in oblio, un coccio
d'anfora già da buttare.
14 Ora io sento che molti bisbigliano: «Lui
dappertutto è terrore e paura!». E tutti insieme fan lega e congiurano,
tutti che tramano a farmi morire.
15 Ma io ho fiducia in te, o Signore, dico: tu
sei il mio unico Dio,
16 nelle tue mani sta il mio destino. Salvami
tu dalle mani nemiche, strappami, Dio, da quanti mi opprimono.
17 Sul servo tuo risplenda il tuo volto, la
fedeltà tua mi salvi, Signore.
18 Signore, che mai io resti confuso, mai
arrossisca d'averti invocato. Siano invece confusi gli empi: giù negli
inferi, muti, in silenzio!
19 Tutte ridotte al servizio di tomba le
orgogliose e malefiche lingue: che più non grandino insulti sul giusto, le
insolenze di rabbia e disprezzo!
20 Signore, è grande la tua dolcezza, bene che
serbi per quanti ti temono: Di essa ricolmi chi in te ha fiducia, e li
nascondi agli occhi di tutti. ,
21 Del volto tuo fai loro un riparo, che siano
salvi da umane congiure; nella tua tenda tu stesso li celi, e li difendi da
risse e menzogne.
22 Benedizione al Signore Iddio che ha operato
per me meraviglie nella sua rocca, sicuro rifugio.
23 Tra me dicevo in paura e sgomento: «dagli
occhi tuoi son certo escluso!». Tu invece il grido d'aiuto udivi: il grido
mio hai udito, Signore!
24 Voi tutti, o giusti, o uomini pii, amate
sempre il Signore Iddio! I suoi fedeli protegge il Signore, e con usura
ripaga i superbi.
25 Da forti agite, e sia saldo il cuore, o voi
che in Dio sperate ancora.
«Nelle tue mani affido il mio spirito»:
queste parole del v. 6 diventano anche le ultime parole di Gesù in croce
secondo Luca (23,46) e quelle di Stefano lapidato secondo gli Atti degli
Apostoli (7,59). Anche S. Policarpo, S. Basilio, S. Bernardo, S. Luigi IX,
S. Venceslao, il Savonarola, Lutero e altri useranno questo salmo come loro
ultimo testamento spirituale.
Il carme è una
preghiera dei hasidim, letteralmente «i fedeli», «i pii» (v. 24), cioè
coloro che rispondono alla fedeltà amorosa di Dio (in ebraico hesed) con la
loro gioiosa fedeltà, mai incrinata dalle prove. Il movimento poetico del
testo è appunto segnato da questo spirito: ad un canto della fiducia (vv.
2-9) si accosta un canto del dolore e della persecuzione (vv. 10-19) ma per
sfociare in un canto di gioia e di speranza (vv. 20-25). E il testamento dei
hasidim (nome che sarà ripreso da movimenti spirituali giudaici del Medioevo
e del '700) è quello delle tre virtù fondamentali: stare saldi nella fede,
sperare sempre, amare il Signore (vv. 24-25).
Dossologia
Così, o Padre, perché a te piacque, Padre,
sia fatto il tuo volere: nelle tue mani noi pure affidiamo gemiti e canti
insieme allo Spirito.
Preghiera
Padre, le umiliazioni dei poveri e dei
giusti, il loro avvilimento di fronte all'arroganza dei potenti, la loro
impossibilità a difendersi e a far valere i loro diritti: il diritto
soprattutto che si dica la verità nei loro riguardi, sia la preghiera che ti
tocchi il cuore e ti faccia intervenire in loro difesa: fa' questo almeno
per amore del tuo Figlio che ha gustato Il calice dell'insulto e della
menzogna come nessuno: allora nessuno di noi, o Padre, si pentirà mai di
averti invocato. Amen.
Dio ha incontrato l'uomo che lo cercava:
«Egli lo trovò in terra deserta, in un landa di ululati solitari. Lo
circondò, lo allevò, lo custodì come pupilla del suo occhio».
1 Oh, quanto è beato l'uomo cui sono
perdonati i peccati,
2 I 'uomo cui le colpe Iddio cancella e non
imputa il male, ne inganno esiste più nel suo spirito.
3 lo mentre mi ostinavo a tacere sentivo
roder le ossa la ruggine: per tutto il giorno un gemito solo !
4 E giorno e notte tu mi premevi, un'arsa
estate fu la mia vita.
5 Allora ti svelai i peccati, non volli più
celare una colpa; promisi: «Ogni male confesso!», E tu mi perdonasti alla
fine l'affronto di ogni mio errore.
6 Per questo il credente ti prega nel tempo
della sua angoscia, nell'ora che irrompon le acque, sicuro di non esser
sommerso,
7 perché tu sei il suo rifugio. Sei tu che
dalle bende mi liberi e canti di salvezza mi ispiri.
8 «La via, amico, voglio mostrarti, perché tu
pure saggio ti renda: mia cura e consiglio accogli !
9 Non siate come muli o cavalli, che, privi
di intelletto, richiedono cavezza e morso a freno dell'impeto, superbi della
loro fierezza: e, senza, non ti vengono appresso».
10 Innumeri saranno i dolori per l'empio,
quando grazia invece circonda chi in Dio confida:
11 gioite, santi, in Dio esultate di gioia,
canti il giusto di cuore!
«Quanto è beato l'uomo cui sono perdonati i
peccati!». È questa la sigla letteraria e teologica del Salmo 32, inserito
già nel VI sec. dalla tradizione cristiana nei «Salmi penitenziali». Ma
l'accento non è tanto su una penitenza aspra, su un Dio implacabile giudice
quanto piuttosto sulla felicità liberatoria della confessione del peccato
davanti ad un Dio il cui desiderio è quello di perdonare. Una volta
purificato dal suo male, il salmi sta diventa un maestro di vita per gli
altri: infatti la seconda parte del testo (vv. 8-11) è una vera e propria
lezione sapienziale sulla via da seguire. L'appello si fa caloroso, venato
persino di ironia con la vivace comparazione del mulo e del cavallo presente
nel v. 9. Ma la certezza che pervade tutto il salmo è sempre una sola: la
pace dell'essere perdonati. Paolo, nel suo capolavoro teologico, la Lettera
ai Romani, ha usato esplicitamente il nostro salmo per celebrare la grazia
liberatrice di Cristo (4,6-8).
Dossologia
Agnello Gesù, Cristo di Dio, che lavi nel
tuo sangue ogni colpa, pietà di noi, pietà della terra: che ogni uomo canti
all'amore del cuore Suo più grande del mondo.
Preghiera
Dio, la gioia che ci doni col tuo perdono!
Nulla vi è di più grande del perdonare; e la festa che fai nei cieli è la
misura di come e di quanto solo tu puoi usarci pietà: Tu solo sai quanto sia
terribile l'umiliazione del peccato, quanto sia fatto di nulla il peccato,
questo incantesimo del Nulla! E tuttavia noi non sappiamo non peccare, per
questo tu continui a perdonarci, pur noi sperando di amarti senza più
offenderti e tradirti. Amen.
Un canto è nuovo quando esplode
irrefrenabile, quando compone una lode inaudita, quando si canta all'amore
sempre nuovo di Dio quando si fa voce del sempre sonante mare, voce della
sempre nuova lode delle creature, quando soprattutto canta le ultime cose.
1 Nel Signore esultate, o santi, ai suoi
giusti conviene la lode:
2 con le arpe onorate il Signore, i più
grandi strumenti suonate!
3 Componetegli un cantico nuovo, voce a cetre
unite con arte:
4 la parola di Dio è santa, e fedele in ogni
sua opera.
5 Egli ama giustizia e diritto, la sua grazia
riempie la terra:
6 la sua parola inarca i cieli, il suo
spirito adorna il creato.
7 Come in vaso raccoglie i mari come in
scrigno racchiude gli abissi:
8 tema Iddio la terra intera, per lui tremino
tutti i viventi.
9 Egli parla e tutto è compiuto, egli ordina
e tutto esiste:
10 egli annulla i disegni dei popoli, egli
sventa i loro progetti.
11 Solo il piano di Dio è eterno, il pensiero
suo dura per sempre:
12 beato il popolo cui egli è Dio, la nazione
che è sua erede!
13 Guarda Iddio dal cielo gli uomini, 14
terra e uomini scruta dall'alto,
15 lui che solo ne forma il cuore ogni mossa e
pensiero conosce.
16 Forti armate non salvano i re, ne il vigore
ti rende un eroe:
17 e per vincer non giova il cavallo pur con
tutta la sua irruenza.
18 Ecco l'occhio di Dio è sicuro su chi teme e
spera in sua grazia,
19 dalla morte a vita ti porta e nutre in
tempo di fame.
20 La nostra anima anela al Signore, egli è
nostro aiuto e difesa:
21 solo in lui è il vero conforto, in lui solo
la nostra fiducia: la certezza è nel santo suo nome!
22 Attendiamo da te, o Signore, che discenda
su noi il tuo amore: in te vive la nostra speranza.
L'uomo della Bibbia non vede mai l'universo
come «natura» ma come «creato», in esso egli scopre il segno d'una parola
suprema ed efficace, quella del Creatore. Il nostro salmo esprime
liricamente questa tesi teologica attraverso un inno alla parola divina
creatrice, all'azione nel cosmo, e alla parola divina provvidente,
all'azione nella storia. Questa
ovazione corale sale
dalla terra come risposta riconoscente del fedele che contempla l'opera
mirabile che Dio intesse nel caos della materia e del tempo. Il poema è
retto dalla simbologia cosmologica classica: i cieli sono come una cupola
metallica stesa da Dio, i mari sono raccolti in immensi contenitori così da
non attentare allo splendore della terraferma, gli abissi con le loro acque
sono racchiusi in un otre... Chi si appoggia al Creatore non deve temere il
caos cosmico e le «armate invincibili» della storia: «solo in lui è il vero
conforto, in lui solo la nostra fiducia» (v. 21).
Dossologia
La Parola che stava in principio, la Parola
per cui sono i mondi, la Parola che vive nel Cristo adoriamo ora tutti in
silenzio.
Preghiera
Dio, noi sappiamo che dalla tua segreta
dimora nei cieli tutto vedi e scruti e nulla mai ti sfugge, ti chiediamo di
essere sempre da te guardati come tu guardavi la creazione appena uscita
dalle tue mani, per cui tutto era buono; ti chiediamo di guardarci come
guardavi la Vergine Madre e i tuoi giusti, per cui hai operato in loro «cose
grandi»; e insieme ti chiediamo di essere noi capaci di scorgerti e di
vederti in ogni creatura: così anche noi canteremo con loro il nostro
Magnificat. Amen.
Ancora: Alef, Bet, Ghimel... Signore, non
ci bastano tutti gli alfabeti a cantarti! Ne le ore della notte e del giorno
per dire quanto è soave il Signore. Neppure i disperati potranno dirsi mai
assolutamente disperati. Cosi cantano i poveri, i servi del Signore.
2 Benedirò in ogni tempo il Signore: dalla
mia bocca fioriscono laudi,
3 delira il cuore a comporre i suoi salmi, ai
disperati io porti la gioia.
4 Con me lodate il Signore Iddio, il nome suo
insieme esaltiamo,
5 io l'ho cercato ed egli ha risposto, mi ha
liberato da ogni timore.
6 A lui mirate e sarete raggianti e non
avrete più volti oscuri:
7 gridano i poveri ed egli li ascolta, egli
li libera da ogni angoscia.
8 Pianta la tenda sul campo dei giusti e li
difende un angelo santo:
9 quanto è soave il Signore gustate, beato
l'uomo che a lui si affida!
10 Temete dunque il Signore, o santi, per i
fedeli non vi è mai penuria,
11 miseria e fame tormentan le belve ma per i
giusti non manca mai nulla.
12 Venite, figli, ponetemi ascolto,
v'insegnerò il timore di Dio:
13 vi è qualcuno che brama di vivere e vuol
gustare a lungo il bene?
14 Non dica mai la tua lingua il falso, chiudi
la bocca a parole bugiarde,
15 fuggi lontano dal male, fa' il bene, cerca
la pace e segui i suoi passi.
16 Gli occhi di Dio son sempre sui giusti,
l'orecchio tende allor grido d'aiuto;
17 sui malfattori incombe il suo volto per
estirparne perfino il ricordo.
18 Gridano i poveri, Dio li ascolta, egli li
salva da tutte le angosce:
19 Dio conforta i contriti di cuore, egli
soccorre gli spiriti affranti.
20 Molta sventura perseguita il giusto, ma il
Signore da tutto lo libera:
21 si fa goloso di ogni sua fibra, non una
lascia che sia spezzata.
22 L' empio per sua malizia perisce echi odia
il giusto avrà la sua paga,
23 Dio riscatta la vita ai suoi servi, mai
avrà danno chi in lui si rifugia.
Questa benedizione «alfabetica» (vedi il
Salmo 25 per la tecnica stilistica dell'acrostico) appartiene alla
spiritualità dei «poveri di JHWH», coloro che si rifugiano solo in Dio,
sfidando le manovre degli ingiusti con la loro fede nuda. L 'abbandono in
Dio -insegna il salmo -è sorgente di gioia e di pace e l'esperienza
personale del poeta (vv. 5-11) viene versata nel canto comune
dell'assemblea. Stupenda è l'immagine del v. 6: «A lui mirate e sarete
raggianti e non avrete più volti oscuri». Commentava Paolo nella Seconda
lettera ai Corinzi: «Noi tutti, a viso scoperto, riflettendo come in uno
specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati nella sua stessa
immagine...» (3,18). Il povero, avvolto dalla luce di Dio e difeso dal suo
angelo santo, sente di avere il Signore stesso nella sua tenda familiare:
egli, infatti, «pianta la tenda sul campo dei giusti» (v. 8).
Dossologia
La comunione col Padre e col Figlio compia
lo Spirito in noi suo tempio; ci renda chiesa che canta nei cieli e sulla
terra espande la gioia.
Preghiera
Padre, anche tu sei un Dio umile e buono,
un Dio che sceglie i piccoli e i deboli per confondere i grandi e i potenti,
sempre attento alla sorte dei giusti: anche se non sempre comprendiamo, noi
ti chiediamo di cantarti perché ti sei rivelato nel tuo Figlio quale
liberatore dei poveri; e di essere pure noi attenti a come ti comporti nella
storia, e come vuoi che la tua opera di liberazione sia continuata dai
poveri di tutto il mondo. Amen.
Come, Signore, può pregare un povero in una
«società a delinquere», in queste bande di prevaricatori? Possono mai
salvarsi dalle calunnie, dalla mala informazione, dalle conferenze-stampa
dei potenti? E in quale giustizia potranno confidare? « Vi odieranno, e vi
insulteranno, e vi perseguiteranno, e, mentendo, diranno ogni sorta di male
contro di voi...». (Matteo 5,11-12)
1 Contro chi mi accusa sii tu ad accusare,
Signore: scendi a combattere chi mi combatte.
2 Indossa scudo e corazza, levati e vola in
mio soccorso;
3 la lunga lancia brandisci e la scure a
sbarrare il passo di chi mi insegue. Grida: «Eccomi, io sono! sono io la tua
salvezza».
4 Siano confusi, vergogna li copra quanti
attentano alla mia vita. Volgano in fuga braccati e scherniti gli orditori
della mia sventura.
5 Come pula in balia del vento, li disperda
un messaggero di Dio.
6 e mentre il messaggero di Dio li insegue
affondino in strade di buio e di fango.
7 Senza ragione mi han teso una rete, hanno
scavato la fossa a un giusto.
8 Improvvisa sciagura li colga: colui che ha
teso la rete finisca nella stessa catastrofe.
9 E io nel Signore, ebbro di gioia, possa
cantare alla sua salvezza.
10 Queste mie ossa diranno allora: «Chi mai
sarà pari a te o Signore!». Dal prepotente tu liberi il debole sei tu che
strappi il povero dal predatore.
11 Testi rabbiosi sorgevano contro, mi
interrogavano su cose inventate.
12 Hanno pagato il mio bene col male, han
fatto di me una vita d'assedio.
13 Eppure quando malati languivano, io mi
vestivo di sacco per loro; e in digiuno per loro piangevo e mi spezzavo il
petto a pregare.
14 Da vero amico e fratello accorrevo: me ne
andavo per essi afflitto come chi piange nel lutto la madre.
15 E invece loro quanto gioiscono al vedermi
nella mia sventura. E si radunano e fanno consiglio contro di me per
colpirmi alle spalle, e mi dilaniano senza mai tregua.
16 Inventano delitti, mi affogano in calunnie
e contro mi digrignano i denti.
17 E tu, non vedi nulla, Signore? o per quanto
ancora starai a guardare? Da quelle belve ruggenti strappa, libera la mia
vita, il solo bene che mi resta.
18 Ti loderò nella grande assemblea, ti
celebrerò nella ressa del popolo.
19 Non ridano di me, Signore, questi
fabbricanti di menzogne; Ne beffe e burla si prendan di me quanti mi odiano
senza motivo.
20 Non vi è pace nei loro discorsi, e
continuano a ordire inganni contro i tranquilli abitanti dei villaggi.
21 La loro bocca spalancano su di me, dicono:
«Bene, ah bene, coi nostri occhi l'abbiamo veduto!».
22 Pure tu hai visto, Signore: non startene
muto, non fare l'assente, il lontano.
23 Destati, svegliati, entra nella mia
contesa, prenditi in mano il giudizio.
24 La tua giustizia mi giudichi, Signore mio
Dio, e di me nessuno più rida.
25 Ne in cuor loro più dicano: «Era il nostro
boccone, e noi l'abbiamo divorato!».
26 Per quanti si sono impinguati di beffe a
mio danno infamia e vergogna li copra: a chi mi ha calunniato onta e rovina!
27 Tutto il bene invece e il tripudio Ia chi
gioisce del giusto mio diritto. Dica egli sempre: «Grande è Iddio, ha dato
al suo servo la pace» .
28 Che la mia lingua canti la tua giustizia,
la gloria tua io canti per sempre, Signore.
«Tu hai visto, Signore, non startene muto,
non fare l'assente, il lontano»: la protesta sincera, quasi provocatoria, di
un perseguitato che si sente dimenticato da Dio e in balia di belve ruggenti
è il tono fondamentale di questa supplica indirizzata al Dio guerriero
armato di scudo, di corazza, di lancia e di scure (vv. 2-3).
Il lamento del poeta è simile ad una
melopea orientale che, a ondate successive, ritorna sugli stessi temi
accendendone la passione. Per tre volte, infatti, si lancia un appello a
Dio, si impreca contro i persecutori crudeli, si dipinge l'amara vicenda
personale, si approda alla certezza dell'esaudimento (vv. 1-10; 11-18;
19-28).
«Le porte del mondo in cui viviamo sembrano
recare il blasone dei demoni. ..Dio stesso sembra dirigere la commedia o
assistervi indifferente. Ma questo avviene perché Dio si nasconde e attende
di essere scoperto e ammesso alla nostra vita» (J.A. Heschel). Se è cercato
e ammesso, il Signore ribalta la storia e si svela come il Dio dei poveri e
degli oppressi.
Dossologia
A lui che senza ragione è colpito, vera
immagine di ogni innocente, o innocenti, cantate con gioia e sia questa la
vostra vittoria.
Preghiera
Signore, c'è sempre qualcuno che si sente
solo e abbandonato: è per lui che noi ti preghiamo; e un altro è troppo
calunniato, braccato, offeso, indifeso, Signore: per lui noi ti preghiamo; e
altri che pure si era dedicato al bene dei fratelli; e altri che non ha
fatto se non del bene nella vita, e ora non riceve che male: perché non
abbia a pentirsi di avere riposto in te la fiducia, noi ti preghiamo,
Signore; perché almeno i santi e i giusti non abbiano a perdersi d'animo,
noi ti preghiamo, Signore. Amen.
Donde il tremendo fascino del Nulla? E
perché tu non ci basti, Signore? Così: sempre sul ciglio dei due abissi tu
devi camminare e non sapere quale seduzione, se del Nulla o del Tutto, ti
abbatterà.
2 E un oracolo il peccato per l'empio, non
v'è timore di Dio ai suoi occhi:
3 con blandi accenti illude il suo cuore per
non conoscer la colpa e odiarla.
4 Malie e frodi gl'infioran la bocca, ne più
intende e rifiuta il bene;
5 e il male ordisce dal suo giaciglio, e si
ostina su vie non buone: così non sente più orrore di se !
6 Ma, Dio, di grazia tu colmi i cieli, il tuo
amore raggiunge le nubi.
7 la tua giustizia è più alta dei monti: il
tuo giudizio sovrasta l'abisso! Uomini e fiere tu salvi, Signore:
8 com'è prezioso, o Dio, il tuo amore, le ali
tue allarghi su uomini e dèi.
9 Fino all'ebbrezza essi gustano i beni che
fanno ricca la tua dimora: bevono al fiume del sognato Eden e di delizie,
Iddio, li disseti!
10 Vera sorgente tu sei della vita, nella tua
luce vediamo la luce.
11 Grazia concedi a chi ti conosce, la tua
giustizia ai mondi di cuore.
12 Non mi calpesti mai piede superbo, non mi
opprima la mano dell'empio!
13 E tutti i molti fautori del male, così
abbattuti, non posson risorgere.
Col passaggio
attraverso tre registri letterari diversi, la riflessione sapienziale sul
male (vv. 2-5), l'inno al bene (vv. 6-11) e la supplica al Dio liberatore (vv.
12-13), questa composizione disegna quell'impasto di corruzione e di
innocenza, di bestemmia e di preghiera, di odio e di amore che è l'umanità.
All'abisso del male, che emette i suoi oracoli sulle labbra degli ingiusti,
si oppone l'abisso della bontà divina che si effondi de nei giusti quasi
come «il fiume del sognato Eden» (v. 9). Tra questi due abissi cammina
l'uomo. L'orante ha, però, già scelto in quale mare naufragare, in quello
della luce di Dio. Lo straordinario v. 10, tanto caro a Rosmini, è la
celebrazione di questa immersione nella vita e nell'infinito.
Dossologia
A Cristo il canto leviamo pentiti, a lui
che disse: «Venite e bevete, alla sorgente di vita attingete, non uno avrà
mai più sete in eterno».
Preghiera
O Dio, che vuoi misericordia e non
sacrificio, che ami più perdonare che vendicarti, e sai il mio dramma nel
peccare: Dio, che mai sei così grande come quando usi pietà, donaci la
grazia del rimorso; fa' che almeno i tuoi figli non cedano alle lusinghe del
tentatore; ma illuminati dalla tua luce, rinvigoriti dal tuo Spirito,
possano gustare soltanto la dolcezza dei tuoi beni che nella tua generosità
continui a donare. Amen.
Fino a quando ci sarà un povero sulla terra
mai che possiate voi, o potenti, andare inermi per le strade, uscire liberi
la sera: sono i poveri l'armata di Dio, la sua turbinosa profezia, per cui
mai che tornino i vostri conti, e sarà impossibile la pace.
1 pace non perdere a causa degli empi, non
invidiare i fautori del male:
2 presto saranno appassiti come erba e come
fieno nei campi cadranno.
3 Confida in Dio e fa' sempre il bene, avrai
la terra ricolma di beni:
4 da lui ti venga ogni tua delizia, egli ti
colmi le brame del cuore.
5 Lascia fluire la tua vita in Dio, in lui
confida e lascialo agire:
6 la tua giustizia fa splender qual sole,
come meriggio ogni tuo diritto.
7 Sta' in silenzio davanti al Signore, ripari
in lui la tua speranza: non irritarti per chi ha successo, per chi escogita
trame e malizia.
8 Lascia lo sdegno, desisti dall'ira, non
corrucciarti, faresti del male:
9 certo i malvagi verran sterminati, sarà la
terra di chi spera in Dio.
10 Ancora un poco e l'empio scompare, ne più
saprai dov'era il suo posto:
11 i miti invece avranno la terra, la grande
pace essi solo godranno.
12 Continua l'empio a ordire intrighi, sempre
digrigna i denti sul giusto:
13 ma il Signore si ride di lui, egli già vede
arrivare il suo giorno.
14 Ecco gli iniqui sguainare la spada, ecco li
tendere gli archi ancora: per immolare indigenti e poveri e la via pura
ostruire ai fedeli.
15 Saranno invece trafitti da soli, le loro
lame si torcono in petto sopra di loro si rompono gli archi, si spezzeranno
il cuore da soli.
16 Meglio avere il poco del giusto che
l'abbondanza dei ricchi e potenti:
17 saran spezzate le braccia degli empi,
mentre il Signore è il sostegno dei giusti.
18 Iddio conosce la vita dei buoni, starà per
sempre il loro possesso;
19 nella sventura non devono piangere: saran
saziati nel tempo di fame.
20 Certo gli empi dovranno perire,
appassiranno i nemici di Dio come appassisce il manto dei prati, tutti
dissolti saran come fumo.
21 Mai ridà quel che prende il malvagio, il
giusto invece è pietoso e dona:
22 avran la terra i santi di Dio, i maledetti
saran sterminati.
23 Guida il Signore i passi dell'uomo, segue
con cuore il suo cammino: - 24 se pur soccombe non resta al suolo,
con la sua mano lo regge il Signore.
25 Giovane fui, anziano or sono: abbandonato
mai vidi un giusto, ne mendicare i suoi figli un pane
26 perché fu pio e di cuor generoso. È
benedetta la stirpe dei giusti!
27 Tu pure fuggi dal male e fa' il bene ed
anche a te darà egli una casa:
28 è la giustizia il suo grande amore. Mai
abbandona i suoi santi fedeli: saranno gli empi distrutti per sempre,
29 spenta la stirpe! Invece gli eletti la
terra avranno in eterna dimora.
30 Sapienza adorna la bocca del giusto e la
sua lingua proclama giustizia:
31 ha scritto in cuore la legge di Dio, mai
esitante sarà il suo passo.
32 Continui l'empio a spiare il giusto e
cerchi pure di farlo morire:
33 mai in sua mano lo dà il Signore, ne in
tribunali lo lascia mai solo.
34 Abbi fiducia in Dio, il Signore, per le sue
vie sicuro cammina: e ti darà in possesso la terra e lo sterminio vedrai
degli empi.
35 lo ho visto trionfare l'iniquo, ergersi
come un cedro superbo:
36 son ripassato e già più non c'era, e l'ho
cercato: neppure una traccia!
37 Giustizia segui e guarda al giusto: l'uomo
di pace avrà un futuro,
38 ma tutti gli empi saranno distrutti e
sterminata la loro progenie.
39 È il Signore salvezza dei giusti, 1loro
difesa nel tempo d'angustia:
40 e libertà è salvezza e aiuto, per che in
lui essi hanno sperato.
Di questa nuova composizione alfabetica
(vedi il Salmo 25) di stampo sapienziale possediamo uno dei più antichi
commenti che mai siano stati fatti alla Bibbia: tra i manoscritti delle
grotte di Qumran, sulle coste del mar Morto, è venuta alla luce una
spiegazione del Salmo 37, versetto per versetto, di almeno duemila anni fa.
Giusto e ingiusto sono messi a confronto alla luce delle scelte di Dio: il
mite erediterà la terra (v. 11), il violento sarà come erba avvizzita (v.
2). Questa tesi ottimistica, nota come «teoria della retribuzione» e cara
alla sapienza d'Israele, si trasforma in una chiave di lettura della storia
ed in un principio morale fondamentale. Ma il salmista tende a trasformare
questa legge del «delitto-castigo/giustizia-premio» non tanto in una
speranza terrena e sociale quanto piuttosto in un esito della coscienza e
del Regno di Dio. In questo senso egli si accosta allo spirito delle
Beatitudini che hanno appunto ripreso il v. 11 del salmo (Matteo 5,4).
Dossologia
Così cantiamo al Padre dei giusti; insieme
al Figlio, al più mite degli uomini: mossi da Spirito santo cantiamo lode a
Dio che è sempre coi poveri.
Preghiera
Signore, così ti possa pregare un giorno
questo oceano di poveri che copre i due terzi della terra; e siano poveri
soprattutto nello spirito, perché non abbiano mai a invidiare il ricco; e
più ancora non
esploda mai la loro collera, ma per la loro pazienza pure i ricchi abbiano a
salvarsi facendosi poveri anche loro: nel tuo disegno sono i poveri,
Signore, che salveranno il mondo. Amen.
Qualunque sia il mio male, fosse anche la
peste o il cancro; qualunque sia il mio peccato, fosse anche l'uccisione di
un bimbo, o di Cristo, riuscissi comunque a pregare, sarebbe già come
scorgere una misteriosa luce nella fittissima notte.
2 Dio, non punirmi nel tuo furore, non mi
colpisca la grande tua collera:
3 già le tue frecce mi hanno trafitto, sopra
di me hai gravato la mano.
4 Per il tuo sdegno più nulla ho di sano, la
pelle è un manto di gialle ferite:
5 mi son crollate sul capo le colpe e mi
opprimon col carico greve.
6 Vera cancrena si fanno le pustole, una
follia di colpe m 'impiaga:
7 curvo, accasciato, non so cosa fare,
m'aggiro in lutto per tutto il giorno.
8 Un fuoco mi arde e tritura i fianchi, nulla
di sano che possa salvarsi:
9 sono un acervo di pene e dolori, e per
l'angoscia il cuore ruggisce.
10 Ogni mia brama ti ho posto davanti, nessun
lamento ti ho mai nascosto:
11 come impazzito mi batte il cuore, mi
abbandona ormai ogni forza. Anche la luce va via dagli occhi,
12 uno spettacolo sono di piaghe: compagni,
amici mi fuggono a vista, pure i vicini mi stanno a distanza.
13 E tende lacci chi vuol la mia vita, parla
di morte chi cerca il mio male, i medita inganni per tutto il giorno,
14 tanto da rendermi come una statua: più che
un muto non apro la bocca,
15 ne odo ne sento, murato in silenzio: ne mi
umilio a ritorcere insulti.
16 lo in te solo confido, Signore, voglio che
tu mi risponda, Signore.
17 Dissi: «Di me non gioiscano, Dio, contro di
me non si vantino mai, pur quando avesse il mio piede a cedere!».
18 Sì, mio Dio, io sto per cadere, senza una
tregua il dolore mi strazia:
19 io ho bisogno di urlar la mia colpa, la mia
angoscia è il mio peccato !
20 I miei nemici son vivi e forti, troppi mi
odiano senza ragione;
21 essi mi pagano il bene col male e perché
cerco il bene mi accusano.
22 Non mi lasciare, Signore, mio Dio, da me
lontano non startene mai,
23 vieni in aiuto nel mio abbandono, tu mio
Signore, la mia salvezza.
Già S. Gerolamo aveva identificato la piaga
purulenta, la cancrena e le pustole descritte nel v. 6 con la lebbra: la
supplica acquistava, così, una forza inedita perché il lebbroso era uno
scomunicato dalla vita e dall'umanità. Ma questa lamentazione ha in se un
tema più profondo, legato a quella «teoria della retribuzione» per la quale
ogni malattia o dolore supponeva alla radice un peccato. La terribile lebbra
rivela un terribile peccato ed è per questo che il salmo diventa un'intensa
confessione della colpa. Il corpo striato da ogni forma di mali diventa una
specie di geografia dell'anima solcata dal peccato e dalla miseria. Il
pentimento è urlato (v.19), il grido ha il tono di un ultimatum (vv. 22-23),
ma da ogni riga è assente la disperazione perché «in te solo confido,
Signore» (v. 16). Scriveva Giovanni: «Se diciamo che siamo senza peccato,
inganniamo noi stessi e la verità non è in noi. Se riconosciamo i nostri
peccati, egli che è fedele e giusto ci perdonerà i peccati e ci purificherà
da ogni colpa» (1 Giovanni 1,8-9).
Dossologia
Or con il Figlio che fu esaudito, insieme a
noi il suo Spirito gema: gema e canti, perché ignoriamo come pregarti e
lodarti, o Padre.
Preghiera
lo ti voglio pregare, Signore, anche se una
follia di colpe m'impiaga; ti voglio pregare con tutti i malati del mondo,
con tutti i disperati e gli infelici: perché non c'è salvezza fuori di te; e
allora, Signore, non guardare ai nostri peccati, guarda ai fanciulli e ai
santi, ai giusti di tutta la terra; guarda a tuo Figlio e a sua Madre:
almeno per essi non abbandonarci, o nostro unico rifugio. Amen.
Parlare con lui- o di lui -non è già
credere? Perché escludere dalle molteplici forme del credere, la fede
difficile e nuda? È pur sempre un credere anche «avanti di essere nulla»! E
comunque, non potrebbe esistere, anche se noi non ne sappiamo nulla?
2 Mi ero imposto: «Assoluta custodia, alla
bocca mi lego un bavaglio: che la lingua non abbia a trascendere nel vedermi
di fronte un empio!».
3 lo cercai la calma e il silenzio, reso
muto, pur spoglio di bene: ma il dolore m 'ha fatto esplodere nel vedere la
sua fortuna.
4 Mi si ruppe il cuore nel petto, al pensarci
un fuoco mi arse, e la bocca si aperse da sola, così allora mi misi a
gridare:
5 «La mia sorte rivelami, o Dio, quali giorni
mi restano ancora, quanto effimero sono io sappia, quando e come io devo
finire!»
6 Tu a spanne misuri i miei giorni, è un
nulla per te la mia vita,
ogni uomo è appena un
soffio, solo ombra che passa e vanisce:
7 un respiro che solo si agita! E con ansia
ricchezze ammassa, ma non sa mai chi sia a goderle.
8 Cosa posso attendermi, o Dio? In te solo ho
speranza, Signore,
9 fammi salvo dai miei peccati: che lo stolto
non rida di me:
10 e io torni nel mio silenzio. Il sigillo
ripongo alla bocca, perché, Dio, sei tu ad agire:
11 allontana da me il flagello, col tuo peso
tu mi hai distrutto.
12 Dio, tu vuoi correggere l'uomo, col punire
il suo peccato; come tarlo i tesori corrodi: ogni uomo è appena un alito!
13 Odi dunque la mia preghiera, poni ascolto,
o Dio, al mio grido; con chi piange non essere sordo: presso te sono un
ospite appena! Come i padri io son pellegrino:
14 il tuo sguardo distogli un istante, che
respiri avanti di andarmene, sì, avanti di essere nulla!
Questa straziante elegia autobiografica sul
male di vivere sembra scritta da un fratello di Qohelet, il celebre sapiente
pessimista della Bibbia. Infatti per tre volte echeggia in crescendo il
termine hebel caro a quell'autore (vedi 1,2; 12,8): tradotto spesso con
"vanità", esso in realtà dice soffio, alito di vento impalpabile, ombra
inafferrabile, nube che si dissolve al primo apparire del sole. Così è la
vita anche per il nostro poeta, una sequenza vuota di giorni, lunga solo
come una spanna (v. 6), pervasa dalla mania di possedere ricchezze che sono
poi corrose dai tarli. La preghiera nuda di questo grande poeta è una sola:
egli grida a Dio di lasciargli solo un attimo di tregua, di lasciarlo
respirare un ( solo istante, di lasciargli inghiottire la saliva -come dice
la colorita locuzione originale del v. 14 ancora usata in arabo per indicare
un momento di pace. E poi, nell'ancor oscura visione veterotestamentaria
dell'aldilà, ci sarà solo il nulla dello sheol, gli inferi della Bibbia. I
vv. 13-14 del Salmo 39 col successivo Salmo 40,1-2 costituiscono la base
letteraria della famosa Sinfonia dei Salmi di I. Stravinskij (1930).
Dossologia
A te, Padre, Iddio della vita, che
risusciti il Figlio da morte, nello Spirito santo cantiamo, pur noi certi di
vivere sempre.
Preghiera
Guarda, Signore, a tutte le nostre angosce,
ascolta anche i nostri silenzi: mai un incredulo abbia a deriderti a causa
della nostra condizione di infelici; per quanto ognuno di noi sia ospite e
pellegrino, poiché sei stato tu a chiamarci alla vita, noi abbiamo diritto
di sapere cosa ci serba l'esistenza: perché vogliamo vivere, Signore! Per la
Risurrezione del tuo Figlio! Amen.
NON ANCORA AL LIMITE
Non ancora al limite della nuda soglia ci
avrà preceduti il silenzio; dietro, l'oblio nostro e l'altrui.
Dimenticheremo gli accenti che ci appassionavano, il crollo dei miti
affascinanti, ognuno sarà come sopravvissuto, compagna la sorpresa d'essersi
creduto ciò che non era. Io già intuisco quanto di verità è racchiuso nel
Libro dei sette sigilli; e anch'io lo porto nel ventre, come il profeta,
divorato e divoratore insieme. Questa è la lotta dei giorni. Non vita. Gli
altri approderanno stanchi d'esser morti, oh quante volte! lungo la strada.
Allora comprenderemo come la vita è scivolata via uguale a una barca di
canne; allora apparirà la muta illusione che ci lanciava di balza in balza.
E non una scia. Superflui e inutili come
monumenti.
NON TARDARE, MIO DIO
Allora ho detto: Eccomi, vengo Quando mai la speranza è senza una qualche
porzione di dubbio e di disperazione? Non è detto anche di Abramo che «nella
speranza contro speranza ebbe fede» ? E di contro, si dà mai un'infelicità
che non possa, per quanto sovrumana, sublimarsi anche per via della poesia e
del canto, oltre che per grazia ? Signore, ti chiediamo di avere un cuore di
fanciulli, e una fede fino all'audacia.
2 Ho sperato nel Signore, ho sperato: su di
me si è chinato alla fine, ha dato ascolto al mio grido.
3 Dal pozzo di cupi suoni mi ha fatto salire,
da una fogna fangosa mi trasse, e, issato in piedi sulla roccia, i miei
passi ha reso sicuri.
4 Un cantico nuovo, un inno al Dio nostro
dalla bocca mi è sgorgato per lui tutti vedano con santo tremore, nel
Signore confidino tutti.
5 Sì, è beato l'uomo che nel Signore la
speranza ripone, e non si volge a orgogliosi idolatri, ne corre dietro a
volgari impostori.
6 Oh, i prodigi che hai fatto, Signore, e
quali progetti a nostra salvezza! Volessi narrarli non bastan le forze,
potessi almeno contarli: o nostro Dio, nessuno ti eguaglia.
7 Sacrifici e offerte tu non gradisci; e
neppure chiedi espiazioni e olocausti. Negli orecchi mi sei penetrato,
8 allora ho detto: «Eccomi, vengo!». Nel
rotolo del Libro per me sta scritto
9 che la tua volontà sia fatta. Nel profondo
delle mie viscere porto incisa la tua Legge.
10 Ecco: nella grande e solenne assemblea io
annunzio la tua giustizia: non voglio tenere chiusa la bocca, come tu sai, o
Dio.
11 Mai che tenessi nascosta nel fondo del
cuore la tua giustizia. Ho proclamato invece a gran voce la giustizia tua e
la tua salvezza. No, io non nasconderò mai a tutto il tuo popolo la grazia
tua e la tua fedeltà.
12 E tu, Dio, le tue tenerezze non mi negare,
la tua grazia e la tua fedeltà siano le mie sentinelle.
13 Mi si concentrano contro mali innumeri, mi
opprimono colpe che non riesco neppure a discernere: sono più dei capelli
del capo, a pensarci il cuore vien meno.
14 Degnati, Dio, di liberarmi, Dio, affrettati
in mio soccorso.
15 Siano svergognati e confusi quanti vogliono
farmi morire: tutti volti in fuga, coperti d'infamia coloro che godono della
mia sventura:
16 ogni obbrobrio li copra, messe a scempio le
loro vergogne tutti quelli che mi sogghignano in faccia.
17 Invece esultino in te di gioia e tripudio
quanti ti cercano: quelli che amano la tua salvezza gridino senza fine: «Dio
è grande!».
18 Di me si cura il Signore perché io sono
povero e solo. Aiuto e mia liberazione tu sei: non tardare, mio Dio.
Incubo e gioia pervadono questa lirica che
- come ha scritto un commentatore dell'800 - si apre in tono di «Magnificat»
e finisce come un «De profundis». Le prime strofe raccolgono un «canto
nuovo», cioè una celebrazione piena e perfetta della speranza, della fiducia
in Dio che, come un padre, si china sulla sua creatura (v. 2) .Col v. 13 il
tono muta, l'orizzonte diventa fosco, mali innumerevoli, «più dei capelli
del capo», attanagliano l'orante. Il salmo diventa, allora, una supplica il
cui testo (vv. 14-18) sarà riedito alla lettera nel Salmo 70. Ma anche nel
lamento la fiducia non s'incrina perché Dio si cura di chi è povero e solo
(v. 18). Un'osservazione a margine: i vv. 7-9, che nell'originale ebraico
sono una
dichiarazione sul vero culto fatto di obbedienza («orecchi») e giustizia
«legge»), sono stati applicati dalla Lettera agli Ebrei, secondo l'antica
versione greca dei Settanta, al Cristo che obbedisce al Padre venendo nel
mondo per la salvezza dell'uomo (10,4-7).
Dossologia
A te, Cristo, inviato da Dio per redimere
uomini e cose, di giustizia tu altare e vittima, il nostro inno di grazie e
di lode.
Preghiera
Padre, così ti prega lo stesso tuo Figlio:
«Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, ne olocausti per il peccato; un
corpo invece mi hai preparato; allora ho detto: Ecco, io vengo - poiché di
me sta scritto nel Libro - per fare, o Dio, il tuo volere». Padre, sia
questa preghiera lo scudo delle nostre infedeltà. Amen.
Itinerario del salmo uguale all'itinerario
della vita? Dalla gioia e dalla speranza, dopo avere attraversato l'area
oscura del male; ecco l'approdo alla pienezza dell'amore. Ma altri ancora
più compiutamente ha scritto: «Gli stoici dicono: rientrate in voi stessi; è
n che troverete la vostra quiete. E ciò non è vero. Altri dicono: Uscite al
di fuori; cercate la felicità divertendovi. E ciò non è vero. Vengono le
malattie. La felicità non è ne fuori di noi, ne dentro di noi; è in Dio, e
fuori e dentro di noi» (Pascal, Pensieri, n. 391).
2 Chi si prende cura del povero è beato: lo
stesso Iddio avrà cura di lui liberandolo nel giorno della sventura.
3 Su di lui veglierà il Signore e gli darà
vita e felicità sulla terra, ne mai lo cederà alle brame dei suoi avversari.
4 Lo sosterrà il Signore sul suo letto
d'infermo: gli rivolterà il giaciglio della sua malattia.
5 Ho detto: «Pietà di me, Signore, contro di
te ho peccato, risanami».
6 I nemici mi vogliono finito: «Quando morrà
e sparirà il suo nome?».
7 Chi viene a visitarmi dice solo parole
mendaci e nel cuore non pensa che male: quando esce è un fior di calunnia.
8 Empi insieme mi mormoran contro, i mali mi
contano in faccia. Poi sinistri auspici spargono in giro:
9 «L 'ha colpito una peste infernale, mai più
si alzerà da dove è disteso».
10 Pure chi ritenevo un amico, quello in cui
confidavo tranquillo: l'amico col quale ho diviso il mio pane, il suo
calcagno ha levato su me.
11 Dio, pietà di me e rialzami, fa' che mi
levi e li possa pagare.
12 Sarà questo il segno che tu mi vuoi bene,
se su di me il nemico non gridi vittoria.
13 Quando risanato mi avrai per tuo
intervento; mi stabilirò per sempre davanti al tuo volto.
14 Benedetto il Signore, il Dio d'lsraele: dai
secoli ai secoli, amen amen.
«Contro di te ho peccato, risanami!»:
questa supplica presente nel v. 5 rivela il senso ultimo del salmo, quello
di essere la preghiera di un malato che vede nella sua sofferenza -secondo
il ben noto binomio delitto- castigo -la pena per un peccato. Ma
l'originalità del lamento è soprattutto nell'accesa evocazione della
solitudine e dell'ostilità che l'infermo in modo palpabile avverte attorno
al suo letto. Sembra quasi che un'accolta di corvi o un branco di sciacalli
si sia dato appuntamento presso il salmi sta per piombare su di lui appena
«la peste infernale» lo avrà liquidato. Ma, con amara sorpresa, tra quei
volti ostili egli vede anche quello di un amico: «l'amico col quale dividevo
il mio pane» ora leva aggressivamente il piede per schiacciarlo (v. 10). In
quel volto Gesù, alle soglie della sua morte, vede Giuda, l'amico traditore:
«Non parlo di tutti voi; conosco quelli che ho scelto. Ma si deve adempire
la Scrittura: Colui che mangia il pane con me, ha levato contro di me il suo
calcagno» (Giovanni 13,18). Un'osservazione a margine del testo: la
benedizione del v. 14 è un'aggiunta giudaica posteriore per concludere il
primo dei cinque libri in cui si era allora convenzionalmente diviso il
Salterio.
Dossologia
Nello Spirito a te
ogni gloria: pure tu hai cercato un amico, dolce Cristo, e non l'hai
trovato, solo il Padre non ti ha mai tradito.
Preghiera
Nel giorno dell'angoscia e dell'abbandono
quando anche gli amici ci volgono le spalle, donaci, Padre, la tua fedele
protezione, perché, sostenuti dalla presenza dello Spirito possiamo
percorrere senza incertezze il cammino che Gesù Cristo, tuo Figlio, ci ha
indicato. Amen.
In un silenzio assoluto lacerato dall'urlo
della cerva assetata, che non si lamenta tanto per la sete quanto per il
torrente secco, ansiosamente cercato e scoperto alla fine della corsa,
senz'acqua: per questa sete, con questo anelito e lamento per fortuna
qualcuno crede ancora, qualcuno canta... Siamo tutti immersi in una plaga
desertica e montuosa - quale il grande Sertão del Brasile: nell'abbandono
del povero da tutti, e di tutto - questi poveri, questi «scomunicati» dal
mondo che conta...! È anche di loro questo canto.
2 Come una cerva sospira alle fonti, anela a
te la mia vita, o Dio:
3 la gola mia ha sete di Dio, del Dio
vivente, e quando verrò e potrò il volto di Dio vedere?
4 Le mie lacrime sono il mio pane, giorno e
notte io piango, e sempre mi sento dire: «Il tuo Dio dov'è?».
5 Il mio cuore si strugge al ricordo, l'anima
evoca il tempo felice. Ero tra i primi, attraverso la folla, io avanzavo su
verso la tenda, fino alla santa dimora di Dio, in mezzo a canti festosi di
lode che giubilanti innalzavan le schiere!
6 Perché anima mia, sei così triste, perché
sospiri e ti abbatti su me? Nel tuo Dio e Signore confida! Potrò ancora
cantar le sue lodi: lui, del mio volto salvezza, mio Dio!
7 L 'anima mia si abbatte su me quando mi
prende il tuo ricordo, e dal fiume Giordano e dall'Ermon io ti penso, dal
monte di Misar:
8 ora un abisso richiama l'abisso! Qui al
fragore di queste cascate su di me passano a ondate i tuoi flutti;
9 ma Dio mi dà la sua grazia nel giorno, di
notte innalzo a lui il mio canto, la mia preghiera al Dio vivente.
10 Dirò a Dio, mia roccia e difesa: «Perché,
perché mi hai abbandonato? per che io devo aggirarmi in pianto, vestito a
lutto per strazio d'iniqui
11 sotto le beffe dei miei avversari?». Tutte
le membra mie sono spezzate, infrante le ossa, i nemici mi opprimono, essi
mi sfidano tutto il giorno e mi domandano sempre una cosa: «Ma dov'è mai il
tuo Dio e Signore?».
12 Perché, anima mia, sei così triste, perché
sospiri e ti abbatti su di me? Nel tuo Dio e Signore confida! Potrò ancora
cantar le sue lodi: lui, del mio volto salvezza, mio Dio!
Il Sicut cervus di Pierluigi da Palestrina,
uno dei capolavori della musica rinascimentale, può fare da sfondo a questa
stupenda lirica erroneamente divisa in due salmi, il 42 e il 43, in realtà
unitaria, come è attestato dal ritornello antifonale di 42,6.12; 43,5. In
tre atti si snoda in forma autobiografica la storia di un levita
«scomunicato» da Gerusalemme e relegato a domicilio coatto in terra
estranea, nell'alta Galilea, alle sorgenti del Giordano presso il monte
Ermon e I'ignoto monte Misar. Pur circondato dalle chiare e fresche acque
del fiume santo, egli ha sete di un'altra acqua, quella di Sion. Egli è come
la cerva che, giunta ad un torrente secco, lancia al cielo il suo lamento:
la gola del salmista ha 'sete del Dio vivente che in Sion si svela in tutto
il suo splendore. La nostalgia della liturgia del Tempio (v. 5) è
struggente, soprattutto ora che i nemici, i pagani, ironizzano sul giusto
chiedendogli: «Ma dov'è mai il tuo Dio e Signore?» (v. Il). Indimenticabile
è il soliloquio del poeta con la sua anima, presente nei vv. 6.12, un
appello alla speranza perché Dio non tacerà sino alla fine.
Dossologia
A pieno cuore, Gesù,
ti cantiamo solo chi vede te, il Padre già vede; tu hai detto: Venite e
bevete ad acque vive vi estinguo la sete: tu, dello Spirito il tempio più
vero!
Preghiera
Padre, nella nostra preghiera vogliamo
raccogliere la voce di tutti gli assetati: dei vivi, dei morti che chiedono
refrigerio alle loro arsure; ogni sete rivela quanto queste cose non ci
bastano, Signore; e poiché solo in te sono le fonti della vita a te noi
sospiriamo giorno e notte: sazia, ti supplichiamo, la nostra sete donandoci
l'acqua viva che zampilla dal tuo cuore. Amen.
IL CANTO DELLA SETE
«Tutti, nella Scrittura, muoiono di sete, e
che cosa è questo universale sitire se non Dio stesso assetato di si!?
Sempre ho pensato, da che l'ho appreso, che morire con questo versetto sulle
labbra sarebbe un bel non morire». (Leon Bloy).
Hanno sete le lucertole e gemono in
silenzio sulla pietra; hanno sete i lombrichi nel solco; ha sete il neonato
e piange, e il morente dalle labbra rotte di sete; hanno sete le stesse
pietre del torrente asciutto...
Hanno sete di luce e di acque i pini
verticali come spade sul monte, o colonne di un tempio cui è cupola il
cielo. Hanno sete le radici diramate in direzione di fonti remote. Hanno
sete le stesse fonti a sgorgar dalle rocce, sospirose di mai inaridirsi,
orgogliose di aprirsi in fiumi maestosi...
Come la cerva sospira
alla fonte e fiuta nell'aria e nel sole frescure lontane, così il fedele
esiliato dal tempio. ..
Hanno sete gli infiniti cercatori di perle
in veglie estenuanti; i cercatori di gioie e piaceri, e ragioni! Hanno sete
gli inquieti sapienti in cammino dietro la stella che appare e dispare, come
hanno sete cammelli e dromedari nel cuore dell'infinito deserto...
E le rondini in volo sopra l'oceano ancora
molto, molto lontane dal loro nido di fango, in attesa sotto l'arco della
mia piccola chiesa all'estremo nord del paese...
E l'asfalto della città nell'infuocato
agosto; e la terra, la terra intera pur navigante nel cuore dei mari: questa
terra spaccata non appena il cielo si chiude nel suo impassibile azzurro...
Ha sete questa tua creta vivente, o Dio:
una creta riarsa dalla tua implacabile fiamma. Hanno sete tutte le
Samaritane che tu attendi al pozzo stanco di camminare...
E chi ha sete avrà ancora più sete poiché
molte, sono molte le cisterne screpolate...
Anche tu finito con gridare dall'Albero «Ho
sete»...
Varcare la soglia del tempio, Signore, non
è già un entrare nell'eterno? Cercare di vivere la tua Shekinah, non è anche
per noi rischiare l'esperienza del rovo in fiamme? Dio della mia allegria,
fai della stessa mia vita il tuo rogo che arde e non si consuma.
1 Fammi giustizia, o Dio, e difendi la mia
causa da gente spietata, dall'uomo iniquo e perfido salvami!
2 Tu sei, o Dio, il mio rifugio: perché,
perché tu mi vuoi respingere? Perché io devo andarmene triste, sempre
oppresso dai miei nemici?
3 La verità, tua luce, Signore, manda a
guidarmi al santo tuo monte, essa mi porti alle tue dimore.
4 Io salirò all'altare di Dio al Dio e
Signore, mia fonte di gioia: viene da lui la mia esultanza! A te io voglio
cantar sulla cetra, tu solo sei il Signore, o Dio!
5 Perché, anima mia, sei così triste, perché
sospiri e ti abbatti su me? Nel tuo Dio e Signore confida! Potrò ancora
cantar le sue lodi, lui, del mio volto salvezza, mio Dio!
È questa la terza parte dell'unica lirica
composta dai Salmi 42-43, erroneamente frazionati in due salmi. Il levita
relegato nell'alta Galilea attende con fiducia l'intervento di Dio che
invierà i suoi due messaggeri, la Verità e la Luce (v. 3). Essi prenderanno
per mano l'orante esiliato e lo condurranno verso Sion, verso l'altare di
Dio ove il fedele riprenderà il suo servizio liturgico nel canto e nella
danza. In crescendo, risuona per l'ultima volta (v. 5) l'antifona che già
era stata cantata due volte nel Salmo 42 (vv. 6.12): ora le sue parole
stanno per attuarsi perche Dio, dopo la prova, si sta per mostrare come
«salvezza del volto», cioè come gioia e come luce. Il brano del Salmo 43 è
stato usato dalla tradizione cristiana come preghiera d'ingresso alla
liturgia eucaristica: «Introibo ad altare Dei. ..Salirò all'altare di Dio».
Dossologia
E giovinezza e grazia ancora, Iddio,
rinnova a ognuno che osi la propria croce e l'altrui portare in dura e umile
ascesa agli altari trasfigurando nel canto ogni pena.
Preghiera
Essere tristi è segno di te, o Signore, un
segno che ci manchi; e noi neppure lo sappiamo; la mancanza di gioia è segno
della tua assenza; uomini o chiese senza gioia sono uomini e chiese senza di
te, Signore; Dio, fonte della gioia, guida i nostri passi sulla tua via,
perché possiamo giungere dove tu ci attendi, e là finalmente cantare solo
canti di gioia. Amen.
«Perché dormi?», così mormora o grida il
negro dell'intero continente, e così dall'altro intero continente gridano
Campesinos e Indios. «Perche dormi?», è il vento che si alza da tutto un
oceano di poveri... «Perché dormi, Signore?» e ti sei dimenticato del tuo
Verbo, Padah, il «Liberare» che è tutta la tua essenza, per cui ti crediamo
e ti adoriamo come unico vero nostro Dio?
2 Con queste orecchie l'udimmo, Signore, i
nostri padri ce le hanno narrate: le meraviglie che hai fatto ai lor giorni
è; con la tua mano, nei tempi antichi!
3 Hai sradicato le genti, Signore, tu, per
piantarli e dar loro un paese, hai sterminato e disperso i popoli; non con
la spada ottenner la terra!
4 No, a salvarli non fu il loro braccio: fu
la tua destra la tua potenza, fu lo splendore del santo tuo volto: sì,
perche tu li amavi, Signore!
5 Mio Signore, tu sei il mio re che per
Giacobbe decidi di vincere:
6 per te abbiamo respinto i nemici e nel tuo
nome li abbiamo schiacciati.
7 Mai nel mio arco io ho confidato, ne dalla
spada mi attendo vittorie:
8 dagli oppressori sei tu a salvarci, tu a
confondere i nostri avversari.
9 La nostra gloria è Dio ogni giorno, noi
celebriamo il tuo nome in eterno;
10 ma ora ci hai umiliati e respinti e più non
esci coi nostri eserciti!
11 Ci hai volti in fuga di fronte al nemico,
siamo spogliati da quanti ci odiano:
12 tu ci consideri capri al macello, così ci
scarichi in mezzo alle genti.
13 Tu per un nulla vendesti il tuo popolo, una
miseria è il tuo guadagno:
14 siamo ludibrio dei nostri vicini, beffa e
scherno alle genti intorno.
15 Ci hai ridotti una favola ai popoli, colmi
di spregio da tutte le genti:
16 sempre davanti mi sta la vergogna, la
grande infamia ricopre il mio volto.
17 La loro voce ci insulta e bestemmia,
abbiamo davanti solo odio e vendetta:
18 e tutto questo ci è accaduto pur non
avendoti mai tradito; non l'alleanza abbiamo violato,
19 ne il nostro cuore si è volto indietro. Non
ti abbiamo lasciato per altri, ne sviato i passi dal tuo sentiero.
20 Eppur così tu ci hai abbattuti, di noi hai
fatto un paese di iene, tutti avvolti in ombra funerea, ma non abbiamo
scordato il tuo nome!
21 Se nell'oblio lasciamo il Dio nostro, se
invochiamo un dio straniero,
22 forse che egli non viene a saperlo, lui che
conosce i segreti del cuore?
23 Per te ogni giorno siam messi a morte,
trattati come i capri al macello: ma perche dormi, o Dio e Signore?
24 Destati, e prendi ancora a vegliarci! Non
ci respingere, Dio, per sempre!
25 Perché nascondi a noi il tuo volto? Perché
non pensi alla nostra miseria, e quanto oppressi noi siamo tu scordi?
26 Siamo costretti a morder la polvere, coi
nostri ventri distesi a terra: in nostro aiuto risorgi e accorri,
27 il tuo amore ci liberi, o Dio.
Ecco la prima preghiera nazionale che
incontriamo nel Salterio. Si tratta di una lamentazione che getta una luce
torva sul presente tragico di Israele (vv. 10-23). La nazione santa è
coperta di vergogna, le sue armate sono in rotta, il territorio è devastato,
si succedono i massacri, si moltiplicano le umiliazioni e le deportazioni,
il popolo è venduto come schiavo, si prepara il grande olocausto finale.
Potente è 1 'immagine del v. 26: «Siamo costretti a morder la polvere, coi
nostri ventri distesi a terra». Di fronte a questa tragedia si leva una
duplice preghiera. Da un lato si evoca il passato glorioso (vv. 2-9): nel
Credo Israele continua a professare le grandi azioni salvifiche, soprattutto
la liberazione esodica dalla schiavitù faraonica. Questa fede nel Dio
liberatore è speranza per il presente amaro. D'altro lato la preghiera si fa
appello-ultimatum aDio (vv. 24-27). Le parole sono quasi provocatorie,
scagliate contro un Dio che sembra dormire, lontano dall'urlo disperato
degli oppressi: «Perche dormi, o Dio e Signore? Destati e prendi ancora a
vegliarci!» (v. 24).
Dossologia
Così vogliamo lodarti, o Padre: prova
nessuna, nemmeno la morte, possa strapparci al cuore di Cristo, e nello
Spirito il patto resista.
Preghiera
Ci sono poveri che si lamentano, Signore;
c'è della gente che ti è stata sempre fedele e non pare che tu sia
intervenuto a loro conforto: Signore, noi vorremmo che tu sentissi maggior
gelosia e orgoglio verso il tuo nome,
perché fosse da tutti
più venerato e temuto. Non sempre, Signore, comprendiamo il mistero di tuo
Figlio che era il più povero di tutti: in lui tu hai posto le tue
compiacenze, in lui hai compiuto la più mirabile di tutte le tue opere e ti
sei conquistato un popolo di giusti: per lui e per loro ride sta la tua
potenza, perché nessuna tribolazione ci faccia dubitare della tua
fedelissima protezione. Amen.
Ma non c'è che un unico amore, Festa di
nozze, ipostasi dell'Alleanza, la più vera passione di Dio, E molti i canti.
Canto di nozze per tutta la natura: «O mia colomba che stai nelle fenditure
delle rocce, nei nascondigli dei dirupi, mostrami il tuo viso.,.». Canto di
nozze per Israele: «Passai vicino a te e ti vidi,' ecco, la tua età era
l'età dell'amore,' io stesi il lembo del mio mantello su di te e coprii la
tua nudità".». E il canto per il viaggio di nozze della nuova figlia di
Sion, «appena l'Angelo se ne partì da lei»: «Cosa, o Donna, ti spinse al
viaggio con dentro al cuore l'annuncio divino? Come gazzella sui monti
correvi e al tuo passaggio esultava il creato ... anche le fronde parevan
chinarsi, O fiumi e selve battete le mani a lui che passa pur chiuso
nell'arca»"... Canto di nozze per tutta l'umanità: per noi, anima ed anima,
tutti chiamati per nome alle nozze. E lui il più bello tra tutti i figli
dell'uomo, il Figlio della bellissima.
2 Liete parole mi ardono in cuore, al re io
canto il mio poema: penna veloce di scriba, mia lingua!
3 Sei il più bello tra i figli dell'uomo,
sulle tue labbra fiorisce la grazia: ti ha benedetto Iddio in eterno.
4 Cingi qual prode la spada al tuo fianco,
sopra lo splendido manto di gloria: marcia all'attacco e ti arrida la sorte.
5 E verità e amore e giustizia siano la causa
del tuo avanzare:
6 e meraviglie farà la tua mano.
Affilatissimi sono i tuoi dardi, tutti a colpire il cuore ai nemici: ai tuoi
piedi i popoli cadono.
7 Sta il tuo trono, o divino, per sempre, è
scettro giusto il tuo scettro regale:
8 tu ami giustizia e detesti empietà. Iddio,
il tuo Dio ti ha consacrato, egli ti ha unto con olio di gioia, ai tuoi
eguali ti ha preferito.
9 Le tue vesti son tutte un profumo di mirra,
aloe e cassia, le cetre nelle tue stanze d'avorio t'allietano.
10 Figlie di re, predilette fra tutte, vengono
incontro e sta la regina alla tua destra in oro di Ofir .
11 Odi, o figlia, e vedi, ascolta: ora tu devi
scordar la tua gente, i familiari, la casa del padre.
12 La tua bellezza incanta il re: egli è il
tuo Signore, l' Amato, a lui ti prostri con gioia profonda.
13 Ora le genti di Tiro accorrono, portano
doni i più ricchi del popolo, e tutti voglion vedere il tuo volto.
14 Tutta fulgore è la figlia del re, di oro e
perle riluce il suo manto,
15 non han confronto i preziosi ricami. Ora
lei viene dal re e la seguono
16 amiche vergini in danze di gioia, verso la
reggia avanzano insieme.
17 Ti nasceranno dei figli e saranno con te in
luogo dei padri, e principi tu li farai di tutta la terra.
18 lo renderò il tuo nome glorioso nel cuor di
tutte le generazioni, e avrai dai popoli lode in eterno !
Questo raffinato
carme nuziale, scritto forse per le nozze del re d'Israele Acab e di
Gezabele, principessa fenicia di Tiro (vedi il v. 13), che tanti lutti
porterà al popolo del regno settentrionale ebraico, è come un Cantico dei
cantici in miniatura. Due meravigliosi cammei contengono il ritratto del
giovane re appena consacrato e abbigliato in alta uniforme militare (vv.
4-10) e quello della regina che, nello splendore dei suoi broccati e avvolta
in una nuvola di profumi, sta col corteo per giungere al palazzo reale. Il
poeta di corte, autore del poema, dà voce a tutto Israele in una
benedizione-augurio (vv. 17 -18) per un amore fecondo e felice. Questo canto
della gioia, della bellezza e dell'amore, riletto già in chiave messianica
(lo sposo è il Messia-Cristo e la sposa è Israele-Chiesa) dalla tradizione
giudaica e cristiana, è stato applicato liberamente dalla liturgia cattolica
a Maria. In realtà esso è soprattutto la celebrazione della bellezza suprema
dell'amore che rende re e regina ogni sposo e ogni sposa, come insegna il
Cantico dei cantici.
Dossologia
Con la tua Madre vogliamo cantarti canti di
gloria, o Figlio di Dio, e nuove gesta d'amore narrare.
Preghiera
Padre, che di ogni sposo e sposa, e di ogni
anima devota si possa cantare solo inni di virtù e di grazia; e di ogni
amore sia tu la fiamma che neppure le grandi acque mai possano estinguere;
Padre, sia così soprattutto della Chiesa: che l' Agnello la riscatti e la
lavi nel suo sangue versato, la faccia splendere di amore e giustizia; e
cammini nel tuo Vangelo, e sia finalmente pronta alle nozze. Amen.
Il caos è ancora e sempre reale,- e sempre
più si scatenano guerre per la terra intera. Eppure egli sarà sempre
l'Emmanuele, anche se ora non ha più una città, ma l'ultimo di tutti gli
uomini sarà il suo vero santuario,- e il cuore del fedele è la sua barca ove
egli riposa, pure nell'infuriare delle bufere.
2 «Dio-è-per-noi» rifugio e baluardo, è lui
che dagli assedi ci libera, il Grande.
3 Non ci impaura che la terra tremi, che
franino i monti nel fondo dei mari;
4 che si scatenino le ruggenti acque e ancora
i monti sobbalzino a causa dei flutti.
5 Un fiume rallegra la città di Dio calmi
rivi la irrigano, la divina dimora, la casa dell' Altissimo.
6 Dio è là, nel centro di essa, perciò essa
non può vacillare: è lui a sorreggerla allo spuntare dell'alba.
7 Genti furono scosse, regni franarono:
appena egli elevava la voce la stessa terra si sgretolava.
8 «Dio-è-con-noi», il Signore degli astri,
nostra Roccaforte è il Dio di Giacobbe-
9 Venite a vedere le meraviglie di Dio, i
portenti che ha fatto il Signore per tutta la terra.
10 Egli farà bandire le guerre fin dagli
estremi confini del mondo: gli archi romperà, le lance spezzerà, degli scudi
farà un braciere.
11 «Fermatevi, cessate, lo sono Dio, l'Eccelso
fra tutte le genti, 1'Eccelso su tutta la terra» .
12 «Dio-è-con-noi», il Signore degli astri,
nostra Roccaforte e il Dio dl Glacobbe.
Il Salmo 46 è il primo dei cosiddetti
«canti di Sion» dispersi nel Salterio. Un commentatore, il tedesco Deissler,
scriveva: «E tra i capolavori del Salterio, una sinfonia di suoni nello
stile più raffinato della lingua ebraica, opera di un cantore e di un poeta
di grande intensità». Il ritornello musicale e teologico contiene nei vv.
2.8.12Ia chiave d'interpretazione del mistero di Gerusalemme: il
«Dio-con-noi», l'Emmanuele, è là, nel suo
grembo (vedi
Ezechiele 48,35). Il carme si sviluppa attorno ad un simbolo cosmico. Da un
lato c'è Sion, simile ad un'oasi percorsa da correnti d'acqua viva, simile
ad un grembo fecondo in cui c'è vita e nutrimento. Fuori di essa, invece, si
scatena il caos: le acque oceaniche tentano di sgretolare i monti, i popoli
si affrontano in battaglie sanguinose. Sion è, quindi, la pietra angolare
dell'armonia cosmica e della pace perché in essa si rivela Dio, il Creatore
e il Salvatore. La sua voce si leva solenne: Fermate, cessate, spezzate gli
archi, infrangete le lance, degli scudi fate un braciere...! (Cfr. vv.
10-11; leggi Isaia 2,1-5).
Dossologia
La città dell' Agnello è pronta, pronta
come una sposa alle nozze, presso Dio già scende dal cielo: preparatevi, o
figli, alle danze, celebrate il Regno che viene.
Preghiera
O Emmanuele, concepito da Spirito santo,
Figlio della Bellissima, fa' che non ci sentiamo più soli, e che nessuno più
abbia paura: anche quando la tribolazione si abbatte sul tuo popolo e
infuria il pericolo, tutti sentano la tua presenza serenatrice: sei tu il
segno che Dio è sempre con noi; tu la rivelazione di come il Padre mai
abbandona i suoi figli. Amen.
Il tuo comandamento, Signore, di «non avere
altro Dio all'infuori di te», è radice prima della libertà dell'uomo: la tua
regalità condiziona ogni potere. Ma saremo noi capaci di essere liberi fino
a non chiamarci capi? Liberi fino alla vera anarchia come alle origini?
2 O genti, battete le mani, a Dio con gioia
acclamate:
3 terribile è Dio, l'altissimo, re grande su
tutta la terra.
4 I popoli ci ha sottomesso, ai piedi ci ha
posto le genti:
5 per noi il possesso egli scelse, orgoglio
del suo Giacobbe.
6 Ascende Iddio tra i canti, e squilli di
trombe e danze:
7 cantate a Dio, cantate, suonate sull'arpe e
le cetre.
8 Di tutta la terra è il re, cantategli inni
con arte:
9 Dio regna su tutte le genti, Dio siede sul
santo suo trono !
10 I capi stranieri si uniscono ai figli del
Dio d' Abramo: i re sono a Dio soggetti, egli è della terra il Sovrano.
Il Salmo 47 è il primo esempio che il
Salterio ci offre di «inni a JHWH re» (vedi anche Salmi 93; 96-99). Con
questo particolare genere di salmi si vuole celebrare - attraverso il
simbolo «politico» del regno - il progetto che Dio intende attuare nel cosmo
e nella storia, vincendo il caos e il male. Questo inno da parata introduce
il Signore mentre si rivela sulla ribalta di tutta la terra. Egli è accolto
dagli applausi dei popoli, dalle acclamazioni adoranti delle nazioni, dai
canti e dal suono del corno, lo strumento principe della liturgia d'Israele
(non per nulla il giudaismo recita sette volte il salmo prima che il corno
dia il segnale del nuovo anno). Al centro della scena c'è lui, l'Eterno,
l'Altissimo, il Terribile, il Sovrano trascendente, ma attorno a lui si
raccoglie non solo Israele, «il possesso» personale che egli si è scelto (v.
5), ma anche tutte le nazioni straniere in un mondo ormai pacificato.
Dossologia
La terra intera lo canti, lo cantino i
cieli e gli abissi: a lui non ad altri l'onore e la gloria eterna nei
secoli.
Preghiera
Padre, che sei il solo Signore del creato,
per il tuo Figlio e nostro fratello Gesù Cristo, diffondi nel cuore di ogni
uomo la luce della fede in te, perché sia libero da ogni idolatria; e tutti
riconoscano la tua unica signoria sull'universo e a te solo cantino l'inno
di lode senza fine. Amen.
«Dio è là»: questa la tua ragion d'essere,
o Sion. «Dio è là»: sopra la più bella delle alture, la splendida Vetta, il
trascendente vertice della sua Shekinah. Ma da quando una Vergine, la
fanciulla Madre, la vera figlia di Sion, in grande fretta si mise in cammino
tra i monti di Giuda, da allora unico vero santuario di Dio è ogni cuore che
crede e ama; ogni casa, da dove cantano le madri.
2 Grande è Dio, d'alte lodi è degno: così
canta la città del Dio nostro,
3 il suo monte santo, splendida vetta, della
terra è l' orgoglio e la gioia. È divina tenda il monte di Sion, la città
del grande re, il Signore.
4 Sta Iddio sopra i suoi baluardi, egli è
nostra imprendibile rocca.
5 Hanno fatto i capi lega tra loro e insieme
hanno tentato l'attacco;
6 hanno visto coi loro occhi attoniti, son
fuggiti tutti in preda al terrore;
7 lassù il panico li ha sgominati e parevan
donne in doglie di parto:
8 come quando la tempesta d'oriente sbatte e
squarcia le galee di Tarsis.
9 Come udito avevamo, vedemmo la città di Dio
salva e imbattibile, la città di Dio, Signore delle schiere, da lui resa in
eterno incrollabile!
10 Or nel tempio le memorie evochiamo della
grande tua bontà, o Signore: -
11 vanno insieme il tuo nome e la lode fino ai
termini estremi del mondo ! Di giustizia la tua destra è ripiena,
12 la sua gioia il monte Sion ti canti, le
città di Giuda esultino tutte a motivo dei tuoi santi oracoli.
13 Intrecciate cortei intorno a Sion e contate
quante sono le torri,
14 fate il giro sopra tutte le mura, le
fortezze sue passate in rassegna! Proclamate alle genti future:
15 questi solo è il Signore, Dio nostro, il
Signore Iddio per sempre, in eterno, nostra guida al di là d'ogni morte.
Due tavole colme di colori e di immagini
dipingono in questo «canto di Sion» la città santa. La prima (vv. 2-8) è il
ritratto della Gerusalemme vittoriosa, la città del Gran Re. I nemici
avanzano, l'assediano invano, sono costretti ad una fuga catastrofica, «come
quando la tempesta d'oriente sbatte e squarcia le galee di Tarsis», le navi
fenicie dirette verso Gibilterra. La seconda scena (vv. 9-15) disegna invece
la Sion liturgica percorsa dai canti e dalle preghiere del Tempio e dalle
processioni che si snodano attorno alle mura e alle torri fortificate. Lo
splendore di Gerusalemme e la sua inviolabilità, però, non hanno ragioni
architettoniche o militari, ma teologiche: come ripete l'antifona dei vv.
2.9.15, essa è il segno della vicinanza di Dio all'uomo, del suo essere
«guida al di là di ogni morte». «Beato, allora, colui che in Sion attende e
veglia per veder salire l'alba della luce di Dio», cantava il poeta ebreo
medievale Giuda Ha-Levi (XII sec.).
Dossologia
Tabernacolo non fatto da uomo, già si erge
dell' Agnello il trono: nello Spirito i tuoi servi l'adorino e non abbia più
un regno la notte.
Preghiera
Padre, il tuo Spirito di vita faccia di noi
il tuo tempio e di tutta la terra il tuo paese, della storia degli uomini il
luogo delle tue meraviglie; e la chiesa sia la vera figura del tuo Regno che
deve incessantemente venire. Amen.
Lo so chi tu sei, ti
ho vista, o morte, sul volto di amici e fratelli: ti ho vista ieratica e
lussuriosa dietro il cataletto di papi, ti ho vista sotto le ruote di un
camion sull'asfalto delle autostrade: neppure morte, brandelli di morte.
Zingara fantasiosa e beffarda, ti ho vista dentro incendi dove alla fine
restavano solo dentiere a ridere: e poi silenzio, oh, quel silenzio!...
E così c'è morte e morte: una multiforme,
svariatissima morte. Pensate alla morte dell'Epulone: morto anche lui! E
alla morte di Lazzaro, per cui la morte era una speranza. C'è dunque una
saggezza anche della morte. E poi pensate alla grazia di morire; o al
contrario: pensate se non ci fosse la morte!... La grazia di saper morire,
di essere degni di morire. Il dono di chiudere, cantando, il lungo giorno,
«poiché i miei occhi hanno visto la luce delle genti». La grazia di poter
dire di fronte al mondo: «Le valigie sono pronte; arrivederci, figlioli».
Una morte sempre più rara, è vero, la bella morte all'antica. Di contro,
questa civiltà di morte, questa morte a battaglioni: una morte
industrializzata. Una vita che è già morte: morte mangiata nei cibi stessi
che mangi. Morte salita con te nel Jumbo: morte che appunto con te viaggia
sulla stessa auto, divertita a spingerti lei al folle sorpasso...
2 Ascoltate, o popoli tutti, abitanti di
tutta la terra,
3 voi nobili e gente del popolo, sì, uditemi,
ricchi e poveri!
4 lo vi dico parole sapienti, il mio cuore
ispira saggezza,
5 ai proverbi io tendo l'orecchio, sulla
cetra vi spiego l'enigma.
6 Dovrei forse temere i malvagi se nei giorni
infelici mi assediano?
7 Essi al proprio potere si affidano, delle
loro ricchezze si vantano.
8 Mai nessuno riscatta se stesso o può dare a
Dio il suo prezzo;
9 per il molto che paghi una vita
10 mai che basti a fuggirne la fine: evitare
la fossa, impossibile!
11 Ognun vede che muoiono i saggi, che
periscono stolti e malvagi, i lor beni lasciando agli altri.
12 Loro casa per sempre è la tomba, la dimora
per i secoli eterni: anche se erano grandi e famosi che a paesi han dato
illor nome.
13 L 'uomo ricco non passa la notte, egli è
come animale marchiato:
14 di chi sta bene è questo il destino, questa
sorte avrà chi si gonfia.
15 Sono greggi cacciati agli inferi, sarà loro
pastore la morte: scenderanno di -corsa la fossa, svanirà ogni loro
parvenza: li divora il cupo sepolcro.
16 Ma Iddio potrà riscattarmi, solo lui può
strappar la mia vita dalla mano feroce di morte.
17 Non temere se uno arricchisce, se aumenta
di gloria la casa:
18 nulla porta con se quando muore, neppur
scende con lui la sua gloria.
19 Si diceva beato da vivo: «Quante lodi, oh
quanta invidia per aver procurato i tuoi beni» .
20 Se ne va anche lui come tutti. Dei suoi
padri raggiunge la serie: non vedranno la luce in eterno.
21 L 'uomo ricco non pensa ne dura: l'animale
è già pronto e marchiato.
Questo «oratorio
sulla morte» è un altro dei capolavori letterari e spirituali del Salterio.
Grande meditazione sapienziale sulla vera scala dei valori umani, la lirica
si sforza di squarciare il velo oscuro della morte, frontiera ultima
dell'esistenza terrena, per scoprirne il mistero. La voracità del mostro che
si chiama sheol (gli inferi della Bibbia) ingoia ricchezze e beni: invano il
potente si illude di offrire 'un riscatto con le sue immense finanze alla
Morte. Per quanto sia alta la copertura finanziaria offerta, essa mai sarà
sufficiente (v. 9). E pur sapendo di questa verità, il ricco è come una
bestia, già marchiata dal sigillo della fine, che si illude di vincere e di
sopravvivere: egli -come si dice nell'antifona dei vv. 13 e 21- «non passa
la notte» ed è subito la fine, «non capisce» il suo destino, animalescamente
ottuso come egli è. Ma per il giusto una luce è accesa nella tenebra della
morte. Il Dio eterno, signore della vita, non può lasciar piombare nel nulla
chi è vissuto in intimità di amore e di giustizia con lui. Ed è questo il
testamento del poeta: «Iddio potrà riscattarmi, solo lui potrà strappar la
mia vita dalla mano feroce di morte!»(v. 16).
Dossologia
Voi almeno lodatelo, o gigli, voi uccelli
dell'aria, lodatelo: mentre noi cercheremo il suo regno, tutto il resto
verrà in abbondanza.
Preghiera
Non ci seducano, o Padre, ne i beni terreni
ne i facili successi, e non c'impauri la morte; ma il tuo Spirito illumini i
nostri occhi per discernere l'effimero e l'eterno, l'illusorio e il
permanente, e così potremo aver parte con te che sei l'origine d'ogni
esistenza, al banchetto della vita senza fine. Amen.
RITORNA PURE
Ritorna pure, mio antico amore o morte,
come al tempo assoluto, ai giorni di fuoco della giovinezza!
Attraverso i tuoi
occhi mi dilettavo a guardare e per lunghe sere conversavamo su ciò che più
vale nella mia cella di frate, da questa frontiera sul mondo: tu dalla sedia
vuota io dall'altra parte del banco a preparare i giorni per la grande
battaglia. Vieni e siedi ancora ma in amicizia, che ora non ho conti da
esigere ne progetti superbi avanzo: ho pagato molto mi pare, ho creduto col
sangue, ho consumato le mie scelte costose, la colonna delle entrate è pari
forse alla colonna delle uscite, e lo zero è la somma finale: bene è dunque
essere raggiunto su questa linea di povertà estrema. Semmai lasciami i pochi
amici rimasti, i pochi che hanno resistito agli urti implacabili, o che sono
per i tuoi insindacabili calcoli sopravvissuti: ormai ci muoviamo tra
cimitero e deserto, altro non sono queste città... Vorrei prevenirti,
dispormi all'incontro, dirti un giorno serenamente: eccomi, vengo!
Riscattare la tua stessa fama, o morte, ora troppo disonorata, certo del
sistema il più squallido frutto: non più naturale
morte, divino angelo
liberatore. Come mio padre vorrei partire, lui che disse «figlio, io non
muoio più»; e poi si disse in perfetto latino, lui uomo dei campi,
l'offertorio dei morti. Se a tanto riuscisse la nostra amicizia, sarebbe la
miglior battaglia che vinco: per ridarti la tua perduta dignità, o morte.
«Ma voi non credete in Dio: se credeste in
Dio credereste anche in me»; «andate a vedere cosa vuoi dire: io voglio
misericordia e non sacrificio». - Signore, donaci la grazia di convertirci
sempre dalla religione alla fede; che sia «una fede esigente e concreta, una
fede sociale e pur contemplativa». «Se io rientro in me stesso, io troverò
là ciò che devo immolare... la mia coscienza sarà il tuo altare. Non avrò
bisogno di acquistare ciò che ti devo offrire, perché tu me lo hai già dato»
(S. Agostino).
1 parla Dio, il Signore degli dèi: da levante
a ponente egli grida
2 alla terra: da Sion, splendore di bellezza,
s'irradia Iddio:
3 Viene Iddio, ne sta in silenzio, divorante
un fuoco l'annunzia, viene dentro tremende tempeste:
4 cielo e terra dall' alto egli convoca; la
sua gente egli chiama a giudizio:
5 Radunategli i suoi fedeli, quanti han
stretto con lui l'alleanza e con vittime hanno firmato.
6 Parla il cielo, giustizia annunzia,
7 il giudizio è di Dio; «Mio popolo sono io
che parlo, ascolta:
ammonirti, Israele,
io voglio! lo sono l'Iddio, il tuo Dio,
8 io lamenti non faccio su vittime,
l'abbondanza dei tuoi olocausti mi sta sempre davanti agli occhi!
9 Non ti rubo da casa i giovenchi, non i
capri dai tuoi recinti: -
10 sono mie le fiere dei boschi, animali a
migliaia sui monti.
11 I volatili tutti conosco, è mio quanto nei
campi vi brulica;
12 se ho fame, a te non lo dico, mio è il
mondo e quanto contiene.
13 Mangio forse la carne dei tori? Bevo forse
il sangue dei capri? 14 Sacrifici di lode offri a Dio, all'altissimo
sciogli i tuoi voti !
15 Nelle prove allora invocami e sarò io la
tua salvezza, mentre tu mi darai la gloria!».
16 D'altro invece all'empio egli parla: «Come
osi insegnar le mie leggi e aver sempre in bocca il mio patto?
17 Tu detesti la mia condotta- le parole mie
getti alle spalle!
18 Vedi un ladro e corri con lui, dei corrotti
sei subito amico,
19 la tua bocca distilla malizia, e non sai
che ordire inganni!
20 Siedi e sparli del tuo fratello, di tua
madre il figlio infanghi.
21 Questo hai fatto: dovrei tacere? Come te tu
credevi che fossi! Sono questi i motivi d'accusa le tue colpe ti getto in
faccia.
22 Smemorati di Dio, riflettete: se mi adiro,
nessuno vi salva.
23 Mi dà gloria colui che di cuore sacrifici
di lode mi offre: - a chi il giusto sentiero percorre mostrerò la salvezza
di Dio! ».
Col maggior teologo protestante del '900,
K. Barth, potremmo riassumere il salmo con questa preghiera: «Signore,
liberami dalla religione e dammi la fede!». Nello spirito della predicazione
profetica il salmista apre un vero e proprio processo (in ebraico rfb, «lite
giudiziaria» ) nei confronti di un Israele attento solo all'osservanza
religiosa esteriore. Alla lista sacrificale di sette tipi di animali (vv.
7-15) il poeta oppone la lista morale di sette impegni esistenziali (vv.
16-23), espressione di una fede viva. Dio non ha bisogno di freddi esecutori
rituali, non ha necessità di vittime per cibarsi come affermavano gli
antichi miti perche suo è tutto il creato, non tollera ipocriti oranti le
cui mani grondano ingiustizia e forse sangue. «Mi dà gloria colui che di
cuore sacrifici di lode mi offre» (v. 23). Fede ed amore si intrecciano di
necessità. Anche nel 2100 a.C. in Egitto un sapiente scriveva: «La divinità
gradisce più .volentieri le qualità dell'uomo dal cuore giusto che non il
bue dell'uomo perverso». E il profeta Osea, citato anche da Gesù, ribadirà:
«Misericordia io voglio e non sacrificio» (6,6; leggi anche Isaia 1,10-20 e
Michea 6,6-8).
Dossologia
E venuto ed è questo il tempo di adorarlo
con libero cuore: egli cerca credenti sinceri più che offerte, amore egli
vuole.
Preghiera
Padre, insegnaci a camminare sempre dalla
religione alla fede: che nessuno mai ti faccia su propria misura; tu sei un
Dio che non i cieli e neppure i cieli dei cieli ti possono contenere!
Amoroso Signore dell'universo tu vuoi che tutta la tua creazione sia
rispettata, perciò chiedi solo opere di giustizia e che ognuno ti renda il
dovuto sacrificio di lode con una vita fedele e libera. Amen.
«Grazie, o Dio, per averci dato questa
divina preghiera del Miserere, questo Miserere che è la nostra preghiera
quotidiana... compendio di ogni nostra preghiera» (C. de Foucauld). «Il
Miserere... silenzioso compagno di lacrime di tanti peccatori pentiti... la
segreta biografia di anime sensibili... lo specchio della coscienza
vivissima e lacerata di uomini come Dostoevskij... atto d'accusa contro ogni
forma di fariseismo ipocrita» (O. Ravasi). «Infatti... più la colpa si
aggrava, più essa si cela agli occhi del peccatore; ma più cresce l'umiltà,
più si diventa sensibili alla minima mancanza» (Max Scheler).
3 Pietà di me, o Dio, pietà secondo la tua
infinita tenerezza, per quanto le viscere hai ricolme d'amore cancella le
mie infedeltà,
4 lavami e raschia via la mia colpa, fammi
mondo dal mio peccato.
5 Le mie trasgressioni io le riconosco, il
mio peccato mi sta sempre davanti.
6 Contro te, contro te solo ho peccato,
quanto è male ai tuoi occhi ho commesso: tu, sempre giusto nelle tue
sentenze, lascia parlare la tua pietà.
7 Ecco, nella colpa sono stato generato,
peccatore mi concepì mia madre;
8 ecco, è la sincerità del cuore che tu ami,
per cui fino all'intimo sono da te ammaestrato.
9 Purificami con 1 'issopo e sarò mondato,
lavami e sarò più bianco della neve.
10 Ridammi ancora gioia e letizia, esultino le
ossa che hai frantumate.
11 Distogli il tuo volto dal mio delitto,
dalle radici estirpa ogni colpa.
12 Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova
in me uno spirito forte.
13 Non cacciarmi dalla tua presenza, non
privarmi del tuo santo spirito.
14 Ridammi la gioia di essere salvo, mi regga
ancora uno spirito grande.
15 Insegnerò le tue vie ai ribelli e i
peccatori a te torneranno.
16 Liberami dalla sentenza di morte, Dio, o
Dio mio salvatore, e griderà la mia lingua alla tua giustizia.
17 Signore, apri tu le mie labbra, la mia
bocca acclamerà la tua lode.
18 poiché le vittime tu non gradisci, ne vuoi
in dono alcun sacrificio:
19 uno spirito pentito è il sacrificio
perfetto, un cuore contrito e umiliato, o Dio, questa l'offerta che tu non
rifiuti.
20 Nel tuo amore fa' grazia per Sion, le mura
rialza di Gerusalemme.
21 Le giuste offerte allor gradirai,
l'olocausto e la totale oblazione: allora sante saranno le vittime
sacrificate sul tuo altare.
Il Miserere è, forse, il salmo più celebre,
meditato, interpretato, musicato, persino dipinto (da Rouault) da una
schiera immensa di uomini pentiti e convertiti. La cellula poetica e
spirituale di questa supplica è, infatti, tutta in quell'appassionato
«Contro te, contro te solo ho peccato!» (v. 6). La tradizione giudaica,
proprio sulla base di questa confessione, ha attribuito il salmo a Davide
adultero con Betsabea e assassino del marito della donna, Urla (vedi
2Samuele 10-12). In realtà lo stile, il tema profetico dello «spirito» e del
«cuore» come sacrificio perfetto (v. 19), l'implorazione per la
ricostruzione delle mura di Gerusalemme dopo l'esilio babilonese del VI sec.
(vv. 20-21), fanno pensare ad un'epoca posteriore. Resta comunque intatta la
potenza interiore di questa preghiera che è simile ad un terreno ricoperto
per metà dalla tenebra (la regione oscura del peccato nei vv. 3-11) e per
l'altra metà dalla luce (la regione luminosa della grazia nei vv. 12-19). Se
il senso della colpa è vivissimo, più intensa è, però, l'esperienza del
perdono, della novità dello spirito, della gioia che il Misericordioso, Dio,
effonde sul peccatore pentito. Perciò più che un canto penitenziale, il
Salmo 51 è la celebrazione della risurrezione alla vita nello spirito della
parabola del figlio prodigo di Luca 15.
Dossologia
Pure se grande è il tuo dolore chiunque tu
sia, o uomo, ora canta la tua speranza e il canto di gloria a lui che toglie
il peccato del mondo.
Preghiera
Signore, donaci sempre la grazia del
rimorso; Signore, non abbandonarci mai qualunque sia il nostro peccato;
Signore, tu sei più grande di tutti i peccati del mondo; Signore, fa' di
ognuno di noi e di tutti insieme una società di peccatori coscienti: allora
saremo salvi, Signore, perché tu non vedi l'ora di poterci perdonare! Amen.
È giusto che se la rida anche il santo. È
giusto che si smascheri il male dovunque si annidi. specie se si «adorna
come di un manto di gloria»; o, peggio, si celi sotto la veste della pietà e
della morale. A questa voce si associa sinfonicamente quella di tutti i
credenti, i Hasidim, che cantano le meraviglie dell'amore fedele di Dio.
3 perché ti vanti del male che fai? o pio
uomo di Dio, l'eroe!
4 Artista sei nel tessere insidie, della tua
lingua hai fatto un rasoio, tu quotidiano orditore d'inganni.
5 Al male invece che al bene intento, tanto
ti muovi di contro a giustizia come se fosse il tuo alimento.
6 Da ogni parola la gioia che provi, o lingua
perfida, a trarre rovina!
7 Per questo Dio vorrà demolirti, ridurti in
pezzi, strapparti alla Tenda e sradicarti dal paese dei vivi.
8 I giusti vedano in gioia e tremore, e di
lui dicano in mezzo alle risa:
9 «Ecco la sorte dell'uomo famoso che nel
Signore non ha confidato, ma nelle grandi ricchezze ha creduto e si gonfiava
di sue nequizie» .
10 Invece io sono un olivo in fiore nella
dimora di Dio, il Signore, e affidare me stesso io voglio alla clemenza di
Dio in eterno.
11 Renderti voglio la lode per sempre perché
tu sei intervenuto, Signore, e l'amoroso, il santo tuo nome, celebrerò
davanti ai fedeli.
Il cinico è come una lama affilata, un
freddo metallo che ferisce, squarta, semina morte. Il giusto è, invece, come
un olivo in fiore che nutre, dà ombra e pace, semina vita e gioia. Su questo
elementare contrasto simbolico, di tipo sapienziale, si sviluppa questo
breve carme scritto forse da un sacerdote (vedi il v. 10 autobiografico).
Empio e giusto, però, non sono soli sulla faccia della terra: in mezzo a
loro siede il Signore, giudice non corrotto e non indifferente. Ed allora,
almeno per una volta nella storia, i giusti rideranno (v. 8) vedendo che le
ricchezze non rendono intoccabili. Con le sue stesse mani Dio demolirà e
farà a pezzi l'arroganza dei potenti, sradicandoli dalla terra (v. 7).
Dossologia
Sia gloria al Padre che il sole fa sorgere
sopra i campi dei buoni e cattivi: ma la giustizia consuma nel Figlio e ai
suoi poveri dona lo Spirito.
Preghiera
Signore, che hai rovesciato dai loro troni
quanti fidavano nel solo potere e gli umili hai esaltato; che hai ricolmato
di beni gli affamati e rimandato a mani vuote i sazi di ricchezza, insegnaci
a non confidare in noi stessi, ma ad affidarci solo alla tua fedeltà; nel
silenzio della nostra attesa aiutaci a sperare e a confessare il tuo nome
con la nostra vita. Amen.
Più ancora della
pagina della prima caduta, e di quella del diluviò, e di quella della
distruzione di Gerusalemme, e di altre, questa potrebbe essere la pagina più
pessimistica di tutta la Bibbia. Ormai sulla scena del mondo non ci sarebbe
più neppure un saggio, non uno che faccia il bene, non uno che cerchi Dio. E
però ci sarebbe ancora lui, ancora Dio: almeno allo stato invocativo. Sarà
forse così alla fine?
2 In cuor loro han detto gli stolti: «Dio non
c'è!». Sono tutti corrotti, fanno cose spregevoli, orrende, non vi è uno che
faccia il bene.
3 Dal suo cielo Iddio si china a guardare sui
figli dell'uomo, per vedere se mai vi sia un sapiente che cerchi Iddio.
4 Tutti vagan per strade sbagliate, è un
tempo d'ingiusti e perversi, non c'è uno che faccia il bene, non si trova
uno solo, nessuno!
5 La ragione han dunque perduto, che divorano
il popolo mio come fosse un tozzo di pane senza mai a Dio pensare?
6 Di spavento saranno ricolmi proprio quando
più sembran sicuri: degli empi le ossa disperda, Dio li affossi in terrore e
vergogna.
7 Oh venisse da Sion salvezza, restaurasse il
Signore il suo popolo: Israele, che festa quei giorni.
Questo salmo è una riedizione di un altro
testo, il Salmo 14, il canto degli «atei», di coloro che affermano la totale
indifferenza di Dio nei confronti della storia. L 'attuale edizione si
rivela differente nel v. 6 rispetto al corrispondente 14,5-6. Mentre là si
esaltava la sicurezza del giusto che ha come rifugio ultimo il Signore, qui
si parla degli empi travolti da terrori proprio quando sono più tranquilli,
convinti come sono che Dio è lontano e li lascia impunemente impazzire sulla
terra. Il salmo, di tono sapienziale, resta comunque la proclamazione della
presenza di Dio nella storia umana. Una presenza misteriosa, con tempi
segreti ma una presenza efficace, che non lascia impunita I'ingiustizia e la
sopraffazione.
Dossologia
Gloria a lui che ha nome «Io-sono» e ci
parla dal rogo di fuoco: così al Dio nascosto cantiamo nell'attesa operosa
del Regno.
Preghiera
O Padre, noi tutti siamo corresponsabili
delle tenebre del mondo e di questo trionfare ovunque della ingiustizia e
della corruzione: nella tua fedeltà sostieni la speranza almeno degli umili
nell'avvento di un nuovo Esodo. Amen.
Perché, Signore, non siamo più capaci di
pregarti così ? Non abbiamo più stima di te, Signore? Come pregava Cristo
nell'orto, e Giobbe dal suo mucchio di cenere, a differenza dei suoi amici
così pii?
3 Nel nome tuo, Signore, ora salvami, nella
tua forza giustizia tu rendimi,
4 Dio, intendi la mia preghiera, della mia
bocca il grido ascolta.
5 Stranieri mi hanno assalito con furia, dei
prepotenti m'insidian la vita senza mai porsi il pensiero di Dio:
6 e invece Dio sarà il mio aiuto! È il
Signore il mio sostegno:
7 sui miei nemici il male ritorci, tu sei
fedele, annientali, Iddio!
8 e io di cuore offrirò sacrifici. Al nome
tuo, amoroso e buono, canterò lodi, Signore Iddio:
9 da ogni angustia mi hai liberato, ora i
nemici li guardo in faccia.
Questa breve
composizione è considerata dagli esegeti quasi il modello ideale del genere
«supplica». In una trama essenziale e in pochi dati sobri ed elementari
vengono espressi tutti i sentimenti di una persona sofferente, perseguitata
ma sempre fiduciosa. Il presente dell'orante è oscuro, pervaso dalla
violenza di «stranieri» (v. 5), cioè di empi (il vocabolo ebraico è molto
vicino per suono a quello che significa «superbi, arroganti»). Il futuro è,
invece, luminoso (vv. 7-9) perché Dio è ostile al male e si schiera dalla
parte delle vittime. Nella notte dell'oppressione brilla, alta, la fiaccola
della fiducia in un Dio liberatore e amico del suo fedele oppresso. E il
fedele immagina già di essere nel Tempio a offrire il sacrificio di
ringraziamento per la liberazione ottenuta (v. 8).
Dossologia
Quanti credete nel nome di Dio rendete
grazie, cantategli gloria: al Padre, al Figlio, amico degli umili, e allo
Spirito il cuore donate.
Preghiera
Non abbandonarci, Padre, in balìa del
Maligno: nel tuo Figlio sei colui che ci libera, sei certezza della vittoria
finale, quando dal popolo dei redenti nascerà il canto nuovo del grande
ringraziamento. Amen.
Voce di Gesù nell'orto, con l'amico Giuda;
voce di chi ama e di chi non ama; e di uno che crede, e anche di chi non
crede. Voce del monaco nella battaglia. Voci di tutti gli oppressi del
mondo: infinite voci qui raccolte nella voce di un orante attraversato da
tutte le passioni.
2 Dio, porgi l'orecchio alla mia preghiera,
non fingere di ignorare la mia supplica,
3 sii attento e rispondimi. Così mi torco nel
mio lamento e vado errando portato dal pianto:
4 braccato da grida selvagge, dal clamore del
nemico e dell'empio.
Insulti mi riversano
contro, mi stordiscono a colpi furibondi.
5 Dalle viscere il cuore mi urla e mi
piombano addosso terrori mortali.
6 Timore e spavento m'invadono, mi sommerge
un mare di sgomento.
7 Mi dico: «Avessi le ali della colomba
potessi volare verso una terra ove sostare tranquillo.
8 Ecco, vagabondo, fuggirei lontano a
cercarmi nel deserto una casa.
9 Potessi trovare un rifugio sicuro al riparo
dal folle vento, dalla furia dell'uragano».
10 Signore, distruggili! Signore, confondi
loro le lingue! Ho visto nella città solo risse e violenze
11 fare giorno e notte la ronda sulle mura.
12 Ho visto: nel centro, crimine e sciagura.
Nel centro: malizie! Dalla piazza centrale mai che se ne vadano
l'oppressione e la frode.
13 Perché non è un nemico che mi ha insultato,
fosse stato un nemico l'avrei sopportato. Non è uno che mi odia ad
aggredirmi, da lui avrei avuto facile riparo.
14 Ma sei tu, mio caro compagno, tu, altro me
stesso, mio amico, confidente mio,
15 legato a me da dolce amicizia. Andavamo
alla casa di Dio tra la fòlla, in festa, insieme. ..
16 Morte su di loro strapiombi, vivi scendano
tutti agli inferi, perché il male è nelle loro residenze, è dentro le loro
viscere.
17 lo grido a Dio: il Signore mi salva!
18 Sera e mattino e in pieno giorno -
scandisco a sospiri e gemiti ed egli certo udrà la mia voce.
19 Il Redentore pagherà il riscatto per la mia
vita, mi salva da quanti mi fanno la guerra nonostante siano in molti ad
assalirmi.
20 Ascolti Dio e mi esaudisca, egli che domina
sopra ogni tempo. Di essi infatti non c'è conversione non avendo di Dio il
timore.
21 Sugli amici ora stendon le mani e violano i
patti.
22 Più del burro untuosa han la bocca, ma solo
guerra covano in cuore. Più fluide dell'olio le loro parole, che sono invece
spade sguainate.
23 «Nel Signore riponi la tua sorte, ed egli
ti sarà di sostegno: mai lascerà che il giusto vacilli».
24 Tu, Dio, dentro la fossa melmosa li farai
sprofondare questi assassini, questi fabbricanti di falsità: non uno di essi
arrivi a metà dei suoi giorni. lo ho fiducia di te, o Dio!
«Più del burro untuosa han la bocca, ma
solo guerra covano in cuore. Più fluide dell'olio le loro parole, che sono
invece spade sguainate» (v. 22). L 'antitesi tra immagini pacifiche,
rotonde, fluide e immagini belliche, metalliche e secche rende
simbolicamente il dramma dell'ipocrisia che questo supplica esprime in forma
vivissima. Alla base, infatti, c'è la storia di un tradimento: «Non è un
nemico che mi ha insultato, l'avrei sopportato! Ma sei tu, mio caro
compagno, tu altro me stesso, mio amico, confidente mio, legato a me da
dolce amicizia» (vv. 13-15). Tutto il lessico dell'amicizia e dell'intimità
è qui concentrato per rendere più amara la sorpresa del tradimento. Di
fronte al crollo di questo valore sacro il poeta vede piombare nel buio
tutto il suo mondo. Gerusalemme stessa gli sembra la città
del delitto ove fanno
la ronda Rissa e Violenza, al cui centro siedono Crimine, Sciagura e
Malizia, mentre la spianata del Tempio è occupata da oppressione e Frode
(vv. 10-12). Il desiderio è quello di avere ali di colomba per fuggire nel
deserto, lontano da questo mondo traditore. Applicato dalla tradizione
cristiana al tradimento di Giuda e al suo bacio simile ad una spada, il
Salmo 55 è stato trasformato da Z. Kodaly nel lamento musicale della nazione
ungherese (Psalmus hungaricus, 1923).
Dossologia
Gloria a Cristo, amico fedele: dolce amico
che mai tradisci, questo povero cuore ti diamo.
Preghiera
Signore, affinché la nostra preghiera non
sia solo di dolore, salvaci dalla paura, dal richiamo della disperazione,
dal timore dell'abbandono, soprattutto dal tradimento degli amici; non
permettere, Padre, che continuiamo a fallire, con la tua grazia e la tua
pietà. Amen.
«C'è buio in me, in te invece c'è luce;
sono solo, ma tu non mi abbandoni; non ho coraggio, ma tu mi sei di aiuto;
sono inquieto, ma in te c'è la pace; c'è amarezza in me, in te pazienza; non
capisco le tue vie, ma tu sai qual è la mia strada» (D. Bonhoeffer,
Preghiera del mattino, 1943). «Appena l'istinto sconvolge i sensi, appena il
dolce incendio della voluttà ci penetra col suo gradevole calore, gridiamo
subito: "In Dio confido, non temerò ciò che mi può fare la carne"» (8.
Gerolamo, XXII Lettera a Eustochio).
2 Pietà, o Dio, un mortale m'insidia, mi
combatte e mi opprime ogni giorno;
3 avversari mi assalgon dall'alto, senza
sosta mi muovon guerra.
4 Ma nell'ora dell'incubo, Dio, in te solo mi
affido tranquillo.
5 Lode a Dio per la sua parola: non avrò
paura, in Dio confido, cosa mai potrà farmi la carne?
6 Sviano sempre le mie parole, solo pensano a
farmi del male,
7 in segreto cospirano sempre. Tutti i passi
mi spiano avidi, tutti mi premono addosso il calcagno:
8 Dio, dal male non abbiano scampo: tu
nell'ira i popoli abbatti!
9 Pure tu hai contato i passi del mio triste
vagare, Signore: - di mie lacrime l'otre tuo riempi: non l'hai forse segnato
sul Libro?
10 Ma i nemici dovranno pagare allorquando ti
avrò invocato; questo so: il Signore è per me!
11 Lode a Dio per la sua parola, in Dio canto
la sua promessa;
12 non avrò paura: in Dio confido, cosa mai
potrà farmi la carne?
13 Su me i voti che ti ho giurato: sia la vita
a renderti grazie.
14 Dalla fossa mi hai liberato, hai rimosso i
miei piedi da morte: perché avanzi alla tua presenza nella luce dei vivi,
Signore.
In questa lamentazione personale venata di
fiducia e di attesa c'è una coppia di simboli di grande suggestione (v. 9).
Le lacrime degli uomini sono agli occhi di Dio realtà preziosa come l'acqua,
il vino, il latte, le sostanze vitali che il beduino conserva nell'otre. Dio
non lascia cadere nel nulla il dolore dell'uomo, raccoglie le gocce del suo
pianto quasi in uno scrigno come se fossero perle. Parallela è l'altra
immagine, quella del libro della vita. L 'uomo è come un nomade e un
pellegrino sulla terra; egli va errando, spesso senza meta, per le strade
del mondo. Ebbene, Dio segna tutti quei passi, fatti di ricerca, di ansia,
di errore anche. Li registra sul libro della vita ove tutti i segreti
dell'uomo sono raccolti. In questa anagrafe universale della storia tutto è
annotato e nulla cadrà nel vuoto. Se la celebre sequenza medievale del Dies
irae ha raccolto questa immagine in senso
giudiziario, il
nostro poeta la assume, invece, in senso positivo: Dio non ci abbandona mai
e nulla ignora del nostro dolore. Ed allora «non avrò paura: in Dio confido»
(v. 12).
Dossologia
A te Padre, Iddio della vita, che risusciti
il Figlio da morte, nello Spirito santo cantiamo pur noi certi di vivere
sempre.
Preghiera
Con la voce di un fratello ucciso nei campi
di concentramento anche noi oggi così preghiamo: «O Spirito santo, dammi la
fede che mi salva dalla disperazione, dai desideri e dai vizi; dammi l'amore
per Dio e per gli uomini, che estirpa l'odio e l'amarezza; dammi la speranza
che mi libera dalla paura e dallo scoraggiamento». Amen.
«Tra voi dicono alcuni: "La gioia è più
grande del dolore"; e dicono altri: "il dolore è più grande". Ma io vi dico
che sono cose inseparabili. Essi giungono insieme, e se l'una vi siede
accanto alla mensa, ricordatevi che l'altro sul vostro letto dorme» (Kh.
Gibran, in Il Profeta). «Anche mezzanotte è mezzodì; anche il dolore è
gioia; anche l'imprecazione è benedizione; la notte è sole..., anche il
saggio è un folle... Avete mai detto sì a una semplice gioia? Oh, amici,
allora avete detto sì anche a tutto il dolore» (Fr. Nietzsche, in Così parlò
Zarathustra).
2 Pietà, Dio, pietà e aiuto: io in te mi
rifugio e all'ombra delle ali tue trovo riparo, finche sia passato il
pericolo:
3 griderò all'altissimo Iddio, al Signore che
sempre mi ama.
4 Egli mandi dal cielo a salvarmi, a salvarmi
da mani bramose, fedeltà e grazia mandi il Signore e umilii chi vuole
rovinarmi !
5 Devo viver braccato e nascosto dentro tane
in mezzo a leoni: leoni pronti a sbranare la gente! Hanno denti a punte di
lancia, come frecce li hanno acuti e le lingue coltelli affilati:
6 sopra il cielo appari, Signore, la tua
gloria su tutta la terra!
7 Ai miei passi hanno teso una rete, con un
cappio mi han preso alla gola ma tu, Dio, mi hai sottratto all'insidia; - mi
avevan scavato una fossa e invece vi caddero loro:
8 è saldissimo, Dio, il mio cuore.
9 O Dio, voglio cantarti e lodarti: o mia
anima, svegliati e canta; arpa e cetra, su presto, svegliatevi, che destare
io voglio l'aurora:
10 tra le genti, Signore, ti canto, a te lodi
di gloria tra i popoli.
11 Tu avanzi al di sopra dei cieli che ricolmi
col tuo amore, la bontà tua sorpassa le nubi, mio Dio fedele in eterno:
12 sopra il cielo appari, Signore, la tua
gloria su tutta la terra.
Supplica (vv. 2-6) e ringraziamento (vv.
7-12) si accostano secondo una costante nella preghiera biblica che, anche
nella desolazione più profonda, ignora la disperazione totale. Tempio di
Gerusalemme «l'ombra delle ali» dell'arca) e cosmo (terra, cieli e nubi) si
intercettano e parlano dell'amore di Dio. Il male che assedia l'orante è
rappresentato da una raffigurazione vivacissima: il leone in posizione
d'assalto evoca un guerriero armato di lance, di frecce e di spade (v. 5).
Dio, però, appare dal cielo e invia i suoi messaggeri di salvezza, le virtù
divine personificate della Fedeltà e della Grazia (v. 4). Ed allora per il
perseguitato si apre una nuova aurora. Dolcissimo è il canto del v. 9. È un
appello rivolto all'arpa e alla cetra, che durante i periodi di lutto erano
raffigurate quasi «in sonno», avvolte da un lenzuolo funebre e quindi
silenziose. Finito l'incubo, cessata la notte, esse «si svegliano» per
destare, a loro volta, l'alba di un nuovo giorno di luce e di pace.
Dossologia
Sei tu, Padre, il nostro amore, tu che
salvi il tuo Figlio da morte e ci doni lo Spirito santo: Padre, è Cristo la
nostra aurora, Padre, venga il giusto tuo Regno: a te il canto di grazia e
di gloria.
Preghiera
Signore, la notte è passata, il sole sorge
ancora: il bene vinca sul male, ove abbonda il delitto ivi sovrabbondi la
grazia; la tua gioia ci aiuti a lenire ogni dolore: così vogliamo cantarti
già dal primo mattino fino all'ultimo giorno, quando tu stesso, Signore, ci
verrai incontro. Amen.
SIGNORE, PER TE SOLO
Signore, per te solo io canto onde
ascendere lassù dove solo tu sei, gioia infinita. In gioia si muta il mio
pianto quando incomincio a invocarti e solo di te godo, paurosa vertigine.
lo sono la tua ombra, sono il profondo disordine e la mia mente è l'oscura
lucciola nell'alto buio, che cerca di te, inaccessibile Luce; di te si
affanna questo cuore conchiglia ripiena della tua eco, o infinito Silenzio.
Le comode immunità
parlamentari sono spazzate via, l'intangibilità sacrale del potere è
cancellata: «Imparate, governanti di tutta la terra: ...i potenti saranno
sterminati con rigore, sui potenti sovrasta un esame rigoroso» (Sap 6,1-8).
C'è un Dio che fa giustizia qui e ora: «sulla terra» e non solo lassù nei
cieli, o dopo! Atanasio, nella sua Lettera a Marcellino scriveva: «I salmi
ci ammaestrano sui moti del nostro spirito. Troviamo in essi le parole che
convengono al nostro stato di sofferenza e di tentazione». Ci insegnano come
uscire dal nostro dolore: cosa dire nel tempo della persecuzione. E,
naturalmente «come ringraziare Dio, cessata l'afflizione».
2 Fate, o dèi, davvero giustizia? Date giuste
sentenze, o potenti?
3 In cuor vostro tramate il male, di violenza
fate irto il paese!
4 Fin dall'utero errano empi, pervertiti e
sviati si sono fin dal grembo materno, ne sanno che mentire e tessere
inganni.
5 Come serpi distillan veleno, come vipera
sorda che chiude
6 gli orecchi alla voce del mago che con arte
incanta e affascina.
7 Dio, spezzagli in bocca i denti, la
mascella ai leoni tu rompi,
8 come scoli di acque dileguino, frecce e
armi calpestino in fuga.
9 Sian come lumaca che sbava o aborto che il
sole mai vide: -
10 e li strappino via di colpo, belva o rovi o
incendio li porti.
11 Quando il giusto vedrà la vendetta
smisurata sarà la sua gioia, e nel sangue di tutti gli empi potrà egli
lavare i suoi piedi.
12 Alla fine la gente dirà: «Sì, c'è premio
per l'uomo innocente, sì, è vero, un Dio esiste, e giustizia egli fa sulla
terra».
Testo difficilissimo
perché giunto a noi molto lesionato a causa delle molteplici applicazioni a
cui è stato sottoposto e a causa della fantasiosa tavolozza di immagini che,
come una cascata, attraversano tutta la lirica. Testo «esorcizzato» anche
dalla recente tradizione cristiana che non 10 usa nella liturgia a causa
della sua tonalità imprecatoria, espressione molto «orientale» di lotta
contro il male e di adesione alla giustizia. Testo retto da due riferimenti
polemici, il primo contro gli idoli, muti sostenitori di imperi arroganti,
il secondo contro politici e magistrati corrotti, che «non sanno che mentire
e tessere inganni». Testo grandioso per passione morale e per genialità
poetica soprattutto nella creazione di simboli di giudizio (vv. 5-10) e
nella barocca e poderosa immagine del giusto che si lava i piedi nel sangue
degli empi (v. 11). Testo di grande spiritualità profetica: senza giustizia
la religione è ipocrita, senza la speranza nella giustizia di Dio, la storia
è assurda (v. 12).
Dossologia
A te ora vogliamo cantare che dal male ci
liberi, o Padre: tu nel Figlio rivendichi i giusti, nello Spirito beati li
rendi.
Preghiera
Dio, che sei il custode del debole e
dell'umile e chiedi giustizia contro tutti i potenti e detesti ogni
oppressore: fa' che nessuno di noi diventi strumento d'infamia e di
schiavitù; ma rendici affamati di verità, operatori di liberazione, perché
tutta la terra sappia che tu sei con i poveri e veda quanto sei fedele alla
tua promessa. Amen.
«Nulla risulta più capestro della storia di
un Dio falsato e messo lì a indorare di sacro leforme morali, economiche,
sociali già fatte» (I. Mancini). Il Dio della Bibbia è la provocazione
continua che rimette in discussione le comode nicchie entro cui si rifugia
l'ingiusto. Questa preghiera. ..diventa un appello a condividere questa
provocazione e questa lotta di Dio... Il linguaggio è quello semitico...
carico di passione e di sdegno, ma lo scopo da raggiungere è limpido e
cristiano.
2 Dai nemici, Signore, proteggimi, dalle loro
aggressioni riparami,
3 dalle forze malvagie, Dio, strappami, dal
violenti accorri a salvarmi.
4 Essi insidiano l' anima mia, mi s'avventano
sopra, assassini ! Non ho, Dio, peccato ne colpa,
5 senza colpa mi sciamano contro. Sorgi,
vienimi incontro e guarda,
6 delle schiere Signore Iddio, d'Israele
Iddio, su balza a punire le genti infedeli. Non avere pietà per i perfidi:
7 come cani ritornano la sera e ringhio si
s'aggirano in branchi, nell'intera città van latrando.
8 Vomitare non sanno che insulti, hanno
labbra che sembrano spade: «Chi ci sente?» essi gridano forte,
9 ma tu, Dio, ti ridi di loro. Ti fai scherno
di tutti i pagani:
10 o Potenza mia, a te mi rivolgo, sei tu,
Dio, la mia fortezza: il mio Dio mi viene in aiuto!
11 La sua grazia mi pasce la vista nel vedere
umiliati i nemici:
12 non ucciderli, o Dio, Signore, che non
abbia a scordarli il mio popolo. La tua forza li abbatta e disperda, nostro
scudo, o Signore Iddio;
13 è bestemmia ogni loro parola: gli spergiuri
e bugie che dicono!
14 Sia l'orgoglio il loro capestro! Con
furore, o Dio, annientali, tu annientali e più non esistano: solo Dio in
Giacobbe comanda. E comanda su tutta la terra:
15 come cani ritornan la sera e ringhio si
s'aggirano in branchi, nell'intera città van latrando.
16 Si aggirano in cerca di preda, e insaziati
li senti ululare:
17 ma io canto la tua potenza, la tua grazia
al mattino esalto. Tu sei stato la mia fortezza solo tu, mio Dio e Signore,
ogni giorno in ogni pericolo nell'angustia il mio rifugio.
18 Mia potenza, ti voglio cantare: Dio tu sei
la mia salvezza, il mio solo baluardo tu sei, della mia lealtà il Signore.
È notte fonda, il poeta è serrato in casa,
fuori i cani randagi s'aggirano per le vie della città ringhiando: il
quadro, percorso dalle fosforescenze di una tragedia, diventa nella supplica
una parabola delle paure della vita, dei suoi mostri, delle spade pronte a
colpire il debole. Il ritornello sui cani (vv. 7.15) è, perciò, l'evocazione
simbolica degli incubi del male che ci assediano. Ma alla fine l'orizzonte
si apre: è l'alba, nelle strade ritorna il silenzio, la luce del sole
riporta la vita. È questa la parabola della salvezza che il «solo baluardo»,
Dio, può offrire all'uomo impaurito. E quest'uomo si mette a cantare (vv.
17-18) il suo inno di gratitudine e di speranza. Si chiude, così, una notte
che non è tanto cronologica quanto spirituale.
Dossologia
Città santa, al tuo Cristo ora canta:
Babilonia è stata annientata! Al tuo Dio ora rendi giustizia: da ogni male
ti ha liberata.
Preghiera
O Padre, nostro rifugio e unica fonte di
salvezza, a te ci rivolgiamo nell'ora della prova, quando il maligno ci
insidia e minaccia: non allontanare da noi il tuo sguardo, perché non venga
meno la nostra debole fede. Amen.
L'oracolo passato
diventa radice e speranza per il presente. Il cristiano, tentato spesso
dalla disperazione in una situazione di tensione, di oppressione e di
ingiustizia, leva gli occhi verso le labbra del suo Dio che gli ripete le
parole antiche di speranza e di fiducia: «Mio è Galaad, mio è Manasse», «mio
è l'Oriente e mio è l'Occidente». Ed anche se le presenti soluzioni sono
povere e limitate... la certezza della signoria di Dio sul mondo e sulla
storia deve sempre rinnovare coraggio e impegno, e cancellare scoraggiamento
e atteggiamento dimissionario. Spezzate, spezzate, Signore, queste spade di
collera, abbreviate, in favore dei giusti della terra, questi giorni di
disperazione e di convulsioni, in cui il vostro nome si eclissa agli occhi
delle nazioni. Possa l'Angelo della pace ridiscendervi presto.
3 Ci hai rigettati, O Dio, e dispersi, ti sei
sdegnato: ritorna a noi!
4 Tu hai percosso e spaccato la terra, le sue
fratture risana, che crolla!
5 Crudeli prove hai inflitto al tuo popolo,
vini violenti ci hai dato da bere !
6 Ai tuoi fedeli hai dato un segnale per
porsi in salvo lontano dagli archi.
7 Per la salvezza dei tuoi prediletti la tua
destra ci aiuti: rispondi!
8 Dal suo tempio Iddio ha parlato: «Spartire
Sichem sarà una festa, e misurare la valle di Succot!
9 Mio è Galaad, mio è Manasse, un elmo Efraim
sarà sul mio capo, Giuda lo scettro del mio comando !
10 Moab, catino che serve a lavarmi, e sopra
Edom io getto i miei sandali, in Filistea già canto vittoria!».
11 Ma chi mi guida alla rocca turrita? Chi può
portarmi nel cuor d'Idumea?
12 Non tu, o Dio, che ci hai respinti e più
non esci coi nostri armati?
13 Nell'agonia, Dio, vieni a difenderci! È
impossibile e vano attendere che dagli uomini venga salvezza:
14 solo con Dio faremo prodigi, calpesterà lui
i nostri avversari.
Questa lamentazione nazionale di non facile
interpretazione ha al centro (vv. 8-10) un oracolo divino introdotto come
sostegno della fede in un nuovo intervento liberatore. Il movimento poetico
del carme è, quindi, duplice. Da un Iato impera 10 sconcerto: «Ci hai
rigettati e dispersi. ..ci hai respinti e più non esci coi nostri armati!»
(vv. 3.12). Siamo in una data tragica per la nazione ebraica, Israele è in
agonia. Il grido lanciato a Dio è l'ultima risorsa nella disfatta. Appare,
così, la seconda dimensione della supplica, quella della fiducia. Essa si
fonda su un antico oracolo in cui JHWH si presentava come il Signore di
tutta la Palestina. Anche i tradizionali nemici di Israele erano ai suoi
piedi: Moab col mar Morto presente nel suo territorio era il catino di Dio,
su Edom egli gettava i sandali nel gesto tipico del trionfatore e sulla
Filistea lanciava il suo urrah! di vittoria. Con questa speranza Israele
deve continuare a combattere. Nel v. 11 si dà forse un'indicazione concreta:
il resto dell'armata d'Israele deve rifugiarsi in una «rocca turrita», in
una roccia forte del deserto meridionale di Edom e là prepararsi per la
riscossa.
Dossologia
Gloria al Signore che è sempre con noi,
male nessuno dobbiamo temere: egli ha vinto perfino la morte, della sua
gloria già godono i santi.
Preghiera
Padre, da soli siamo disperati; da soli non
possiamo fare nulla: mentre per te vincere è appena un battere di ciglio!
Intervieni ancora perché noi non confidiamo in nessun altro Dio, e meno
ancora negli uomini. Amen.
E preghiamo anche per i re. Che mai nessuno
sia escluso dalla preghiera. Ma prima di lunga vita, abbiano la grazia di
governare bene. E chiediamo perdono anche per loro: che la terra non diventi
mai una «regione infernale».
2 Dio, ascolta il mio lamento, sii attento
alla mia preghiera.
3 Da regioni infernali ti chiama il mio cuore
che trema e vien meno. O Dio, guidami tu sulla rupe per me troppo alta,
inaccessibile.
4 Sei per me il mio solo rifugio, la mia
torre in faccia al nemico.
5 Nella tenda sarò il tuo ospite e all'ombra
dell'ali tue, Dio, in eterno io trovi riparo.
6 Sì, tu hai ascoltato i miei voti: così
erede mi fai, o Signore, di chi teme il santo tuo nome.
7 Giorni ai giorni aggiungi al re: viva egli
per anni infiniti, per innumeri generazioni!
8 Regni sotto i tuoi archi per sempre: lo
conservino grazia e amore!
9 In eterno io canti al tuo nome adempiendo i
miei voti ogni giorno.
Rupe alta e inaccessibile, unico rifugio,
torre in faccia al nemico, tenda, ombra delle ali, riparo: queste immagini
che costellano la supplica evocano il Tempio e il suo abitante divino, JHWH.
Nell'area sacra di Sion l'orante trova rifugio spirituale e protezione
giuridica attraverso il diritto d'asilo del santuario. Giunto nell'interno
del Tempio, egli professa la sua fiducia in Dio e la sua lealtà politica con
una giaculatoria regale, conservata nei vv. 7-8, un «ad multos annos!»
indirizzato al re. La tradizione giudaica e cristiana ha letto il salmo in
chiave messianica. Infatti per gli antichi scrittori ecclesiastici
protagonista della preghiera era il popolo di Dio, esule sulla terra, che
anela alla patria celeste. Il re eterno, il Cristo, offre la comunione
eterna con Dio nella Gerusalemme celeste. È questo uno dei tanti esempi di
libera interpretazione del senso di un salmo, pur conservandone
letteralmente i vari elementi originari.
Dossologia
Pellegrini del cielo, cantiamo: a te solo,
o Cristo, la gloria!
Preghiera
Signore, i capi di queste nazioni
signoreggiano e spadroneggiano e si fanno chiamare perfino benefattori:
non sia così per i
rappresentanti del tuo popolo e per i poveri: fa' che non ci siano capi fra
noi; e tu mostrati di essere l'unico nostro Padre salvandoci da queste
potenze; e almeno la tua chiesa sia per tutti un esempio di una umanità
veramente libera. Amen.
Da una folla nuda, schierata infila, è mai
riuscito qualcuno a discernere un re da un mendicante, e un papa dal suo
portamitria? E dove dunque risiede l'essenza di queste imperiose gerarchie?
2 Solo in Dio il mio cuore riposa, da lui
viene la mia speranza,
3 è mia rupe e salvezza lui solo, la mia
roccia: io più non vacillo.
4 Fino a quando vorrete scagliarvi contro un
uomo, voi tutti insieme, per abbatterlo come un muro, come muro sbrecciato e
cadente?
5 Dalla cima lo vogliono abbattere! Si
compiacciono a dire menzogne, con la bocca proclamano il bene, ma nel cuore
non pensan che male.
6 Solo in Dio il mio cuore riposa da lui
viene la mia speranza
7 è mia rupe e salvezza lui solo, la mia
roccia: io più non vacillo.
8 La mia gloria e salvezza è Dio, il mio
saldo rifugio e difesa:
9 in lui sempre confida, o popolo, ed effondi
in lui il tuo cuore. Dio è nostro rifugio per sempre:
10 sono un soffio i figli dell'uomo e
illusione i potenti del mondo: a pesarli, insieme, sono aria.
11 Non vogliate affidarvi alla forza, le
rapine non portano frutto: pur se abbonda la vostra ricchezza mai ponete in
essa il cuore.
12 Un oracolo ha detto il Signore, due ne
ascolto: che Dio è potenza,
13 e che egli ripaga in grazia ogni uomo per
quello che opera.
Il salmo nasce da un abile dosaggio di
elementi di fiducia nel pericolo, di elementi di speranza e di
ringraziamento nello sfondo della liturgia del Tempio, di elementi personali
e comunitari, di elementi sapienziali e morali. Un impasto di temi e di
sentimenti retti da una certezza basilare: ne violenza ne rapina ne
ricchezza salvano, solo Dio è rupe e salvezza, «solo in Dio il mio cuore
riposa», come si ripete nell'antifona dei vv. 2-3 e 6- 7. Le forze del male
scatenano il loro assalto contro il giusto. Egli è, sì, debole come un muro
sbrecciato e pericolante eppure resiste perché, in realtà, dietro la sua
fragilità apparente, si erge la rocca imprendibile del Signore (v. 4). Nel
giorno della sua vocazione profetica a Geremia Dio aveva detto: «Ecco oggi
io ti faccio come una fortezza, come un muro di bronzo... Ti muoveranno
guerra ma non ti vinceranno perché io sono con te per salvarti» (1,18-19).
Lo strapotere del male e dell'ingiustizia è in realtà come l'erba dei campi,
destinata ad essere falciata e a seccare: «illusione sono i potenti del
mondo: a pesarli, insieme, sono aria» (v. 10).
Dossologia
Accostiamoci al trono di grazia, al Signore
cantiamo la lode, che ci aiuta a tempo opportuno: è sua gloria la nostra
salvezza.
Preghiera
Ci basti tu, nostro Dio: non vogliamo
affidarci alla potenza di nessuno! Non ci sono uomini che liberano, ci sono
solo uomini che si liberano ! Perciò non ci seducano le vane illusioni della
forza e del potere, ne gli ingannevoli splendori di questi regni,
O esseri, anime in tormenti d'amore; anime
e corpi assetati di lui, altro non dite, perché tutto è già detto, cantato,
sofferto da altri innamorati. È grazia di lui pregare così:
2 Dio, Dio mio, o amato Signore, solo te fin
dall'alba desidero, il mio essere ha sete di te, per te spasima l'anima mia
come arida terra riarsa.
3 Così bramo vederti nel Tempio, contemplar
la tua forza, la gloria:
4 più che vita è dolce l'amore, il
dolcissimo, Dio, tuo amore; le mie labbra per questo ti cantano.
5 Benedirti finche vita mi duri, nel tuo nome
elevare le mani,
6 e saziarmi con cibi nuziali; e la bocca
riempire di canti, dalle labbra effondere laudi!
7 Quando in veglie la notte sussurro e ti
penso dal mio giaciglio! ...
8 poiché tu mi sei stato d'aiuto canta il
cuore di gioia all'ombra delle ali tue, mio Dio e Signore.
9 A te l'esser mio si stringe, in tua destra
è il mio sostegno.
10 Ma se loro mi voglion perduto, sotto terra
nel buio sprofondino,
11 siano dati in mano alla spada: Tutti dati
in preda a sciacalli.
12 Il re invece in Dio gioisce: quanti giurano
in lui si glorino, mentre sia turata la bocca ai bugiardi inventori del
male.
Salmo molto amato dalla tradizione mistica
per la sete e la fame di Dio che lo pervade, questa lirica è anIche un
capolavoro di compattezza simbolica, nonostante il mutare delle tonalità,
dalla supplica all'inno. Sul filo della simbologia fisica si distende una
vera e propria geografia dell'anima: essa ha sete dell'infinito come il
terreno palestinese arido, assetato, screpolato dalla calura; essa ha fame
delle carni dei sacrifici (v. 6), cioè del culto, le sue labbra attendono il
miele della lode. La meta è quella di un abbraccio tanto sognato, dopo una
notte di veglia e di attesa: «A te l'esser mio si stringe» (v. 9). Ma questo
cantico dell'intimità totale con Dio si chiude su una scena fosca, popolata
di sciacalli, di spade, di luoghi bui e infernali, di esseri bugiardi. È la
proclamazione della fine del male: nell'adesione mistica si scopre un
ottimismo irrefrenabile nei confronti della storia. «Non possiamo chiederti
nulla; tu conosci i nostri bisogni prima ancora che nascano; il nostro
bisogno sei tu. Nel darci te stesso, ci dai tutto» (Kh. Gibran).
Dossologia
Pure in mezzo a prove e sventure nella fede
andiamo cantando: attendiamo la santa visione, ed allora saremo pur noi
della stessa sua gloria beati.
Preghiera
Fin dal primo mattino a te, o Padre, ci
rivolgiamo, perché sei l'unico nostro sostegno: in te solo trova ristoro la
nostra sete infinita; guida i nostri passi con la luce della tua verità fino
a che potremo vedere in pienezza il tuo volto. Amen.
Perseguitati, calunniati di tutti i paesi e
in ogni lingua; umiliati da giudizi perversi, da queste amare giustizie;
poveri carichi di ferite a causa delle politiche dei potenti, così qualcuno
ha pregato anche per voi:
2 Dio, ascolta la voce che piange, la mia
voce ti prega e piange. Dalla banda nemica preservami,
3 da congiure di perfidi salvami, tu
nascondimi all'orda degli empi!
4 Come spada affilan le lingue, come frecce
le amare parole di nascosto ti lanciano contro.
5 E colpiscono al buio innocenti senza paura
e sempre non visti.
6 Nelle male parole si ostinano e insieme
inventan manovre per nascondere i loro tranelli: «Chi ci vede?» si dicon
spavaldi.
7 E progettano piani e si vantano di attuare
delitti perfetti: è l'interno dell'uomo un enigma, è un abisso insondabile
il cuore.
8 Ma Dio scocca a sorpresa il suo dardo e
all'istante si trovan feriti.
9 È la lingua a portarli a rovina su se
stessi vi cadon da soli: scuoterà il capo chiunque al vederli.
10 Ogni uomo sarà nel timore, narrerà cosa ha
fatto il Signore, il suo agire avrà egli compreso.
11 Solo il giusto gioisce di Dio perché in Dio
è la sua fiducia: gloria avranno i retti di cuore.
Questa è stata concepita come una preghiera
che può essere recitata da tutti coloro che vedono la loro vita attraversata
dalle frecce velenose della calunnia e del cattivo giudizio. Sapendo che
cosa significa la parola in una società a struttura orale com'era quella
dell'Antico Oriente, si intuisce il dramma di chi è avvolto dalla ragnatela
delle menzogne, ferito dalle false testimonianze, isolato dal tessuto
sociale. Il salmo è, allora, un formulario di preghiera per i calunniati e i
perseguitati. Il suo messaggio è sostenuto da un'opposizione simbolica di
grande effetto: da un lato corrono le frecce velenose della calunnia, vili
perché scagliate nel buio (vv. 4-7), dall'altra parte sfrecciano, però, le
saette di Dio che a sorpresa piombano sui calunniatori (vv. 8-9). Anzi,
secondo la visione della vendetta immanente nello stesso peccato, è la
freccia della calunnia che, come un «boomerang», ripiega su chi l'ha
lanciata trapassandolo. Ed allora l'ultimo a gioire sarà il giusto (v. Il).
Dossologia
Gloria a Dio che scruta ogni cuore, gloria
all'uomo Gesù, il Signore, alla luce che il Padre rivela e illumina il
nostro destino; in noi canti lo Spirito gloria.
Preghiera
Per la grazia del tuo Figlio Gesù Cristo,
nel quale ci hai amati oltre misura e ti sei rivelato quale Dio degli umili,
donaci, Padre, di diffidare sempre perfino di noi stessi, e salvaci
dall'arroganza di un cuore superbo e corrotto; aiutaci a superare ogni
tribolazione, ogni persecuzione e angoscia, e preparaci attraverso queste
prove, alla gioia senza fine del tuo Regno che intanto viene... Amen.
Se non di noi, a causa del nostro folle
peccare, si abbia Iddio la infinita gioia di aver creato anche un sol fiore,
una rosa ad esempio, una passiflora, e gli occhi dei colombi. Si abbia la
gioia di una primavera, là dove riesca ancora ad apparire! E che tutta la
natura più non gema in dolore di parto sotto questo quotidiano morire per
colpa dell'uomo.
2 A te il canto, o Dio, da Sion, a te solo si
sciolgono voti:
3 perché porgi l' orecchio alla prece a te
viene il mortale, Signore!
4 Sulle spalle ci gravan le colpe, ma tu ogni
peccato perdoni:
5 è beato chi scegli e accosti, e abitare lo
fai nei tuoi atri. Noi vogliamo saziarci di beni che ci dona la tua dimora:
e sentir le delizie e godere della grazia del santo tuo tempio.
6 I prodigi che fai di giustizia a risposta
per noi, o Salvezza! Sicurezza tu sei della terra e del caos e del mare
lontano.
7 Tu fai stabili i monti, o Potente, di tua
forza incateni l'oceano,
8 dei suoi flutti zittisci il fragore, tu
comprimi i tumulti dei popoli.
9 Pur chi vive all'estremo del mondo è
stupito dei tuoi prodigi: fai gridare di gioia il giorno dalle soglie
dell'alba al tramonto.
10 La tua visita disseta la terra e la colma
di ogni ricchezza: gonfio di acque è il fiume di Dio. Per te, Dio, il grano
matura! Così tu prepari la terra:
11 zolle spiani e solchi inondi e di piogge la
rendi feconda e i germogli così benedici.
12 Coi tuoi beni coroni l' annata: dove tu
passi cola abbondanza;
13 nel deserto vi stillano pascoli, le colline
si ornano a festa. D'esultanza inneggiano i campi,
14 si rivestono i prati di greggi e di messi
si ammantan le valli: tripudianti vi salgono cori.
Questa celebre composizione si apre come se
fosse un grande trittico medievale. Nella prima tavola (vv. 2-5) è di scena
il Tempio, un microcosmo nel quale I'uomo scopre la primavera dello spirito,
cioè il perdono e la rinascita interiore. Nella seconda tavola (vv. 6-9) è
di scena il cosmo intero sul quale si erge il Potente, JHWH, creatore che
zittisce la violenza del caos acquatico e le assurdità dei popoli in guerra.
Ma è la terza tavola (vv. 10-15) la più splendida, tutta smaltata com'è di
colori: essa dipinge la primavera nel microcosmo della terra di Palestina.
Dio è come il «cavaliere delle nubi» della poesia cananea che col suo
cocchio passa sul terreno fecondandolo. Tutta l'arida regione palestinese
diventa simile ad un vestito policromo. C'è la corona dei fiori imposta alla
sposa Israele; le colline si ornano di abiti festivi; i prati sembrano un
mantello verde macchiato dal bianco dei greggi; le valli indossano il manto
dorato delle messi. E tutti insieme, in processione, si mettono a cantare e
a danzare al loro Creatore.
Dossologia
Gloria a te
dall'intero creato: siamo noi, Signore, la voce che il canto ti innalza da
sempre: la tua terra che ama e adora!
Preghiera
Ogni uomo viene a te, Signore, ultimo segno
della tua creazione, e con 1 'universo esulta per il prodigio dell'esistere;
e tutto rivela frammenti del tuo volto: apri i nostri occhi alla conoscenza
e il cuore alla lode. Amen.
PREPARA TE VASI
Preparate vasi ai davanzali, stendete da
balcone a balcone ghirlande di glicine e magnolie: o gente, affacciatevi
alle porte, torno ora dai campi e il corpo è un fascio solo di profumi:
m'invocava l'attesa dei fanciulli e l'amore infallibile delle cose.
Questo è un ramo di pesco tutto sangue e
questo è un mazzo di vitalbe e corone di narcisi e rosmarino e questo è un
ramo di bosco tutto candore...
Si ammantano i prati all'imminente rito,
sorridono olivi al mio passaggio, mi spande il vento sulle colline e come
stelle al prodigio splendono croci e vessilli dalle torri e dai templi.
Sono laghi di colore gli occhi delle
fanciulle a sera. Pensieri ramificano uguali a radici giù per il corpo;
nessuno può essere eradicato dalla terra: frumento e vite fioriscono per la
carne di Dio.
Di strofa in strofa,
da visione a visione la preghiera si intrecci agli elementi del mondo, al
misterioso agire di Dio sugli uomini; e più che le cupole delle chiese il
canto degli oranti riempia i cieli: e basti ora l'offerta dei cuori nuovi e
purificati.
1 A Dio canta, O terra intera, 2
inneggia al suo nome glorioso: per lui elevi la splendida lode!
3 Grida a Dio: «Son gesta tremende! Alla
grandezza della tua potenza gli stessi nemici si inchinano.
4 A te dunque si prostri tutta la terra, a te
e al tuo nome componga inni e canti».
5 Venite e vedete le gesta di Dio, il suo
terribile agire sugli uomini.
6 Egli mutò il mare in arida terra, a piedi
superarono un varco tra le acque: in lui dunque tutto il nostro tripudio.
7 Dalla sua fortezza eterna egli domina, gli
occhi tiene fissi alle genti, non osino i ribelli levarsi contro.
8 Benedite, o popoli, il nostro Dio,
componete canzoni in sua lode:
9 è lui che ci ha fatto rivivere, lui che non
ci ha lasciati vacillare e affondare nel fango.
10 Tu ci hai messi alla prova, Signore, come
argento passati al crogiolo.
11 Ci hai fatti entrare in una rete e un peso
ci hai stretto ai fianchi.
12 Hai condotto, Signore, i nemici a passarci
a cavallo sul capo e noi andavamo per fuoco e per acqua; Ma ci hai fatti
uscire alla fine verso una terra ricca di beni.
13 Salirò alla tua casa con vittime, i miei
voti a te scioglierò:
14 quelli per cui le mie labbra apersi e la
mia bocca proferse in tempo d'angoscia.
15 T'immolerò pingui olocausti d'arieti e il
sacrificio fragrante di tori.
16 Venite e vedete voi tutti che temete Iddio:
vi mostrerò quanto ha fatto per noi il Signore.
17 La mia bocca a lui ha gridato, sulla mia
lingua esplose il canto.
18 Se il male avessi cercato di cuore, il
Signore non mi avrebbe ascoltato.
19 Invece Dio mi ha ascoltato, ha guardato
alla voce della mia preghiera.
20 Benedetto Iddio che non ha respinto la mia
implorazione: perché non rimuove da me la sua fedeltà benedetto Iddio per
sempre.
In cinque strofe (vv. 1-4; 5-7; 8-12;
13-15; 16-20) la comunità e un solista intrecciano le loro voci per evocare
paure passate e gioie presenti durante una celebrazione sacrificale di
ringraziamento (vv. 13-15). Da tutta la terra sale una sinfonia di lode
verso Dio che agisce nel cosmo e nella storia, in particolare attraverso
quel grande evento emblematico che è stato l'esodo dalla schiavitù egiziana,
il «crogiolo», la «rete» e il «peso» da cui Dio ci ha liberato. La voce
corale che ringrazia per il dono della libertà evoca ancora una volta la
prova amara passata con una collezione di immagini seriali (vv. 8-12) in cui
però brilla quella pittoresca della «cavalcata sul capo» (v. 12), segno di
estrema umiliazione e di catastrofica sconfitta. Eppure Dio ci ha sottratto
agli zoccoli della cavalleria faraonica, ai piedi degli imperatori, al fuoco
e all'acqua del mare. È a questo punto che dal coro si stacca un solista
che, come portavoce della comunità, intona un ringraziamento: egli è, forse,
il re o il responsabile della comunità che nel suo «io» racchiude il grazie
collettivo per lo stupendo dono della libertà.
Dossologia
A sua gloria racconti compongano i rinati
da prove e sventure, i salvati da tutti i paesi fatti voce di tutta la
terra.
Preghiera
Tu ci metti alla prova, Signore, e ci passi
al crogiolo come l'argento; ci purifichi con la tribolazione e il dolore:
quando più forte è il nostro sgomento, non allontanarti da noi, ma
soccorrici, perche possiamo cantare le meraviglie del tuo amore. Amen.
Potessero almeno i «campesini» di ogni
paese, di ritorno a casa, la sera, coi frutti della terra; e con la terra
che sia loro; non rapinati più da nessuno, potessero finalmente cantare
così, con tutti gli uomini del mondo:
2 Abbia Dio pietà di noi tutti, d'ogni
benedizione ci colmi, il suo volto su noi risplenda!
3 Sia nota alla terra intera la tua via e a
ogni nazione manifesta la tua salvezza!
4 A te cantino i popoli, o Dio, a te i canti
da tutte le genti,
5 le nazioni esultino e cantino ! Con
giustizia tu giudichi i popoli, delle genti sei il giudice giusto, le
nazioni tu reggi nel mondo.
6 A te cantino i popoli, o Dio, a te i canti
da tutte le genti,
7 or la terra ha dato il suo frutto! Il Dio
nostro ci ha benedetti!
8 Benedica noi sempre Iddio: il timore suo
riempia il mondo.
«La terra ha dato il suo frutto!». Queste
parole esprimono la gioia primitiva del contadino palestinese che, da una
terra avara, ha ottenuto il dono delle messi, segno sperimentabile della
benedizione divina. Questo salmo, composto in epoca postesilica (dopo il VI
sec. a.C.) a causa della sua visione universalistica (vedi i vv. 3-5), è
appunto il ringraziamento corale per il frutto della terra, segno dell'amore
di Dio. A questa felicità spontanea è chiamato a partecipare il mondo intero
che dal Creatore attende il sostentamento fisico e la guida in mezzo alle
stagioni della storia (v. 5). «Figli di Sion - scriveva il profeta Gioele -
rallegratevi, gioite
nel Signore vostro Dio perché vi dà la pioggia in giusta misura e così le
aie si riempiono di grano e i tini traboccano di mosto e di olio» (2,23-24).
Dossologia
Al Signore che siede sul trono, all '
Agnello la benedizione, la potenza e la gloria nei secoli.
Preghiera
O Padre, che in noi hai fatto risplendere
il volto della tua infinita potenza, donaci di essere fedeli alla tua
giustizia, perché possiamo essere un segno di speranza e di lode gioiosa per
tutti gli uomini. Amen.
Disperdi le genti che aman le guerre. Non
turbiamo con nostre parole l'impetuoso dispiegarsi del canto. I pensieri si
allarghino agli spazi senza confini della preghiera; il cuore scorga ancora
la potenza tremenda di Dio che si rivela nella storia, e cammina - fattosi
Emanuele - con l'uomo. Finiamo il canto ai piedi della Croce, davanti alla
decisiva e ultima teofania; poi attendiamo in silenzio il mattino di Pasqua.
2 Sorga Iddio, i nemici svaniscano, quanti lo
odiano fuggan lontano
3 dal suo volto: i tuoi avversari sian
dispersi qual fumo al vento. Come al fuoco si fonde la cera periscan gli
empi davanti a Dio;
4 invece esultino i giusti e gioiscano, ebbri
di gioia gli sciolgano canti.
5 A Dio cantate, inneggiate al suo Nome, la
via spianate a lui che cavalca sopra le nubi: suo nome è «il Signore»!
davanti a lui danzate con gioia.
6 Di orfani e vedove padre e custode nella
sua santa dimora è Dio.
7 Ai solitari egli dona una casa, i
prigionieri tra canti egli libera, lascia i ribelli in aride lande.
8 Dio, quando uscivi davanti al tuo popolo e
camminavi in mezzo al deserto,
9 tremò la terra, si ruppero i cieli: davanti
a Dio, al Dio del Sinai, davanti a Dio, il Signor d'Israele!
10 Copiosa pioggia versavi, o Dio, a ristorare
il tuo popolo esausto.
11 E hai reso al gregge sicura la terra dal
tuo amore donata al misero.
12 Liete notizie annunzia il Signore, questo
l'oracolo: «Grande è l'armata!
13 Re ed eserciti fuggono in rotta - le donne
a casa divi don la preda
14 mentre voi pigri dormite in ovili. Della
colomba le ali risplendono, riflettono oro e argento le piume».
15 Quando l' Altissimo ire abbatteva là, sopra
il Salmon cadeva la neve.
16 Monte di Dio è il monte di Basan, di erte
cime è il monte di Basan.
17 Perché, o monti superbi, guardate astiosi
il monte da Dio prescelto? Egli lo volle a sua casa per sempre.
18 Sta di Dio il carro in mezzo a migliaia,
arcieri intorno vi stanno a miriadi: viene il Signore dal Sinai al Tempio.
19 Lassù salivi traendo i vinti, là ricevevi
uomini in dono avvinti anche i ribelli, o Dio.
20 Sia benedetto Iddio ogni giorno: nostra
salvezza, ha cura di noi.
21 Il nostro Dio è il Dio che salva, Dio delle
nostre vittorie il Signore, egli è l'Iddio che vince la morte.
22 Sì, colpirà Dio il capo ai nemici, le teste
guerriere che sguazzan nei crimini.
23 Così ha giurato Iddio, il Signore: «Da
Basan io li farò ritornare, li scoverò dagli abissi del mare:
24 perché il tuo piede si bagni nel sangue e
ogni lingua dei cani si gusti il suo boccone di empio per sorte».
25 Ecco avanzare, o Dio, il corteo, il gran
corteo del mio re e mio Dio nel suo santuario: avanti i cantori.
26 Vengono ultimi archi e cembali, seguono in
mezzo fanciulle con timpani.
27 Nelle assemblee Iddio benedite, sì,
benedite Iddio, il Signore, comunità d'Israele sua stirpe.
28 Or Beniamino che è l'ultimo nato eccolo in
testa, a guida dei principi; capi di Giuda secondo le schiere, capi di
Zabulon, capi di Neftali.
29 Dispiega, Dio, la tua potenza, quanto hai
fatto per noi rafforza.
30 Per il tuo tempio in Gerusalemme verranno
ire a portarti offerte.
31 Abbatti il mostro che striscia in canneti e
i tori e i bufali, orde di popoli che vinti ti offrono sbarre d'argento.
Disperdi le genti che aman le guerre,
32 vengano i grandi a te dall'Egitto, alzi
l'Etiopia le mani aDio.
33 Regni del mondo, a Dio cantate, cantate
inni al Signore Iddio.
34 Egli nei cieli, nei cieli eterni cavalca il
tuono con voce potente.
35 Riconoscete di Dio la forza, la sua maestà
sull'intero Israele, la forza sua che sta sulle nubi.
36 Tu sei tremendo, o Dio, nel tempio è la
potenza e il valore di Dio
che Israele, suo
popolo, incarna, sia benedetto il Signore Iddio.
Chiamato tradizionalmente «il Titano dei
Salmi», questo monumentale «Te Deum» al Signore della storia e del cosmo
pone infiniti problemi di critica testuale, storica e letteraria. È una
pagina corrotta e macchiata che lascia, però, intravedere l'antico splendore
delle sue miniature; è una cattedrale poetica, lineare nella sua planimetria
generale ma complessa nei particolari che spesso sono lesionati o in rovina.
Il piano di lettura dell'ode potrebbe essere così disegnato. Un
«invitatorio» alla lode in onore del Signore (vv. 2-4) ci introduce alla
prima scena (vv. 5-11) che è una rievocazione dell'esodo di Israele
dall'Egitto verso la terra della libertà. La seconda scena (vv. 12-19) è la
celebrazione proprio di questa terra nella quale ire cananei fuggono in
rotta mentre la colomba, cioè Israele, si riveste del loro bottino d'oro e
d'argento. Su tutto l'orizzonte si erge il Signore che viene dal Sinai al
Tempio di Sion, mentre tutti i monti di Palestina si chinano a lui. Dopo un
interludio (vv. 20-22) ecco la terza scena che dipinge una processione verso
Sion (vv. 23-24). Nel corteo c'è l'orchestra del Tempio, ci sono le tribù
d'lsraele, ci sono i popoli vinti raffigurati da animali (v. 31). Giunta nel
Tempio, la processione eleva una solenne benedizione (vv. 35-36) al Dio che
è «padre e custode degli orfani e delle vedove», al Dio che ama il suo
popolo, al Dio che disperde le genti che amano la guerra.
Dossologia
A lui che ci ama e ci ha liberati, a lui
che viene da sopra le nubi, risuoni l' Amen di tutte le chiese, l'inno del
popolo nuovo e redento.
Preghiera
Tu sai, Signore, che benedizione e
maledizione si intrecciano da sempre nella storia; anche se è vero che il
traguardo è la tua misericordia. È la storia, Signore, il luogo delle tue
operazioni. Tu non sei l'astratto Iddio, indifferente e impassibile,
quell'«Atto-Puro» che pure ha imperversato a lungo anche fra noi; tu sei un
Dio coinvolto e vivente in questa storia; fattosi nostra carne e sangue,
carne e sangue di povera gente; tu sei la forza appassionante di tutte
queste lotte di liberazione: sei tu che hai udito il lamento dei poveri, e
sei sceso «a rompere i ceppi delle loro catene e a farli camminare a testa
alta»; e hai acceso un roveto che non si spegne più. Noi non ti preghiamo
perché tu cambi, ti chiediamo solo di caricarci della tua forza, per
cambiare noi e la storia. Mostruosi non sono i tuoi interventi, mostruose
sono solo le nostre indifferenze, o le nostre prevaricazioni. Perciò era
necessario che venisse il tuo Cristo perché imparassimo il tuo segreto: come
tu operi, e come stai sempre nella storia. Ora è lui il vero roveto che arde
e non si consuma. A nome di tutti i poveri, ti ringraziamo, Signore. Amen.
Ma tu, Signore Gesù, che nell'Orto prima e
poi sulla Croce, hai sofferto tutti i gemiti degli animali e degli uomini; i
gemiti dei cieli e degli abissi; tu che sai, o Servo del Signore e Uomo
esperto d'ogni patire: prima libera dalla disperazione i disperati; libera
dall'odio ogni offesa e dolore; libera vivi e morti dalla stessa morte che
tutti avvolge come un lago profondo. Libera tutti i miseri del mondo dalla
bocca del leone; e che non li assorba il Tartaro, ne cadano nelle regioni
oscure, inferno vero di ogni esistenza senza amore. Così tu che sai,
offrirai al Padre anche le nostre imprecazioni, fatte purpuree dal tuo
sangue; dalla tua Passione fatte bianche come la neve, come l'ostia santa.
Sia il tuo gemere la vera anima del mondo, la voce profonda ove trova
purificazione e salvezza ogni pena e bestemmia e agonia.
2 salvami, Dio: mi copron le acque,
3 un abisso di fango m'inghiotte, non ho
nulla cui aggrapparmi. Sono piombato in acque profonde, mi ghermisce il
Vortice oscuro.
4 Sono disfatto dal lungo gridare, rauca la
gola, le fauci riarse: e pure gli occhi si van consumando nell'estrema
attesa, mio Dio.
5 Quanti mi odiano senza ragione: più dei
capelli del capo essi sono. Sono potenti e forti in menzogne, e tutti che mi
vogliono morto, distrutto. Cosa ho rubato che io debba ridare?
6 O Dio, conosci la mia stoltezza, ne le mie
colpe ti sono nascoste!
7 Chi spera in te, Signore delle schiere, a
causa mia non resti confuso: a causa mia, non provi vergogna, Dio d'Israele,
colui che ti cerca.
8 Per tuo amore sopporto l'insulto, il
vituperio mi copre la faccia.
9 Sono straniero ai miei fratelli, ai figli
di mia madre, un estraneo !
10 Ma è lo zelo per la tua casa che più mi
consuma, e mi sento cadere addosso gli insulti di chi ti insulta.
11 Mi sono macerato in digiuni, nutrito di
vituperi,
12 vestito di sacco, divenuto per loro una
favola,
13 Di me malignano gli assi si alla Porta,
perfino gli ubriachi mi rivolgono contro le loro canzoni.
14 Ma io mi faccio preghiera vivente per il
tempo del tuo amore, Signore: nella tua grazia smisurata rispondimi, per la
fedeltà della tua salvezza, o Dio!
15 Cavami dal fango prima che affondi,
strappami, Dio, ai miei avversari, salvami dalle acque profonde.
16 Non mi travolga il Vortice oscuro, non
finisca d'inghiottirmi l'abisso, e il pozzo non chiuda su me la sua bocca.
17 Dio di bontà e clemenza, rispondimi, nella
tua tenerezza immensa volgi sopra di me il tuo volto.
18 Il tuo volto non negare al tuo servo:
angustia mi soffoca: presto, rispondimi.
19 Affacciati alla mia anima e riscattami,
liberami, quale risposta ai nemici!
20 Tu conosci l'obbrobrio, Signore: la mia
vergogna, l'infamia mia: tutti i miei oppressori hai davanti.
21 L 'insulto mi ha spezzato il cuore, sono
ferite che non si curano. Sì, compassione ho cercato ma invano: non uno ho
trovato che mi consolasse.
22 Negli alimenti mi han messo cicuta, per la
mia sete mi diedero aceto.
23 Sia un capestro per loro la mensa, un
tagliagola per loro i banchetti.
24 Gli si abbuino gli occhi e non vedano,
rompigli i reni per sempre.
25 Rovesciagli addosso la tua ira, appiccagli
il fuoco del tuo furore.
26 Fa' della loro casa un deserto, restino
vuote le loro tende:
27 perché essi colpiscono colui che tu stesso
hai colpito, e contano i dolori di chi hai ferito.
28 Colpa su colpa ammassa per loro, perché
restino fuori dal conto della tua giustizia salvatrice.
29 Siano cancellati dal Libro della Vita, mai
contati tra i nomi dei giusti.
30 A me invece, povero e carico di mali, sia
roccaforte, Dio, la tua salvezza.
31 E laudi al nome di Dio andrò cantando, lo
esalterò con azioni di grazie;
32 canti che sono a Dio più graditi che
l'offerta dei tori e giovenchi, giovenchi cui crescono ancora le corna.
33 I poveri, ecco, esultino tutti, si ravvivi
il cuore di chi cerca Iddio.
34 Il Signore ascolta i miseri e non respinge
chi gli è alleato.
35 A lui cieli e terra innalzino inni, e i
mari, e quanto vi brulica laggiù.
36 Salverà Sion Iddio il Signore, ricostruirà
le città di Giuda: saranno tutte abitate e floride!
37 Le avrà in retaggio la stirpe dei servi
suoi: chi ama il suo nome avrà in esse una dimora per sempre.
Questa lamentazione,
da alcuni studiosi considerata un'opera composita sorta dalla fusione di due
suppliche diverse, si apre con un quadro infernale, paludoso e mobile, nel
quale l'orante sta orribilmente e irrimediabilmente scivolando. Gli inferi
(lo sheol della Bibbia) erano raffigurati in Oriente come una regione
sotterranea percorsa da canali fangosi, da flussi incandescenti di lava.
«Signore, afferra il tuo servo caduto nelle acque fangose!», prega anche
l'assiro Ersha-ku-mal. Ma il lamento del salmista subito precisa la qualità
di questo inferno: c'è un diluvio di male interiore fatto di sofferenze e di
solitudine e c' è un' onda di violenza dall'esterno con calunnie «<cosa ho
rubato che io debba ridare?», v. 5), con insulti e vituperi, scagliati
persino dagli ubriachi (v. 13), con attentati (v. 22). La preghiera, allora,
si trasforma in imprecazione veemente (vv. 23-29) nello stile d'un dialogo
totalmente sincero con Dio. Ma si trasforma anche in speranza nel Signore
dei poveri e delle vittime (vv. 31-34). Gli evangelisti hanno usato questo
salmo per parlare del Cristo: hanno applicato il v. 10 alla cacciata dei
mercanti dal Tempio (Giovanni 2,17), hanno visto nell'aceto come bevanda (v.
22) il segno di un evento della passione di Cristo (Matteo 27,34.48), hanno
applicato a Giuda, il traditore, il v. 26 (Atti 1,20) .
Dossologia
O Padre santo, che hai dato la gloria al
Figlio tuo nell'ora suprema, noi ti lodiamo insieme allo Spirito, inni
cantiamo di grazie per sempre.
Preghiera
Di quante vite non sappiamo le agonie,
Signore! ma sappiamo che il tuo Figlio tutte le riassume, fin dalla
terribile notte e poi nel pieno giorno, sul colle: è così, è così che la sua
Passione continua! Aiuta tutte le vittime del mondo, Signore... Amen.
TUTTO È FRANATO
Tutto è franato, nell'orgia necessaria. La
coscienza m'ha dato un nome, spogliato come un albero dopo la tempèsta,
dall'incanto di sentirmi libero.
Gli uomini mi hanno appeso il piastrino che
brilla, nella marcia, sulla giacca grigia.
Siamo creature incatenate entro un paese di
pietre
e di strade senza
cielo! Siamo sassi della creazione.
Dio, più non chiedermi d'essere verticale.
Ora diverso è l'urto dei tuoi venti; non regge il mio peso insopportabile
d'uomo alla tua aggressività inesausta.
Così, abbattuto, eviterò lo schianto che tu
vai preparandomi: non vale cercare più il rischio che non abbiamo scelto.
Abbia, dunque, il tuo volere compimento
pieno - la tua creazione violenta - e passa sul nostro sudore di sangue; e
l'attrito non abbia più cifra.
Tu non avevi lacrime a noi invece era dato
piangere: questo forse ti ha sospinto fra noi?
2 Affrettati e liberami, Dio Signore, su,
presto, accorri in mio aiuto.
3 Siano confusi e arrossiscano tutti, quanti
si affannano a farmi morire. Prendan la fuga coperti d'infamia coloro che
ridono della mia sventura.
4 Colpiti nel pudore arretrino tutti quanti
mi sogghignano contro.
5 Di gioia e allegrezza invece esultino tutti
coloro che cercano te. Dicano sempre: «Il Signore è grande!» quanti amano la
tua salvezza.
6 io sono povero e misero: affrettati, Dio,
in mio soccorso.
Tu, mio aiuto e mia
liberazione: non tardare, Signore.
Questa breve supplica, composta da una
benedizione per i giusti (v. 5) e da una maledizione scagliata contro i
nemici (vv. 3-4), è la riedizione di un brano del Salmo 40 (vv. 14-18). L
'avvio è il celebre «Deus in adiutorium meum intende» che è usato per aprire
molte celebrazioni liturgiche cattoliche. La preghiera è percorsa
dall'attesa dell'intervento del Signore, il Grande per eccellenza: «Io sono
povero e misero: affrettati, Dio, in mio soccorso!» (v. 6).
Dossologia
A te che sei giustizia e amore, o Padre,
gloria da tutte le chiese: per il tuo Figlio venuto a salvarci e per lo
Spirito, nostra certezza!
Preghiera
O Padre, che hai cura dei poveri e dei
miseri e sei il rifugio di chi è nel pericolo, non restare lontano da quanti
amano la tua salvezza, perché solo tu sei la fonte della loro gioia e del
loro canto. Amen.
E cantare i ricordi antichi; e le visioni,
e le speranze. Ma cantare - anche se «pieni d'angoscia» - dall'ermo colle «i
sovrumani silenzi». Salvare nel canto queste morenti cose. Cantare anche la
morte! O Dio, fonte amorosa del mio cantare...
1 O Signore, in te mi rifugio, che io non
resti confuso in eterno:
2 tu difendimi, fammi tu libero per la tua
giustizia, Signore. Dio, porgimi l'orecchio e salvami:
3 sii per me un castello sicuro, una rupe ove
abiti sempre, mia salvezza e asilo, mia roccia.
4 Dall'artiglio dell' empio riscattami, dalle
mani del ladro e perverso:
5 tu, Signore, la mia speranza, fin da
giovane la mia certezza.
6 Già dal grembo sostegno mi fosti: mi
togliesti dal seno materno, fui accolto sui tuoi ginocchi: senza fine a te
salga la lode.
7 Sono parso a molti un prodigio: eri tu mio
asilo sicuro;
8 la tua lode mi riempie la bocca, tutto il
giorno ti celebro in canti.
9 Ora sono avanti negli anni e il vigore si
avvia al declino: non lasciarmi da solo, o Signore, ne mi senta da te
rinnegato.
10 I nemici han tutto deciso, or mi spiano e
insieme congiurano:
11 «Dal suo Dio è stato respinto, inseguitelo!
È solo! Afferratelo!».
12 Mio Dio, non stare lontano, vieni presto, o
Dio, in aiuto:
13 quanti insidiano l'anima mia sian confusi e
distrutti, Signore, quanti cercan la mia rovina il disprezzo e 1 'infamia li
copra.
14 lo invece continuo a sperare: farò canti
ancora più grandi!
15 Le mie labbra a tutti ogni giorno
narreranno la tua giustizia, canteranno la tua salvezza che non so misurare,
Signore.
16 Entrerò là, narrando portenti, dirò come
sei giusto tu solo:
17 tu mi hai istruito, Signore, fin da quando
io ero fanciullo. Ancor oggi ne canto i prodigi,
18 e pur carico d'anni e canuto non lasciarmi
ora solo, Signore, finche annunzi la tua potenza, del tuo braccio le gesta
alle genti:
19 sopra il cielo è la tua giustizia, grandi
sono le opere tue: come te chi può dirsi, mio Dio?
20 A sventure e a prove crudeli tu mi hai
sottoposto, Signore, ma tu vivere ancor mi farai riportandomi su dagli
abissi.
21 Mi farai ancora più grande, tornerai a
darmi la gioia:
22 che ti renda allora sull'arpa il mio inno
di grazie, o Dio. Canterò sulla cetra il tuo amore d'Israele o Signore, o
Santo!
23 E cantando a te le mie labbra stilleranno
ancora di gioia: saran pieni di gioia i miei canti e la vita da te liberata:
24 ogni giorno allor la mia lingua dirà quanto
sei giusto, Iddio! E andrò proclamando al mondo: che saranno per sempre
delusi e coperti di scherno e vergogna quanti cercan la mia rovina.
È la preghiera di un anziano che «fin da
giovane» nel Signore ha posto la sua speranza (v. 5). Il suo lamento, tutto
intriso di fiducia e di serenità, pone in parallelo un passato proteso verso
Dio rifugio, castello sicuro, salvezza, asilo, roccia (vv. 3-7) e un
presente amarissimo, intessuto di umiliazioni, di ostilità, di un
affievolirsi delle forze. Eppure esso non si risolverà in un disperato
sprofondare nei gironi infernali dello sheol e della morte. Infatti questo
anziano attende ancora un futuro di liberazione sperato nonostante
l'esiguità degli anni che ancora restano. Ed è particolarmente commovente in
questa attesa il ricordo tenero e nostalgico dell'infanzia, anzi
l'evocazione della nascita stessa in cui Dio stesso toglieva dal grembo
materno la sua creatura, e, come una madre, se la poneva tra le ginocchia
per tenerla in piedi (v. 6). Una vita posta tutta sotto il sigillo della
fedeltà, dalle radici fino ai tormenti della vecchiaia ma anche fino
all'ultimo canto accompagnato dall'arpa e dalla cetra (vv. 22-23). Le labbra
stilleranno canti di gioia a Dio perche, come dice un antico inno tibetano,
il corpo del vecchio è «un prezioso scrigno di canti di fede».
Dossologia
La speranza che mai tu deludi, o Signore,
ti renda la lode nel ricordo di tutti gli afflitti: della chiesa a te sempre
la lode.
Preghiera
Guarda a noi, Dio della vita: pur nelle
afflizioni e nelle prove tu sei il Dio della nostra pace: rendici beati
anche nel pianto, e fa' che tutta la chiesa ti canti nuovi salmi; anche chi
è solo e disperato ti canti; sia chiesa che canta come la Vergine, pure se
addolorata, come tutti i santi cantano. Amen.
E noi dovremmo essere questi monti di pace;
le messi di grano che ondeggiano sulle colline. Noi la fioritura di questa
giustizia messianica, segno che egli è venuto, e viene, e verrà. Ma potremmo
cantare, con cuore pacifico, questo Amen davanti alle sempre deluse speranze
dei poveri?
1 Dio, affida i tuoi giudizi al re, al regale
Messia la tua giustizia.
2 Con giustizia governi il tuo popolo, il
diritto difenda dei miseri.
3 Pace portino i monti al popolo e giustizia
inondi le alture.
4 Sia dei poveri il giusto giudice, salvi
Iddio del misero i figli, l'oppressore abbatta e calpesti!
5 Il tuo regno più duri di quanto
splenderanno il sole e la luna, più ancora che il fluire dei secoli.
6 Egli scenda qual pioggia sull'erba, come
acqua che irrora la terra.
7 E fiorisca giustizia ai suoi giorni, pace
abbondi finche non si spegne la luna.
8 E domini da mare amare, dal fiume ai
confini del mondo.
9 Alla sua faccia si curvino le tribù del
deserto e i nemici lambiscan la polvere.
10 Dalle isole portino offerte re di Tarsis e
re dell ' Arabia, e da Saba verranno ad offrire tributi.
11 Tutti i re si prostrino a lui, a lui
servano tutte le genti.
12 Egli udirà certamente il grido del misero,
del povero che non ha un aiuto, e scenderà a liberarli.
13 Si muova a pietà per il debole, dei tapini
e oppressi egli salvi la vita.
14 Da violenze e soprusi li salvi: è prezioso
ai suoi occhi il lor sangue.
15 Che viva! e da Seba gli portino oro, e
sempre si preghi per lui, e sia benedetto ogni giorno.
16 La terra abbondi di grano, sulla cima dei
monti ondeggi: le sue spighe sian come un Libano, i fiori coprano come erba
la terra.
17 Duri in eterno il suo nome: il suo nome a
lungo germogli quanto il sole, si dicano in lui benedette tutte le genti, lo
proclamino i popoli beato.
18 Benedetto sia il Signore Iddio, il Dio
d'Israele, il solo che compie prodigi.
19 Benedetto il suo nome glorioso in eterno,
della sua gloria è piena la terra: Amen, Amen!
Coi Salmi 2; 89; 110 il Salmo 72
costituisce la tetralogia classica dei Salmi regali riletti in chiave
messianica dalla tradizione giudaica e cristiana. Dietro il volto del
giovane re che sta per essere incoronato, a cui si augura un regno di
giustizia e di lunghi anni, si profila il volto del re perfetto, il
«consacrato-messia» supremo che veramente sarà «giusto giudice dei poveri» e
veramente «abbatterà e calpesterà l'oppressore» (v. 4). È proprio in questa
prospettiva lunga e gloriosa che i toni encomiastici e curiali
dell'innologia monarchica si
trasformano nella
realtà sperata dal Messia: la sua giustizia sarà perfetta, il suo dominio
universale, il suo regno eterno, il cosmo intero sarà coinvolto nella pace,
il celebre e atteso shalom che il v. 16 dipinge coi colori agricoli di un
paradiso terrestre (le spighe di grano ondeggeranno persino sugli aridi
picchi montuosi). L 'inno, dalla struttura molto raffinata segnata da
giaculatorie regali (vv. 5.11.17), è chiuso da una benedizione posteriore
(vv. 18-19). Essa è stata aggiunta dalla tradizione liturgica giudaica che
aveva diviso il Salterio in cinque libri: finiva qui, con questa
benedizione, il secondo libro, iniziato col Salmo 42.
Dossologia
Anche noi ti rendiamo la gloria, Padre
santo il cui nome è sublime; con il Figlio e lo Spirito santo sempre gloria
nei secoli eterni.
Preghiera
Dio, che sei e che eri, e sarai, per te la
terra continua a fiorire e a sperare; per te fiorisce anche il diritto e la
giustizia: e cioè, il tuo Figlio continui a venire, il suo nome sorpassi
ogni tempo e risplenda più a lungo del sole. Amen.
Grazie, Signore, che qualcuno ti preghi
così. E, oltre il bene, ti dica anche il male che pensiamo di te. Che ti
dica i pensieri che gli umili non osano dire; e dica quanto sono tentati gli
stessi santi «dal corpo secco e pallido»: tentati di non credere; e dica le
molte e forti ragioni degli atei per la tua divina indifferenza: almeno
apparente indifferenza.
1 Quanto è buono Iddio, Israele, quanto è
buono coi mondi di cuore.
2 Eppure io ero lì per cadere, mancò nulla
che il piede cedesse.
3 Perché a rodermi prese l'invidia nel vedere
gli empi fiorire.
4 Mai che soffrano fino alla morte, con il
ventre pasciuto e pingue.
5 Non li tocca un affanno degli altri, mai
colpiti alla pari di tutti.
6 Dell'orgoglio si fanno collane, la violenza
è il loro vestito.
7 Il loro occhio è ristretto dal grasso e dal
cuore trasudan follie.
8 Son perversi in gesti e discorsi e
dall'alto ti parlano tronfi.
9 Con la bocca lambiscono i cieli, con la
lingua vi spazzan la terra.
10 E si fanno attorno una corte che si
abbevera ai loro discorsi.
11 «Che sa Dio?» così van dicendo, «Conoscenza
ha forse l'Altissimo?».
12 Ecco, così sono essi i malvagi, sempre
incolumi a crescer potere.
13 Dunque invano ho io serbato puro il cuore,
lavate le mani?
14 Ogni giorno in me si aprono piaghe, fin
dall'alba io sono colpito.
15 Detto avessi anch'io d'imitarli, i tuoi
figli avrei io tradito.
16 La fatica a comprendere tanto! Quanto arduo
all'occhio il vedere!
17 Finche al tempio di Dio non venni e
compresi qual è la lor fine.
18 Sì, sul pendìo tu prima li meni, poi di
colpo li fai scivolare.
19 Così sono distrutti in un attimo, sfibrati
e finiti dal panico.
20 Come un sogno essi sono al risveglio:
quando sorgi ne infrangi l'immagine.
21 Quando il mio cuore si agitava, Signore,
nelle pene i miei reni fremevano:
22 un idiota ignorante io ero, una bestia tu
avevi davanti.
23 Che io sia per sempre con te, tu per mano
mi hai preso, Signore.
24 Tu mi guidi secondo i tuoi piani, la tua
gloria mi colga alla fine.
25 Per me in cielo chi altri avrò? Con te,
cosa m'importa la terra?
26 Pur se carne e cuore si dìsfano, del mio
cuore la rupe è Dio, è il Signore la mia sorte in eterno.
27 Ecco, invero, perisce soltanto chi da te
s'allontana, Signore: tu distruggi chi ti è infedele.
28 Il mio bene è di farmi vicino, accostarmi,
aderire al mio Dio; mio rifugio è Dio, il Signore: e narrare le tue
meraviglie.
Questa straordinaria storia d'un'anima
registra il travaglio interiore di un credente, forse un sacerdote, in crisi
di fede di fronte al trionfo dell'ingiustizia nel; mondo. La sua vicenda
spirituale diventa preghiera, poesia e testimonianza attraverso i due atti
in cui è distribuita questa meditazione sapienziale. Il primo, nei vv. 2-16,
è il ritratto appaiato dell'empio e del giusto così come si presenta nello
scandalo della storia: l'ingiusto è tratteggiato con uno sdegno e una nausea
difficilmente superabili, l'arroganza e la volgarità del potere hanno qui la
loro più sarcastica rappresentazione. La tentazione di abbandonare ogni
onestà e di essere come loro è, però, subito spezzata da un «finche...» (v.
17). Il poeta, infatti, ritorna nel Tempio e nel silenzio della sua
coscienza: lì riesce a comprendere il destino, la «fine», il «poi»
dell'empio e del giusto (vv. 17-28). Allora i suoi occhi si aprono e in
quello che è stato definito «il più bel testo spirituale dell' Antico
Testamento» il salmista lascia il suo testamento ultimo di fede e di
speranza: «Il mio bene è di aderire al mio Dio» (v. 28). E Dio lo prende per
mano; anche se la carne e il cuore si dissolvono, il fedele è accolto tra le
braccia dell'Eterno. Ecco un'altra (rara) pagina dell' Antico Testamento in
cui l'orizzonte oltre la morte si rischiara di luce e di certezza. «Con te,
cosa m'importa la terra?» (v. 25).
Dossologia
Al Signore, salvezza dei poveri, pace e
gioia dei miti e dei giusti, dei pazienti la sola speranza: al Signore sia
gloria nei secoli.
Preghiera
Tu sai il dubbio che a volte ci dilania,
Signore: il dubbio che tu sia ingiusto,
e che tu non veda, o
non voglia vedere; il dubbio che a te nulla importi se i tuoi poveri stanno
male e si sentono abbandonati: è una bestemmia, lo riconosciamo, Signore, ma
le cose sono talmente forti e sconvolgenti e assurde che tu ci perdonerai; e
ti farai premura di farci vedere che comunque non saranno sempre così:
perché tu non puoi non stare dalla parte dei poveri. Amen.
Salmo 74 (73)HANNO DATO ALLE FIAMME IL TUO SANTUARIO
E di noi cosa dire, Signore? Non per le
chiese e i templi di pietra ti invochiamo: pur se amate e splendide nostre
chiese. È per questo tempio che è l'uomo - costruzione divina - che ora ti
preghiamo: tua cattedrale viva, ora abbattuta al suolo, sotto rovine forse
irreparabili. Ma tu, interverrai, Signore?
1 Perché, Dio, ci respingi per sempre? Perché
il fuoco di tua ira divampa contro il gregge del pascolo tuo?
2 Oh, ricorda la gente, il tuo popolo, tuo
possesso dei tempi antichi, la conquista del tuo vincastro, la tua casa sul
monte di Sion.
3 Muovi ora i tuoi passi, Signore, sopra
queste rovine eterne: i nemici han tutto distrutto, devastato il suo
Santuario.
4 Come belve in delirio urlavano, e issarono
in piena assemblea come insegne i loro vessilli.
5 Boscaioli che vibrano alto la mannaia in
fitta foresta
6 apparivano quando abbattevano con la scure
e l'ascia le porte. Han tutto mandato in frantumi:
7 dato fuoco al tuo Santuario; profanata,
abbattuta, distrutta la dimora del santo tuo Nome!
8 Siano tutti insieme bruciati - in cuor loro
avevan deciso - figli e sedi di tutto il paese! Le tue sedi, Dio, le arsero
tutte!
9 Non vediamo più i nostri vessilli, non c'è
più un profeta tra noi; fino a quando, nessuno lo sa...
10 Fino a quando il nemico, o Dio, il nemico
vorrà continuare a insultare, a sprezzare il tuo Nome?
11 Or per che la tua destra ritiri e inerte la
tieni nel seno?
12 E pur Dio è da sempre il mio re, lui l'
artefice di ogni salvezza operata nel cuor della terra.
13 Tu con forza hai diviso il mare, rotto il
capo ai Draghi sulle acque.
14 Tu infranta la testa al Leviatan, dato in
pasto ai mostri marini.
15 Tu hai fatto irrigare deserti con torrenti
e rivi e fontane. Tu asciugato hai fiumi perenni.
16 Tuo è il giorno e tua è la notte: tu il
sole e la luna hai fissato.
17 Tu hai posto i confini alla terra, tu
segnato l'estate e l'inverno.
18 Oh, ricorda, ricorda, Signore: un nemico ha
offeso l'Iddio, una gente infame e stolta ha spregiato il santo tuo Nome.
19 Non lasciare in pasto alle belve la tua
dolce colomba, Signore: mai scordarti dei poveri tuoi.
20 Sii fedele alla tua alleanza: traboccata da
luoghi di tenebra la violenza ha invaso la terra.
21 Mai torni confuso l'oppresso, ma dai miseri
e poveri si alzi della lode il coro al tuo Nome.
22 La tua causa ora sorgi a difendere! E
ricorda, Signore, lo stolto che ti insulta per tutto il giorno.
23 Non scordare il clamore nemico, del nemico
che insorge e ti odia, non scordarne il ruggito, Signore.
Questa maestosa lamentazione sul Tempio
diroccato sembra avere come sfondo Gerusalemme rasa al suolo dalle armate
babilonesi di Nabucodonosor nel 586 a.C. Il canto si apre con un'elegia che
ha al centro la sceneggiatura mobilissima e quasi in visione diretta della
devastazione del Tempio (vv. 1-9): i nemici erano in quel giorno come belve
in delirio, come boscaioli che vibrano le loro mannaie per squarciare e
demolire i cedri di cui era tappezzata l'aula sacra. A questo punto la
supplica, segnata dal tradizionale «Fino a quando?», cede il passo ad un
inno a Dio re e creatore (vv. 10-17), un inno scandito da sette «Tu»,
rivolti a JHWH vittorioso sui mostri del caos (i Draghi e il Levìatan),
perché ritorni a sfoderare la sua potenza davanti alla tragedia del suo
popolo. Il carme si chiude, allora, con un appello finale al Dio
dell'alleanza (vv. 18-23) perché «ricordi» il male perpetrato dal nemico e
non lasci in pasto alle belve la sua «dolce colomba», Israele. Il popolo
ebraico commemora ancora oggi, con la giornata penitenziale del 9 del mese
di Av (luglio-agosto), la data tragica del crollo di Sion e del Tempio di
Salomone. «Mio Dio, apri gli occhi - dice la liturgia sinagogale - e guarda
la nostra rovina e la città nella quale si invocava il tuo nome».
Dossologia
All'Agnello che siede sul Libro, solo degno
d'aprirne i sigilli, che ora splende col nuovo vessillo, nello Spirito certi
di vincere gloria cantino tutti i popoli.
Preghiera
Padre, noi vorremmo soprattutto adorarti e
cantarti; non vorremmo chiederti nulla se non di lodarti; invece guarda in
che stato siamo: una storia che continua ad essere sempre uguale, una storia
di persecuzione e oppressioni e violenza,
come un tempo, come
sempre; ma tu, Dio, fa' onore alla tua alleanza, non respingere chi ti
invoca: non scordarti mai dei poveri e sii tu la loro forza di ribellione,
la forza per fare giustizia. Amen.
Voce che parla dal fuoco è la prima tua
voce udita sulla terra, Signore! E ancora poveri gemono nelle fornaci.
Faraoni ancora più forti e perfidi premono sopra un oceano di poveri:
ricordati, Signore!
2 Grazie, o Dio, vogliamo cantarti, grazie e
gloria a te, o Signore; invochiamo il santo tuo nome, proclamiamo i tuoi
prodigi.
3 «Sì, nel tempo che avrò stabilito, vi darò
io la giusta sentenza:
4 se si scuotono terra e viventi sono io a
tenerne i pilastri» .
5 Dico a quanti si vantan: «Non fatelo!»,
agli empi: «Non siate insensati»,
6 contro il cielo non fate i ribelli, non
parlate con collo altero.
7 No, non viene dall'est ne dall'ovest, dal
deserto e neppure dai monti,
8 ma da Dio proviene il giudizio: l'uno
abbatte e l'altro innalza!
9 Egli tiene un calice in mano, vi spumeggia
un vino drogato, egli stesso lo mesce e gli empi pur la feccia dovranno
sorbire. I malvagi del mondo intero
10 ne berranno, ma io per sempre canterò inni
pieni di gioia di Giacobbe al Dio e Signore.
11 Sì, da me l'arroganza degli empi sarà
spenta, ridotta al nulla: quando certo verrà esaltata la potenza di tutti i
miei giusti.
Composizione scintillante e polemica, il
Salmo 75 ruota attorno ad un oracolo divino segnato dall'«io» di Dio (vv.
3-6). Esso contiene una specie di ultimatum indirizzato agli empi e ai
perversi: «Non fatelo più! Non siate insensati!». Il salmista commenta
questo oracolo attraverso un'omelia poetica che è dominata dalla vigorosa
immagine del calice di vino drogato (v. 9). Simbolo del destino (leggi Marco
14,32-36) ma anche della collera divina, la coppa è colma di un vino dal
potere ipnotico, che stordisce e acceca. È una coppa già ricolma per il
giudizio e Dio l'ha già presa tra le mani per farla ingurgitare sino alla
feccia a tutti gli empi della terra. Il salmo diventa, allora, il canto
della giustizia e della liberazione attesa. L 'ingiusto, convinto che Dio
sia muto e lontano, verrà finalmente costretto ad assaporare un giudizio
amaro ma giusto. Se il calice è nel nostro testo il segno di un'ordalìa
contro il malvagio, nel Salmo 23 la coppa spumeggiante è, invece, simbolo
della comunione del giusto col suo Dio.
Dossologia
Al Signore cantiamo la gloria: ha deposto i
potenti dai troni, ha innalzato i poveri e gli umili: a lui gloria da tutti
i credenti.
Preghiera
A te solo, Padre, e al tuo Figlio Gesù
Cristo che hai, nello Spirito santo, costituito Signore della storia,
appartiene il giudizio su tutti i viventi: fa' che i tuoi poveri siano
sempre sorretti dalla fiducia che riusciranno a vincere: a ottenere di
vivere la loro dovuta dignità: non altro chiedono, Signore. Amen.
Sì, questo significa conoscerti: se tu sei
l'lddio, è impossibile che tu non sia dalla parte dei deboli e dei poveri:
impossibile pensarti dall'altra parte, se non come il Terribile. Altrimenti
non saresti Dio. E per quanto il mondo duri, impossibile non pregarti così:
2 Oh quanto in Giuda Dio è Conosciuto! in
Israele è grande il Suo nome!
3 la sua dimora è in Gerusalemme la tenda sua
è sul monte c;li Sion.
4 È là che infranse le frecce dell' arco e
scudo e spade e lance di guerra:
5 luce terribile sei che risplende sul monte
eccelso adorno di spoglie.
6 Là dispogliò gli arditi, i forti, come da
sonno mortale travolti; la loro mano cercavano invano:
7 Dio di Giacobbe, com'eran storditi! Tutti
atterrati alle tue minacce: irrigiditi cavalli e carri !
8 Tu sei terribile, chi ti resiste, quando
scateni il tuo furore?
9 Il tuo verdetto dai cieli rimbomba, la
terra attonita ode in silenzio:
10 si alza Iddio a fare giustizia, a liberare
dal mondo i poveri.
11 Sì, tu frantumi la collera umana e gli
scampati all'ira tu strappi.
12 Fate voti al Signore Dio vostro e
adempiteli quanti lo amate. Portino i popoli doni al Terribile,
13 a lui che taglia il respiro ai principi: a
lui il Terribile verso ire tutti, verso ire della terra intera.
Un grido si leva su tutta la terra e
l'universo, atterrito, fa silenzio: è il Dio splendido e terribile che,
dalla sua residenza terrestre di Gerusalemme, parla. Considerato il tono
arcaico, uno studioso ha definito la composizione «un bollettino di vittoria
del Dio d'Israele in Sion, poco dopo la conquista da parte di Davide e la
traslazione dell'arca». Il salmo è, comunque, distribuito su scene belliche
che hanno rispettivamente come teatro Sion (vv. 2-4), i monti, simbolo dei
santuari idolatri posti appunto sulle alture (vv. 5- 7), il cielo (vv. 8-10)
e tutta la terra (vv. 11-13). In ebraico Dio è invocato con i titoli diversi
ma affini per suono: noda', na'or, nora', mora', «conosciuto, splendido,
terribile, temibile». Sembra di
assistere allo
scontro finale tra bene e male, nel quale i nemici di Dio sono storditi,
colpiti da un sonno di morte (v. 6) e travolti per sempre. La vittoria è
totale e sul campo di battaglia campeggia la figura del Signore avvolta di
luce e circondata da tutti i poveri della terra (v. 10).
Dossologia
Ha scatenato la forza del suo braccio,
umili e miti ha innalzato sul trono: così al Cristo che vince la morte
cantino tutti gli oppressi del mondo.
Preghiera
Padre, forza dei deboli e terrore dei
forti, che per la croce di tuo Figlio hai operato il giudizio su tutti i
viventi, donaci di essere sempre con la povera gente, perché egli non abbia
a disconoscerci quando verrà a instaurare definitivamente il suo Regno.
Amen.
Tuttavia, senza Dio, la notte è ancor più
nera. Non c'è santità senza Dio. Neppure giustizia. Se non c'è Dio, nemmeno
l'uomo è più un uomo. Senza offendere gli atei. Anzi, nessuno è così vicino
a Dio come l'ateo. L'ateismo non è non credere in Dio. Ateismo, forse, è
nella disperazione nuda: la sola forma di ateismo da prendere sul serio.
«Non esiste alcuna luce beata che illumini l'abisso scuro del dolore, se non
Dio stesso. E noi lo troviamo solo se diciamo con amore: "sì, sì" alla sua
incomprensibilità, senza di cui egli non sarebbe Dio» (K. Rahner).
2 A Dio ho levato la voce urlando, a Dio da
sola la voce urlava: l'orecchio porgimi, Dio Signore.
3 Di giorno in pianto ho cercato il Signore:
alte le mani da sole la notte piangono senza una tregua, un respiro. L'anima
mia ricusa il conforto:
4 ricordo Dio in lugubri canti, solo a
pensarci il respiro vien meno.
5 Tu nella veglia mi squarci gli occhi, sono
turbato e senza parole:
6 al cuore tornano i giorni perduti. Ricordo
gli anni passati da tanto,
7 mi sgorga in cuore la notte una musica,
mentre il mio spirito in ansia s'interroga.
8 Forse per sempre Iddio ci lascia? ne sarà
più generoso con noi?
9 la fedeltà sua, finita per sempre? Per
sempre muta la sua parola?
10 Ha forse Iddio scordato sua Grazia, chiuso
nell'ira il suo Amore per sempre? 11 «Il mio tormento è questo», ho
detto: «certo ha mutato la mano l' Altissimo!».
12 Oh ben ricordo le gesta di Dio! I tuoi
prodigi di un tempo ricordo,
13 le gesta tue io vado evocando, tutti i
portenti tuoi ora rammento.
14 È retta e santa la tua vita Iddio! C'è mai
un dio uguale al Dio nostro?
15 Tu sei l'Iddio che fa meraviglie. La tua
potenza alle genti riveli:
16 fu il tuo braccio a salvare il tuo popolo,
sì, di Giacobbe e Giuseppe i figli!
17 O Dio, ti videro le acque, ti videro Iddio,
le acque, e ne furon sconvolte, e sussultarono anche gli abissi.
18 E rovesciarono acque le nubi: dei nembi il
rombo riempiva i cieli, le tue saette solcarono l'aria.
19 Erano i tuoni un fragore a ruota; il mondo
illuminano i lampi tuoi, tremò la terra in folli sobbalzi.
20 Solcava il mare la grande tua via: i tuoi
sentieri sulle acque immense, ma le tue orme rimasero ignote.
21 Tu con la mano di Aronne e Mosè hai guidato
l'amato tuo popolo: come un gregge nei pascoli tuoi.
S. Francesco - secondo la Legenda Antiqua -
aveva scelto il v. 3 del salmo, nella versione latina, come una specie di
motto nel travaglio della sofferenza. Effettivamente il Salmo 77 è un
soliloquio di un'anima che parla a nome di tanti e che getta sul tappeto le
domande fondamentali nella prova: Dio si sta smentendo? Tra passato glorioso
e presente tragico c'è mutabilità nell'agire di Dio? L 'amore divino non è
eterno? Queste domande salgono come un'ondata al cuore e scuotono le radici
della fede. La notte che la supplica suppone è, quindi, interiore. Ma dopo
la crisi descritta nei vv. 2-11 e sintetizzata nella frase «Certo ha mutato
la mano l'Altissimo!», il salmista si apre all'attesa fondandosi sul
«ricordo» del passato salvifico (vv. 12-21). Il ricordo nella Bibbia non è
mera evocazione del passato ma certezza che il seme messo da Dio nella
storia deve ancora fruttificare. È per questo che 1'orante cita nei vv.
17-20 un antico inno in cui Dio appariva nello splendore della sua potenza
di Creatore e di Salvatore soprattutto nell'esodo dall'Egitto. Il vincitore
delle acque caotiche può ancora strappare il suo popolo sofferente e
guidarlo verso i pascoli della pace e della gioia (v. 21).
Dossologia
Al Dio fedele nel bene e nel male, Padre di
Cristo, risorto dai morti, nel santo Spirito canti il suo popolo.
Preghiera
Anche quando l'angoscia ci assale donaci, o
Padre, di non dubitare; o anche di dubitare, ma insieme di sempre più
credere: di credere alla tua fedeltà e al tuo amore al di là di tutte le
apparenze; e con il tuo Spirito, sempre presente nella storia, rompi i piani
dei potenti perché almeno i deboli continuino a sperare. Amen.
Che venga l'inverno,
che inverno si aggiunga a inverno, duro umido grigio e crudele, che venga la
devastazione e il deserto e i quarant'anni di deserto e di morte! A dopo,
per gli altri, la terra promessa - e anche per noi se riusciremo a sperare
-, Attesa disperata e dolore: mio viatico il domani di Dio, un domani reale
che incombe e ti macera, ma è sempre domani, La possibilità, o Cristo, che
ci offri è questa: la quotidiana morte unica via all'eterno domani.
Epopea dunque aperta anche sulla nostra
storia: di ognuno e di tutti,' aperta su Cristo, che risurrezione desta dal
sonno «come dal vino si desta un prode». Ma prima di metterci a cantare,
grazia ci porti il vento dello Spirito, per non mancare lungo la via e
perderci in nuovi e più tristi deserti.
Quanto t'insegno ascolta, mio popolo,
l'orecchio porgi a queste parole,
2 le mie labbra ti apro in parabole, tempi e
arcani io voglio evocare.
3 Quanto abbiamo udito e saputo e i nostri
padri ci hanno narrato,
4 non lo terremo nascosto ai lor figli, ma lo
diremo nel canto ai futuri, sì, narreremo i prodigi di Dio, le gloriose e
potenti sue gesta. -
5 Ha emanato un decreto in Giacobbe, in
Israele ha posto una legge. Ai nostri padri egli ha comandato di tramandare
ai figli la scienza,
6 che la conoscano i posteri tutti: i figli
che ora vi stanno per nascere.
E questi ai figli dei
figli nei secoli si leveranno a narrarla per tutti:
7 perché ripongano in Dio la fede e le sue
gesta nessuno dimentichi. Tutti osservino i suoi comandi:
8 non uno sia uguale ai lor padri,
generazione ribelle e ostinata, generazione dal cuore incostante! Infedeltà:
era, Dio,. il suo genio!
9 Di Efraim i figli, valenti arcieri, volser
le spalle nel dì dello scontro,
10 non osservando l'alleanza di Dio! L'unica
via, la Legge, respinsero,
11 dimenticarono le opere sue, le meraviglie
che aveva mostrato,
12 gesta compiute davanti ai padri. Così aveva
operato per loro in terra egizia, nei campi di So'an .
13 divise il mare eli fece passare, le acque
fermò come fossero un argine!
14 Nel giorno, in nube, apriva il cammino e da
colonna di fuoco la notte.
15 Poi nel deserto la rupe percosse e come un
mare li ha dissetati.
16 Da roccia fece sgorgare ruscelli e acque
scorrere a pieni torrenti. -
17 Essi invece andarono avanti sempre peccando
in sua presenza. E nel deserto di nuovo ribelli.
18 il Dio altissimo hanno tentato: nel loro
cuore le brame che avevano !
19 Chiedevan cibo e parlavano contro. Così
dicevan: «Potrà forse Iddio qui nel deserto imbandirci una mensa?
20 Ecco, percosse il Signore la rupe e si
apriron le fonti dell'acque:
torrenti in piena
sgorgarono insieme! Anche del pane potrà lui donarci, o preparare la carne
al suo popolo?».
21 Ne fu adirato il Signore all'udirli. Tutto
Giacobbe fu avvolto dal fuoco, l'ira esplose su tutto Israele,
22 per che non ebbero fede in Dio, ne si
fidaron del suo soccorso.
23 Comandò allora alle nubi dall'alto, su loro
aperse le porte del cielo
24 e fece piover la manna per cibo: ha dato a
loro il pane del cielo:
25 l'uomo ha mangiato il pane degli angeli!
Oh, l'abbondanza di cibo che diede!
26 Scatenò in cielo il vento d' oriente, fece
uscire l'australe con forza:
27 e fece piover qual sabbia la carne e come
rena del mare gli uccelli:
28 caddero in mezzo alle tende, ovunque,
29 così mangiarono e furono sazi. Li
soddisfece nel loro desiderio:
30 ma l'ingordigia non ebbe più fine. - Ancora
avevano il cibo in bocca,
31 quando si alzò il furore di Dio. E fece
strage dei più vigorosi assassinando il fior d'Israele.
32 Eppure essi peccarono ancora e non
credettero ai suoi prodigi.
33 Polverizzò i loro giorni allora e li
ridusse a vampate nel nulla.
34 E lo cercavan sol quando perivano: così
tornavano a Dio con suppliche.
35 Si ricordavan che Dio è la Roccia, Iddio,
l' Altissimo, il loro Signore.
36 Di adulazioni si empivan le bocche, solo
menzogne le loro parole!
37 Il loro cuore non era sincero, mai fedeli
alla sua alleanza.
38 E perdonava, pietoso, la colpa, li
perdonava invece di ucciderli. Sì, quante volte placò la sua ira e il suo
furore rimase in catene !
39 Egli sapeva come essi eran carne, soffio
che va e non torna mai più.
40 Quante rivolte e le sue ire, oh quante! in
quelle lor solitudini aspre!
41 Sempre di nuovo tentavano Dio: esasperava
Israele il suo Santo.
42 Della sua mano ancora immemori di quando e
come li trasse da schiavi:
43 quando operò nell'Egitto i portenti, e i
suoi prodigi nei campi di So'an.
44 Egli mutò i loro fiumi e torrenti in rosso
sangue, per che non bevessero. -
45 A divorarli mandò i tafani, per molestarli
li invase di rane.
46 Diede ai bruchi il loro raccolto. alle
locuste la loro fatica;
47 le vigne uccise mandando la grandine e con
la brina distrusse i sicomori.
48 Poi il bestiame in preda alla peste e poi
le folgori contro le greggi.
49 Ira e fuoco calò su di loro, tribolazioni e
collera e sdegno: Erano angeli suoi di sventura
50 ed ebbe l'ira il suo libero sfogo: non
risparmiò dalla morte nessuno, abbandonò alla peste ogni vita.
51 I primi nati d'Egitto ha colpito, colpito
in Cam del vigore i fiori:
52 fece partire qual gregge il suo popolo e li
guidò come branchi al deserto.
53 Li rese liberi da ogni paura, i lor nemici
sommerse nel mare:
54 e li condusse alla santa collina, alla
montagna da lui conquistata.
55 Scacciò davanti a loro le genti, fissò la
sorte dei loro possessi: nelle lor tende per sempre il Signore fece abitare
le tribù d'Israele!
56 Ma essi ancora lo hanno tentato, sempre
ribelli a Dio, l' Altissimo: non obbedirono ai suoi comandi,
57 come i padri lo hanno tradito. Sviati,
falliti come archi allentati,
58 lo provocarono in culti idolatri: - la
gelosia per gli dei lo arse,
59 Dio all'udire ne fu irritato. Subito il
Grande respinse Israele:
60 lasciò sdegnato la casa di Silo dove
abitava in mezzo agli uomini,
61 la sua Potenza rimise al nemico la sua
Bellezza al nemico rimise:
62 preda alla spada lasciò il suo popolo;
infierì contro il suo stesso retaggio:
63 divorò il fuoco il fiore dei giovani ! Per
le fanciulle non più nozze e canti,
64 i sacerdoti periti di spada, non un lamento
usci dalle vedove !
65 Ma si destò dal suo sonno Iddio: come dal
vino si desta un prode,
66 e i suoi nemici colpì alle spalle, inflisse
loro vergogna eterna,
67 sdegnò la tenda che fu di Giuseppe. Tribù
alcuna più volle di Efraim,
68 nuove tribù egli elesse da Giuda, il monte
Sion da sempre amato
69 pari al cielo lo eresse a suo tempio. e
come la terra lo volle ben saldo !
70 E scelse Davide servo fedele, dagli ovili
il Signore lo trasse
71 quando seguiva le greggi feconde: lo mise a
pascer Giacobbe, suo popolo, il suo possesso amato, Israele.
72 Era per loro un pastore integerrimo e li
guidava con mano sapiente.
Seconda per estensione (dopo il Salmo 119)
nel Salterio, questa immensa meditazione storica si snoda come un grandioso
spartito poetico destinato ad accompagnare tutta la trama della storia della
salvezza. Anche Handel nel suo oratorio Israele in Egitto (1739) ha attinto
abbondantemente al salmo per la sua opera. Il tono è, però, più quello della
lode che non quello della descrizione storica, perché il Credo di Israele si
fonda appunto sulle azioni che Dio compie nella storia (leggi Giosuè
24,1-13). È per questo che l'introduzione (vv. 1-12) raccoglie una grande
premessa teologica sulla «tradizione», cioè sulla trasmissione fedele ed
efficace della memoria salvifica attraverso la linea delle generazioni. Il
Credo professato nel salmo fonde insieme in maniera molto libera tre eventi
della storia santa d'Israele: la liberazione esodica dalla schiavitù nei
campi egiziani di So'an (Tanis), il dono della terra di Canaan (vv. 44- 72)
e il soggiorno nel deserto del Sinai (vv. 12-43). È una storia striata dalle
ribellioni e dall'incredulità di Israele che ignora le premure di Dio sino a
provocarlo. Ma è anche una storia illuminata dalla potenza del Signore che,
come dice l'ardito antropomorfismo del v. 65, è un eroe ubriaco pronto a
scatenare la sua corpulenta collera contro i suoi nemici. E l'approdo di
questa storia è Davide, simbolo di un altro re e pastore, il dono divino
ansiosamente atteso, il Messia.
Dossologia
Al Dio d' Abramo d'Isacco e Giacobbe, al
Dio che vive nel sangue dei giusti, che nel suo Cristo dà grazia su grazia,
il nuovo popolo elevi il suo canto.
Preghiera
Padre, che hai compiuto opere meravigliose
lungo tutta la storia, e hai perdonato per il tuo amore infinito
le molte colpe dei
nostri padri, donaci di saper leggere con fede gli eventi della vita,
accetta che ti 'offriamo sulla patena, insieme a Cristo, il frutto delle
nostre opere perché tu le redima e le santifichi; fa' che anche noi
intrecciamo nei cori il racconto della nostra storia nella quale tu continui
a operare, e perdonaci come hai perdonato ai padri, quando anche noi veniamo
meno al tuo amore. Amen.
Ma oggi chi è pagano e chi fedele? E quali
i luoghi santi della tua presenza, i luoghi del tuo possibile incontro?
Abbiamo visto I 'Europa piena di cadaveri; abbiamo visto i forni crematori
fumare giorno e notte; per interminabili anni, fumare come ciminiere. E
benedetti gli eserciti degli uni e degli altri. Abbiamo camminato sulla
cenere di milioni di morti, sparsa nelle vie e in spazi tenuti a giardino
intorno agli stessi forni. Avevamo per anni il lezzo dei cadaveri nelle
narici. Eppure, ancora oggi, continuano le stesse stragi, anche da parte di
cristiani! E in mille altri paesi. E cioè: i fedeli precisamente dove sono,
e chi sono?
1 Sono arrivati, o Dio, i pagani, hanno
invaso il tuo possesso, han profanato il tuo santuario, Gerusalemme è
ridotta in macerie.
2 Han dato in pasto agli uccelli del cielo
spoglie e carni dei tuoi fedeli, agli animali selvaggi i cadaveri: così han
fatto finire i tuoi servi!
3 Hanno versato il sangue com'acqua intorno a
Gerusalemme, Signore: nessun becchino ci dava una fossa:
4 obbrobrio siamo dei nostri vicini! Piaga
immonda su tutti i confini!
5 Ma fino a quando, Signore Iddio, così
adirato sarai con noi? La gelosia sarà il tuo fuoco?
6 Versa il tuo sdegno su altre nazioni,
contro i regni che non ti adorano, - su chi non prega il santo tuo nome:
7 perché essi hanno distrutto Giacobbe! Han
devastato la sua dimora!
8 Non imputarci le colpe dei padri, presto ci
venga incontro il tuo amore, perché noi siamo davvero felici.
9 Dio, aiutaci, o nostra salvezza, per il
glorioso e grande tuo nome, sempre in grazia del santo tuo nome vieni a
salvarci, perdona le colpe!
10 Perché dovrebbero dir le nazioni «Il loro
Dio dov'è?». Gli occhi nostri vedano come tu vendichi il sangue dei servi
tuoi in seno alle genti.
11 Dei prigionieri ti giunga il gemito, salvi
il tuo braccio i votati alla morte:
12 per sette volte ai nostri vicini ritorni
l'onta con cui ti offesero.
13 E noi che siamo il popolo tuo, gregge che
pasci nei pascoli tuoi, noi in eterno a te canteremo di età in età grazie e
canti di gloria!
Come nel Salmo 74, anche in questa
lamentazione nazionale Gerusalemme appare come un cumulo di macerie
insanguinate, dopo che Nabucodonosor, nel 586 a.C., è passato su di essa con
le sue armate, come un turbine. L 'elegia entra di colpo nel dramma puntando
l'obiettivo subito sulla città santa devastata: il Tempio è diroccato e
profanato, qua e là si inciampa in cadaveri in decomposizione, lugubri
rapaci si aggirano sulle prede, il sangue brilla sulle pietre, il silenzio e
la vergogna avvolgono tutto Israele come un manto (vv. 1-4). Ecco allora che
il poeta corre alla ricerca delle cause profonde che stanno alla base della
tragedia ebraica: non c'è solo la crudeltà degli oppressori, c'è anche il
peccato d'Israele (vv. 5-9). È necessario che Dio torni a perdonare, torni a
raccogliere Israele come il suo gregge, torni a mostrare la sua fama di
difensore dei poveri contro i trionfatori della storia (vv. 10-13). Questa
preghiera nella tragedia si rivela, allora, anche come un appello contro
ogni sterile rassegnazione. Il Dio che ci ha abbandonati è un Dio vivo e
giusto che conosce il perdono e la speranza nei confronti dell'uomo. Claudel
ha rielaborato questa supplica nel Salmo di Varsavia, dedicato alle vittime
del ghetto della capitale polacca sotto la ferocia nazista.
Dossologia
A te che hai detto ai sette tuoi angeli:
«le sette coppe versate dell'ira», e non dimentichi il sangue dei giusti,
gloria e vittoria nei secoli, amen!
Preghiera
Ma oggi, Signore, non ci sono pagani e no,
cristiani e no, e solo tu sai chi operi per il regno; quanti forse pensano
di essere dentro invece si troveranno ad essere fuori, esclusi; e quanti si
penseranno esclusi e invece si troveranno attesi per l'abbraccio finale con
te e con tutti i fratelli; perché tale dovrebbe essere la fine: una sorella
morte, e la vita un viaggio verso il sole. E dunque, Padre, donaci di"
essere così anche noi: gregge che conduci con mano d'amore; vedi
l'afflizione di quanti ti invocano e diffondi ancora il tuo Spirito santo
perché, rinvigoriti dal suo agire incessante, possiamo camminare con fiducia
verso il tuo Regno. Amen.
Dobbiamo piangere più sulla devastazione
della vigna, o non invece sul ricordo del tuo amore tradito? Le tenerezze
tue, le tue dolci cure, o divino Innamorato, sono la sorgente della nostra
misteriosa gioia. Eppure siamo tutti sempre più disperati e infelici.
Perché, Signore? Sempre più fasciati da bende di morte, Signore.
2 Ascolta Dio, d'Israele pastore, tu che
conduci Giuseppe qual gregge, sui cherubini assiso rifulgi
3 a Beniamino, a Manasse, a Efraim. La tua
potenza ridesta, Signore, e vieni subito in nostro soccorso:
4 Dio delle schiere, Signore, rialzaci,
splenda il tuo volto e saremo noi salvi !
5 Dell'universo Iddio e Signore, fino a
quando di sdegno e furore
contro il tuo popolo
tu fremerai, mentre continua a pregarti e a gemere?
6 Pane di pianto ci fai mangiare, lacrime
senza misura beviamo:
7 ci butti in pasto ai nostri vicini, siamo
derisi dai nostri nemici.
8 Dio delle schiere, Signore, rialzaci,
splenda il tuo volto e saremo noi salvi!
9 Hai sradicato una vite in Egitto, per
trapiantarla cacciasti i popoli!
10 Hai ripulito per essa il terreno, hai
affondato le sue radici, di essa la terra tu hai riempito.
11 Con la sua ombra copriva i monti. Più alti
dei cedri divini i suoi tralci.
12 Distese fino al mare le fronde, i suoi
germogli fiorirono in largo, hanno raggiunto le rive del fiume.
13 Perché hai rotto il muro di cinta? Ora i
passanti ne fanno vendemmia:
14 e la devasta il cinghiale del bosco e vi
fan pasto le fiere selvatiche.
15 Volgiti Dio, Signor delle schiere, guarda
dal cielo e vedi e visita
16 questa tua vigna, proteggi il ceppo che hai
piantato con mano potente. Il tuo robusto germoglio ricorda:
17 e quanti l'arsero al fuoco, e ancora come
se fosse un rifiuto rigettano; sian sterminati al tuo apparire!
18 La tua potenza, Signore, distendi sopra
colui che sta alla tua destra, sopra il figlio dell'uomo, o Dio, che hai
cresciuto tu stesso per te.
19 Mai più da te noi andremo lontano, ci farai
viver nel santo tuo nome.
20 O Dio delle schiere, Signore, rialzaci,
splenda il tuo volto e saremo noi salvi !
L'antifona dei vv. 4.8.15.20 ritma questa
supplica nazionale che è una specie di autobiografia di Israele nel momento
in cui sente venir meno la luce del volto di Dio, fonte di vita e di
speranza. Israele vuole risentire su di sé il contatto della mano di Dio che
guida il suo gregge (rappresentato emblematicamente dalle tribù dl Efraim,
Beniamino e Manasse; stranamente assente è Giuda, la tribù di Davide). JHWH
lo guidava, lo saziava e lo abbeverava; ora invece gli offre solo pane di
pianto e lacrime senza misura (vv. 2-8). Israele vuole ritornare ad essere
la vigna di Dio, curata con premura dal grande vignaiolo, lussureggiante di
tralci e di frutti. Ora invece, priva di difesa, è territorio di libera
caccia e di preda (vv. 9-17). Si evocano, così, le radici stesse del popolo,
la sua nascita nell'esodo e nel deserto del Sinai sotto la guida del pastore
JHWH, la sua stupenda crescita nella terra della libertà. A questo il poeta
accosta lo sfacelo presente e dalle labbra gli esce solo un grido:
«Rialzaci... guarda, vedi e visita la tua vigna!». Nel cuore affiora una
speranza in un re ideale, «un figlio dell'uomo» che Dio stesso ha preparato
perché ritornino il sorriso e la pace in Israele.
Dossologia
A lui che disse: «lo sono .la vite e voi i
tralci che rendo fecondi», a lui che serba alla fine il suo vino canti di
gioia cantiamo e di gloria.
Preghiera
Per la morte e risurrezione di tuo Figlio
ci hai innestati, o Padre, nella vera vite come tralci dai quali attendi
frutti copiosi: donaci di rimanere sempre uniti a lui nell'eterno mistero
del morire e del risorgere. Amen.
«Dolce e chiara è la notte e senza vento e
quieta sovra i tetti e in mezzo agli orti posa la luna...» (G. Leopardi).
Anima mia, da' lode anche per la notte. È la notte il tempo della coscienza,
tempo del vedersi dentro,. quando i ricordi si ornano di vesti sacre. Notte,
tempo di contemplazione e di rimpianto. Tempo di gemiti per la sempre nuova
conferma di come lo stesso Iddio geme nella sua notte di amante tradito. «O
Israele, se tu mi avessi ascoltato!». «Se tu mi ascoltassi, o uomo, chiunque
tu sia». Perché non è Dio che abbandona. Ne Dio ne noi possiamo stare da
soli. In queste reciproche altissime solitudini anche Dio è senza gioia. E
anche l'uomo è senza gioia. Nonostante questi giardini incantati e questi
tuoi amori, o uomo.
2 In Dio, nostra fortezza, esultate, Dio di
Giacobbe acclamate nel canto.
3 Suonate l'arpa soave e la cetra,
4 tamburi e cembali e trombe suonate nel
plenilunio, il giorno di danza.
5 Per Israele è questa la legge, così ha
voluto il Dio di Giacobbe:
6 è un comando che impose a Giuseppe già
quando scese a combatter l'Egitto. Ora un linguaggio arcano io sento:
7 «Dalle sue spalle gli presi il fardello, io
gli staccai le mani dai forni:
8 come gridasti a me dall' angoscia io scesi
a rompere ceppi e catene, così risposi dall'antro del tuono. Ti misi a prova
alle acque in Meriba;
9 Popolo mio, ascolta il mio monito! O
Israele, se tu mi ascoltassi!
10 In mezzo a te non ci sia altro Dio, tu non
prostrarti a un dio straniero !
11 Sono io solo il Signore tuo Dio, che dal
paese d'Egitto ti trassi: apri la bocca e io la riempio1
12 Ma non mi diede ascolto il mio popolo, no,
Israele non volle obbedirmi,
13 lo l'ho lasciato al duro suo cuore, che
segua pure i suoi storti consigli!
14 Se mi ascoltasse il popolo mio, se le mie
vie seguisse Israele!
15 Piegherei subito i suoi nemici e stenderei
su di loro la mano:
16 fatti i nemici di Dio suoi schiavi, e la
loro sorte sarebbe segnata!
17 E darei loro fior di frumento, li sazierei
con miele di roccia».
«Suonate l'arpa, la cetra, tamburi, cembali
e trombe nel plenilunio, il giorno della danza»: questo invito dei vv. 3-4
ci fa pensare che il Salmo 81 fosse originariamente destinato ad una festa
ebraica segnata, come sempre nel calendario orientale, dalla luna
(capodanno, nuovo mese, solennità autunnale delle Capanne, Pasqua?). Il
movimento del carme riflette appunto un andamento liturgico: dopo un
invitatorio alla lode (vv. 1-6), si apre una solenne omelia oracolare (vv.
7-17) che si sviluppa attorno al primo comandamento, «il non prostrarsi a un
dio straniero», Il culto biblico non è mai un freddo rituale ornamentale, è
sempre un impegno etico della coscienza. Nel primo comandamento si riassume
tutto il Decalogo con le sue esigenze religiose e sociali. Lo sviluppo di
questa omelia poetica può essere così rappresentato. Prima tappa: «Popolo
mio, ascolta... se tu ascoltassi!». Si proclama e si esalta il primo
comandamento (vv. 9-11). Seconda tappa: «Non mi diede ascolto il mio
popolo». Il primo comandamento è stato da Israele violato (vv. 12-13). Terza
tappa: «Se mi ascoltasse il mio popolo!». Il primo comandamento osservato
diventa fonte di benedizione, simboleggiata nel frumento e nel miele che
scaturisce dalla roccia arida (vv. 14-17).
Dossologia
La tua città non ti faccia più piangere,
un'altra Gerusalemme è fiorita: un nuovo popolo nato dal sangue, libera
chiesa da tutta la terra come suo sposo ora, Cristo, ti canta.
Preghiera
Padre, non sappiamo più ascoltare, Padre,
nessuno più ascolta nessuno: nessuno sa fare più silenzio! Abbiamo perso il
senso della contemplazione, perciò siamo così soli e vuoti, così rumorosi e
insensati; e inevitabilmente idolatri! Padre, anche se il tuo popolo tradiva
il tuo amore e si prostrava davanti agli idoli del Nulla, donaci di
comprendere che tu solo sei il nostro Dio e liberaci da tutti gli dèi e da
tutti i signori. Amen.
POTEVO ALMENO
Potevo almeno
d'un'umile pieve sentirmi signore, dirti col gregge, a sera, lungo il
crinale dei colli le preci. Col sole, con le pietre, con questo tuo popolo
santo ripetere l'offerta.
Segnare le porte sull'alba aperte; la festa
ricomporre il messaggio con parole odoranti avena e miele, quando il sagrato
continua il racconto delle biade delle mucche del tempo immutabile.
Potevo allora obbedire alla Legge
impossibile, come, nel ricordo, il lago immobile.
Dio, intervieni ancora! Ancora siedono su
«alti troni» quanti confidano «nel solo potere». E sono folli. O Dio,
abbatti «i potenti da/le loro sedi...». E si moltiplicano ne/le città
tribunali ove piccoli uomini ancora indossano toghe e parrucche, quasi a
dimostrare che sono gente di altra stirpe: arbitri assoluti. No, non sono
dèi, e tuttavia sono ugualmente un pericolo come gli antichi dèi.
1 Nell'assemblea divina egli si alza, parla
così agli dèi il Signore:
2 «Fin quando scudo vi fate al delitto e ai
malvagi darete il favore?
3 Deboli e orfani invece curate, fate
giustizia ai poveri, ai miseri,
4 e l'indigente e l'oppresso salvate, da mani
empie e rapaci strappatelo».
5 Non sanno nulla, ne vogliono intendere,
vanno nel buio, vacilla la terra!
6 «Voi siete dèi» sì, questo io dico, «e
figli tutti del Dio altissimo».
7 Ma morirete come ogni mortale, come i
potenti pur voi cadrete.
8 Sorgi, Dio giusto, e giudica il mondo, tu,
il Signore di tutte le genti!
Un po' come nel Salmo 58, abbiamo
all'interno di questo testo polemico un doppio protagonista. La duplicità è
favorita anche dall'ambiguità della parola ebraica 'elohim presente nel v.
1: essa indica «gli dèi» ma anche «i potenti». Perciò il salmo oscilla dalla
criticaanti-idolatrica a quella sociale e probabilmente esso ha avuto
diverse applicazioni in epoche e in contesti diversi. L 'impostazione del
testo è quella di un'assise giudiziaria in cui il Signore pronunzia una
violenta arringa di denunzia per le violazioni del diritto nei confronti dei
poveri (vv. 2-4). Davanti alla pertinacia dei politici e dei loro
protettori, gli idoli che essi stessi si sono costruiti (v. 5), si emette la
sentenza capitale (vv. 6-7). Essa inizia con un sarcastico «Voi siete dèi e
figli del Dio altissimo»: è un atto di accusa contro l'illusione del potente
e dell'idolo di poter sfidare Dio ponendo il trono nei cieli, facendosi
adorare, credendosi arbitri della storia. Ebbene, Dio li farà precipitare
nella tomba, svelando che essi sono carne che muore e non Dio. E il popolo
delle vittime causate dal potere e dai falsi dèi chiude l'assise giudiziaria
con un'ovazione all'unico vero Dio e Signore, il Vivente, Re della giustizia
(v. 8).
Dossologia
Dietro il corteo trionfale di Cristo sian
trascinati Dominii e Potenze: «Egli era prima di tutte le cose» così lo
cantino tutti i salvati.
Preghiera
Dio, che non puoi non odiare una giustizia
ingiusta; - e ingiusta è sempre una giustizia che protegge il delitto e la
corruzione, ingiusta quando non cura la difesa del debole e dell'oppresso: -
fa' che ognuno di noi diventi strumento della tua giustizia, e possiamo così
continuare la tua opera di liberazione dei poveri, ed essi riprendano ancora
a crederti e a sperare. Amen.
«Dio, dov'eri?». Così
ancora urlano in silenzio le bocche dei forni di Auschwitz e di Dachau, e di
Mauthausen. Come urlavano in silenzio milioni e milioni di bocche spalancate
avanti di finire dentro le bocche dei forni, in mezzo al crepitare delle
fiamme. Urlavano in pallidissimo silenzio contro il tuo infinito silenzio,
contro l'immenso buco nero della tua Assenza; o della tua divina
Indifferenza. Come urlavano ancora popoli interi contro l'Amalek mai vinto.
Oceano di poveri lasciati soli contro le nuove coalizioni dei potenti.
Innumeri, anonimi Servi di JHWH di ogni parte del mondo: tentati di
rivendicare il diritto di maledire, or che anche Cristo è appropriazione
legittimata del nuovo Faraone, ed essi invece sempre più abbandonati e soli.
«Io so le asperrime gioie del silenzio di Dio».
2 Rompi, o Dio, il muro del silenzio, Iddio
non fare l'inerte, l' Assente.
3 Ecco, i nemici ancora ruggiscono, i tuoi
nemici rialzano il capo.
4 Contro il tuo popolo ordiscono trame,
contro i tuoi santi congiurano, e sparlano:
5 «Coraggio! siano strappati dai popoli,
neppure un nome più abbia Israele!».
6 Hanno tramato insieme concordi, hanno
firmati unanimi un patto:
7 le tende di Edom e di Ismaele, gli Agareni
con quelli di Moab.
8 Gebal e Ammon insieme ad Amalek, i Filistei
e le genti di Tiro;
9 E anche Assur è andata con loro a dar man
forte ai figli di Lot!
10 Trattali come con Madian e Sisara, come con
Jabin al fiume di Kison;
11 tutti distrutti alla fonte di En-Harod,
fatti concime a fumare nei campi.
12 Rendi i .Ior principi come Oreb e Zeb, i
capi come Zebah e Salmunna',
13 essi che andavan dicendo: «A noi di Dio i
pascoli e il loro possesso».
14 Mio Dio, avvolgili tutti nel turbine come
le foglie disperse dal vento.
15 Sei tu il fuoco che incendia la selva, tu
sei la fiamma che brucia i monti.
16 Così l'incalzi la tua bufera,
tutti li avvolga il tuo uragano;
17 di piaghe immonde ne copri la faccia,
affinché cerchino, Dio, il tuo nome.
18 Siano confusi e storditi per sempre, e
umiliati d'infamia periscano:
19 sappian che solo il tuo nome è «l'Iddio»,
su tutto il mondo tu solo l' Altissimo.
Questa lamentazione nazionale di Israele è
pervasa da un vento di collera e di sdegno nei confronti degli avversari che
si sono coalizzati in una lega militare anti-israelitica (vv. 3-9). Il
salmo, allora, si trasforma in una veemente imprecazione costruita su dodici
maledizioni, nello stile della sanguigna preghiera biblica, animata da una
santa collera contro le oppressioni e le ingiustizie (vv. 10-19). In questa
colorita protesta, affidata all'efficacia della parola sacra secondo i
canoni delle imprecazioni liturgiche orientali, sfilano le grandi vittorie e
i grandi nemici di Israele: da Madian coi suoi principi Oreb, Zeb, Zebah e
Salmunna', contro cui combatte Gedeone presso la fonte di En-Harod, a
Sisara, comandante dell'esercito cananeo del re Jabin di Hasor, sconfitto da
Debora al fiume Kison. Similmente nella prima parte sfila l'armata nemica
con la sequenza di tutti i tradizionali avversari di Israele dagli Edomiti,
agli Ismae1iti, dagli Agareni ai Moabiti, dagli Ammoniti agli Amaleciti, dai
Filistei ai Fenici di Tiro, dagli Arabi di Gebal sino alla superpotenza
assira (i «figli di Lot» sono una ripresa di Ammon e Moab). Ma su tutta
questa immensa armata si erge l'unico Altissimo il cui nome è JHWH (v. 19).
Dossologia
All'Iddio giusto che abbatte ed esalta, al
Primogenito ucciso e risorto per l'obbedienza eletto «Signore», nel santo
Spirito gloria e vittoria.
Preghiera
Padre, i potenti diventano sempre più
potenti, e i deboli sempre più deboli e indifesi: ci sono dei poveri tentati
di sconforto, ed altri tentati di odiare: salvaci, Signore, e non permettere
che qualcuno dubiti
da che parte tu stia; e altri che rida del tuo Nome; fa' che nessun povero
abbia mai a rinnegarti, o Signore: tu nel Cristo Gesù hai vinto il mondo.
Amen.
Anima mia, canta e cammina. E anche tu, o
fedele di chissà quale fede; oppure tu, uomo di nessuna fede: camminiamo
insieme. E l'arida valle si metterà a fiorire. Qualcuno - colui che tutti
cerchiamo - ci camminerà accanto.
2 Quanto sono amabili le tue dimore, Dio
delle costellazioni.
3 L' anima langue e si consuma in sospiri per
gli atrii del Signore. Cuore e sensi danzano già nell'attesa del Dio
vivente.
4 Il passero almeno si fa la sua casa e la
rondine il nido ove porre i suoi piccoli presso i tuoi altari: Signore delle
stelle e degli astri, mio Re e mio Dio !
5 O beati quanti hanno la lor casa nella tua
casa, e mai cessano di cantar le tue lodi.
6 Beati coloro che fanno di te il loro
rifugio, pellegrini che le tue vie portano in cuore.
7 Via via che avanzano, in oasi di fresche
sorgenti la Valle del Pianto vanno mutando, e benedetta una pioggia li
irrora.
8 Di baluardo in baluardo intorno ora vanno
quando Dio appare in Sion.
9 Signor delle schiere celesti, Il mio grido
ascolta, chìnati e ascolta, Dio di Giacobbe.
10 Guarda, o nostro scudo, Iddio, il tuo
sguardo poni sopra il tuo Unto.
11 Sì, un giorno negli atri tuoi più di mille
ne vale. Ho scelto: piuttosto restare alla tua soglia, Dio mio, che dimorare
nelle ospitali tende dell'empio.
12 Sì, il Signore Iddio è scudo e sole: Dio
grazia e gloria dispensa, e il suo favore non nega a chi cammina con retto
cuore.
13 Dio delle costellazioni, beato l'uomo che
in te s'abbandona.
Aperto dall'esclamazione stupita di un
pellegrino giunto davanti al Tempio, questo cantico di Sion di struggente
bellezza descrive la nostalgia dello stesso pellegrino quando sta per
lasciare la città santa. Infatti ~ il desiderio che lo pervade, durante la
preghiera, passa i. attraverso tre tonalità. C'è il desiderio antico,
rinfocolato durante il viaggio mentre si attraversava la Valle del Pianto
(un località variamente identificata), mentre si passava di fortezza in
fortezza, mentre iniziava a scendere la prima pioggia autunnale (vv. 7-8).
C'è il desiderio saziato davanti al Tempio, nell'intimità della preghiera,
negli atri ove ferve la liturgia. C'è, infine, il desiderio che rinasce
quando, prima di partire per le proprie case, si lancia un addio e un ultimo
sguardo a Sion. Sembra quasi spontaneo al pellegrino invidiare la rondine e
il passero che hanno il loro nido sotto le grondaie e le cornici del Tempio.
Perché essere in Sion è come essere nel paradiso, nella gioia dell'intimità
con Dio. Possono essere affascinanti i palazzi dei potenti o i santuari
pagani, ma il poeta ha già fatto, senza esitazione, la sua scelta: «Un
giorno negli atri tuoi più di mille ne vale» (v. 11). Perché - commentava
Agostino - «quell'unico giorno eterno non subentra al giorno trascorso e non
è premuto dal giorno successivo».
Dossologia
Per le vie del mondo tutti andiamo al suo
Nome cantando inni per sempre, a lui nostra dimora e tempio nuovo: ogni
terra straniera ora ci è patria e ogni patria è terra a noi straniera.
Preghiera
A tutti i cercatori del tuo volto mostrati,
Signore; a tutti i pellegrini dell'assoluto, vieni incontro, Signore;
con quanti si mettono
in cammino e non sanno dove andare cammina Signore; affiancati e cammina con
tutti i disperati sulle strade di Emmaus; e non offenderti se essi non sanno
che sei tu ad andare con loro, tu che li rendi inquieti e incendi i loro
cuori; non sanno che ti portano dentro: con loro fermati poi che si fa sera
e la notte è buia e lunga, Signore. Amen.
Già le tue mani nuove e la terra nuova
spandono profumi insieme, e l'«Arida» riprende a fiorire al passo leggero di
Dio che torna alla sua fattoria.
Sempre nella certezza che torna: «Allora
l'uomo giocherà Con il cielo, e terra e sole, e Con le creature: tutte le
creature proveranno anche un piacere, un amore, una gioia lirica e rideranno
Con te e tu a tua volta riderai Con loro» (Lutero).
2 Dio, la tua terra tu hai benedetto, hai di
Giacobbe raccolto gli esuli.
3 Hai perdonato le colpe al tuo popolo, steso
un velo sui suoi peccati.
4 Tu hai spezzato il tuo furore, della tua
ira placato l'ardore.
5 Dio, a noi torna, o nostra salvezza, di
nuovo spegni il tuo sdegno per noi.
6 Forse per sempre sarai irritato,
prolungherai la tua ira negli evi?
7 Non tornerai a ridarci la vita perché in te
si allieti il tuo popolo?
8 Mostraci, Dio, che tu sei fedele, donaci
ancora la tua salvezza.
9 Ascolterò cosa dice il Signore: Dio
annunzia di nuovo la pace al suo popolo e ai suoi fedeli, ad ogni cuore che
a lui ritorna.
10 Per chi lo teme salvezza è vicina, la terra
nostra vivrà la sua gloria.
11 A Verità Fedeltà si abbraccia, Giustizia e
Pace si scambiano il bacio.
12 La Fedeltà salirà dalla terra, si affaccerà
la Salvezza dai cieli.
13 Quando il Signore darà il suo bene, la
nostra terra darà il suo frutto.
14 Davanti a lui andrà la Giustizia, sulle sue
orme verrà la Bellezza.
Costruito sul verbo ebraico shub, il
vocabolo del «ritorno», cioè della conversione e quindi della restaurazione
di Israele, questo salmo è il canto di un mondo nuovo in cui tutti gli
attributi gloriosi del Dio dell'alleanza si iscrivono come cittadini. Così,
la Verità e la Fedeltà amorosa di Dio si abbracceranno, la Giustizia e la
Pace si baceranno, dal terreno germoglierà la Fedeltà e dai cieli scenderà
la Salvezza. Il poeta inglese Milton ha elaborato questa visione di pace e
di speranza nella sua Ode del Natale: «Sì, fedeltà e giustizia ritorneranno
verso gli uomini, avvolte in un arcobaleno; e, gloriosamente vestita, la
bontà si siederà nel mezzo assidendosi con un lampo celeste, raccogliendo ai
suoi piedi scintillanti un tessuto di nubi. E il cielo, come per una festa,
aprirà totalmente le porte del suo grande palazzo». La tradizione cristiana,
infatti, ha riletto questo canto del «ritorno» di Israele alla sua terra e
al suo Dio, e del «ritorno» di Dio verso Israele, sua sposa, come la
celebrazione dell'abbraccio perfetto in Cristo tra natura umana e natura
divina.
Dossologia
Insieme a tutto il creato che geme nella
speranza di essere libero sempre cantiamo al Cristo vivente, a lui che viene
a salvarci da morte.
Preghiera
Dio, Signore della vita, che sempre perdoni
l'infedeltà del tuo popolo, svelaci il mistero della perenne liberazione che
in Cristo, tuo Figlio,
continuamente si
compie, e donaci di collaborare al tuo Regno che viene, Regno di giustizia e
di pace senza fine. Amen.
Ma tu, Dio, così orgoglioso e pieno di
gelosia per i tuoi poveri, non provi nessun rossore davanti a simili
preghiere? A sentirti invocato con una tale umiltà e remissività e
insistenza? Con il diritto poi, da parte dei poveri - quando non li ascolti
- di dirti almeno: «Ecco, non è giusto!». Perciò ascoltali sempre, Signore.
1 Tendi l'orecchio, o Dio, e rispondimi
perché io sono povero e misero,
2 preserva la mia vita perché io sono fedele:
mio Dio, salva il tuo servo che tutto in te si abbandona.
3 O mio Signore, pietà di me: così per
l'intero giorno vado gemendo.
4 Fa' lieta l'anima del servo tuo,
quest'anima che a te protendo, Signore.
5 Perché tu sei buono e indulgente e
clementissimo con quanti innalzano a te i loro gridi.
6 Porgi l'orecchio, Dio, alla mia preghiera,
sii attento alla voce delle mie suppliche.
7 In questo giorno di mia angoscia a te grido
perché mi risponda.
8 Nessuno fra tutti gli dèi è pari a te,
Signore, nessuno eguaglia ciò che tu fai.
9 Tutte le genti son tue creature e verranno
a prosternarsi davanti a te, Signore: gloria renderanno al tuo nome!
10 Perché grande tu sei, o prodigioso, o
solitario Iddio.
11 Iddio, la tua via insegnami: che io cammini
nella tua verità. Riversami gioia nel cuore perché io tema il tuo nome.
12 Con tutto il cuore, mio Dio e Signore,
comporrò canti e laudi a gloria del tuo nome per sempre.
13 Perché grande è la tua fedeltà verso di me:
tu dal profondo degli inferi l'anima mia hai fatto risalire.
14 Dio, gente arrogante si è levata contro di
me: bande di violenti mi attentano la mia vita, gente che non ti tiene di
certo davanti ai suoi occhi.
15 Ma tu, Signore, Dio di clemenza e pietà,
lento all'ira e infinitamente fedele e verace:
16 volgiti a me e abbi pietà, al tuo servo
infondi la stessa tua forza, salva il figlio della tua ancella.
17 Dammi un segno del bene che mi vuoi e lo
vedano sgomenti i nemici: vedano tutti che mi hai soccorso, che mi hai
consolato, mio Dio.
In una struttura concentrica molto
raffinata per cui tutti gli elementi si compongono in un'immagine quasi
speculare, l' orante esprime con piena sincerità la sua supplica angosciata
al Signore. Egli si autodefinisce «servo e figlio della tua ancella» (v.
16): l'espressione in Oriente indica chi è nato da genitori al servizio di
un signore, all'interno della famiglia di quel signore. Si ha, quindi, un
legame particolare; l'orante sente quasi di appartenere alla famiglia di
Dio. Ed è a lui che egli si rivolge nel pericolo con un appello pieno di
fiducia (vv. 1-7). Spontaneamente gli si affacciano alla memoria tutti i
gesti di amore e di potenza che questo Signore, padre della sua famiglia, ha
compiuto in passato, giungendo al punto di strappare il suo «servo» dalle
fauci degli inferi (vv. 8-13). Ora c'è anche attorno al fedele un incubo
mortale, un cerchio di ostilità si sta stringendo col desiderio di
cancellare la vita dell'orante. Ma Dio si volgerà di nuovo verso «il figlio
della sua ancella» egli darà un altro segno del bene che gli vuole (vv.
14-17). Scrive un commentatore: «Questa preghiera non
si confonde con
altre, simili, grida di sofferenza verso una divinità amica. In essa si
sente già il dialogo amoroso e confidente del Vangelo: Chiedete ed
otterrete».
Dossologia
A te, o Padre, sorgente di vita, al Figlio
tuo risorto da morte, eletti figli dal santo tuo Spirito nella speranza del
Regno cantiamo.
Preghiera
Padre di ogni clemenza, guarda al tuo
popolo che nell'angoscia a te innalza suppliche e grida: donaci un cuore
forte e rinnovato e ci sostenga il tuo Spirito nella fatica di spingerci
sempre più allargo. Amen.
Ma è possibile ancora? O non ci sarà nulla
che ci divida quanto le feroci divisioni religiose? Cosa c'è di più
pericoloso del credere in Dio? Credere in quale Dio? Anche Cristo è stato
ucciso perché «bestemmiava». Eppure: «Parti, Medi, Elamiti e abitanti della
Mesopotamia...». Signore, che nella sua lingua ancora ognuno ti canti!
1 Sui monti santi le sue fondamenta:
2 ama il Signore le porte di Sion
3 più che ogni altra dimora in Giacobbe. Cose
stupende egli dice di te,
4 città di Dio: fra quanti mi onorano
iscriverò anche Babilonia e Rahab. Sì, Filistea e Tiro e l'Etiopia:
5 son nate là! E di Sion diranno: «L'uno e
l'altro è nato in essa: salda la rende egli stesso, l' Altissimo!».
6 «Ivi è nato costui!»: lo scrive Dio, il
Signore, sul libro dei popoli.
7 E grideranno in danze e canti: «A me tu sei
materna origine, in te hanno tutti la loro sorgente».
Questo breve canto di Sion, dal testo
particolarmente difficile e in qualche punto oscuro, contiene in se una
carica ecumenica che può essere variamente interpretata. Sion, comunque,
appare come la radice della compattezza cosmica, è la fonte di ogni armonia
per la planimetria della terra e delle nazioni i cui quattro punti cardinali
sono nettamente delineati: Babilonia è la superpotenza orientale, Rahab,
cioè l'Egitto, è quella occidentale. Tiro e Filistea rappresentano il nord
mentre l'Etiopia il profondo sud. Ebbene, tutti questi popoli sul libro
della storia curato da Dio sono registrati come cittadini di Gerusalemme.
Per tre volte, nei vv. 4.5.6, si ripete il verbo ebraico jullad, «è nato
là»: tutti i popoli della terra, non più considerati come impuri e pagani,
hanno la loro «materna origine», la loro «sorgente» proprio in Sion, là dove
risiede il Signore, la città che fa tutti gli uomini uguali e in pace. È
naturale il riferimento cristiano alla Gerusalemme della Pentecoste in cui
tutte le nazioni si ritrovano nelle loro lingue ad annunziare la stessa
«grande opera di Dio» (Atti 2,5-12).
Dossologia
E Parti e Medi, Elamiti, o Signore, nella
lor lingua ognuno ti canti: o Pentecoste vivente, tua Chiesa!
Preghiera
Nel tuo disegno d'amore, o Padre, hai
voluto che tutte le genti formassero l'unico popolo dei rinati alla vita:
perdonaci le nostre divisioni, guidaci sulla via che porta all'unità per
essere tutti cittadini della città della Grande Madre e dell' Agnello. Amen.
Lazzari, appestati di tutto il mondo, qui
avete il vostro raduno, il vostro convegno. Insieme alla solitudine più
fonda,. e alla morte, al desiderio di morte; e al tempo stesso, insieme alla
più rabbrividente paura di morire. Tutto è chiamato per nome, a popolare la
notte di sinistri bagliori, in danze di spettri. Voce senza eco,
nell'infinito vuoto di una Presenza che è solo silenzio, o è perfino il
nulla. Il nulla temuto, appena trafitto da uno scroscio di interrogativi
senza mai risposta. Domande,. per non dire dubbi che tu non sia, Signore.
Eppure anche così sei pregato da qualcuno. E la fede dice: invocato così
perfino da Cristo. Divenendo lo stesso pregare segno che ci sei: che sei il
TU necessario e inevitabile.
2 Dio, mio Dio, mia salvezza a te grido ogni
ora del giorno, è un gemito solo la notte.
3 Ti raggiunga la mia preghiera, al mio
pianto accosta l'orecchio.
4 Sono un grumo di mali e sventure, la mia
vita si avvia alla tomba:
5 ormai in fila, contato tra quanti sono
prossimi a scender sottoterra: uomo senza più forze mi sento.
6 Coi cadaveri è il mio giaciglio, con gli
uccisi già stesi in fosse: tra i morti che più non ricordi, da tua mano
recisi per sempre; ormai chiusi nel buio sepolcro.
7 Fosti tu a gettarmi laggiù nelle tenebre e
regni di morte, -
8 tu rovesci su me la tua collera ed il gorgo
dei tuoi marosi mi risucchia più giù nel profondo.
9 Mi strappasti a tutti gli amici, mi facesti
per loro un orrore, un ostaggio io sono ormai cui è chiusa ogni via
d'uscita:
10 mi consuma gli occhi il pianto. Tutto il
giorno ti chiamo, Signore, a te stendo le vuote mie mani !
11 Fai tu qualche prodigio per morti? Mai si
levano le ombre a lodarti? Dalle tombe qualcuno ti canta?
12 I sepolcri vi celebran forse il tuo amore o
la tua bontà ?
13 O le tenebre forse conoscono e conosce la
terra d'oblio, la salvezza e le opere tue?
14 Ma io voglio ancora gridare, da te
attendere, o Dio, l'aiuto: fin dall'alba ti assale la voce:
15 o Signore, perché mi respingi? Ma per che
mi nascondi il tuo volto?
16 Mi fu triste perfino l'infanzia, infelice
io sono e malato, il terrore di te mi opprime,
17 su me rulla il tuo furore, mi annientano i
tuoi spaventi.
18 Tutto il giorno da sempre mi avvolgono come
massa di acque compatte, mi si stringono intorno insieme:
19 tu mi hai tolto amicizie e amori, solo
amica mi resta la notte.
«Il salmo più cupo del Salterio, la più
tenebrosa di tutte le lamentazioni, il più drammatico De profundis, il
Cantico dei cantici del pessimismo...»: queste ed altre definizioni coniate
dagli esegeti esprimono l'impressione che si prova leggendo questa supplica
estrema lanciata a Dio quando i piedi dell'orante sembrano irrimediabilmente
affondare nella tomba e l'orizzonte si è ormai fatto buio e silenzioso. Il
grido estremo, simile ad un SOS lanciato verso Dio, si svolge su due temi,
il sepolcro (vv. 2-8) e la solitudine totale (vv. 9-19). Lo sheol, gli
inferi biblici, domina tutta la lamentazione con la sua lugubre presenza;
sembra quasi un canto della morte che si ramifica con la sua mano gelida
nelle ossa e nella carne dell'orante. La morte, però, è anticipata dalla
solitudine: chi è emarginato e solo, anche se vive, è come se fosse un
cadavere. Anche Giobbe in pagine amarissime lamentava questo silenzio degli
uomini (19,13 ss). Ma c'è un silenzio ulteriore, quello di Dio. Se negli
inferi le Ombre tacciono e Dio è muto nei loro confronti, l'attuale silenzio
di Dio è il segno che egli ha abbandonato quest'uomo, «triste» fin
dall'infanzia, «infelice» e «malato» (v. 16). Ed allora è proprio giunta la
fine, il nulla. All'orizzonte non c'è neppure una lama di luce come nelle
altre suppliche salmiche. Sola amica ormai è la tenebra eterna infernale (v.
19).
Dossologia
Tu conosci il terrore di morte, Cristo:
aiutaci a credere e a vivere, a pregare, a cantare tu aiutaci, quando senza
speranze umane rimettiamo nel Padre lo Spirito.
Preghiera
O Padre, che nel tuo
Figlio Gesù Cristo hai trasformato la nostra morte in mistero di
Risurrezione, donaci di leggere la nostra vicenda umana come il continuo
rinascere alla vita, e a quanti sono disperati svela anche in faccia al
sepolcro l'alba del tuo giorno che viene. Amen.
PERCHÉ TU SEI
Perché tu sei un peso grave perché è duro
rispondere alla tua voce e il tuo messaggio è desolante, tu mi perdonerai.
Perché grande è la mia vita debole il mio volere spenta la mia luce tu mi
perdonerai. Perché grande è il mio orgoglio fondo il mio bisogno orribile la
mia storia, tu mi perdonerai. Perché sono stanche le mie mani di pregare;
stanco il mio cuore di perdonare; la mia bocca di benedire, tu mi
perdonerai...
Il dramma dell'Alleanza Potremo mai essere
sicuri, Signore, della nostra sorte? E perché pregarti? Per farti memoria di
come tu ci hai fatti: per ricordarti le tue promesse. Perché la storia -
questa storia di nemici e di guerre - è un assurdo. E assurdo è che il
nostro peccare - questi insensati errori, questo vano delirare di piccoli
esseri umani - è assurdo che possano mutare le tue volontà, influire sui
tuoi disegni. Quando invece un atto d'amore di povera gente, come delle
creature semplici: una preghiera fatta dalle cose, dagli elementi del
creato; fatta dal pianto di esseri innocenti non può - non può! - non
commuoverti, o Dio: se tu sei quello che i più umili pensano che tu sia.
2 Le grazie del Signore canterò in eterno: un
inno al tuo amore
con questa mia bocca
io voglio comporre, che viva di generazione in generazione.
3 Ho detto invero: «Sta la tua grazia in
eterno, come i cieli permane la tua fedeltà».
4 «Con il mio eletto ho stretto alleanza: ho
giurato a David mio servo così:
5 Farò perenne la tua discendenza,
t'innalzerò un trono che duri di generazione in generazione» .
6 Cantino i cieli i tuoi arcani, Signore, e
stuoli di santi la tua fedeltà.
7 Chi sulle nubi è come il Signore, chi tra
gli spiriti è simile a Dio?
8 Dio è tremendo nel consiglio degli dèi,
grande, terribile su tutta l'assise.
9 Dio, Signore degli astri, chi è come te?
potenza, e fedeltà ti fanno, o Signore, corona.
10 Tu domini l'orgoglio del mare, tu incateni
il tumulto dei flutti.
11 Tu calpesti Rahab come un ferito, tu i
nemici disperdi con il tuo braccio potente e disteso.
12 Tuoi sono i cieli e tua è la terra: tu
fondi il mondo e quanto il mondo contiene.
13 Sono tue le creature Sapon, monte di Baal,
e l' Amanus, nel tuo nome esultano il Tabor e l'Ermon.
14 Il tuo braccio è forte, la tua mano è
potente, la tua destra è levata.
15 Del tuo trono la base, sono Giustizia e
Diritto; Fedeltà e Grazia avanzano davanti al tuo volto .
16 Beata la gente che ti sa acclamare, la
gente, Signore, che alla luce del tuo volto cammina.
17 E tutto il giorno nel tuo nome gioisce e si
gloria della tua giustizia.
18 Sì, tu sei lo splendore della nostra
potenza: per il bene con cui ci onori a fronte alta ci fai andare.
19 Sì, nostro scudo è l'Iddio, il santo
d'Israele, il nostro re.
20 Allora parlasti in visione ai fedeli
dicendo: «Non un guerriero, un fanciullo mi scelsi per re, un giovane io
volli innalzare dal popolo.
21 Ho trovato David, mio servo, e io lo unsi
col santo mio olio.
22 La mia mano rimarrà su di lui, il braccio
mio sarà la sua forza.
23 Mai l'avrà vinta su lui il nemico, ne potrà
mai il nemico abbatterlo.
24 Sarò io lo sterminio dei suoi avversari e
colpirò tutti quelli che lo odiano.
25 La mia fedeltà e la mia grazia saranno con
lui, e nel mio nome leverà la fronte.
26 Fin sul mare io stesso porrò la sua mano,
sopra i fiumi stenderò la sua destra.
27 Così egli mi invocherà: il Padre mio tu
sei: mio Dio, rupe della mia salvezza.
28 E io ne farò il mio primogenito, il più
eccelso di tutti ire della terra.
29 Lo amerò di un amore eterno, eterna sarà
con lui la mia alleanza.
30 E farò che la sua discendenza fiorisca per
sempre, e il suo trono che sia come i giorni del cielo.
31 Abbandonino pure i suoi figli la Legge, ne
dei miei decreti seguano più il cammino;
32 infrangano tutti i miei statuti i ne più
osservino i miei comandi:
33 io punirò a mazzate il loro peccato, le
loro colpe con verga e flagelli.
34 Ma non romperò il mio amore per lui, non
infrangerò la mia fedeltà.
35 Non violerò io la mia alleanza, non muterò
quanto mi è uscito di bocca.
36 Sulla mia santità ho giurato una volta per
sempre: a Davide certo non mentirò.
37 Il suo seme sarà immortale, il suo trono
per me durerà come il sole.
38 Sarà come la luna che nel cielo è testimone
fedele».
39 Eppure tu lo hai respinto e abbandonato, tu
ti sei adirato contro il tuo Unto.
40 Col tuo servo hai rotto l' alleanza,
gettata nel fango la sua corona.
41 Abbattuti tutti i suoi bastioni, diroccate
le sue fortezze.
42 Lo hanno depredato tutti i passanti, I è
divenuto lo scherno dei suoi vicini.
43 Tu hai levato la destra dei suoi rivali,
colmato di gioia i suoi nemici.
44 Della sua spada hai stemprato la lama, non
l'hai sostenuto nella battaglia.
45 Tu stesso hai spento ogni suo splendore, il
suo trono hai rovesciato per terra.
46 Hai abbreviato i giorni della sua
giovinezza e lo hai rotolato nella vergogna.
47 Fino a quando, Signore, continuerai a
nasconderti ! per sempre la tua ira divamperà?
48 Ricorda cosa è la durata della mia vita, di
quale nulla tu hai creato tutti gli esseri umani !
49 C'è mai qualcuno che scansi la morte? uno
che scampi dalle unghie degli inferi?
50 Dove sono ora, o Signore, le tue antiche
testimonianze d' amore giurate a David nella tua fedeltà?
51 Ricorda, Signore, l'insulto fatto al tuo
servo: nel ventre io porto ogni persecuzione fatta al mio popolo:
52 tutti gli oltraggi lanciati dai tuoi
nemici, Signore, oltraggi lanciati a ogni passo del tuo Unto, Signore!
53 Signore Iddio benedetto in eterno ! Amen
Amen!
Fondamentalmente da iscrivere nella serie
dei Salmi regali «messianici» (Salmi 2; 72; 110), questo lungo carme ha una
sua originalità e pone molti interrogativi. Infatti la struttura del poema
raccoglie una complessa riflessione sulle promesse divine. La promessa
iniziale è quella della creazione che è evocata con un inno cosmico nei vv.
6-19: Dio vincendo i mostri del caos (Rahab del v. Il) e piegando i monti
sacri dei culti cananei (il Sapon, l'Olimpo del dio Baal, l' Amanus di
Turchia, il Tabor e l'Ermon di Palestina), offre stabilità all'essere e alla
vita. C'è, però, una promessa storica decisiva per Israele, quella fatta da
Natan a Davide e alla sua discendenza e citata in 2 Samuele 7: il salmista
la riprende e la commenta con passione vedendola come il segno più alto
della presenza divina nella storia umana (vv. 2-5 e 20-38). Ma -e questo è
il dramma della fede -la promessa sembra ora in crisi perché la dinastia di
Davide è miseramente finita col 586 a.C. (distruzione di 'Gerusalemme). Ed
allora, in questa umiliazione di Israele, si può ancora credere nella
promessa? Il salmo non offre una risposta, ma il suo silenzio implicitamente
apre la speranza ad un «messia» non più dinastico ma inviato direttamente
dal Dio fedele. Il v. 53 è una dossologia aggiunta dalla tradizione giudaica
per sigillare il terzo dei cinque libri in cui era stato suddiviso il
Salterio.
Dossologia
«Amen» cantiamo per
l'unica gloria donata al Figlio risorto dai morti, «amen» cantiamo in attesa
che torni.
Preghiera
Dio, che sei misericordioso nelle opere,
giusto nei giudizi, munifico nei doni, accresci la tua misericordia su di
noi, perché non ci scoraggi la memoria delle nostre infedeltà: il tuo
Spirito rivesta di bontà la terra e faccia nuove tutte le cose, e tu abbia
finalmente un popolo fedele alla nuova Alleanza come tu sei sempre fedele
alla Promessa. Amen.
«I mondi volano. Gli anni volano. Il vuoto
universo ci fissa con occhi di tenebra. E tu, anima stanca, anima sorda ti
ostini a parlare di felicità. Che cosa è felicità? Le frescure serali nel
giardino che imbruna, nel fitto del bosco? O le cupe, viziose delizie del
vino, delle passioni, della perdizione dell'anima? Ti svegli, e di nuovo un
folle, ignoto volo che ti afferra il cuore... Ma quando la fine? Come tutto
è terribile! come tutto è selvaggio!» (A. A. Blok).
Ma è un dono divino anche la morte. Pure se
Dio è l'amante della vita, e più ancora egli stesso è la Vita. Per noi il
non morire sarebbe il massimo della infelicità, sarebbe l'eternità
dell'esilio; un sospirare senza esaudimento; un viaggiare senza porto.
Perciò lodiamo Dio che a un punto ci dirà: Tornate o figli dell'uomo.
Perdonaci, Signore, se ci siamo lamentati
un tempo perché si moriva. Perdonaci se non abbiamo saputo essere felici
come tu volevi. Perdonaci, Signore, se non abbiamo capito. Perdonaci.
È la morte l'albero
della bilancia. È la morte il porto della salvezza. È la morte l'ingresso al
tuo palazzo.
1 Nostra tenda tu fosti, Signore, da una
generazione all'altra:
2 prima ancor che sorgessero i monti, che
apparisse la terra e il mondo tu sei sempre e per sempre, o Dio!
3 Tu riduci gli uomini in polvere, dici: «In
polvere, uomo, ritorna!».
4 Mille anni ai tuoi occhi che sono? Sono
appena il giorno di ieri, quanto un turno di veglia la notte!
5 È appena lo spazio di un sogno e poi come
in un sogno li sciogli: come erba che spunta sull'alba,
6 al mattino germoglia e fiorisce, alla sera
è falciata e riarsa.
7 Così siamo dissolti dall'ira, atterriti dal
tuo furore;
8 e davanti a te poni le colpe, i peccati a
noi stessi occulti alla luce tua son manifesti.
9 Se ne vanno nel nulla i giorni, per tua ira
finiamo nel buio; gli anni nostri appena un sospiro,
10 se arrivano almeno a settanta, ottanta se
uno è più forte. Ma per tutti son pena e affanno, benché sempre in fuga
veloce e noi in essi dissolti come ombre!
11 Chi conosce la forza dell'ira, del tuo
sdegno con vero timore?
12 Dio, insegnaci i giorni a contare, a cercar
la sapienza del cuore.
13 Fino a quando, Signore? Ritorna a sentire
pietà dei tuoi servi:
14 fin dall'alba il tuo amore ci sazi ! Tutto
il giorno così gioiremo, canteremo per sempre alla gioia:
15 muta in gioia le tristi stagioni, - i
lunghi anni in cui vivemmo solamente sventure e dolori.
16 Ai tuoi servi l'amore rivela, la tua gloria
ne illumini i figli:
17 lo splendore di Dio su noi! E conferma la
nostra impresa, Dio, conferma tu l'opera nostra!
La fragrante e malinconica immagine
centrale degli uomini come erba che spunta al mattino e a sera è falciata e
avvizzita rimanda ad un tema caro a tutte t le letterature. Nel Purgatorio
Dante scriveva: «La vostra nominanza è color d'erba, che viene e va e quei,
la discolora per cui ell'esce dalla terra acerba» (XI, 115-117). La nostra
dolce ma intensa elegia sulla caducità umana si affida a immagini temporali
(mille anni-un giorno, anni-giorni, mattino-sera), spaziali (il duplice
movimento di «ritorno» dell'uomo verso la polvere e di Dio verso l'uomo) e
psicologiche (collera e misericordia di Dio, ansia e attesa dell'uomo) per
esprimere due sentimenti. Da un lato domina il male di vivere (vv. 1-10): i
nostri anni sono esili e fragili come un sospiro, ma sono tutti intrisi di
pena e di affanno. La meta è fatta di polvere, di ombra, di silenzio.
D'altra parte, però, si apre una supplica perché Dio ci liberi da questo
male, ci insegni a contare i nostri giorni per ottenere la sapienza del
cuore. Con la fiducia e l'adesione a chi è eterno, l'uomo vano e precario
partecipa di una solidità indistruttibile e le sue opere acquistano una
nuova stabilità e una loro permanenza (vv. 11-17). Una sottile speranza di
eternità chiude, quindi, questa elegia apertasi sul vuoto e sulla polvere.
Dossologia
A te gloria, Signore del tempo, sono un
giorno per te mille anni: nello Spirito uniti al tuo Cristo, certi di esser
segnati sul Libro, per la vita e la morte cantiamo.
Preghiera
Dio delle costellazioni, noi siamo - è vero
- erba che spunta sull'alba e a sera è falciata e riarsa,
ma siamo anche
coscienza dell'universo, terra che ama e adora; e senza, nulla e nessuno
potrebbe confessarti e lodarti, nulla e nessuno nemmeno dire che tu sia e
riconoscerti un senso: abbi pietà dell'uomo, tua ultima opera, riassunto
dell 'intera creazione, e sarà un atto d'amore anche verso di te, o Signore
dell'immortalità senza tramonto. Amen.
Salmo 91 (90)PERCHÉ IL TUO PIEDE NON URTI SU PIETRA
Cristo, anche questo salmo hai sospirato
tra volo e volo, mentre l'Altro, il Fratello Oscuro, ti portava sotto le
nere ali dal deserto al pinnacolo del Tempio e poi sull'alto della montagna?
E andavi ripetendo: « Va' indietro Satana, poiché sta scritto. ..». Da
lassù, dal vertiginoso pinnacolo sentivi il risucchio dell'abisso,
l'incantesimo del fascinoso e del magico, la spirale più avvolgente: questa,
di sedurre e di dominare i piccoli uomini che si muovono giù, sull'immensa
spianata, sul grande sagrato. Ma tu, sussurravi tra tentazione e tentazione:
«Solo a Dio servirai». Un salmo che può essere di tutti, almeno come invito,
ma che per ora è solo tuo nella sua verità, o Cristo, perché tu solo gli hai
detto veramente di no.
1 Tu che negli atri dell' Altissimo dimori,
che all'ombra dell'Onnipotente pernotti,
2 dirai al Signore: «Mio rifugio, mia rocca,
Dio mio in cui la fiducia mia riposar».
3 Perché egli dal laccio del cacciatore e
dalla malefica peste ti salverà.
4 Egli delle sue piume ti farà un rifugio e
sotto le ali sue troverai riparo: la sua fedeltà sarà tuo scudo e corazza.
5 Non temerai i terrori della notte ne il
giorno con le sue frecce sempre in volo:
6 la buia peste che vaga in agguato, il
contagio che a pieno giorno fa strage e sterminio.
7 A un fianco ti periscono in mille, in
diecimila sull'altro tuo fianco, ma te mai nulla potrà colpire.
8 Dischiusi appena gli occhi tu stesso vedrai
il castigo degli empi.
9 E dirai: «Signore, sei tu il mio rifugio»,
perché dell' Altissimo hai fatto la tua tenda.
10 Nessun male ti potrà accadere, né flagello
alcuno colpirà la tua casa.
11 Egli comanderà agli angeli suoi di vegliare
su ogni tuo passo.
12 Sulle loro mani verranno a portarti perché
il tuo piede non urti su pietra.
13 Passerai in mezzo a leoni e su vipere, e
draghi e leoncelli calpesterai.
14 «Perché a me si è affidato io lo scamperò:
lo innalzerò sulla rocca al sicuro per che conosce il mio nome.
15 Egli mi invocherà e io gli darò risposta.
lo agonizzerò con lui fino all'ultima prova: che sia salvo e libero io
voglio .
16 Io lo voglio ricolmo di gloria, saziato di
giorni senza fine, gli farò vedere la mia salvezza.»
Divenuta celebre come preghiera serale per
la liturgia giudaica e cristiana, amata dalla tradizione russa come
talismano contro i pericoli (nel Dottor Zivago di Pasternak il salmo è
scritto in un foglietto sul petto dei contadini soldati), questa
composizione sembra essere di origine liturgica. Infatti essa raccoglie
un'omelia indirizzata a colui che «pernotta negli atri dell'Altissimo» (v. 1
), cioè al fedele che - secondo la prassi orientale dell' «incubazione
sacra» - trascorreva la notte in preghiera nel Tempio in attesa che all'alba
Dio gli rispondesse con un oracolo di salvezza. Ed è proprio con un oracolo
divino che il salmo si chiude: «Perché a me si è affidato, io lo
scamperò...» (vv. 14-16). L'omelia ha lo scopo di infondere fiducia per
superare la notte della vita, i suoi incubi (terrori, frecce delle
pestilenze, contagi, attentati, i mostri simbolici del v. 13). Dio, infatti,
con le sue ali materne, raffigurate nelle ali dei cherubini dell' Arca, col
suo angelo-messaggero, seguirà sempre il suo fedele anche nei percorsi
accidentati «perché il piede non urti su pietra» (v.
12). È noto che
questo versetto è citato da Satana nel racconto della tentazione di Gesù per
un messianismo spettacolare (Matteo 4,6). Il salmo, in verità, non è la
proposta di una scelta, magica ma di una fiducia generata dalla fede.
Dossologia
A te, Cristo, il nostro amore: presso il
Padre il canto riposi, nello Spirito certi pur noi di varcare sicuri la
morte.
Preghiera
Cristo, tu che sei passato indenne per il
fuoco delle più fonde e allucinanti tentazioni, sintesi di ogni nostra
tentazione, salvaci dalla «buia peste che vaga in agguato»; insegnaci a dire
di no anche noi alla tentazione del pane per non schiavizzare nessuno, e
alla tentazione del potere per non umiliarci e umiliare nessuno, aiutaci a
dire di no soprattutto all'ultima e più insidiosa di tutte le tentazioni,
quella del pinnacolo, al fine di non servirci di Dio ma di servire lui solo
ed essere pure noi liberi come te: perché non vale essere felici senza
essere liberi. Amen.
Potremo anche noi, pur in mezzo alle molte
vicende avverse, conservare la luce degli occhi per vedere il tuo bene,
Signore? E l'equilibrio, e la gioia di cantarti, e il gusto di vivere! Ed
essere liberi dall'incantesimo delle provvisorie fortune dei malvagi. E
conservare - anche avanti negli anni - la freschezza del credere e
dell'operare. Non avendo perso mai la grazia della contemplazione: almeno
nel sabato, giorno della tua festa, «quando fu abitata la terra».
2 Bello è lodare il Signore, inneggiare il
tuo nome, Altissimo:
3 annunziare al mattino il tuo amore, la tua
fedeltà nella notte,
4 cantando sul liuto e la cetra e dietro i
mormorii dell'arpa.
5 Dio, che gioia le opere tue; sono le
imprese delle tue mani a farmi esultare.
6 I tuoi grandi e famosi prodigi, Signore: un
abisso sono i pensieri e le opere;
7 un abisso inesplorabile all'uomo insensato,
del tutto insondabile allo stolto.
8 Se fioriscono gli empi come erba e arride
fortuna ai malvagi, è perché saranno annientati per sempre.
9 Mentre tu sei l'eccelso in eterno: Dio
Signore, esisterai per sempre.
10 Ecco i tuoi nemici, Signore, ecco i tuoi
nemici già cadono: tutti i malfattori saranno dispersi.
11 Tu innalzi la mia fronte come d'unicorno,
cosparso d'olio splendente.
12 E gli occhi fiammeggeranno di scherno su
quanti m'insidiano. E con indifferenza udiranno le orecchie le sciagure dei
perversi che mi si mettono contro.
13 Il giusto fiorirà come palma, come un cedro
del Libano punterà in alto:
14 trapiantati negli atri di Dio, negli atri
del nostro Dio così fioriranno.
15 Frutti daranno pure in vecchiaia, sempre
ricchi di linfa e verdezza:
16 per annunziare quanto è giusto il Signore,
lui la mia rupe monda da ogni male.
Usato dalla liturgia
sinagogale per la celebrazione del sabato, la grande festa settimanale, il
Salmo 92 sembra effettivamente essere un inno a sfondo liturgico in cui si
loda Dio con canti e musica per il suo amore e la sua fedeltà (vv. 2-4). Il
«corpus» del cantico è, invece, occupato da un confronto tra il giusto e
l'empio davanti a Dio (vv. 5-16). Il ritratto dell'empio è affidato
all'immagine vegetale, già nota dal Salmo 90, dell'erba che fiorisce ma che
presto è per sempre polverizzata e annientata. Un'altra immagine vegetale è
usata per il ritratto del giusto ma il suo valore è ben diverso. A
differenza dell'empio che è come l'erba dei campi rigogliosa ma effimera, il
giusto si erge verso il cielo, solido e maestoso come la palma e il cedro
del Libano. La sua chioma spazia nel santuario celeste e le sue radici
affondano nel terreno santo e fecondo del Tempio: il suo vertice aspira
all'infinito, la sua base è ancorata all'eterno, l'esistenza sua si perde
nel divino (vv. 13-14). Forza come quella dell'unicorno, bellezza come
quella d'un eroe cosparso d'olio (v. 11), vita come quella d'un albero
maestoso e secolare, frutti continui in una continua giovinezza: questo è
l'entusiastico canto del giusto che il Salmo 92 racchiude nelle sue strofe.
Dossologia
Gloria al Padre che è sempre all'opera, che
ci dona nel Figlio lo Spirito e ci rende strumenti coscienti delle sue
mirabili imprese, della stessa sua gloria eredi.
Preghiera
Signore, illumina i nostri occhi, perché
possiamo cogliere nella nostra vita e nella storia il mistero della tua
azione incessante: il tuo fedele disegno d'amore per l'uomo apra le nostre
labbra al canto di lode. Amen.
Sì, c'è qualcosa di più alto del fragore
dei flutti, del frangersi delle onde, più forte del frastuono di questa
nostra storia,. e del rimbombo dei mari, È il silenzio dell'Infinito, oltre
i «sovrumani silenzi»: è l'infinito silenzio di Dio. Come nel fondo
dell'India, nel tempio della «Parola vivente» adorata anche dagli animali,.
nell'estasi del creato, nell'assoluto silenzio. E non è che il suono dei due
oceani che finisce alle soglie del tempo,' il suono dei due oceani che si
incontrano e si abbracciano nel rumore indistinto ed eterno di un «AOM»,
sempre riassorbito nel silenzio.
1 Regna Iddio, vestito di gloria, gloria e
potenza la veste di Dio: stabile e fermo egli tiene il mondo, perché la
terra non sia distrutta.
2 Così è stabile e saldo il suo trono fin
dall'eterno: o Dio in eterno!
3 i fiumi alzano, Iddio, la voce, fiumi in
rivolta che urlano, o Dio:
4 ma sopra tutti i fragori dell' onde tu
formidabile sei, o Signore; più che il rombo delle acque e del mare forte e
potente è nell'alto il Signore!
5 Sta come roccia, Iddio, il tuo trono, son
degne di fede le tue parole: e santità si addice al tuo tempio nella
pienezza dei giorni, Signore.
Con la classica acclamazione JHWH malak,
«il Signore regna!», si apre un altro cantico al regno di Dio dopo quello
apparso fuggevolmente nel Salmo 47 e in attesa della collezione dei Salmi
96-99. La sovranità di Dio si stende su tutto il cosmo, simbolo di tutto
l'essere. Secondo la cosmologia biblica il mondo è visto come un blocco che
si erge sull'oceano primordiale, simbolo del nulla e delle forze che
insidiano la creazione. Inutilmente le acque gridano come ribelli alzando la
loro protesta contro il dominio sovrano di JHWH. Dio, dall' alto della sua
trascendenza, controlla e vince il caos ribelle perché la sua voce è più
potente del rombo delle acque oceaniche. Eppure questo Dio immenso,
onnipotente ed invincibile è vicino ad Israele: al trono altissimo dei cieli
subentra nella finale dell'inno il trono dell'arca nel Tempio di
Gerusalemme, alla potenza della sua voce cosmica subentra la dolcezza della
sua parola nella Torah, la legge biblica.
Dossologia
Al Padre sempre rendiamo la gloria, al
Figlio suo che comanda le onde e placa i venti del mare in tempesta, sempre
in noi canti lo Spirito gloria.
Preghiera
Padre, Signore del cielo e della terra, la
cui conoscenza è luce e l'adorazione è salvezza, insegnaci a scoprirti in
ogni creatura, ad adorarti nel fragore dei fiumi come nel silenzio delle
albe, in ogni segno di vita e perfino nella morte: anche la morte fa parte
del mistero di tutta la creazione: per te che vivi e regni nei secoli dei
secoli. Amen.
Ma il quotidiano attrito dei potenti ha
fatto del mio cuore un rogo, avvampa ora il fuoco del mio silenzio. Che io
dica sempre la tua libera parola, e quale speranza è nell'attesa amara.
Libertà solamente chiedo e non essere favola della gente. Ma tu, Signore,
sei bianca statua di marmo nella notte.
1 Dio della vendetta, Signore. Dio della
vendetta, risplendi!
2 Alzati, giudice della terra: sorgi a dare
il salario agli empi.
3 Fino a quando, o Dio, gli iniqui, fino a
quando il capo alzeranno
4 e terranno, i malvagi, discorsi esaltando i
loro folli trionfi?
5 O Signore, calpestano il popolo, i tuoi
santi opprimono, Dio;
6 e stranieri uccidono, e vedove e gli orfani
mandano a morte.
7 Essi pensano: «Dio non vede, di Giacobbe il
Dio non sente!».
8 Gente stolta, prestate attenzione, quando
mai rinsavite, o fatui?
9 Chi l'orecchio ha creato, non sente? Chi ha
fatto gli occhi, non vede?
10 Chi governa le genti, non giudica, lui che
dona all'uomo la scienza? 11 Noto è ogni pensiero al Signore e
conosce egli quanto sia vano !
12 Beato 1 'uomo da te illuminato cui la legge
tu stesso insegni.
13 Per i giorni bui quiete gli dai, mentre
all'empio tu scavi la fossa:
14 non rigetta Iddio il suo popolo, ne rifiuta
la sua porzione.
15 Tornerà in mano al Giusto il giudizio, i
perfetti vi andranno insieme!
16 Chi per me sarà contro i malvagi, chi con
me verrà contro i perversi?
17 Se non fosse il mio aiuto il Signore, già
sarei nel regno dei morti:
18 adir solo: «Mi trema il piede», tu correvi
amoroso a salvarmi.
19 Quando angosce mi serravano il cuore,
sempre tu eri il mio conforto:
20 col potere puoi esser tu complice che
angherie fa contro la legge?
21 È aggredita la vita del giusto, condannato
il sangue innocente!
22 Ma il Signore è mia fortezza, il mio Dio,
mia rupe, il mio nido.
23 E su loro la stessa perfidia volgerà il
Signore a sterminio: dentro il male che hanno ordito li farà il nostro Dio
annientare.
Nonostante la compostezza del tono
sapienziale, questo salmo riesce a farci risentire il tono caloroso di certe
proteste dei profeti contro la corruzione delle magistrature, l'umiliazione
dei poveri, le perversioni della giustizia, le prevaricazioni del potere. In
apertura e in finale si ode un appello veemente al «Dio della vendetta»,
l'unico che può fare giustizia senza parzialità o violenza. Agli estremi
sono collocate anche due lamentazioni. La prima (vv. 3- 7) è una protesta
contro 10 scandaloso trionfo degli empi che calpestano i poveri e
bestemmiano Dio; la seconda (vv. 16-21) riprende il motivo dell'oppressione
operata dai malvagi per sfociare nella speranza e nell'attesa dell'azione
divina. Al centro (vv. 8-15) c'è una grande lezione sapienziale che
comprende una vigorosa polemica contro gli empi, convocati, interrogati,
giudicati (vv. 8-11) e una beatitudine per il destino gioioso del giusto
(vv. 12-15). Paolo ha attinto a più riprese a questo salmo citandone il v.
11 nella I Corinzi 3,20 e il v. 14 nella Lettera ai Romani II, 1-2 ed
alludendo altrove ai vv. 2 e 19 (in 2 Tessalonicesi 4,6 e 2Corinzi 1,5).
Dossologia
A colui che previene il pensiero e ogni
uomo nel Cristo soppesa, nello Spirito il canto eleviamo rischiarati pur
dentro la notte.
Preghiera
Giudice del mondo, Fine delle cose, tu sei
anche l'unica Speranza perfino per i colpevoli, perché sei tardo all'ira e
pronto al perdono: donaci quiete per i giorni bui; non abbandonarci nelle
mani di coloro che non si curano di te, e per il tuo amore salvaci dal tuo
stesso giudizio. Amen.
L'uomo è sempre in cammino; un cammino in
avanti; e senza ritorni. Adamo è terra che sale, che ascende: creazione che
arriva allo stato di coscienza. Terra che sa di cantare, quando canta; terra
che si prostra e adora; oppure bestemmia.
Ed è insieme coscienza di tutta la storia:
di questa nostra storia di bene e di male. Uomo per cui Dio fa festa, quando
appare quale sintesi vivente del creato. Per il quale si adira e si indigna;
e perfino si pente di avere creato, quando, a causa del suo cuore errante,
per le sue vie non cammina: allora è certo che «non entrerà nel suo riposo».
1 Venite, esultiamo al Signore, acclamiamo
alla rupe della nostra salvezza.
2 Alla «Presenza» andiamo cantando, con suoni
e danze insieme andiamo;
3 è il Signore il più grande Iddio, un re più
grande di tutti i potenti. Venite, esultiamo al Signore, acclamiamo alla
rupe della nostra salvezza.
4 Nella sua mano contiene gli abissi, a lui
si curvan le cime dei monti,
5 Suo è il mare che lui ha creato, dalle sue
mani è plasmata la terra.
Venite, esultiamo al
Signore, acclamiamo alla rupe della nostra salvezza.
6 Davanti a Dio venite, prostriamoci, il
creatore in ginocchio adoriamo:
7 è il nostro Dio e noi il suo popolo, gregge
condotto alle sue pasture. Venite, esultiamo al Signore, acclamiamo alla
rupe della nostra salvezza.
8 Possiate oggi ascoltar la sua voce! «I
vostri cuori non sian di pietra come a Massa e a Meriba quel giorno, là nel
deserto nel dì della prova! Venite, esultiamo al Signore, acclamiamo alla
rupe della nostra salvezza.
9 I padri vostri mi hanno tentato, sì,
provocato mi hanno quel giorno, quando nessuno mi aveva creduto, pur se
vedute avevan le opere mie. Venite, esultiamo al Signore, acclamiamo alla
rupe della nostra salvezza 10 Per quarant'anni mi rose la nausea e
dissi: è gente di cuore errante,
11 le strade mie non ama, e giurai: non
entreranno nel mio riposo!». Venite, esultiamo al Signore, acclamiamo alla
rupe della nostra salvezza.
Le battute iniziali «Venite, esultiamo al
Signore, acclamiamo... alla Presenza (divina) andiamo cantando» hanno reso
questo inno liturgico il tradizionale «Invitatorio» alla preghiera, posto in
apertura al culto giudaico e cristiano. Ed effettivamente questo inno è di
origine liturgica: dopo due professioni di fede nell'azione creatrice di Dio
(vv. 3-5) e in quella dispiegata nella storia della salvezza (v. 7), il
canto si trasforma in un oracolo profetico che coinvolge l'assemblea in un
duro esame di coscienza (vv. 8-11). Si evoca, infatti, l'evento centrale
della fede biblica, la nascita di Israele nel deserto dopo la liberazione
offerta da Dio nell'esodo dall'Egitto. Ebbene, in quegli inizi Israele ha
sfoderato tutta la gamma delle sue ribellioni: il poeta cita in particolare
l'episodio di Massa e Meriba narrato in Esodo 17,1-7 e in Numeri 20,2-13.
Dio, allora, fu nauseato di quel popolo che pure aveva amato e la sua
minaccia «Non entreranno nel mio riposo», cioè nella terra promessa, fu
attuata per quella generazione ed è sospesa come nuovo giudizio per la
generazione presente. Si legga la meditazione che su questo sa1mo ha
intessuto l'autore della Lettera agli Ebrei (cc. 3-4).
Dossologia
Al Padre, al Figlio, allo Spirito santo
gloria cantiamo insieme al creato: pur noi beati se oggi accogliamo con
fedeltà la Parola di Dio.
Preghiera
O Padre, nel dono del tuo Spirito sempre ci
fai sentire la tua voce: fa' che i nostri cuori non siano di pietra, ma
fedeli nel tuo glorioso servizio facciamo della nostra vita un ascolto
attento e ininterrotto della tua Parola. Amen.
Dopo c'è solo da fare silenzio, o anche
prima. Unirci al canto, poi lasciare che la stessa preghiera trabocchi nel
silenzio. Davvero, al mistero della sua presenza, a solo nominarlo,
dovrebbero fermarsi i mondi, trattenere il respiro tutte le creature. Vedere
la luce infinita levarsi sul mondo. E noi perderci, sparire nella luce. Dopo
tanto gemere, e attendere, e dubitare; e credere e non credere. Sarà così
quando sorgerà «la stella radiosa» dell'ultimo mattino del mondo? Allora
diciamo anche noi: «Maranathà», «vieni Signore», «vieni presto, Signore».
1 Cantate al Signore un cantico nuovo,
cantate al Signore da tutta la terra.
2 Levate canti e benedite al suo nome,
annunziate di giorno in giorno la sua salvezza.
3 Dispiegate la sua gloria tra le genti, fra
tutti i popoli i suoi prodigi.
4 poiché grande è Dio il Signore e degno di
ogni lode, terribile sopra tutti gli dèi.
5 Tutti gli dèi delle genti un nulla, è il
Signore il creatore dei cieli.
6 Davanti gli stanno splendore e maestà,
potenza e bellezza dal suo santuario.
7 Recate al Signore, o famiglie dei popoli,
recate al Signore gloria e potenza.
8 La gloria del Nome confessate al Signore,
con offerte venite ai suoi atri.
9 Al Signore prosternatevi quando compare
nella sua santità: alla visione della sua presenza tremi la terra intera.
10 Gridate alle nazioni: «Il Signore regna».
Sì, nelle sue mani egli regge il mondo perché mai abbia a perire: egli i
popoli giudica con rettitudine.
11 Di gioia trabocchino i cieli, ebbra di
gioia danzi la terra, gonfio di vita frema e rombi il mare.
12 Gioia canti insieme la campagna con le sue
verzure e messi e animali. Sì, di gioia fremano gli alberi, la selvaggia
foresta ne moduli il suono.
13 Davanti a Dio che viene - per che viene! -
davanti a Dio che viene: che viene a giudicare la terra! Giudicherà il mondo
con giustizia e i popoli con la sua verità.
Riprendono i «canti al Signore re»,
creatore, salvatore e giudice con questo «cantico nuovo»: «nuovo» nel
linguaggio della Bibbia significa «perfetto», «pieno», «definitivo». È
quindi la celebrazione del progetto perfetto che Dio ha tracciato per la
storia e per il cosmo. Nella storia egli governa e giudica secondo
giustizia, rettitudine e verità (vv. 10.13). L 'uomo deve rispondere
obbedendo al comandamento principe, cioè con l'adesione all'unico Dio perché
«gli dèi delle genti sono un nulla» e sono solo fonte di perversione e di
disarmonia (vv. 4-6). Nel cosmo Dio effonde lo splendore della vita e delle
meraviglie naturali che nei vv. 11-12 sono contemplate con tutto lo stupore
di chi considera la materia un mirabile capolavoro del Creatore e non come
un oggetto da spremere e devastare. È per questo che il creato intero canta
e danza con I 'uomo davanti al Signore che entra in questo tempio cosmico
per ascoltare e'per benedire.
Dossologia
Come Amore da dentro
ispira fin dall'alba e a notte cantiamo: perché, uomini, esiste. e ci ama,
per la gioia che egli ci ama!
Preghiera
Dio, tu sei Armonia ed Equilibrio, sei la
misura della vita, fa' che ti vediamo e camminiamo sempre alla tua presenza:
non solo tu che vedi noi, ma noi che vediamo te in ogni creatura; e dona
gioia specialmente a chi è disperato e solo: per te trabocchino di gioia
tutti gli esseri, o Spirito che rinnovi ogni giorno la faccia della terra.
Amen.
Dio e il fuoco. Ancora da un rogo di fuoco
Dio chiama e parla. Eppure il sole non è che «l'astro maggiore a
illuminazione del giorno». Cosa è questo fuoco? Cos'era il roveto di Mosè
dalle cui fiamme Dio parlava? In quale deserto ardeva: dentro o fuori il
pensiero del profeta? Eppure è un rogo che arde e non si consuma. E arde
certo nel cuore degli uomini. Pure se nessuno sa nulla. Noi sappiamo sempre
meno di Dio. Io, tu, chiunque, progrediamo in tutto. Ma non sappiamo nulla
di Dio. Sappiamo ad esempio che esistono misteriose tempeste Cosmiche e che
certo Qualcuno cavalca forze a noi sconosciute, «avvolto nel mantello oscuro
delle nubi». Mentre le cose sanno. E dovunque passi, anche se passa per
giudicare, la terra gioisce...
1 Regna il Signore: esulti la terra, gioia e
tripudio per tutte le isole:
2 tenebre e nubi l'avvolgono insieme, legge e
diritto le basi al suo trono.
3 Dentro un rogo di fuoco cammina, fuoco che
brucia nemici dovunque,
4 le sue folgori abbagliano il mondo, alla
visione sussulta il creato.
5 I monti fondono come la cera davanti a Dio,
il Signore del mondo;
6 la sua giustizia annunciano i cieli, la
gloria sua contemplano i popoli.
7 Quanti adorano statue arrossiscono, questi
amanti di dèi del Nulla: tutti gli dèi si prostrino a lui,
8 Sion ascolti il Signore e gioisca. Siano in
festa le figlie di Giuda per i tuoi santi giudizi, Iddio, -
9 perché tu solo l' Altissimo sei, sopra la
terra e gli dèi l'Eccelso.
10 Almeno voi dal male aborrite, voi che amate
il Signore Iddio: egli la vita protegge ai fedeli e dalle mani degli empi li
scampa!
11 Ora è spuntata una luce ai giusti, gioia ha
donato ai mondi di cuore;
12 voi nel Signore godete, o Santi; inni
cantate al santo suo nome !
L 'acclamazione iniziale «Regna il Signore»
svela subito il genere di questo salmo e di quelli che lo circondano: JHWH,
re della luce, appare nella cornice di una gloriosa teofania a cui assiste
tutta la sfilata delle creature e tutta l'umanità nelle sue due categorie
fondamentali. Infatti da un lato assistono gli idoli e gli idolatri (vv.
7-9): essi devono piegarsi, pieni di vergogna, di fronte all'unico Vivente,
Creatore e Signore. D'altro canto, invece, si leva la voce gioiosa dei
giusti (vv. 10-12) che, scegliendo di odiare il male e di amare il Dio
vivente, oggi celebrano la loro giornata di luce e di festa. Sullo sfondo il
creato partecipa a questa grande rivelazione di Dio con una coreografia
scoppiettante e grandiosa (vv. 1-6). Un trionfo luminoso di Dio e dei giusti
per un giorno perfetto, tanto atteso e sperato mentre si procede a fatica
nelle strade aggrovigliate della storia.
Dossologia
Dica lo Spirito insieme alla Sposa:
«Vieni»; «Sì, vieni!», ripeta chi ascolta: correte incontro al Signore che
viene, l'Amen cantategli, uomini e cose.
Preghiera
Dio, amoroso Signore del mondo: tutta la
creazione sia una continua tua epifania;
conserva la terra da
ogni arbitrio e arroganza: nel tripudio di tutte le isole scienziati e
potenti confessino che tu solo continui a regnare, o Pastore di
costellazioni, Guida unica e necessaria dei popoli verso i pascoli della
vita. Amen.
È venuto, viene e verrà. Un Dio mai finito
di venire. Un regno che è sempre il più fondo e oscuro (o palese) desiderio
dell'umanità intera. E un cantare che è anche un gemere. E però, nella
certezza che è venuto e viene, la gioia almeno degli elementi è conforto
agli uomini a sperare. È la speranza - «la speranza cui siamo chiamati» - un
provvidenziale fattore di disturbo per queste comunità umane che vogliono
diventare una «città stabile». Intanto «gonfio di vita ululi il mare»: pure
se tutta la natura continua ancora a gemere in dolori di parto, perché
sempre in attesa di essere liberata definitivamente dalla morte.
1 Intonate al Signore un canto nuovo, perché
ha fatto ancora meraviglie: ha portato vittoria la sua mano, il suo braccio
invincibile e santo !
2 Ha svelato il Signore la salvezza, la
giustizia agli occhi delle genti;
3 egli ha ricordato il suo amore e a Israele
la sua lealtà! Gli estremi confini della terra hanno visto il trionfo del
Dio nostro:
4 terre tutte, acclamate al Signore,
esultate, gridate, inneggiate.
5 Componetegli canti con le arpe, con le arpe
dai suoni melodiosi,
6 con le trombe squillanti e le cetre,
acclamate davanti al Re e Signore.
7 Rombi il mare con tutta la sua vita, frema
il mondo coi suoi abitanti,
8 tutti i fiumi innalzino applausi, cui
insieme i monti facciano eco.
9 Tutto canti al Signore Dio che viene: viene
a fare giustizia sulle genti, e a regger le sorti della terra con la sua
giustizia e il suo amore.
Ecco un altro «cantico nuovo», perfetto e
glorioso, al Signore re e giudice, le cui sette qualità fondamentali si
chiamano meraviglia, vittoria, salvezza, giustizia, amore, lealtà,
rettitudine. Ma il canto nasce da un coro e da un'orchestra straordinari
(vv. 4-8). Non sono solo i fedeli che, accompagnati dagli strumenti del
culto nel Tempio (arpe, trombe, cetre), acclamano davanti al Re e Signore.
Al coro partecipano anche tutte le creature: c'è il mare che romba, c'è la
terraferma con tutti i suoi abitanti, ci sono i fiumi che con le loro
ramificazioni a braccia sembrano mani che applaudono, mentre gli echi delle
valli e dei monti creano suoni fondi e prolungati. L 'ingresso del Signore
nel mondo e nella storia provoca un sussulto di felicità in tutti e in
tutto. È questa l"'utopia" della Bibbia, è il credere in un mondo che canti
perché Dio è in mezzo alle sue creature e non è scomunicato con la
ribellione dell'orgoglio e dell'ingiustizia.
Dossologia
Ecco, il tempo, il suo tempo è compiuto,
ora il regno di Dio è vicino: convertitevi a Cristo e cantate, con la vita
rendetegli la gloria.
Preghiera
Padre, tutta la terra ti innalzi un canto
nuovo per le meraviglie che continui a operare nella creazione e nella
storia: la lode che anche noi ti innalziamo per il tuo Figlio, fattosi tua
rivelazione nei secoli, ci sia pegno di esultanza per il giorno senza fine.
Amen.
EGLI È NELLA NUBE
Egli è nella nube distesa sul solco nero.
Egli è nel raggio che ferisce la nube acutissima lama tra onda che nasce e
onda che muore. Egli è nel cuore della pietra e dentro la conchiglia del
mare.
Egli è la voce del
bosco al mattino e luce che inonda le vigne e vento ondeggiante sul grano.
Egli è la gioia serale nel canto azzurro di allodole nelle risa dei bimbi
sul prato. Tutto il giorno in cammino a donare gioia alle cerve alle rondini
in volo su torrenti e valli. O selve, battete le mani quando lo vedete
passare: sandali porta di pellegrino o come ortolano vestito o con sacco di
mendicante. Nel giardino lo attende la notte alla porta sempre socchiusa. E
non viene, ne si lascia toccare. Nessuno nessuno degli amori lo sazia. Al
balcone mi lascia un fiore una goccia di sangue e poi solo nella grande
pianura...
È poi vero che Iddio regna? E se regna,
perché il mondo è fatto così male? Soprattutto è governato male! Provate a
chiederlo alla infinita moltitudine dei poveri; a un infermo fin dalla
nascita, al focomelico ad esempio; e poi dite: «Dio regna». Sì, Dio regna!
Impossibile che non sia così. Solo che bisogna vedere a maggiori profondità;
vedere oltre le apparenze e il momento; oltre queste fortune tanto effimere
quanto costose. Vedere ad altri livelli. Per esempio: come smentire che il
vero trono del Dio rivelato non sia la croce? Ma se è la croce, la natura
del suo regnare è tutta opposta alla logica di questi altri regni. Ed è un
regno che si attua anche in questo mondo, comunque. È la sorpresa, il
mistero del mondo.
1 Dio regna: un fremito scuota le genti,
cherubini in fiamme il suo trono: sia sconvolta la terra.
2 Grande è Dio in Sion, egli si eleva sopra
tutti i popoli.
3 Lodino tutti il tuo nome grande e
terribile: «Santo egli è!».
4 O Potenza che ami la giustizia, tu hai
fondato la Legge e il Diritto, con giustizia tu regni in Giacobbe!
5 Esaltate il Dio nostro, il Signore,
prosternatevi allo sgabello dove posa i suoi piedi: «Santo egli è! ».
6 Mosè ed Aronne tra i suoi sacerdoti e
Samuele, fra quanti invocavano il tuo nome, invocavano così il Signore ed
egli li esaudiva.
7 Da una colonna di nubi con loro parlava ed
essi custodivano i suoi decreti, la legge che aveva a loro affidato.
8 Tu, Signore Iddio, l'ascoltavi, tu eri per
loro un Dio pietoso, ma anche vendicavi i loro misfatti.
9 Esaltate il Signore, il Dio nostro,
prosternatevi davanti al suo monte santo, perché santo è il nostro Dio, il
Signore.
Ancora una volta si sente il grido JHWH
malak, «il Signore regna»: un nuovo salmo dedicato al regno giusto di Dio
sul cosmo e sulla storia. L'accento è ora posto sulla «santità» di Dio.
Infatti per tre volte risuona l'acclamazione qadosh hu, «santo egli è!»,
quasi come in un'antifona (vv. 3.5.9). La nozione biblica di santità indica
prima di tutto «separazione», distacco, diversità, trascendenza. Abbiamo,
quindi, la celebrazione della grandezza di Dio, re supremo, come è attestato
dalla litania di attributi a lui rivolti nella prima strofa: grande,
eccelso, terribile, potente, giusto, santo (vv. 1-5). Nella seconda strofa,
invece, il Dio totalmente Altro si accosta all'uomo e, attraverso la
mediazione di Mosè, Aronne e di Samuele, cioè delle guide profetiche e
sacerdotali, instaura un dialogo vivo col suo popolo (vv. 6-9). Egli parla,
ascolta, punisce e perdona. Il Dio che è assiso sulla colonna delle nubi,
intatto nella sua santità, si rivela come una persona che si appassiona alla
storia del suo alleato, l'uomo.
Dossologia
Santo, santo, è santo il Signore, Padre,
Figlio e Spirito santo, Dio che era, che è e che viene: del creato splendore
e gloria.
Preghiera
Padre santo, Signore di tutti i viventi,
che hai firmato nel sangue di tuo Figlio Gesù Cristo la nuova ed eterna
alleanza con il tuo popolo di poveri, fa' risplendere anche in noi la tua
santità, perché possiamo aver parte del tuo Regno che viene. Amen.
Sono un dono le villotte anonime, i canti
del popolo. Fortunato il popolo che ancora canta! O meglio: beata la gente
che sa inventare la sua preghiera; e si presenta a Dio con i suoi canti
spontanei, in cui vibra ogni suo sentimento in melodie fascinose di amore e
di delusione, di gioia e di dolore. E beati quanti restituiscono alla
preghiera bellezza e unzione; preghiera che sia ispiratrice di musiche
luminose. «Se non ci fosse l'ideale della bellezza, l'uomo diverrebbe preda
dell'angoscia... ma siccome Cristo ha recato in se e nella sua parola
l'ideale della bellezza, la decisione fu presa una volta per sempre: meglio
infondere nelle anime l'ideale della bellezza; custodendo questo ideale
nell'anima, tutti diventeranno fratelli l'uno dell'altro» (F. Dostoevskij).
2 Acclamate al Signore da tutta la terra.
Servite al Signore con gioia, venite davanti a lui tra danze e canti.
3 Riconoscete che il Signore è Dio, egli ci
ha fatti, perciò noi siamo suo popolo e gregge di sue pasture.
4 Venite alle sue porte con inni di grazie,
ai suoi atri con canti di lode, siategli grati e benedite il suo nome.
5 Il Signore è buono, eterno è il suo amore,
di generazione in generazione la sua fedeltà.
Questa cantata liturgica di lode, di fede e
di gioia è stata messa in musica nel 1843-44 da F. Mendelssohn-Bartholdy e
più recentemente da L. Bernstein nei suoi Chichester Psalms (1965). In
un'ondata di entusiasmo Israele proclama la sua fede nel «Signore buono» il
cui amore è eterno e riafferma la sua coscienza di essere il popolo
dell'alleanza, legato da un rapporto intenso e personale col suo Dio. Il v.
3, secondo lo studioso tedesco G. Fohrer, costituisce l'articolo di fede
fondamentale della teologia di tutto l' Antico
Testamento, perché in
esso si afferma la dottrina dell'unicità di Dio, della creazione e
dell'elezione.
Dossologia
Stirpe eletta, nazione regale, sacerdoti e
profeti, la gloria voi siate del Cristo Signore.
Preghiera
O Padre, il tuo amore è senza misura e in
eterno dura la tua fedeltà: dona al tuo popolo che ti prega e a te innalza
l'inno di grazia e di lode, di poterti sempre servire nella gioia. Amen.
Salmo 101 (100)PREGHIERA DI UN RE DA SEMPRE ATTESO
Che preghino anche i re era finora
abbastanza usuale. Coloro che si sono appropriati di Dio e di Cristo, sono
avanti tutti loro, i re e i principi; e governanti; e poi classi
dominatrici, o classi che stanno bene. Ma che vivano quanto pregano (o
pregavano), è certo meno usuale. Che preghino i dominanti anche per se
stessi, pure questo è giusto. La preghiera non dovrebbe mai lasciare le cose
come stanno. Tanto più che - nel caso -, l'essere onesti in politica non è
un lusso, ma «un obbligo morale di tutti i governanti e lo è in forma più
grave e più motivata per il governante credente».
1 Voglio cantare amore e giustizia, cantare
inni a te, Signore,
2 dell'innocenza seguire da saggio la via:
quando, o Dio, mi verrà incontro? Nella purezza del cuore io sempre cammini
per le stanze e gli atri della mia casa. ,
3 Mai i miei occhi sopportino atti idolatri:
una simile infamia io sempre detesti
e di chi la compie io mai vi cerchi
amicizia.
4 Via da me chi ha un cuore corrotto, che mai
conosca un tale malvagio.
5 A chi in segreto calunnia il fratello gli
stronchi subito l'empia parola. E mai io frequenti chi ha faccia altezzosa,
meno ancora il tronfio di cuore.
6 I miei occhi sorveglieranno i giusti di
tutto il paese, perché mi siano sempre vicini. Chi per la via dell'innocenza
cammina solo costui sarà mio ministro.
7 Mai intriganti io ospiti in casa, ne posto
trovi ai miei occhi un vile! 8 Ad ogni mattino da tutto Il paese.
estirperò impostori e malvagi: per che sia libera la città del Signore da
tutti i servi del male.
Dalla tradizione dei cosiddetti «re
cristiani» era chiamato lo «specchio del principe», un testo nel quale però
quei re non sembra si specchiassero con assiduità. Il salmo, nello spirito
della sapienza d'Israele e d'Oriente, vuole abbozzare il ritratto di un
politico giusto secondo due lineamenti essenziali. Il primo è quello del
rigore personale nella scelta della via perfetta ed integra già all'interno
della sua famiglia e del suo palazzo, scartando consiglieri corrotti e
tentazioni idolatriche (vv. 1-4). La seconda componente è più di tipo
pubblico e sociale: lotta contro la calunnia, la delazione, la falsa
testimonianza giudiziaria, attacco alle prepotenze delle alte classi, difesa
dei poveri, selezione accurata dei ministri, impegno continuo (sin dal
mattino, dice simbolicamente il v. 8) ad estirpare impostori e malvagi (vv.
5-8). È il programma ideale di un capo di Stato che sa di non essere arbitro
assoluto, ma luogotenente dell'unico re giusto e perfetto, Dio, secondo la
classica visione biblica del re davidico.
Dossologia
All'innocente, all' Agnello di Dio, a lui
innalzato al di sopra dei cieli, la vera gloria del Padre, cantiamo, fatti
dimora del santo suo Spirito.
Preghiera
Padre, fa' del nostro cuore la tua reggia,
la casa pulita dove tu godi abitare; e la terra sia il tuo paese, il
giardino di tutta la tua creazione. Amen.
Certo, scompariremo. E però il gemito è
universale: perfino le pietre patiscono di morire. Ma è ugualmente certo che
senza questa coscienza dell'uomo nulla ha senso: neppure un qualsiasi
linguaggio sarebbe concepibile. A una cosa non rinuncio, Signore: a non
dover essere più coscienza, terra che pensa e ama, e adora, poiché senza,
nulla vi è che abbia un senso, nulla dell'intera creazione: non la luce e i
colori e gli spazi e il tempo, e tu stesso privo di senso, mio Dio: per te
non rinuncio.
2 Dio, ascolta la mia preghiera, ti raggiunga
il mio grido, Signore,
3 non nascondermi, o Dio, il tuo volto. Sono
tempi di nera agonia, piega verso di me il tuo orecchio, se t'invoco,
rispondimi subito.
4 Si dissolvono in fumo i miei giorni, come
braci mi ardon le ossa,
5 il mio cuore è un'erba falciata. Non mi
curo neppure del pane,
6 questo piangere tanto mi spreme che la
pelle s'incolla alle ossa.
7 Qual civetta in deserto mi sento, o un gufo
in mezzo a rovine,
8 veglio e gemo per tutta la notte: così il
passero sta solitario
9 sopra i tetti! Per tutto il giorno mi
rovesciano contro ingiurie! Di me fanno i nemici uno strazio:
10 sì, io mangio un pane di cenere e mi sono
bevanda le lacrime.
11 Un rottame mi fa la tua ira e la furia tua
mi sperde nel vento: dal tuo sdegno scagliato lontano.
12 I miei giorni un'ombra in declino, sono
come un fieno bruciato !
13 Ma tu stai, Signore, per sempre! La memoria
di te vive in eterno:
14 o Signore Iddio, risorgi, tenerezza ti
muova per Sion! Giunto è il tempo di usarle pietà:
15 care son le sue pietre ai tuoi servi, dal
suo scempio son tutti colpiti.
16 Temeranno le genti il Signore e il suo nome
ire della terra a veder la tua gloria ancora:
17 perché Dio riedifica Sion: e di nuovo il
Signore appare, nella splendida gloria ritorna.
18 E del misero ascolta la supplica, una
supplica sempre a lui cara:
19 a perenne memoria scrivetelo! Gli darà lode
un popolo nuovo:
20 «Il Signore si affaccia dai cieli, dalla
casa sua alta si curva! La sua terra laggiù egli scruta,
21 prigionieri che gemono ascolta, condannati
a morte egli libera.
22 Sia urlato il suo nome da Sion, la sua lode
da Gerusalemme:
23 adunatevi allora, o popoli, tutti i regni a
servire il Signore!».
24 Ma fiaccato il vigore per via, i miei
giorni ancora mi abbrevia.
25 E continuo a gridare: Mio Dio, non rapirmi
nel fiore dei giorni, mentre gli anni tuoi durano sempre!
26 Tu fondasti in principio la terra, le tue
mani distesero i cieli: solo tu rimarrai negli evi.
27 Essi invece periscono tutti, tutti come un
tessuto si logorano, quasi fossero un manto li muti.
28 Tutto muore, permani tu solo, solo tu
immutabile sempre, i tuoi anni non hanno mai fine.
29 Pure i figli dei tuoi credenti una casa
avranno e in te salda rimarrà la lor stirpe per sempre.
«Qual civetta in deserto mi sento, o un
gufo in mezzo a rovine...»: questa originale immagine di solitudine e di
tristezza fa quasi da sigla a questa lamentazione nella quale il dolore
personale (vv. 2-12 e 24-29) è accostato a quello della nazione intera
devastata e umiliata (vv. 13-23). Inserito nella lista dei Salmi
penitenziali dalla tradizione cristiana proprio per questa tonalità
tenebrosa, il salmo si apre con un vigoroso autoritratto dolente: la febbre
brucia le ossa, la nausea per il cibo ha smagrito il corpo, le lacrime e il
pane del lutto (v.9) sono ormai il segno d'una vita che si spegne, che si
avvia ad una «nera agonia», mentre attorno si è fatto il vuoto. In finale si
riprende questa descrizione angosciata che ora avvolge anche tutto
l'orizzonte perché tutto porta in se il tarlo della morte. Il grido è
lacerante: «Mio Dio, non rapirmi nel fiore dei giorni! » (v. 25). Ma questa
tragedia interiore e personale è lo specchio di un'altra e maggiore tragedia
esterna, quella di Gerusalemme devastata. La risurrezione delle pietre di
Sion tanto amata (v. 15) diventa, allora, quasi l'emblema della risurrezione
che l'orante attende da Colui i cui «anni durano per sempre» (v. 25).
Dossologia
Così, Padre, perché a te piacque: a te,
Padre, pur noi affidiamo, con lo spirito, canti e speranze.
Preghiera
Padre, per te che duri in eterno, per te
che muti i cieli come fossero panni logori, cosa è per te venirci incontro?
La morte fa nido dentro le nostre ossa, i nostri giorni sono calici colmi
d'angoscia, non vediamo la meta verso cui ci muoviamo: Signore, è tempo di
usare pietà. Amen.
Per prima cosa c'è da chiedere perdono a
dire questo salmo così (come forse diciamo ogni preghiera!), consunti
dall'uso, presi dentro il clima della solita abitudine. Invece lo stesso
salmo c'ispiri a comporre anche noi - sull'esempio della Vergine e di
Francesco - un nostro personale cantico delle creature. A tanto dovrebbe
approdare lo spirito di pietà: a cantare anche noi come loro hanno cantato,
fatti di volta in volta voce del creato; voce di questa umanità,
raccogliendo speranze e disperazioni; continuando appunto a «salmeggiare».
1 Benedici Iddio, mia anima, uno ad uno, o
visceri miei, benedite il nome suo santo.
2 Benedici il Signore, mia vita, non
scordarne le grazie e i favori: egli dà sempre senza misura.
3 Dio perdona le innumeri colpe, tutti i mali
tuoi egli risana
4 la tua vita ritrae da morte. Ti ricolmi di
grazia e dolcezza,
5 i lunghi anni ti sazia di bene e tu giovane
torni come aquila.
6 A salvezza agisce il Signore con giudizio
per tutti gli oppressi:
7 a Mosè ha svelato il suo piano; a Israele
le opere sue:
8 è pietoso e tenero Iddio, lento all'ira e
pieno d'amore.
9 Non contende a lungo il Signore, né la
collera serba per sempre, -
10 non ci tratta secondo i peccati. Inferiore
è la paga alla colpa:
11 quanto il cielo sovrasta la terra così egli
trascende in amore.
12 Quanto dista oriente da ovest, tanto getta
lontano da se tutti i nostri misfatti e rivolte.
13 Come è tenero un padre coi figli, così è
per i santi il Signore:
14 egli sa come siamo plasmati; che ci ha
fatti di fango ricorda:
15 sono erba i giorni dell'uomo, la sua vita
un fiore dei campi:
16 se appena il vento lo investe non è più, ne
del posto v'è traccia;
17 ma l'amore di Dio è per sempre; è da sempre
per quanti lo temono: per i figli dei figli salvezza,
18 per i giusti fedeli al suo patto; per chi
ascolta la sua Parola!
19 Egli tiene suo trono nei cieli, l'universo
intero è il suo regno!
20 Benedite il Signore, voi Angeli, voi, o
forti guerrieri, attenti sempre al suono della sua Parola.
21 Benedite il Signore dai cieli, schiere
d'astri e ministri devoti sempre pronti ai divini voleri.
22 Benedite il Signore, voi tutte creature del
vasto suo regno: benedici il Signore, mia vita!
Il «Dio è amore» della Prima Lettera di
Giovanni (4,8) sembra quasi anticipato in questa benedizione che F.
Nietzsche ha definito «il libro della giustizia divina», una giustizia che
conosce il perdono. Infatti il filosofo tedesco allegava questo salmo nella
sua polemica contro la riduzione dell' Antico Testamento a testimonianza
della sola giustizia punitiva di Dio. Racchiuso entro due benedizioni,
personale la prima (vv. 2-3) e corale-cosmica quella finale (vv. 20-23), il
salmo si sviluppa in due movimenti. Il primo è un dolce canto dell'amore e
del perdono (vv. 4-10), un perdono che supera le rigide leggi della
giustizia (v. 10). Il secondo movimento lirico celebra il rapporto tra amore
divino e fragilità umana (vv. 11-19) e lo fa attraverso cinque similitudini
di grande efficacia: la distanza verticale cielo-terra, quella orizzontale
oriente-occidente, la tenerezza paterna, l'erba e il fiore del campo
investiti dal vento bruciante del deserto. Su tutta la scena si erge la
bontà amorosa di Dio, espressa tra l'altro anche con la celebre radice
ebraica rhm, che indica «la visceralità» materna dell'amore di Dio per la
sua creatura. L 'uomo debole e inconsistente,
«breve di giorni e
sazio di inquietudine» (Giobbe 14,1), è avvolto dall'«amore di Dio che è per
sempre» (v. 17).
Dossologia
Gloria al Padre, al Figlio, allo Spirito,
per l'amore, la fede e speranza che ci fanno creature divine.
Preghiera
Padre della vita, fa' che nessuno di noi
finisca nel nulla; Padre, che nel Cristo Gesù hai rivelato il tuo amore per
ogni uomo, non guardare ai nostri peccati, ma continua a darci la tua grazia
che ci salvi dal male e dalla morte; e rendi i nostri volti sempre più
simili al volto del tuo Figlio che di te splende per sempre. Amen.
Altissimo, onnipotente, bon Signore, tue so
le laude, la gloria e l'onore e onne benedizione. A te solo, Altissimo, se
coniano e nullo omo è digno te mentovare. Laudate sie, mi Signore, cun tutte
le tue creature...
(dal «Cantico delle creature» di S.
Francesco).
1 Anima mia, da' lode al Signore: quanto sei
grande, Signore mio Dio, tue vesti sono magnificenza e splendore.
2 Egli come di un manto si avvolge di luce,
egli come una tenda dispiega i cieli.
3 Egli sulle acque innalza le sue dimore,
egli fa delle nubi il suo cocchio regale, egli sulle ali del vento avanza.
4 Egli i venti scatena come suoi messaggeri,
suoi ministri il fuoco e la fiamma.
5 Egli ha fissato le basi alla terra, perché
non vacilli in eterno, per sempre.
6 L' avevi avvolta come di un manto dentro le
acque dell'abisso: fin sopra le montagne si levavano le acque.
7 Le mise in fuga la sua minaccia, al fragore
del tuono si trassero atterrite.
8 Salivano sui monti scendevano le valli,
lungo gli alvei da te fissati.
9 Un confine hai posto a tutte le acque che
mai più varcheranno, e mai torneranno a sommerger la terra.
10 Egli fa scaturire sorgenti e scorrere fiumi
giù per le valli e in mezzo alle montagne. 11 Ivi a bere vanno gli
animali dei campi e la zebra vi spezza la sete.
12 Sopra le lor sponde fan nido gli uccelli e
tra le fronde compongono canti.
13 Egli irriga i monti dalle alte sue stanze:
dal frutto delle opere tue tu pasci la terra.
14 L 'erba fai crescere per tutti gli armenti
e vegetali per la vita di ogni mortale; perché raccolga pane da tutta la
terra.
15 E vino che allieta il cuore dell'uomo, e
olio che fa brillare il suo volto, e pane ancora a irrobustirne il vigore.
16 E alberi di Dio sazi e robusti, i cedri del
Libano piantati da lui!
17 Là i volatili fanno illor nido e in mezzo
ai cipressi ove la cicogna ha la sua casa.
18 Per i camosci ci son le montagne, le rocce
sono rifugio agli iraci.
19 Ha posto la luna a segnar le stagioni e il
sole che sa l'ora del suo tramonto.
20 Tu apri alle tenebre e sale la notte, e già
per le selve è tutto un vagare d' animali .
21 Escono leoni in cerca di preda e chiedono
cibo a Dio ruggendo .
22 Rispunta il sole ed essi scompaiono, tutti
ritornano nelle loro tane.
23 Allora esce l'uomo e si avvia al lavoro,
alla fatica che avrà fino a sera.
24 Quante le cose che hai fatto, Signore, e
con quale sapienza le hai fatte: di tue creature è piena la terra!
25 Ecco il gran mare spazioso e profondo: è un
agitarsi laggiù senza fine d'infiniti e svariati viventi:
26 Lo solcano navi e il grande Leviatan che tu
per gioco tuo hai plasmato.
27 Tutti aspettano da te alimento, che tu li
nutra a tempo opportuno.
28 Tu lo provvedi ed essi lo accolgono: tu
apri la mano e ciascuno di loro si sazia di beni.
29 Ma se appena tu distogli il tuo volto
subito il panico li piglia: se togli loro il tuo spirito subito periscono e
tornano polvere.
30 Il tuo spirito mandi e sono creati e
rinnovi la faccia alla terra.
31 Sia eterna la gloria del Signore, egli goda
in eterno della sua creazione.
32 Egli la guarda e la terra trema, tocca i
monti e prendono fuoco.
33 Fin che vita mi duri, a Dio voglio cantare;
inni comporre al mio Dio finche avrò vita.
34 Salga il mio carme fino al suo cuore e
questa sia la mia gioia in Dio.
35 Sia mondata la terra da tutti i
profanatori: dissolti tutti gli empi! Anima mia, al Signore da' lode.
Secondo alcuni studiosi questo splendido
cantico del Creatore e delle creature rivelerebbe qualche punto di contatto
con l' Inno ad Aton del famoso faraone Akhnaton (XIV sec. a.C.), che aveva
riformato la religione egizia sulla base di un certo monoteismo solare (Aton
era appunto il disco solare). Certo è che la prospettiva del nostro poeta è
diversa perché il sole non è divino ma è solo uno dei tanti segni dello
splendore di Dio nel cosmo. Affascinato dalle meraviglie disseminate nel
creato, il poeta parte dal cielo nel quale si accende una grandiosa teofania
(vv. 1-4), contempla la terra e le acque in tensione (vv. 5-9), passa alle
innumerevoli manifestazioni della vita, generata dall'acqua sulla terra,
germogliata in forme animali e vegetali, esplosa nella sazietà delle
creature (vv. 10-18). Si giunge, così, al mistero del tempo scandito dal
sole e dalla luna, dalla vita notturna delle belve e da quella diurna
dell'uomo (vv. 19-24). Il mare non è più il mostro caotico che tenta di
demolire il creato, ma è un pullulare di navi e di pesci tra i quali danza
anche il mostro Levìatan ridotto ora ad una simpatica balena (vv. 25-26). Su
tutto si stende lo spirito creatore di Dio che dà vita e sazietà e che,
dall'alto del suo cielo, contempla pieno di gioia il suo capolavoro (vv.
27-34). E perché tutto canti la lode al Signore è necessario che il mondo
sia purificato da tutti i profanatori e da tutti gli empi (v. 35).
Dossologia
Gigli dei campi, lodate il Signore, volate
uccelli, intorno alla Croce e pur voi, uomini, dategli gloria, poiché fa
splendere tutto il creato.
Preghiera
Padre, che hai fatto tutte le cose in
numero, peso e misura, e in ogni creatura hai infuso un raggio della tua
bellezza, e hai affidato all'uomo il dono dell'intelligenza, e hai posto tuo
Figlio per fine di tutta la creazione, manda sempre il tuo Spirito che
continui a ornare i cieli e a fare nuova la vita fino a quando ogni essere
potrà goderne la pienezza. Amen.
PER UN CANTICO NUOVO
Lodato sia il mio Signore per l'unità delle
cose: ogni oggetto involge la sua parola, ogni forma è una epifania.
E la terra è il suo paese le tutti i volti
degli uomini insieme fanno il suo unico volto.
Lodato sia il mio Signore perché le cose
sono buone, per gli occhi che ci ha dato la contemplare queste cose.
Lodato sia perché esistono i fanciulli e le
donne: perché l'uomo è grande e infinita come lui è la sua inquietitudine.
Lodato sia per le nostre case e per queste macchine e città: poiché nulla vi
è di profano nell'opera dell'uomo.
Lodato sia anche l'uomo fratello di ogni
creatura aiuto e amico del mio Signore.
Lodatelo perché egli è ancora più grande
eppure mi parla e mi ama, perché si è fatto uomo. Lodatelo perché esiste e
gioca nella creazione e gode della stessa mia gioia. Lodate il mio Signore
per ogni tristezza e dolore, per ogni goccia di gioia nascosta nelle cose.
Potranno altri popoli oppressi, i poveri di
sempre, i poveri di tutto il mondo: questa umanità schiava come l'antico tuo
popolo, Signore; potrà questo oceano di poveri cantare un giorno il salmo
della loro liberazione? O ci saranno soltanto nuovi faraoni senza nuovi
esodi? Che senso avranno le nostre Pasque e questo cantare ancora salmi se
ci troviamo conniventi con gli stessi faraoni? Oh chiese!...
1 Alleluja! Al Signore cantate! Grazie a Dio
e gloria al suo nome: le sue gesta narrate alle genti:
2 a lui salmi e inni cantate. Meditate su
tutti i prodigi,
3 gloria abbiate dal santo suo Nome, gioisca
il cuore di chi cerca Iddio.
4 Dio cercate e la sua potenza, il suo volto
in eterno cercate,
5 ricordate le sue meraviglie. Ripensate
prodigi ed oracoli
6 voi, stirpe di Abramo suo servo,
dell'eletto Giacobbe o figli.
7 Egli solo è il Signore Dio nostro, i
giudizi suoi reggono il mondo:
8 egli il patto ricorda in eterno: la
promessa per evi infiniti,
9 l'Alleanza giurata ad Abramo, con Isacco
firmata per sempre.
10 Come legge la impose a Giacobbe, a Israele
alleanza eterna -
11 quando disse: «Darò a voi Canaan». Così
disse: «Sarà vostra terra»,
12 quando erano un piccolo numero e stranieri,
un nulla, laggiù.
13 E da paese a paese raminghi, da nazione a
nazione vagavano,
14 ma a nessuno permise di opprimerli. Re punì
per difender la causa:
15 «Non toccate i miei santi ed eletti, non
nuocete ai miei profeti!».
16 Poi chiamò sulla terra la fame, le riserve
di pane distrusse, più non c'era alimento per loro.
17 E un uomo mandò loro innanzi, lui, lo
schiavo venduto, Giuseppe,
18 con i piedi serrati in catene. Tra i ferri
la gola gli chiusero.
19 Si avverò il suo annunzio allora: il
Signore lo rese verace.
20 Ha mandato il re a liberarlo, dalle genti
il re in aiuto vi corse,
21 di sua reggia lo fece signore. Dei suoi
beni lo elesse per capo,
22 che istruisse e principi e anziani in
saggezza nel suo giudizio.
23 E Israele discese in Egitto, fu straniero
Giacobbe in Cam!
24 Ma Iddio lo crebbe a smisura: dei nemici lo
rese più forte!
25 Dio stesso mutò il loro cuore, e odiarono
tutti il suo popolo. Infierirono contro da perfidi,
26 ma inviò il suo servo Mosè, e Aronne che
aveva eletto.
27 Meraviglie ha compiuto per loro, e con
segni promessi e portenti ha sconvolto il paese di Cam.
28 E avvolse di tenebre e buio quella terra
perversa ed empia, che ostile non volle ascoltarlo.
29 Ha mutato in sangue le acque, tutti i pesci
dei fiumi morirono;
30 poi invase di rane il paese. Rane invasero
e regge e palazzi;
31 si calarono mosche a sciami, e zanzare in
tutte le terre.
32 Mandò grandine in cambio di pioggia,
dappertutto il fuoco a vampate, il paese era solo rovine.
33 Tutti i campi egli volle pestati, strage ha
fatto di tutte le vigne, d'ogni albero e pianta di fico.
34 Comandò a locuste di irrompere, e ai bruchi
di uscire a schiere,
35 che divorin fin l'ultima erba: e distrusse
radici e frutteti.
36 Poi di tutti colpì il primo nato, di ogni
sangue la loro primizia:
37 quando libero trasse il suo popolo lo colmò
di argento e di oro, e nessuno fra loro cadeva.
38 Fu gran gioia perfino all 'Egitto quella
loro gran fuga notturna: finalmente finiva il terrore!
39 Il Signore una nube distese perché a giorno
sicuri marciassero, e un fuoco guidarli la notte.
40 Alla loro preghiera rispose inviando le
quaglie per cibo, e donando il pane dal cielo.
41 Poi spaccò con potenza la roccia e
sgorgarono vive le acque che irruppero in arida steppa.
42 Ricordò la sua santa parola, la promessa al
servo Abramo,
43 e li trasse in grida e tripudio. Quale
gioia da tutti gli eletti !
44 Diede loro le terre dei popoli, ai suoi
servi le loro fatiche:
45 purché osservino i suoi decreti,
custodiscan la sua parola!
Alleluja! Al Signore cantate!
In dittico col successivo Salmo 106, questa
meditazione poetica sulla storia d'Israele è condotta dall'angolo di visuale
di Dio. Perciò questo primo Alleluja del Salterio è una «lode» rivolta al
Signore della storia, artefice di atti gloriosi, espressioni di un amore
eterno per il suo popolo. Dopo un possente corale d'apertura ritmato da
dieci imperativi innici (vv. 1-7), il salmista professa il suo Credo storico
in cinque quadri: i patriarchi (vv. 8-15), la vicenda di Giuseppe l'egiziano
(vv. 16-22), le piaghe d'Egitto (vv. 23-36), l'esodo dall'Egitto e la marcia
nel deserto (vv. 37-43), il dono della terra promessa (vv. 44-45). Pur
spoglio da voli lirici o da immagini sfolgoranti, il carme ha un suo fascino
che nasce dalle azioni e dalle cose fiorite da un ricordo sacro e salvifico.
Si rivela, così, la struttura intima della fede biblica che non è
un'astratta adorazione del Dio misterioso ma la scoperta continua della sua
vicinanza e della sua presenza nel tempo spesso opaco dell'uomo. Una
curiosità: le piaghe d'Egitto elencate dal salmo sono solo otto rispetto
alle dieci del racconto di Esodo 4-11 (manca la menzione della moria del
bestiame e delle ulcere) e la sequenza è diversa.
Dossologia
Anni e tempi, passato e futuro continuate a
narrare i prodigi: Cristo ieri, e oggi, e per sempre!
Preghiera
O Padre, con paziente sollecitudine ti sei
eletto un popolo come alleanza con l'uomo e lo hai condotto verso la terra
promessa, non dimenticare il popolo nuovo dei tuoi fedeli rinati alla vita
per il sangue di tuo Figlio: fa' che non ti tradisca e non ti deluda più,
come hanno fatto i padri; ma tu stesso rendilo saldo nella fede e guidalo
con la tua luce verso il Regno che viene. Amen.
È già grazia. grande,
Dio, che ci sopporti, e noi possiamo ancora pregarti, pur dopo le nostre
infinite infedeltà. Sopporta ancora, Signore.
1 Alleluja! Al Signore cantate! Rendete
grazie al Signore, egli è buono, eterna è la sua misericordia.
2 Come narrare i portenti di Dio e contenerli
nei nostri Alleluja?
3 Beato chi accoglie il suo diritto, che
sempre agisce secondo giustizia.
4 Di noi ricordati, o Dio, Signore, per
quell'amore che porti al tuo popolo. Vieni a recarci la tua salvezza,
5 fa' che vediamo felici i tuoi giusti.
6 Come i padri abbiamo peccato, empi con
loro, pur noi infedeli.
7 I nostri padri non hanno compreso fin
dall'Egitto i tuoi prodigi. ': Non han serbato una degna memoria della
grandezza del tuo amore. Davanti al mare, al mare dei giunchi, si
ribellarono tutti alI' Altissimo.
8 Ma li salvò nel suo nome il Signore, per
rivelare la sua potenza.
9 Si trasse il mare alla sua minaccia e li
guidò fra gli abissi all'asciutto.
10 Li riscattò dalle mani nemiche
11 e gli oppressori nelle acque sommerse: non
uno di essi scampò nel naufragio,
12 allora tutti credettero in lui: e dalle
bocche fiorirono canti,
13 ma poi di tutto si spense il ricordo! Nel
suo gran sogno non ebbero fede
14 e di brame arse l'intero deserto. In piena
steppa tentarono Dio
15 e lui rispose a quanto chiedevano.
16 Ma li corrose insieme di peste! Per gelosia
sconvolsero il campo e per invidia si posero contro Mosè ed Aronne, il loro
unto di Dio.
17 Si aprì allora la terra per Datan e
inghiottì lui e Abiram e seguaci.
18 Contro i furiosi s'alzò un incendio, e
divorò i ribelli la fiamma.
19 Un gran vitello innalzarono in Oreb, e si
prostrarono a un idolo d'oro.
20 La loro gloria cambiarono tutti per un gran
toro che rumina fieno.
21 Chi li ha salvati han tutti obliato, Dio
che in Egitto ha fatto prodigi.
22 Dio che in Cam meraviglie ha fatto, cose
tremende sul mare dei giunchi.
23 Per loro aveva deciso la morte se non si
fosse offerto l'eletto: Mosè, levate le braccia, a pregare per che la
collera fosse placata.
24 Han rifiutato una terra d'incanti: alla
promessa non vollero credere.
25 Grande clamore invase le tende, alla sua
,voce negarono ascolto.
26 Egli su loro alzò la sua mano e nel deserto
giurò di finirli:
27 e tra le genti disperse la stirpe,
disseminandoli in tutti i paesi !
28 Si asservirono a Baal impudico, carni
immolate ai morti mangiarono.
29 E irritarono Iddio da empi, e ancor su loro
esplose la peste.
30 Allora sorse il giudice Pincas a far
giustizia e cessò il flagello:
31 l'atto contato gli fu a giustizia di età in
età nel futuro per sempre.
32 Lo irritarono anche a Meriba, per causa
loro Mosè fu punito:
33 tutto sconvolto gli avevan lo spirito ed
egli disse parole insipienti.
34 Essi non misero a morte le genti come aveva
ingiunto il Signore:
35 con idolatri han fatto connubio, e
impararono vizi e commerci.
36 Ai loro idoli hanno servito e questi furon
la loro rovina.
37 Perfino i figli essi hanno immolato, le
loro figlie agli dèi impuri,
38 hanno versato il sangue innocente dei loro
figli e figlie ai demoni: sacrificati agli idoli in Canaan, fu profanata la
terra dal sangue!
39 Sono immondi per quello che fanno, tutti
macchiati dai lor sacrilegi.
40 Allora contro il popolo Iddio, contro il
possesso suo d'ira s'accese;
41 li consegnò in balia alle genti, ai lor
nemici li diede in dominio:
42 che tutti fossero sotto oppressione, tutti
curvati dal loro potere.
43 Più volte liberi Dio li rese, ma essi
sempre testardi e ribelli. Per loro colpa si sono perduti,
44 ma egli sempre guardò la lor pena; quando
ne udì il lamento straziante,
45 si ricordò della sua alleanza: per suo
amore si mosse a pietà,
46 e fece loro trovare favore; favore anche in
terre d'esilio:
47 salvaci tu nostro Dio e Signore ! Vieni a
raccoglierci in mezzo ai popoli per celebrare il santo tuo nome, per esaltar
la tua gloria con gioia,
48 o benedetto Iddio d'Israele: Sia benedetto
da sempre e per sempre! E gridi tutto il popolo: amen! Alleluja! Al Signore
cantate!
Se il Salmo 105 era il Credo delle stupende
azioni di salvezza operate da Dio, questa seconda meditazione storica
raccoglie invece l'oscuro anti-Credo della infedeltà e delle ribellioni di
Israele. Per questo carme c'è nel popolo dell'elezione quasi «un genio
dell'infedeltà»: il salmo, allora, si trasforma in una confessione dei
peccati comunitari. Il poeta ne mette in luce otto a partire da una
ribellione al mar dei giunchi, il mare dell'esodo dall'Egitto, descritta da
Esodo 14,10-14 (vv. 6-12). Ci sono poi la brama di cibo e di acqua nel
deserto (vv. 13-15), la «gelosia» contro Mosè e Aronne con la rivolta di
Datan e Abiram (vv. 16-18; leggi Numeri 16), l'adorazione del vitello d'oro
all'Oreb-Sinai (vv. 19-23), la «mormorazione» contro le paure della
conquista della terra promessa (vv. 24-27), i culti idolatrici sessuali nel
deserto (vv. 28-31), condannati dal sacerdote Pincas (leggi Numeri 25), la
provocazione contro Dio alle acque di Meriba (vv. 32-33; vedi Esodo 17,1-
7), la serie interminabile di idolatrie una volta giunti nella terra
promessa (vv. 34-36). Una catena di male che, come un fiume fangoso,
percorre la storia d'lsraele, ma anche un sottile filo di speranza
nell'amore indistruttibile di Dio. Il v. 48 contiene la dossologia che
chiude il quarto dei cinque libri in cui la tradizione giudaica aveva
suddiviso il Salterio.
Dossologia
Sia gloria al Padre, al Figlio e allo
Spirito, come in principio sia ora e per sempre!
Preghiera
Ai nostri peccati non guardare, Signore:
anche noi come i padri siamo umiliati da immense colpe: non lasciarci in
balia delle nostre infedeltà, ma liberaci ancora, liberaci sempre, per il
tuo amore fedele. Amen.
Salmo 107 (106) E ANCORA STOLTI E INFIACCHITI PAGAVANO...
Ma noi siamo
diventati troppo dotti e grandi per leggere la storia a questi bagliori di
luce: noi siamo potenti, e siamo l'«umile gente»: i poveri «figli
dell'uomo». Noi sbarchiamo sui pianeti,. e siamo capaci di abbattere foreste
e di trasformare deserti, e di creare centrali nucleari, e altro. E solo di
quando in quando appena qualche marinaio ancora grida: «Tutto è perduto,
alle preghiere, alle preghiere si corra!». Come alle ultime corde,
precisamente.
1 Rendete tutti grazie al Signore: egli è
buono: eterna è la sua fedeltà.
2 I redenti di Dio lo dicano: «Fu lui a
liberarli dalla mano che li angariava:
3 li raccolse dai molti paesi, dall'Oriente
li unì e dall'Occidente e ancora dal Nord e dal mare».
4 Per deserti e steppe vagavano, non trovando
una sola città ove fissare la loro dimora.
5 Sfiniti per fame e per sete ormai li
fuggiva anche il respiro.
6 Nell'agonia gridarono aDio e fu Dio che li
trasse dalle loro angosce.
7 Li condusse per una pista sicura che li
portava a una città ospitale.
8 Rendete tutti grazie al Signore per la sua
fedeltà e i prodigi compiuti verso i figli dell'uomo.
9 Fu lui a saziare la gola arsa di sete, fu
lui a colmare di cibo la gola che urlava di fame.
10 Loro dimora eran le tenebre, nel buio più
fondo abitavano in catene e ceppi da schiavi.
11 Indocili ai divini comandi, ribelli a Dio
che a loro parlava, spregiatori del disegno dell'Altissimo .
12 Egli con sventure piegò i loro cuori:
spacciati, nessuno li aiutava.
13 Nell'agonia gridarono a Dio e fu Dio che li
trasse dalle loro angosce.
14 Li fece uscire dall'ombra di morte,
dall'oscurità più fonda, e infranse le loro catene.
15 Rendano tutti grazie al Signore per la sua
fedeltà e i prodigi compiuti verso l'umile gente.
16 Porte di bronzo e sbarre di ferro ha
divelto e infranto.
17 Ma essi, stolti e infiacchiti da colpe,
pagavano desolati i loro misfatti.
18 Ogni cibo era loro di nausea, e già
toccavano le soglie della morte.
19 Nell'agonia gridarono a Dio e fu Dio che li
trasse dalle loro angosce.
20 Il suo Verbo inviò a guarirli, a salvarli
dalla fossa ormai certa.
21 lo ringrazio Dio per la sua fedeltà e i
prodigi compiuti verso tutti i figli dell'uomo.
22 A lui offrano sacrifici di grazie e in
gioiosi canti ne narrino le gesta.
23 Quanti il mare solcavan su navi e traevan
commercio dai mari
24 ecco del Signore han visto le opere, le sue
opere nel mare profondo.
25 Egli al vento comandò di levarsi, un vento
di tempesta si levò a scatenare le onde.
26 Salivano al cielo e scendevano in abissi,
ed essi, per paura, senza respiro
27 ballavano e barcollavano come ubriachi;
svanita la ragione per le vertigini.
28 Nell'agonia gridarono a Dio e fu Dio che li
trasse dalle loro angosce.
29 Incatenò la furia delle onde e si fece di
nuovo sul mare bonaccia.
30 Per la quiete gioirono tutti, poi li
condusse al porto agognato.
31 Rendano tutti grazie al Signore per la sua
fedeltà e i prodigi compiuti per l'umile gente.
32 L 'intera assemblea del popolo lo acclami,
gli anziani insieme gli innalzino laudi.
33 Egli i fiumi ridusse in deserto, fonti di
acque in aride lande, -
34 fertili terre in tristi paludi, per la
malizia dei loro abitanti.
35 Ma poi il deserto egli copre di laghi, di
sorgenti irriga la steppa
36 e la fa abitare da un popolo affamato
perché fondi una città ospitale.
37 Seminarono campi, piantarono vigne che una
abbondanza invase di frutti.
38 Li benedisse e crebbero innumeri e non
lasciò diminuire gli armenti.
39 Ma poi si ridussero ancora e furono
abbattuti, oppressi da prove e sventure.
40 Colui che il disprezzo rovescia sui
principi li ha fatti ancora vagare per deserti privi di piste.
41 Solo attento a salvare il povero
dall'oppressione e a far fiorire come un gregge le sue famiglie.
42 Vedano dunque i giusti e gioiscano e ogni
malvagio chiuda la bocca.
43 Il saggio osservi questi eventi e comprenda
cosa vuol dire fedeltà del Signore.
Nella festosa assemblea liturgica del
Tempio si fa silenzio e quattro fedeli a turno alzano la loro voce per
cantare un loro personale ex-voto. Il primo è un carovaniere che evoca il
terrore passato quando la sua carovana perse la pista nel deserto votandosi
ad una morte orribile per sete (vv. 4-9). Il secondo è un ex-carcerato che
evoca l'incubo di una cella tenebrosa e delle catene che lo imprigionavano
(vv. 10-16). A lui succede un malato che ricorda quell'istante spaventoso in
cui l'agonia lo aveva condotto alle soglie della morte (vv. 17-22). Ed
infine, in un quadretto straordinario per vivacità, un marinaio narra la sua
avventura durante una violenta tempesta marina, un'esperienza
indimenticabile ed eccezionale per un popolo che non aveva tradizioni
marinare come Israele (vv. 23-32). Ma questi quattro ringraziamenti non
restano personali; tutta l'assemblea si associa e vede in quei quattro
ex-voto Israele pellegrino, prigioniero, malato, sballottato tra le tempeste
della storia ma sempre guidato, liberato, guarito, salvato dalla mano di
Dio. Per questo il salmo si chiude nei vv. 33-43 con un inno alla storia
della salvezza vissuta da tutto Israele nell'esodo, nel dono della terra
promessa e nel ritorno in essa dopo la tragedia dell'esilio babilonese.
Dossologia
Prigionieri, affamati, oppressi, tutti un
canto di gloria cantate: su di lui riposa lo Spirito e dal Padre è mandato a
portare la novella di gioia ai poveri.
Preghiera
La tua mano potente, Dio nostro, fa
esplodere di vita anche il deserto: ricordati della tua fedeltà verso il
popolo e donagli ancora la presenza del tuo Spirito, perché sia salvo da
tutti gli orgogli: la luce della speranza squarci le tenebre e fiorisca il
canto per la continua liberazione. Amen.
E cosa dirà delle
grandi potenze oggi il Signore? Dirà mai: «Una festa è mettere a sacco le
superbe capitali?». Anche questo, nel loro abbandono, è attesa dei poveri,
Signore. Paghi solo che tu non esca più con gli eserciti di nessuno, e che
tu sia sempre dalla loro parte: perciò anche il loro cuore sia saldo e
disteso.
2 Il mio cuore è saldo, Signore: al Signore
io voglio cantare, voglio salmi comporre, o mia anima.
3 Mia cetra e liuto destatevi, che l'aurora
io voglio svegliare,
4 a te rendere lode tra i popoli. Canterò
inni a te fra le genti:
5 il tuo amore è grande nei cieli, - fedeltà
che sorpassa le nubi -.
6 AI di sopra dei cieli sei grande, di tua
gloria inondi la terra:
7 Dio, gli amici tuoi siano liberi! La tua
destra ci salvi, rispondi!
8 Dal suo tempio il Signore ha parlato: «Una
festa è dividere Sichem, misurare la valle in Sukkot,
9 mio è Galaad e mio è Manasse: di Efraim
I'elmo mi cinge il capo. Il mio scettro d 'imperio è Giuda,
10 Moab bacino che serve a lavarmi, e i miei
sandali getto in Edom, su Filiste già canto vittoria!».
11 Chi mi guida alla rocca turrita, chi mi
porta al cuor d'Idumea?
12 Non tu forse che ci hai respinti, né più
esci coi nostri armati,
13 nell'angustia ci viene in aiuto! Vano è
attender salvezza dall'uomo
14 ma con Dio faremo prodigi: sarà lui che
annienta i nemici.
Questa strana
composizione nasce dalla somma di due frammenti salmici già noti, i Salmi
57,8-12 e 60,7-14: il primo è un canto all'aurora, il secondo una
lamentazione nazionale che cita un antico oracolo divino. La fusione fa sì
che il primo testo diventi un preludio innico in cui l'alba diventa il segno
di una nuova epoca storica, epoca auspicata nel corpo del salmo costituito
dal testo della lamentazione. Il presente amaro in cui Dio non sembra più
accompagnare Israele in battaglia (v. 12) è solo un periodo di attesa. Colui
che divide e misura le città e le valli di Palestina, che governa Efraim e
Giuda, le due maggiori tribù ebraiche, che usa come catino Moab col suo mar
Morto, che calpesta coi suoi sandali di vincitore Edom e trionfa sulla
Filistea, non tacerà a lungo. Ci condurrà al riparo in una «rocca turrita»
nel deserto e poi mostrerà ancora la sua potenza liberatrice.
Dossologia
Ha deposto i potenti dai troni, ha
sconvolto i loro pensieri: con il Figlio cantiamogli gloria.
Preghiera
Solo in te, o Padre, è riposta la nostra
speranza, e poiché dall'uomo non può venire salvezza, donaci tu un cuore
saldo e occhi attenti per scorgere nella storia l'assidua presenza del tuo
amoroso operare. Amen.
Ma Dio capisce. Esiste anche il diritto del
disperato a pregare; il diritto di chi è solo; ed è innocente, ed è
condannato; o peggio ancora, tradito dall'amico. Ed è impotente, sottoposto
a torture senza fine. Perché anche questo è vero: che la ragione ci può
rendere più raffinati nel male, più feroci della più feroce belva. Pure se è
vero che «il sonno della ragione genera mostri». E io devo farmi voce di
tutte le creature, quando prego. Dunque si preghi anche in nome dei più
disperati che sono nel mondo. Ciò significa un atto di fiducia nella
giustizia immanente di Dio. Poi faccia Dio secondo la sua volontà: quanto
più è conforme allo Spirito del suo Cristo, che continua a gemere «con forti
grida e lacrime» sulla Croce.
1 Canto a te, Dio: non startene muto!
2 Bocche e bocche su me si spalancano, bocca
di empio e bocca spergiura. Gente falsa mi sparla e calunnia, doppie lingue
che colan menzogna,
3 con parole di odio m'investono. Senza causa
mi muovono guerra,
4 con accuse ripagano amore, mentre io
attendo in preghiera.
5 Mi han sempre pagato col male, odio in
cambio di bene e di amore:
6 empio contro empio susciti Iddio! Alla
destra gli stia l' Avversario,
7 dal giudizio ne esca da reo, le sue preci
si mutino in colpe.
8 Siano pochi, mozzati i suoi giorni, il suo
posto sia preso da un altro, 9 i suoi figli rimangano orfani.
10 Moglie, vedova! i figli, raminghi! via
mendichi! le case in rovina!
11 Lo strozzino si mangi i suoi beni. D'ogni
avere lo spoglino intrusi,
12 compassione nessuno gli usi pietà alcuna
per gli orfani suoi.
13 Sulla stirpe sua piombi sterminio,
cancellato in breve il suo nome,
14 viva invece la colpa del padre. Di sua
madre Dio serbi il peccato,
15 sopravviva sol questo in Dio mentre estirpa
da terra il ricordo.
16 Mai un affetto ha usato a nessuno: contro
l'umile e il misero sempre! Cuori in piaghe ha colpito a morte.
17 Volle maledizione: a lui venga! negò
benedizione: e 10 fugga!
18 Della prima si è fatto un mantello. Come un
liquido in ventre gli sgocciola, come un olio gli penetra le ossa,
19 come un abito tutto 10 avvolge; un cilicio
sempre 10 morda:
20 questo sia da parte di Dio il salario per
chi mi vuole male; per chi contro mi dice ogni male:
21 ma tu Dio, Signore mio, salvami, con me
agisci secondo il tuo nome. Col tuo dolce affetto intervieni:
22 indigente io sono, un tuo povero con il
cuore ferito nell'intimo.
23 Sono un'ombra che trema e tramonta, sono
come locusta braccata
24 il digiuno mi flette i ginocchi. La mia
carne è sempre più debole,
25 ormai sono per loro un ludibrio, scuote il
capo ognuno al vedermi.
26 In mio aiuto accorri, o Signore, la tua
misericordia mi salvi,
27 riconoscano qui la tua mano: Che sei tu a
far questo, Signore!
28 Se da loro io son maledetto, benedetto io
sia da te, o Dio. Male a loro, e gioia al tuo servo
29 chi mi accusa infamia lo copra, come uno
straccio vergogna lo avvolga.
30 A Dio, il Grande, il canto di grazie dalla
bocca mia esploda solenne: che io lo esalti in mezzo alle folle.
31 Perché si erge alla destra del povero: del
reietto ha salvato la vita contro giudici e suoi oppressori.
Un'implacabile litania di venti
imprecazioni (vv. 6-15) è inserita all'interno di una lamentazione
pronunciata da un uomo calunniato gravemente in sede giudiziaria e quindi
votato ad un destino pauroso. E in questa luce che le maledizioni diventano
quasi un ricorso alla cassazione suprema di Dio perché intervenga e
ristabilisca la verità. Non
bisogna, quindi,
leggere queste righe con le loro potenti iperboli alla lettera; esse
esprimono una passionale scelta di campo per la verità e la giustizia e sono
un vero e proprio rimettere la causa all'azione giudiziale divina. Certo, in
esse emerge anche l'incarnazione della parola di Dio in concrete coordinate
storiche e culturali, emerge l'adattarsi del messaggio divino all'uomo
facendosi «povero» come lui per poterlo liberare. Tra l'altro gli Atti degli
Apostoli citano il nostro salmo (v. 8) per descrivere il dramma di Giuda,
l'apostolo traditore (Atti 1,16.20). Nel testo non mancano immagini di
profonda intensità, come quando nei vv. 18-191a maledizione divina è
presentata sotto i simboli dell'acqua bevuta, dell'olio versato sulla pelle,
del mantello che copre, del vestito che avvolge e della cintura che stringe.
Dossologia
Questo grido del mondo, o Padre, nello
Spirito a te affidiamo, come il Figlio ti prega in Croce.
Preghiera
Solo tu, Dio, puoi perdonare, perciò è
divino ogni uomo che perdona; perciò tu capisci se uno impreca, e converti
anche le maledizioni in suppliche di giustizia: non abbandonarci ai nostri
spiriti di vendetta, ma donaci di pregare come tuo Figlio e di scoprire in
lui la via dell'amore verso tutti i fratelli. Amen.
«Disse il Signore al
mio Signore»: che voleva dire? E può qualcuno dire del mistero della
storia: cosa si nasconda in queste oscurità del bene e del male; di
giustizie e di ingiustizie da millenni, da sempre? E come Cristo
regni dal trono più squallido del mondo; come i poveri siano la
profezia vivente di Dio contro queste potenze. E alla fine, come ai
piedi di un Crocefisso - sacerdote eterno della pace - possano
venire sottomessi e troni e principati e potestà e dominazioni...
Nello snodarsi dell'anno liturgico il salmo ci associa al viaggio
pasquale del Cristo dal mondo al Padre... in questo viaggio pasquale
la chiesa contempla nel salmo i misteri della storia salvifica
che... confluiscono in Cristo Re, Sacerdote e Profeta... Con Cristo
la chiesa combatte le stesse battaglie e con lui si disseta al
torrente lungo il cammino, partecipando alla sua Passione. E solleva
alta la testa nella vittoria della Resurrezione.
1 oracolo divino per
il mio Signore: «Siedi alla mia destra:
dei tuoi nemici
farò sgabello per i
tuoi piedi.
2 Da Sion il Signore ha
levato lo scettro del tuo potere perché tu regni in mezzo ai nemici.
3 Tutto il tuo popolo freme
ed è pronto per il dì che lo chiami alle armi, avvolto in divini fulgori. A
te viene dal grembo dell'aurora una rugiada di gioventù.
4 Il Signore ha giurato e non
si pente: «Tu sei sacerdote in eterno al modo di Melchisedek».
5 Il Signore sta alla tua
destra: egli nel giorno della sua ira i re abbatterà.
6 Giudicherà le genti,
ammucchierà cadaveri, disseminerà teste su vasta campagna.
7 Al torrente si fermerà a
bere, poi a fronte alta riprenderà la via. «Alla mia destra starai: ai tuoi
piedi gli avversari porrò per sgabello».
È composto nell' originale ebraico
di sole 63 parole, eppure questo salmo regale è stato il più studiato, il
più musicato, il più amato ed anche il più deformato del Salterio. Divenuto
fin dal giudaismo il testo classico del messianismo, le sue parole -
soprattutto nella versione greca dei Settanta e in quella latina della
Volgata di Gerolamo - sono state elaborate e tese verso il re perfetto,
erede del sacerdozio di Melchisedek, il sovranosacerdote di Salem, la
Gerusalemme preisraelitica (vedi Genesi 14). Il carme è strutturato su due
oracoli paralleli. Il primo (vv. 1-3) è quello, solenne, destinato al
sovrano nel giorno della sua intronizzazione «alla destra» dell'arca, segno
della presenza di Dio. Davanti al re incoronato sfila, poi, la parata
militare delle giovani leve (v. 3). Il secondo oracolo (vv. 4- 7) è, invece,
più di tipo sacerdotale, avendo anticamente il re anche funzioni cultiche, e
finisce con quella sanguinolenta visione del re trionfatore che sfonda i
crani dei suoi nemici, come il faraone nelle rappresentazioni egizie, e si
abbevera ai torrenti nelle sue marce militari (vv. 6-7). Il v. 3 nell'antica
versione greca era, invece, la proclamazione della filiazione divina del
sovrano davidico (vedi Sal 2,7): «Dal seno dell'aurora, come rugiada, ti ho
generato». In questa luce il salmo è diventato un classico della
cristologia, come è attestato dalle numerose citazioni neotestamentarie
(vedi, ad esempio, Marco 12,36; Ebrei 1,3.13; 7; Atti 2,34-35).
Dossologia
Gloria a te, Cristo, che ascendi dagli
inferi, portando infrante le nostre catene, o solo erede degno del trono.
Preghiera
Padre, Dio della pace, Padre dell'unico
sacerdote eterno, liberaci da ogni spirito militare, fa' di noi un popolo di
pace, di sacerdoti e profeti della pace: un popolo che viva dell'unico
sacerdozio di Cristo immolatosi per riconciliare in te tutti gli uomini, e
fare pace con la terra. Amen.
PRIMO ALLELUJA: LE
VENTIDUE LETTERE DELLA GLORIA DI DIO
Divenisse il cuore una conchiglia
che risuoni delle voci di tutte le creature della terra,' o una cetra ove
Cristo stesso, il Risorto, componga i canti più dolci e le infinite fughe
dell'Alleluja che gli spiriti beati cantano a ogni Pasqua davanti al suo
trono!
1 Alleluja! Al Signore cantate! Al
Signore io canto a pieno cuore nell'assemblea e nel coro dei giusti.
2 Grandi sono le opere del Signore le
contemplino quanti le amano.
3 Bellezza e maestà è la sua azione,
la giustizia sua viva in eterno.
4 Egli vuole che noi sempre cantiamo
la memoria dei suoi grandi prodigi: tenerezza e amore è Dio.
5 Egli il cibo provvede a chi lo teme,
egli sempre ricorda la sua alleanza.
6 Delle imprese sue al popolo suo ha
mostrato potenza e grandezza, gli ha dato in possesso le genti.
7 Verità e diritto sono le sue
imprese, stabili sono tutte le sue leggi:
8 immutabili sempre nei secoli,
eseguite nel vero e nel giusto.
9 Il suo popolo volle liberare e
l'alleanza fissare per sempre: terribile e santo è il suo nome.
10 Principio della sapienza è il
timore del Signore, intelligente e saggio è chi agisce così, la sua gloria
permane in eterno.
Riappare nei Salmi 111 e 112 l'acrostico
alfabetico: ogni riga della poesia inizia con un vocabolo aperto dalla
corrispondente lettera dell'alfabeto ebraico in successione. Entrambi i
salmi sono aperti dall'Alleluja! , l'acclamazione di lode tipica della
liturgia biblica, già incontrata nel Salmo 105 e d'ora innanzi
abbondantemente usata dal Salterio. In ventidue lettere si esaltano ora le
opere di Dio che nell'esodo dalla schiavitù d'Egitto e nel dono della Legge
al Sinai hanno la loro suprema manifestazione. La teologia dell'alleanza è,
quindi, alla base dell'inno ed è riassunta nella proclamazione del v. 4:
«Tenerezza e amore è Dio». Il salmo ha una sua semplicità e una spontaneità
quasi disarmante: si loda Dio solo perché egli è e si rivela. Dossologia
Gloria al Padre, al Figlio suo risorto, perché fonda la nuova alleanza che
abitabile rende il creato. Preghiera Per quanto terribile sia il tuo nome,
Dio di giustizia, ora che per tuo Figlio hai inaugurato la nuova ed eterna
alleanza, continua a compiere le tue meraviglie anche nella nostra storia; e
il santo timore verso di te diventi amore verso i fratelli e verso tutte le
creature, perché tutte ti cantino come il Dio della tenerezza. Amen.
Salmo 112 (111) SECONDO
ALLELUJA: LE VENTIDUE LETTERE DELLA SAPIENZA DEL GIUSTI
Sorga anche per noi, in questa tenebra che ci avvolge,
una luce clemente e soave: che non si spenga la santità sulla terra. Non
solo i santi preghino per noi, ma pure noi preghiamo per essi, perché almeno
essi non vengano meno.
1 Alleluja! Al Signore cantate!
Beato 1 'uomo che teme il Signore e grande delizia assapora nella sua legge.
2 Rigogliosa sarà la sua stirpe sulla terra, benedizione rallegrerà la sua
discendenza.
3 Abbondanza e ricchezza riempirà
la sua casa: la sua giustizia durerà per sempre.
4 Ai giusti brilla fra le tenebre
una luce clemente, amorosa e soave.
5 Felice è 1 'uomo che presta di
buon cuore e con equità amministra i suoi interessi.
6 Mai in eterno soccomberà: in
eterno durerà la memoria del giusto.
7 Egli non temerà tristi annunzi:
saldo è il cuore di chi in Dio confida.
8 Saldo e sicuro è il suo cuore e
non teme, e i suoi avversari li guarda in faccia.
9 Dona ai poveri con larga mano,
la sua giustizia durerà per sempre, la sua fronte splende di gloria.
10 L 'empio vede e si indigna,
digrigna i denti, arde d'invidia: ma la brama degli empi sempre abortisce.
Se Dio era il protagonista del
precedente Alleluja alfabetico, in questo parallelo è il giusto l'attore
principale. E proprio per l'uso cristiano nella liturgia in onore dei santi,
il Salmo 112 è divenuto uno dei testi classici nella musica occidentale
(Monteverdi, Benedetto Marcello, Vivaldi, Mozart, Bruckner ...). Anche Paolo
ha citato il v. 8 nel suo trattatello sull'elemosina cristiana in 2Corinzi
9,6-9. La struttura della lirica, di tonalità sapienziale, si basa su un
dittico intenzionalmente sghembo: al giusto sono riservati tutti i versetti
del salmo tranne l'ultimo che dipinge l'empio mentre digrigna i denti ed è
roso dall'invidia. Il giusto, invece, è esaltato soprattutto per la sua
generosità sociale: egli dà in prestito, dona largamente ai poveri e la
giustizia è la lampada sempre accesa sul cammino della sua vita. Dossologia
All'immagine viva del Padre, che del bene è gioia e ragione, alla luce che
rompe le tenebre nello Spirito canti ogni giusto. Preghiera Gesù, stella
radiosa del mattino che brilli fin dall'alba del mondo, misteriosa luce
venuta da Dio, fa' che siamo anche noi figli della luce, perché possiamo
rivelarti e rischiarare le tenebre che albergano nella mente e nel cuore
dell'uomo. Amen.
Salmo 113 (112)
L' ALLELUJA DEGLI ANTICHI VESPERI
Servi del Signore, o fanciulli,
umile gente anonima; e tu piccolo resto d'Israele delle sprovvedute liturgie
mattutine, continuate a cantare anche per chi non canta più. Voi, monaci e
angeli, tornate con i vostri cori a riempire di voci le absidi delle vostre
abbazie deserte; e sia il vostro canto unito al canto degli uccelli del
bosco e della torre del monastero, che salutano l'apparire e lo sparire
della luce sul mondo.
l Alleluja! Al Signore
cantate! Cantate voi tutti, o servi del Signore, al nome del Signore.
2 E sia benedetto il nome del
Signore da ora e per sempre.
3 Dall'alba al tramonto il
nome del Signore lodate ogni giorno.
4 Più grande delle genti
s'innalza il Signore, più alto dei cieli. La gloria sua è grande:
5 chi è pari al Signore, il
nostro unico Dio? Pure assiso sull'alto
6 si china a guardare sui
cieli e la terra.
7 I poveri e i reietti trae
fuori e solleva da fango e rifiuti.
8 tra principi li pone, i
principi più nobili del popolo eletto.
9 E dona alla sterile di esser
madre lieta in seno alla sua casa. Con questa breve composizione si apre il
celebre «Hallel egiziano», un fascicolo di Salmi (113-118) così chiamato a
causa del Salmo 114 dedicato all'esodo dall'Egitto ed usato nella liturgia
giudaica della Pasqua. Molto amato anche dalla tradizione cristiana che l'ha
considerato un po' il Magnifica! dell' Antico Testamento a causa dei
contatti che l'inno di Maria rivela col tema fondamentale del salmo, questo
cantico celebra JHWH nella sua presenza lungo la linea orizzontale del tempo
(vv. 1-3), lungo quella verticale dello spazio (vv. 4-6), ma soprattutto
lungo la storia della salvezza. In essa si assiste alle scelte di Dio che
ribalta i troni per scegliere con tenerezza coloro che affondano nel fango e
nei rifiuti (vv. 7-9). Un canto degli ultimi che agli occhi di Dio sono i
primi.
Dossologia
A te, Padre, la gloria, a te,
Figlio, l'amore, a te, Spirito, il canto.
Preghiera
O Dio, che ami gli umili e i
poveri e per loro compi prodigi, chinati ancora dall'alto dei cieli e vedi
le infinite oppressioni che imperversano dovunque sulla terra: per ogni
fratello che soffre violenza sia il tuo intervento fonte di vera
liberazione. Amen.
La pietra vive. Anche i monti
respirano; vive il mare sempre agitato dal tuo Spirito. Tutta la terra è
viva. L 'intera creazione geme di dolori di parto, come una madre, in attesa
di essere liberata dalla vanità della morte. Natura è il tuo manto, Signore,
ma la storia dell'uomo è lo spazio dove ti riveli per quello che sei, e sei
conosciuto. Tuo vero santuario è la coscienza dell'uomo. È questo nostro
cantare a dare gioia e senso agli elementi, a tutte le cose.
1 Alleluja! Al Signore
cantate! Quando Israele fuggì dall'Egitto, Giacobbe uscì da un popolo
barbaro,
2 Giuda fu eletto a tempio di
Dio, il suo dominio divenne Israele.
3 Il mare vide e si trasse
stupito, vide il Giordano e corse indietro,
4 come arieti danzarono i
monti, e le colline eran giovani agnelle.
5 Che hai tu, mare, per trarti
indietro, e tu, Giordano, a salir la corrente?
6 Perché, o monti, saltate da
arieti, e voi colline da giovani agnelle?
7 Trema, o terra, davanti al
Signore, trema in faccia al Dio di Giacobbe:
8 egli tramuta la rupe in un
lago, la dura pietra in viva sorgente.
Eccoci alla celebre ballata sull'
esodo dall'Egitto che ha dato il titolo di «Hallel egiziano» al fascicolo
dei Salmi 113-118. Caro anche a Dante che ne fa il canto delle anime del
Purgatorio «In exitu Israel de Aegypto cantavan tutti insieme ad una voce,
con quanto di quel salmo è poscia scripto», questo inno pasquale ha al
centro la straordinaria immagine della danza dei monti davanti al Signore e
quella della fuga del mar Rosso e del Giordano che corrono lontano per
lasciar passare Israele in marcia verso la terra promessa. Altrettanto
suggestiva ed essenziale è la riproduzione del racconto esodico dell' acqua
scaturita dalla roccia in un unico versetto folgorante: «egli tramuta la
rupe in un lago» (v. 8). Breve eppure imponente, mosso eppur maestoso,
questo canto pasquale è divenuto nella tradizione cristiana l'inno della
speranza nella storia e oltre la storia.
Dossologia
Tutti cantando passavano il mare,
e nella nube e dal mare son nati: popolo nuovo, per sempre in cammino,
ancora canta al Dio che libera.
Preghiera
Padre, che i santi e i poeti
ancora cantino come tutta la natura geme nell'attesa di essere liberata
dalla vanità della morte: guidaci tu verso il Regno che viene e ogni uomo
esca dalla sua schiavitù: noi siamo sempre in tempo di Esodo fino a quando
non spunterà l'alba della Resurrezione. Amen.
Ma ora anche i morti ti lodano,
Signore. Ora sappiamo che la morte non ha più potere, sconfitta una volta
per sempre. Ora, in nome dei morti, in nome del1e dodici tribù d'Israele
anche noi - nella speranza di essere sempre salvi dall'idolatria - non solo
per dodici volte, ma per infinite volte, nello spirito della sognata
Ecumene, ti proclamiamo unico «nostro Dio».
1 Non a noi, non a noi, o Dio,
ma soltanto al tuo nome da' gloria: fedeltà tua l'esige e l'amore.
2 Perché i popoli debbono
dire:
3 «Il Dio loro dov'è?», il
nostro Dio è nei cieli, e tutto egli compie.
4 Ma gli dei che le genti
adorano sono idoli di oro e d'argento, statue mute forgiate dall'uomo.
5 Hanno bocca e non dicono
nulla, hanno occhi e non posson vedere,
6 hanno orecchie e non possono
udire. Hanno narici ma senza odorato,
7 hanno mani ma prive di
tatto, non camminano eppure hanno piedi: dalla gola non esce un respiro !
8 Chi li fabbrica sia come
loro, chi ripone in loro fiducia.
9 Nell'Iddio ha fede Israele:
egli è nostro scudo e sostegno !
10 Spera in Dio, o casa di
Aronne: egli è nostro scudo e sostegno.
11 Quanti in Dio sperate e
temete, egli è nostro scudo e sostegno.
12 A noi pensa e ci benedice:
benedice Iddio Israele, benedice la casa di Aronne.
13 Benedice chiunque lo teme,
tutti, piccoli e grandi, protegge:
14 oh, vi renda l'Iddio
fecondi! Voi insieme con tutti i figli!
15 Siate sempre da Dio
benedetti: egli ha fatto i cieli e la terra.
16 Per se volle i cieli dei
cieli, conservarne per se il dominio, e affidare all'uomo la terra.
17 Non i morti inneggiano a
Dio, dai sepolcri non salgono canti, quel silenzio nessuno lo vìola!
18 Ma noi, noi che viviamo per
lui dalla terra leviamo la lode e cantiamo all'Iddio in eterno.
Alleluja! Al Signore cantate!
All'interno di un atto liturgico nel Tempio un sacerdote pronunzia una
catechesi sul vero Dio, il Dio dell'alleanza, il Dio creatore onnipotente,
la fonte di ogni fiducia, lo scudo di tutto Israele (vv. 1-11). In negativo
egli apre una polemica serrata e impetuosa contro gli idoli, «statue mute
forgiate dall'uomo», ben diverse con la loro immobilità dalla vitalità del
Signore (vv. 4-8). Finito il suo sermone, il sacerdote impartisce la solenne
benedizione facendola scendere su tutto il popolo, sulla classe sacerdotale,
la «casa di Aronne» e su «chiunque teme Dio», una locuzione che in epoca
tarda poteva indicare i proseliti pagani, desiderosi di essere ammessi nel
popolo eletto. La benedizione effonde fecondità e vita all'interno
dell'esistenza umana ed allora tutta l'assemblea, felice di sentirsi viva,
innalza un corale finale di ringraziamento (vv. 12-18) «al Dio di Abramo, al
Dio di Isacco, al Dio di Giacobbe, al Dio non dei morti ma dei vivi» (Matteo
22,32).
Dossologia
Gloria al Padre, al Figlio, allo
Spirito, per la vita che sempre ci danno: gloria all'uomo, divina immagine.
Preghiera
Tu solo, o Padre, sei per sempre
il Vivente e colmi di benedizioni quanti ti temono: tienici lontani da ogni
asservimento agli idoli, poiché da te solo ci viene il soffio di vita che fa
nascere il canto sulle nostre labbra. Amen.
Salmo 116 (114-115)
HO CREDUTO PUR QUANDO DICEVO...
È tutto e solo questione di
fede: la vita, l'uomo, la morte. «Noi crediamo, Signore, ma tu aiuta la
nostra incredulità». I (114)
1 Io amo Iddio: mi ha udito,
esaudita la voce della mia preghiera.
2 Il suo orecchio ha teso
verso di me nei giorni in cui l'invocavo.
3 Mi stringevano funi di
morte, mi serravano lacci di inferno, mi assediavano angoscia e tristezza.
4 Il nome di Dio ho urlato:
«Dio Signore, tirami fuori!».
5 Pietoso è Dio, il Signore, è
giusto e tenero il nostro Iddio:
6 Dio ha cura degli umili!
Così misero io ero e mi ha salvato:
7 anima mia, torna alla pace,
Dio, il Signore, ti ha fatto grazia.
8 Mi hai strappato la vita
alla morte, mi hai terso gli occhi dal pianto, trattenuto il piede dal
precipizio.
9 Così avanzerò alla presenza
di Dio nei campi della vita.
Dossologia
Nell'attesa del Regno cantiamo a
colui che ora siede sul trono, che già nuove fa tutte le cose ed ha vinto
perfino la morte.
Preghiera
Padre misericordioso, noi ti
rendiamo grazie per l'azione liberatrice che hai compiuto nel tuo Figlio
Gesù Cristo: in lui hai terso ogni lacrima dei nostri occhi; donaci di
camminare alla tua presenza insieme con lui, primogenito di tutti i viventi.
Amen.
II (115)
10 Ho creduto pur quando
dicevo: «Io sono davvero infelice».
11 Così esplosi nel mio
sgomento: «Falsità e perfidia è l'uomo».
12 Cosa posso offrire al
Signore per i doni che mi ha elargito?
13 Alzo il calice della
salvezza, il tuo nome invoco, Signore.
14 In presenza di tutto il
popolo scioglierò i miei voti al Signore.
15 Agli occhi di Dio preziosa
è la morte dei suoi eletti.
16 Sì, il tuo servo io sonò, o
Signore, servo e figlio di tua ancella. Hai spezzato le mie catene,
17 ti offrirò sacrifici di
lode, griderò il tuo nome, Signore,
18 in presenza di tutto il
popolo. Scioglierò i miei voti al Signore,
19 nei tuoi atri, o casa di
Dio! dentro il cuore di Gerusalemme ! Alleluja!
Al Signore cantate! La versione
greca dei Settanta, seguita dalla Volgata latina, ha spezzato questo salmo,
caro a Paolo (lo cita in 2Corinzi 4,13 e in Romani 3,4), in due composizioni
diverse. In realtà si tratta di un unico canto di ringraziamento di sapore
liturgico, segnato dall'invocazione del nome del Signore: per tre volte si
ripete la frase besem-JHWH 'eqrah, «invoco il nome di JHWH» (vv. 4.13.17).
Dopo l'evocazione di un incubo da cui Dio 10 ha liberato (vv. 1-6), il
salmista in un soliloquio «anima mia, torna alla pace...» canta la sua
totale fiducia nell'amore divino anche quando l'infelicità occupa
l'orizzonte della vita (vv. 7- 13). È per questo che ora, nel Tempio e
davanti all'assemblea, egli sta sciogliendo la sua t6dah, cioè il suo
sacrificio di ringraziamento (vv. 14-19). Fedele servo di Dio, membro della
sua stessa famiglia come dice la locuzione tecnica «figlio della tua
ancella» (v. 16), egli ora davanti al Dio dell'amore leva «il calice della
salvezza» (v. 13), la coppa rituale della libazione, segno della gioia che
il Signore ha ormai riportato all'interno della sua vita. Tra gli ammiratori
di questo salmo dobbiamo registrare un nome insolito, Voltaire, che
prediligeva il v. 12: «Che cosa posso offrire al Signore per i doni che mi
ha elargito?».
Dossologia Benedite, o martiri,
il Padre, irrorati dal sangue di Cristo, nello Spirito canti la chiesa per i
giusti che credono ancora.
Preghiera Ti chiediamo, Signore,
che almeno i santi e i giusti di ogni religione, non si perdano di animo,
non vengano meno; e dona anche a noi l'umile, silenziosa, quotidiana fedeltà
alla tua Parola: che pure la nostra vita diventi i un sacrificio di lode
alla tua gloria. Amen.
Canti di grazie con gioia
eleviamo al Padre nostro che degni ci rese di prender parte alla sorte dei
santi per sempre liberi nella sua luce (Colossesi 1,12). E cantate in nome
di tutte le creature! Aiutare tutti gli uomini a vivere: fare della lode la
fonte della nostra fiducia e della comunione: la forza della fedeltà anche
tra gli uomini. l O genti tutte, lodate il Signore, dategli gloria, voi
popoli tutti, 2 grande e fedele è il suo amore per noi, la sua amicizia
permane in eterno. Simile ad una miniatura, questo mini-inno, il più breve
del Salterio, trasformato in musica d'ineffabile bellezza da Mozart nei suoi
Vespri solenni di un confessore (1780), è stato usato dalla tradizione come
se fosse una giaculatoria e un Gloria da mettere alla fine di altri canti o
salmi. Le sue 17 parole, di cui solo 9 decisive, sono infatti la
celebrazione del cuore della fede biblica, l'alleanza che Dio stabilisce con
l'uomo attraverso il suo amore e la sua fedeltà, in ebraico hesed e 'emet.
In questa lode il poeta associa tutti i popoli, tutti i canti della terra
che sono rivolti a Dio, il grande amico.
Dossologia
Così una turba immensa che viene
da ogni lingua e colore e nazione, canta la gloria per tutto il creato
davanti al trono e davanti all' Agnello.
Preghiera
Padre, poiché da ricchi non si
canta, che almeno i poveri cantino, Signore, e facciano festa in nome di
tutta la creazione e ti portino in dono le loro umili cose. Amen.
Salmo 118 (117) QUESTO È IL
GIORNO CHE HA FATTO IL SIGNORE
Che mai alcuno confidi in questi
potenti; piuttosto scelga di essere disperato, minore sarà la sua
infelicità. E poi il grande dono di non sentirsi mai soli e abbandonati!
Così il Signore, sia sempre con noi. Perché le battaglie dell'anima sono
anche più feroci delle altre battaglie.
1 Oh, lodate il Signore: egli è
buono, sì, eterna è la sua fedeltà.
2 Israele lo dica che è buono:
sì, eterna è la sua fedeltà.
3 Dica sempre la casa di Aronne:
sì, eterna è la sua fedeltà.
4 Sempre dicano quelli che lo
temono: sì, eterna è la sua fedeltà.
5 Nelle angustie il Signore ho
chiamato, ha risposto e mi ha liberato.
6 Il Signore è per me e non temo:
che può farmi l'uomo di male?
7 Il Signore è per me e combatte,
sui nemici mi infonde fiducia.
8 Meglio affidarsi al Signore,
che nell'uomo riporre speranza.
9 Meglio è rifugiarsi in Dio, che
aver fede in questi potenti.
10 M'assediavan le genti
compatte, nel suo nome le ho sterminate:
11 mi accerchiavan da tutte le
parti, nel suo nome le ho sterminate. Circondato mi avevano tutto,
12 mi assalivano a sciami di api;
come fuoco di rovi ardevano: nel suo nome le ho sterminate.
13 Mi volevano trarre in rovina,
il Signore è stato il mio aiuto.
14 Il Signore è mia forza, il mio
canto, egli la mia sola salvezza.
15 Di salvezza e tripudio
esplodono dalle tende dei giusti le voci: «Del Signore Iddio la destra ha
compiuto prodigi grandiosi!
16 Del Signore Iddio la destra
un'armata pareva sul campo, del Signore Iddio la destra ha compiuto prodigi
grandiosi».
17 Non la morte, la vita mi
attende per cantare le gesta di Dio.
18 Il Signore mi ha messo alla
prova ma non mi ha dato in preda alla morte.
19 Di giustizia aprite le porte,
che io entri e canti al Signore:
20 Del Signore è questa la porta,
solo i giusti vi possono entrare.
21 Lode a te perché mi hai
esaudito, tu sei stato la mia salvezza.
22 E la pietra che è stata
scartata ora è fatta testata angolare.
23 Questo ha fatto la mano di
Dio: ai nostri occhi è grande prodigio.
24 Questo è il giorno che ha
fatto il Signore, esultiamo in esso e godiamo.
25 Oh, sì, donaci Dio salvezza,
sì, di vincere donaci, o Dio.
26 Benedetto chi viene nel nome
del Signore (santissimo nome!). Noi dal tempio vi benediciamo
27 Dio davvero ci ha illuminati!
Ordinate il corteo con fronde e stringetevi intorno all'altare.
28 Tu sei il mio Dio, voglio
lodarti, tu sei il mio Dio, voglio esaltarti.
29 Oh, lodate il Signore Iddio:
sì, eterna è la sua fedeltà.
Con questo inno, complesso e
solenne, si conclude l'«Hallel egiziano» pasquale (Salmi 113-118). Il testo
sembra svelare ad un esame serrato la partitura di una cerimonia liturgica,
da alcuni identificata col rituale della festa autunnale delle Capanne. Pare
di essere di fronte ad una processione. Dopo un invito liturgico al canto
rivolto a tutto il popolo, ai sacerdoti e, forse, ai proseliti accorsi a
Gerusalemme (vv. 1-4), il primo inno di lode risuona in mezzo alle «tende
dei giusti», cioè nella città santa e nelle sue vie (vv. 5- 18). E un
cantico di fiducia nell'angustia e di vittoria nel nome di JHWH, pronunziato
da un solista contrappuntato dal coro. Giunta alle «porte di giustizia»,
cioè alle soglie del Tempio, la processione dei fedeli instaura un dialogo
coi sacerdoti per ottenere il permesso d'accesso (vv. 19-20). Una volta
entrata, l'assemblea inizia la liturgia di ringraziamento e di lode alla
«pietra» che è la testata d'angolo del mondo: il simbolo è trasparente
perché Dio è chiamato spesso nella Bibbia «rupe» e la roccia di Sion è la
sede della sua presenza nel Tempio. Il corteo ora danza attorno all'altare e
riceve la benedizione dei sacerdoti (vv. 25-29). Citato a più riprese dal
Nuovo Testamento (vedi il v. 22 in Matteo 21,42 ed Atti 4,11 e il v. 26 in
Matteo 21,9 e 23,39), il salmo ha dato origine anche all'acclamazione
cristiana «Osanna», dall'ebraico hoshi'ah-na', «oh, sì, salvaci!» del v. 25.
Dossologia
Gloria al Padre, al Figlio, allo
Spirito dal principio alla fine, per sempre.
Preghiera
O Padre, che hai manifestato la
pienezza dell'amore per l'uomo facendo del tuo Figlio la pietra angolare di
salvezza: perché non ci perdiamo d'animo nei giorni della prova, rendici
saldi sul suo fondamento e fa' di noi un tempio degno della sua santità.
Amen.
«Oltrepassiamo anche la
fondamentale visione farisaica della Torah, come incessante ricupero e
decifrazione di contenuti viventi: il corpo del meditante, nel Salmo 119,
assume lui stesso, in questo espandersi di canne d'organo che fabbricano
l'oro con la materia sonora, figura risonante di Torah. È una trasmutazione
dell'essere vivente per veramente essere. Qui "non dimenticarsi di" vuol
dire essere la stessa cosa ricordata; ed essere ricordato da vuoi dire
partecipare all'Essere» (O. Ceronetti). Perciò la immobilità e la
immutabilità di tutto il canto: una staticità, per dire l'inabissarsi
dell'anima nel tu necessario e inevitabile.
Alef 1 Beato l'uomo che vive da
giusto, che nella legge di Dio cammina.
2 Beato chi osserva i suoi
decreti per stare a lui vicino col cuore.
3 Mai commette alcuna ingiustizia
chi le sue vie fedele percorre
4 I tuoi precetti tu hai
impartito perché diventino sangue evita.
5 Che immutabile possa io farmi
nel custodire la tua parola.
6 E non patisca vergogna alcuna
per l'osservanza dei tuoi statuti.
7 Grazie ti canti il mio cuore
sincero per che appresi i tuoi santi oracoli.
8 Che io osservi ogni detto e
sentenza, e tu non abbia a lasciarmi mai solo.
Bet 9 Come un giovane può essere
integro? Se vive sempre la tua parola!
10 Con tutta l'anima io ti cerco,
non farmi sviare dai tuoi statuti.
11 Nel cuore mio nascondo i tuoi
detti per non peccare mai contro di te.
12 Sii benedetto, o mio Signore,
che le tue leggi mi hai insegnato.
13 Da sempre cantano queste mie
labbra, della tua bocca ogni tua sentenza.
14 Gioia mi dà più di ogni
ricchezza il mio applicarmi ai tuoi consigli.
15 Voglio riflettere sui tuoi
comandi, alle tue vie fissare il mio occhio.
16 I tuoi precetti son mia
delizia, mai scorderò la tua santa parola. Ghimel
17 Proteggi il servo tuo, fa' che
egli viva, e sempre ami la tua parola.
18 Apri i miei occhi, che
ammirino solo le meraviglie dei tuoi statuti.
19 Come straniero io passo sul
mondo, tu non nascondermi i tuoi segreti.
20 Il cuore mi arde e consuma la
brama sempre inesausta dei tuoi precetti.
21 Tu i maledetti e i superbi
ripudi, perché ripudiano l'ordine tuo.
22 Fa' che nessuno si burli di
me, perché io osservo i tuoi consigli.
23 Se anche i potenti insieme mi
beffano, i tuoi decreti il tuo servo conferma.
24 Sono mia gloria le tue
sentenze, miei consiglieri i tuoi oracoli.
Dalet 25 La gola mia aderisce
alla polvere, la tua parola mi faccia rivivere.
26 Mi esaudisti, i miei piani ti
dissi, i tuoi voleri tu fammi conoscere.
27 Che io comprenda il tuo
disegno, le meraviglie tue fammi scoprire.
28 Il cuore mio si strugga nel
pianto ma mi confortino i tuoi consigli.
29 Da strade errate allontanami
sempre, della tua legge tu dammi la grazia.
30 Della giustizia ho scelto la
via e come norma le tue sentenze.
31 Ai tuoi oracoli io mi
aggrappo, che io non resti deluso, Signore.
32 La via io corro dei tuoi
comandi, purché tu voglia allargarmi il cuore.
He 33 Della tua legge la via
rivelami: che possa corrervi fino all'estremo.
34 Dammi una mente perché la
compenetri e del mio cuore ne faccia custodia.
35 Fammi da guida nei tuoi arcani
dove io trovi la sola mia gioia.
36 Che il mio cuore si apra ai
tuoi testi e non si dedichi a vili guadagni.
37 Da cose vane distaccami gli
occhi, nella tua via che sempre io viva.
38 La tua parola mantieni al tuo
servo, come hai promesso ai tuoi fedeli.
39 La mia vergogna che temo,
distruggi, perché son buoni i tuoi giudizi.
40 Per i comandi tuoi ardo
d'amore, per la giustizia tua dammi vita.
Vau 41 Scenda, O Dio, su me la
tua grazia, la tua parola mi porti salvezza.
42 A chi m'insulta io questo
dirò: che nel tuo verbo è la mia fiducia.
43 Dalla mia bocca non togliere
mai la tua parola, la sola che è vera.
44 Nei tuoi giudizi io sempre
confidi, sempre, in eterno, conservi la legge.
45 Camminerò per la via spaziosa,
perché ho cercato i tuoi voleri.
46 E parlerò delle tue sentenze
in faccia ai re senza mai arrossire.
47 E avrò gioia dei tuoi decreti,
perché più d'ogni altra cosa li amo.
48 Ai detti amati io alzo le mani
e nella legge il cuore si immerge.
Zain 49 La fedeltà tua ricorda al
tuo servo, in essa ho posto la mia speranza.
50 Nella mia pena è questo il
conforto, la tua parola mi dona la vita.
51 Troppo i superbi si ridon di
me, ma io non voglio deviar dalla legge.
52 I tuoi giudizi eterni ricordo,
che sono fonte di vita per me.
53 Ira mi accende per tutti i
malvagi, che la tua legge da empi tradiscono.
54 Sono il mio canto i tuoi
oracoli in questa casa del mio esilio.
55 Lungo la notte ricordo il tuo
nome, e la tua legge osservo, Signore.
56 Ecco, è questa la mia
missione: di custodire la tua parola.
Het 57 La sorte mia, ho detto,
Signore, è custodire la tua parola.
58 Con tutto il cuore ti ho
supplicato, abbi pietà come hai promesso.
59 Sulle mie vie ho indagato, e
volgo il passo ai tuoi decreti.
60 Senza indugio mi sono
affrettato a far mia vita dei tuoi statuti.
61 Lacci di empi mi avevano
avvinto, ma la tua legge non ho mai tradito.
62 Anche nel cuor della notte mi
alzo e canto inni ai tuoi santi giudizi.
63 Dei tuoi fedeli io sono
l'amico, di quanti amano i tuoi comandi.
64 La terra è piena del tuo
amore, o Dio, insegnami il tuo volere.
Tet 65 Al servo tuo di bene è
fonte la tua parola, o mio Signore.
66 Dammi bontà, armonia e
scienza, perché io credo ai tuoi oracoli.
67 lo ho errato, ma poi ho
sofferto, or la tua legge conosco e amo.
68 Buono tu sei e il bene tu
fai, così insegnami i tuoi disegni.
69 Empi m'insidian con lingua
bugiarda, ma ai tuoi detti si aggrappa il mio cuore.
70 Come di grasso han greve la
mente, ma la tua legge è mia delizia.
71 Bene per me che mi hai
umiliato, per che imparassi le tue scritture:
72 della tua bocca son testi
preziosi più che montagne di oro e argento.
Jod 73 Delle tue mani io sono
creatura, dammi intelletto che impari la legge.
74 I tuoi devoti al vedermi
esultino, per che fedele alla tua parola.
75 lo so che è puro il tuo
giudizio, per che tu ami, mi provi, o Dio.
76 Mi è di conforto la tua
clemenza, come al tuo servo avevi promesso.
77 Venga il tuo amore e mi faccia
rivivere, della tu,a legge mi doni la gioia.
78 Confondi gli empi che a torto
mi opprimono, e io m'immerga nel tuo volere.
79 A me si volgono i tuoi fedeli,
quanti conoscono i tuoi decreti.
80 Segua il mio cuore i tuoi
comandi, che mai di te io resti deluso.
Kaf 81 Sono consunto a cercar la
salvezza, sulla parola ho davvero sperato !
82 Consunti gli occhi a cercare
il tuo verbo, e dico: «Quando mi dai conforto?».
83 Son disseccato come otre al
fuoco, ma non dimentico i tuoi statuti.
84 Vivrà a lungo ancora il tuo
servo? Quando farai sugli empi giustizia?
85 Questi insolenti mi scavan la
fossa, contro la legge son tutti spietati.
86 È verità ogni tuo decreto:
senza ragione m'insultano, aiutami.
87 Quasi estirpato mi hanno da
terra, ma la tua legge non ho violato.
88 La grazia tua mi faccia
rivivere, della tua bocca io il verbo conservi.
Lamed 89 È per l'eterno la tua
parola, come i cieli è stabile, o Dio!
90 La verità tua per tutti i
secoli, come la terra è fissa, ben salda.
91 Per tuo decreto sussiste il
tempo, e ogni cosa è al tuo servizio.
92 Se la tua legge non fosse mia
gioia, nello sconforto sarei perito.
93 Che mai dimentichi i tuoi
consigli, per essi tu fammi vivere ancora.
94 lo sono tuo, aiutami, salvami,
io cerco solo il tuo volere.
95 Gli empi voglion la mia
rovina, ma io comprendo i tuoi comandi.
96 Cose perfette pur esse
finiscono, sol la tua legge è senza mai fine.
Mem 97 Quanto io amo, Signor, la
tua legge! Tutto il giorno la scruto e contemplo.
98 Dei miei nemici più saggio mi
rende, mia amica per sempre la legge !
99 Dei miei maestri mi sento più
saggio, per che io medito i tuoi oracoli;
100 e ho più senno ancor degli
anziani, perché io veglio sui tuoi consigli.
101 Tengo lontano il mio passo
dal male per custodire la tua parola.
102 Dai tuoi giudizi mai voglio
staccarmi, per che tu stesso me li hai svelati.
103 Quanto son dolci i tuoi detti
al palato, miele che stilla mi sono alla bocca!
104 Dai tuoi precetti ricevo
sapienza, per questo odio ogni via errata.
Nun 105 La tua parola è lucerna
al mio passo, il lume acceso sul mio sentiero.
106 lo ho giurato ed or lo
confermo: la verità tua io voglio seguire.
107 Stanco io sono di piangere,
o Dio, con la parola tua fa' che io viva.
108 Delle mie labbra gradisci
l'offerta, Signore, insegnami i tuoi giudizi.
109 Sì, la mia vita è sempre in
pericolo, ma non dimentico i tuoi consigli.
110 I loro lacci mi han teso i
malvagi, ma io non lascio i tuoi statuti.
111 Possesso eterno mi sono i
tuoi testi, del cuore mio la sola delizia.
112 Ai tuoi comandi il cuore ho
piegato, mia ricompensa in essi per sempre.
Samek 113 Discorsi doppi emendaci
io odio, è la tua legge il mio unico amore.
114 Il mio riparo, il mio scudo
tu sei, la tua parola è la mia speranza.
115 Allontanatevi, empi, da me,
del mio Signore la legge io seguo.
116 Vita e sostegno mi sia il
tuo verbo, non mi deluda la mia speranza.
117 Vieni a salvarmi col tuo
aiuto, e segua lieto i tuoi detti in eterno.
118 Come detesti chi lascia la
legge per correr dietro a dottrine bugiarde!
119 Tu stimi scoria gli empi del
mondo, perciò io amo le tue scritture.
120 Freme il mio corpo nel tuo
terrore, i tuoi segreti mi fanno paura!
Ain 121 Ho praticato giustizia e
diritto, non darmi in mano ai miei carnefici.
122 Al servo tuo assicura il
bene, non mi torturino più i violenti.
123 Ardono gli occhi all'attesa
salvezza, nell'aspettare il tuo verbo che libera.
124 Al servo tuo conferma il tuo
amore, e fammi esperto dei tuoi precetti.
125 Sono tuo servo, la mente
rischiarami perché intenda i tuoi decreti.
126 Che tu intervenga è tempo,
Signore, hanno violato i tuoi statuti.
127 Per questo io amo i tuoi
comandi più ancora dell'oro, dell'oro più puro.
128 Perciò cammino nei tuoi
sentieri e ogni via mendace detesto.
Pe 129 Meravigliosa è la tua
alleanza, per questo l'anima mia è fedele.
130 Nel rivelarsi la tua parola
luce diffonde al cuore dei semplici.
131 La mia bocca spalanco e
sospiro nel desiderio dei tuoi consigli.
132 Volgiti a me, il tuo amore
concedimi, tu che sei giusto per chi ama il tuo nome.
133 La tua parola sostenga i miei
passi, mai che il male prevalga su me.
134 Da ogni potere di uomo tu
salvami, fammi custode dei tuoi oracoli.
135 Sul servo tuo rischiara il
tuo volto, nella tua legge tu fammi sapiente.
136 Rivi di pianto mi colan dagli
occhi: la tua legge non seguono, o Dio!
Sade 137 Giusto tu sei, Signore
Iddio, perfette sono le tue sentenze.
138 Hai dato leggi secondo
giustizia, fedeltà grande ti ha ispirato.
139 Ardente zelo per te mi
consuma: gli empi scordano i tuoi statuti.
140 Provata al fuoco è la tua
parola che il tuo servo adora e ama.
141 Piccolo sono e quanto
sprezzato, ma i tuoi comandi non io tradisco !
142 La tua giustizia è giustizia
eterna, verità eterna è la santa tua legge:
143 Mi attanagliano angoscia e
miseria, ma i tuoi precetti mi inondan di gioia.
144 Nei testi tuoi è l'eterna
salvezza, fa' che comprenda e viva per sempre.
Qof 145 Con tutto il cuore io
grido: rispondimi, a osservar la tua legge aiutami.
146 Te io chiamo, Signore, tu
salvami, perché conservi le tue scritture.
147 L'alba precorro e grido
aiuto, la tua parola è la mia speranza.
148 Gli occhi miei precedon le
veglie per meditare le tue promesse.
149 Dolce Signore, il mio grido
ascolta, fa' che io viva per tuo volere.
150 A tradimento m'assedian
nemici, alla tua legge son tutti avversi.
151 Ma tu, Signore, mi sei
vicino, veraci sono le tue promesse.
152 Da sempre so che ai tuoi
statuti l'eternità hai fissata per base.
Resh 153 La mia miseria tu vedi e
salvami: no, la tua legge non ho mai scordato.
154 La causa mia difendi,
riscattami, la tua parola mi faccia rivivere.
155 Sta la salvezza lontana dagli
empi, perché non cercano il tuo volere.
156 La tua pietà, O Signore, è
grande, fa' che io viva per i tuoi decreti.
157 Per quanto folti ed empi i
nemici, mai ho tradito la tua parola.
158 Vedo i ribelli e ne provo
ribrezzo, perché non seguono i tuoi precetti.
159 Quanto amo i tuoi comandi tu
sai, fa' che io viva per tuo amore.
160 Verità fonda la tua parola,
eterni sono i tuoi retti giudizi.
Sin 161 Senza ragione i potenti
mi opprimono, ma temo solo la tua parola.
162 La tua parola mi dà tanta
gioia come per uno trovare un tesoro.
163 Il male, il falso aborro e
odio, ardentemente io amo la legge.
164 Per sette volte al giorno ti
lodi per le tue sante e giuste sentenze.
165 Sia grande pace per chi ama
la legge, sul suo cammino non trovi inciampi.
166 Da te attendo, Signore, la
salvezza, perché fedele ai tuoi comandi.
167 Sopra i tuoi testi continuo a
vegliare, più di ogni cosa il mio cuore li ama.
168 Leggi e decreti con cura io
seguo, ogni mia strada è nota ai tuoi occhi.
Tau 169 A te, Signore, arrivi il
mio grido, fammi comprender la tua parola,
170 Ti giunga, o Dio, la mia
preghiera, la tua parola mi salvi e liberi.
171 Dalla mia bocca ti salga la
lode, perché m 'insegni il tuo volere.
172 La lingua mia il tuo verbo
esalti, perché son giuste le tue scritture.
173 Là. mano tua mi venga in
aiuto, perché ho scelto i tuoi statuti.
174 La tua salvezza, Signore, è
mia sete, è la tua legge la sola mia gioia.
175 Possa io vivere e sempre
cantarti e i tuoi giudizi mi sian d'aiuto.
176 La smarrita tua agnella
ricerca, che la tua legge non ha mai scordato !
Questo monumentale alfabeto della
parola di Dio, espressa in modo eminente dalla Torah, la legge biblica, è
simile ad un canto orientale che sgrana le sue cellule sonore su cerchi che
a spirale salgono al cielo in ripetizioni infinite. In questa specie di
«moto perpetuo» della fedeltà alla parola divina, lampada per i passi (v.
105), più dolce del miele (v. 103) e più preziosa dell'oro fino (v. 127), fa
impressione la sofisticata tecnica stilistica per cui, con le progressive
lettere dell'alfabeto ebraico, non iniziano solo i 22 ottonari del salmo ma
anche tutti i singoli versetti dell'ottonario mentre ogni versetto deve
contenere almeno una delle otto parole ebraiche con cui si definisce la
legge: torah, «legge», dabar, «parola», 'edut, «testimonianza», mishpat,
«giudizio», 'imrah, «detto», hoq, «decreto», piqqu-dim, «precetti», miswah,
«ordine», Come in un rosario, che si snoda dall'alef alla tau, dall' A alla
Z, il fedele deve lasciarsi conquistare da questo filo orante continuo, il
più lungo di tutto il Salterio, e deve professare la sua gioia di essere
sempre con Dio in tutte le sue ore e le sue scelte di vita. Si dice che
Pascallo recitasse quotidianamente mentre D. Bonhoeffer scriveva:
«Indubbiamente il Salmo 119 è particolarmente pesante per la sua lunghezza e
monotonia; ma proprio dobbiamo procedere parola per parola, frase per frase,
molto lentamente, pazientemente. Scopriremo allora che le apparenti
ripetizioni sono in realtà aspetti nuovi di una sola e medesima realtà:
l'amore per la parola di Dio. Come quest'amore non può avere mai fine, così
non hanno fine le parole che lo confessano. Esse possono accompagnarci per
tutta la nostra vita e nella loro semplicità esse divengono preghiera del
fanciullo, dell'uomo, del vegliardo».
Dossologia
Al Dio che libera, gloria dai
giusti, per la Parola ora liberi in Cristo.
Preghiera
La tua Parola, che sta nel
principio, radice di ogni intelligenza, la stessa Parola che si è fatta
carne, o Padre, sia la nostra unica Legge lungo il cammino: rendici aperti
al suo misterioso splendore quale luce di tutti gli esseri, attenti al suo
agire incessante nelle vicende della nostra storia e in ogni singolo uomo
che sia assetato di verità, di libertà e di giustizia. Amen.
Pace io bramo Ma io non credo ai discorsi sulla pace. Pure se io
stesso non faccio che parlare di pace. «Pace, pace, e non c'è pace»: così è
scritto. «Parlano di pace, ma con ben altro nel cuore»: è scritto anche
così. Oppure: «Hanno sulla bocca parole di miele, ma nel cuore.
1 Nell'angustia a Dio ho gridato:
invocato, mi ha esaudito!
2 La mia vita salvami, o Dio, da
empie labbra e lingue bugiarde!
3 Che può darti, quale salario
per te, o lingua «sputa-menzogna»?
4 Frecce avrai d'arciere, acuite
dal ginepro fatto carbone.
5 Me infelice, esule in Mesek,
prigioniero in tende di Kedar!
6 Troppo a lungo ho dimorato fra
violenti che odian la pace.
7 Pace io bramo, e loro invece
pensan solo a fare la guerra.
Nei titoli apposti ai salmi dalla
tradizione giudaica la collezione dei Salmi 120-134 porta l'indicazione dei
«canti delle ascensioni». Si tratta, forse, di una specie di libretto del
pellegrino che «ascendeva» verso Gerusalemme (la città è a 800 metri) per i
tre pellegrinaggi annuali di Pasqua, Pentecoste e Capanne. Questa «salita»
naturalmente diventava espressione di un' «ascesa» spirituale verso il
mistero trascendente di Dio. I quindici salmi qui raccolti sono diversi per
genere, hanno spesso per sfondo la città santa e amano la ripresa, anche
verbale, dei temi. Il primo che incontriamo, il Salmo 120, si apre con un
bellissimo 'el-JHWH, «verso il Signore», che indica appunto lo slancio verso
l'alto e verso la comunione con Dio. Il tono è quello di una supplica contro
due incubi, quello della lingua perversa (vv. 1-4) e quello della guerra (vv.
5-7). L'orante si descrive autobiograficamente esule in Mesek, una regione
barbara posta tra il Mar Nero e il Caspio, e prigioniero tra le tende di
Kedar, una bellicosa tribù araba nomade della penisola araba o del deserto
siro. Evidentemente si tratta di due simboli per indicare un mondo ostile e
barbaro, in cui domina la violenza. Ma il desiderio del salmista è uno solo,
la pace-shalom, vocabolo che evoca Gerusalemme, la «città della pace».
Dossologia
La tua pace è solo il Cristo: o
uomo mite, in lui spera e canta.
Preghiera
A tutti coloro che cercano e
operano la pace concedi, o Padre, la tua beatitudine: non siano sopraffatti
da nessuna violenza, ma trovino nel Vangelo la forza di credere che è
possibile anche la pace, convinti che è l'utopia a portare avanti il mondo.
Amen.
No, nessuno, nonostante la nostra
presunta onnipotenza, può aggiungere un cubito alla sua statura, spostare di
un giorno il paletto terminale della sua esistenza; nessuno è sicuro di
giungere fino a sera, oppure dalla sera al mattino; e cosa e chi incontrerai
per via, e cosa ti succederà nel giorno... Oh, santi! Felici voi che, pur
nella via più tumultuosa, pur nell'attraversare le piazze agitate, nemmeno
dicevate «Gloria al Padre...», ma: «Gloria a te, Padre; a te, Figlio; a te,
Spirito Santo. ..»; e andavate sereni, quasi a passo di danza, perfino
incontro alla morte.
1 Gli occhi miei sollevo ai
monti: donde mai mi viene aiuto?
2 Il mio aiuto vien da Dio, egli
ha fatto cielo e terra.
3 Non ti lascia il passo incerto,
ne mai dorme il tuo custode,
4 e neppure si assopisce il
custode d'Israele.
5 Tuo custode è Dio, il Signore,
al tuo fianco è scudo e ombra:
6 non ti prostri il sole a
giorno, ne di notte luna inganni.
7 Da ogni male ti è riparo, e
difende la tua vita:
8 se tu parti, con te viene, con
te rientra: ora e sempre.
Nell'originale ebraico ricorre
per sei volte la radice verbale che indica il «custodire» della sentinella
che veglia sulla città nella notte. Dio è, infatti, dipinto in questa
preghiera di fiducia, come la sentinella che mai si assopisce, pronta sempre
a diventare scudo del suo fedele nelle oscurità della notte, quando i raggi
della luna possono accecare o far impazzire (come credeva il folklore
orientale), oppure ombra nel cammino assolato del giorno. Gli occhi del
fedele sono, perciò, protesi ai monti di Gerusalemme (non dimentichiamo che
questo è il secondo «salmo delle ascensioni» ) dove si erge il Tempio e da
dove viene la forza del divino custode. Il Signore, infatti, copre con la
sua vigilante protezione il «partire» e il «rientrare» dell'uomo, cioè tutto
il percorso della vita, dall'uscita dal grembo materno fino all'ingresso nel
grembo della terra (v. 8).
Dossologia
Sei tu, Cristo, nello Spirito a
svelarci il cuor del Padre sei del gregge il buon Pastore, a te il nostro
amore e il canto...
Preghiera
Dio, che ti sei fatto nostro
compagno di viaggio, in te solo abbiamo fiducia, perciò andiamo sereni per
le strade della vita, gioiosi di essere un segno della tua amorosa presenza
pur in questa agitata storia del mondo. Amen.
Potrà qualcuno ancora cantarti
questo dolcissimo canto, o Gerusalemme? Gerusalemme, ovvero la città oggi
più divisa fra tutte, e armata e contesa! Già quando il suo più umile
Pellegrino si affacciò alle porte, «alla visione della città, pianse su di
essa dicendo: -Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la via della
pace! Ma ormai è stata nascosta ai tuoi occhi...». E noi, avremo ancora una
città su cui piangere? Avrà ancora l'uomo una città?
1 Oh, l'allegria all'udire
l'annuncio: «Andiamo, andiamo alla casa di Dio».
2 Già fermi i piedi sostiamo
davanti alle tue porte, o Gerusalemme.
3 Gerusalemme è ben costruita,
pietra su pietra, a incastro, compatta:
4 là le tribù da ogni parte
ascendono, ogni tribù del Signore Iddio: tutte a irradiare il nome di Dio
come da sempre è legge a Israele:
5 là il Giudizio ha posto il suo
trono, eretto il trono la casa di David !
6 Pace per sempre a Gerusalemme,
pace per tutti i suoi amanti,
7 pace riposi su tutte le mura,
prosperità ad ogni tuo palazzo.
8 Per i fratelli e tutti gli
amici io ti dirò: «Sopra te scenda la pace».
9 E per la casa del nostro Iddio
io chiederò: «Venga a te ogni bene».
Ecco uno dei più celebri e più
appassionati canti di Sion e delle ascensioni a Gerusalemme, messo in musica
da Monteverdi nel suo Vespro della Beata Vergine (1610). Affidata
nell'originale ebraico ad un caldo impasto sonoro, questa lirica nella prima
strofa (vv. 1-2) fonde due momenti cronologicamente distinti: il momento
lontano in cui il pellegrino decise di partire per la città santa e
l'istante presente in cui i piedi finalmente sono sulla terra di Sion, di
fronte alle porte della città. Affascinato dallo splendore architettonico e
spirituale di Gerusalemme, il poeta si lascia conquistare dalla voglia di
celebrare la città del suo amore, sede della casa di Davide e dei tribunali
d'appello, i «troni del giudizio» che rendono più giuste le tribù d'Israele
(seconda strofa: vv. 3-5). Il cantico si chiude, allora, con un'ultima
strofa (vv. 6-9) che è un augurio «francescano» di «Pace e Bene» per la
città amata. Come spesso avviene nei Salmi delle ascensioni, con questo
augurio si gioca sull'assonanza tra la parola «Gerusalemme», interpretata
popolarmente come «città della pace» e il vocabolo ebraico shalom, «pace»,
dai contorni messianici.
Dossologia
Concittadini e fratelli dei
santi, o familiari di Dio, cantate alla città che discende dal cielo come
una sposa già pronta alle nozze.
Preghiera
Gesù, che hai detto quanto il
Padre ora cerchi adoratori in spirito e verità e come tu per questo sei
venuto e ti sei fatto eterno pellegrino, accompagna pure noi, liberi e
gioiosi, sulla strada verso il Regno, vera patria dell'uomo e di Dio. Amen.
Ma pure i tuoi occhi, o Dio, sono
amorosamente fissi sopra i tuoi giusti. Nessuno degli altri dèi è geloso
quanto tu sei geloso del tuo umile fedele «poiché hai guardato
all'umiliazione della tua serva, ecco che tutte le genti mi chiameranno
beata».
1 Gli occhi miei a te ora
innalzo, a te, Dio, che siedi nei cieli:
2 proprio come gli occhi dei
servi pronti al cenno del loro padrone. O come occhi di schiava alla mano di
matrona se mai fa cenno: sono così i nostri occhi in Dio finche abbia di noi
pietà.
3 Pietà, Dio, pietà di noi tutti:
ingozzati da troppi insulti,
4 di sputi e scherni di folli e
potenti arcisazia è la nostra gola.
La celebre scultura del Museo del
Cairo che raffigura lo scriba con la mano pronta sul papiro e gli occhi
fissi al suo signore sembra quasi la rappresentazione dell'immagine centrale
di questa bella lirica dei «canti delle ascensioni». Gli occhi dei servi
spiano con estrema attenzione le mani dei loro padroni per cogliere anche il
più piccolo segno della loro volontà e della loro benevolenza. Gli occhi del
povero e dell'emarginato sono anch'essi fissi sulle mani del Signore perché
appena esse si muoveranno, creeranno giustizia e libertà distruggendo «i
folli e i potenti». È particolarmente forte la descrizione della «sazietà» a
cui il giusto è ora sottoposto: ingozzato da troppi insulti, con la gola
sazia di sputi e di scherni (vv. 3-4).
Dossologia
Ma io amici vi chiamo, non servi,
a voi il cuore del Padre ho svelato e vi ho dato il suo Spirito santo: nella
gioia vivete e cantate.
Preghiera
Padre, donaci occhi sempre fissi
ai tuoi cenni, uno spirito sempre attento a tutte le tue ispirazioni, a ogni
segno, piccolo o grande, dei tuoi misteriosi interventi nella vita
dell'uomo, sicuri che non abbandoni i tuoi fedeli in balia di nessuno. Amen.
Sarà ancora Israele in grado di
pregare secondo questo salmo? Intanto lo dicano tutti i piccoli popoli
oppressi! E siano liberati un giorno come lo fu Israele, quando ieri Israele
era davvero l'immagine di JHWH. Poveri del mondo, ci sarà sempre «un buco
nella rete»: anche nella rete del più potente e feroce uccellatore.
1 Se Dio non fosse stato per noi,
- lo dica Israele! –
2 se Dio non fosse stato per noi,
quando bande di uomini ci assalivano:
3 davvero ci avrebbero ingoiati
vivi quando su di noi divampò il loro furore;
4 davvero ci avrebbero travolto
le acque, acque e fiumane sul collo ci sarebbero passate;
5 davvero una piena di acque fino
al collo ci avrebbe sommerso!
6 Benedetto sia Iddio, il
Signore, che non ci ha consegnati preda ai lor denti.
7 il nostro collo è stato
liberato come l'uccello dal laccio dei cacciatori, il laccio si è spezzato e
noi siamo scampati.
8 Tutto è avvenuto nel nome di
Dio il Signore che ha fatto il cielo e la terra.
Il piccolo poema ha una prima
sezione (vv. 1-5) costruita in forma quasi ritmata; a due protasi ripetute
«se Dio non fosse stato per noi...» succedono tre apodosi «davvero...
davvero... davvero...» che scandiscono il pericolo descritto attraverso i
simboli antitetici del fuoco che tutto incenerisce e delle acque che
ingoiano. Anche il Siracide cantava: «Mi hai salvato dalla morsa soffocante
delle fiamme, dal ventre di un oceano senz'acqua» (vedi 51,2-5). La seconda
parte del salmo passa dalla supplica alla benedizione (vv. 6-8). È il
ringraziamento a Dio perché ci ha strappati dai denti del mostro maligno. L
'immagine usata è di tipo venatorio: come un uccello, impigliato nella rete,
sente il cappio stringersi al collo, così Israele è soffocato
dall'oppressione. Ma Dio irrompe e con la sua forza spezza il laccio e fa
uscire il suo popolo verso la libertà. Questa scena è rappresentata, ma al
contrario, nella «stele degli avvoltoi», opera sumerica della prima metà del
III millennio: il dio Ningirsu con la sinistra tiene i nemici imprigionati
in una rete e nella destra stringe la mazza per sfracellare quelli che
vogliono evadere.
Dossologia
A Dio Padre, al Figlio, allo
Spirito, mai si spenga il canto dei liberi, dei salvati l'inno di gloria.
Preghiera
O Padre, che in Gesù Cristo, tuo
Figlio, hai spezzato per sempre il laccio di morte, manda ancora il tuo
Spirito di vita e guida il tuo popolo, libero e sereno, nel cammino verso la
terra promessa, verso il Regno che viene sempre. Amen.
Salmo 125 (124) COSÌ IL SIGNORE CINGE IL SUO POPOLO
Ma tu non confidare in quei
monti: «Così non porrai la tua speranza sui monti, ma su colui che illumina
i monti».
1 Quanti ripongono la loro
fiducia in Dio saranno simili alla montagna di Sion che incrollabile sta in
eterno.
2 Come i monti cingono
Gerusalemme, così il Signore cinge il suo popolo da ora e per sempre.
3 No, lo scettro dell'empio
sul dominio dei giusti a lungo non graverà: purché i giusti non vogliano
macchiarsi le mani con la colpa dell'intrallazzo.
4 Sii buono, Signore, coi
buoni, con chi vive una vita sincera.
5 Ma di quanti deviano per
strade sbagliate Iddio il Signore ne faccia un fascio solo cogli empi: Pace
su Israele!
In questo sesto «cantico delle
ascensioni» Gerusalemme fa di nuovo la sua apparizione. Domina nella strofa
iniziale (vv. 1-2) ove si levano i suoi monti, segno della stabilità che
JHWH, la rupe per eccellenza, offre ai suoi fedeli. Una seconda presenza di
Gerusalemme è, invece, posta in finale nel tradizionale saluto shalom-pace
che, come si è detto, gioca sul significato popolare di «Gerusalemme - città
della pace». Il resto del carme è occupato da una supplica contro 1'incubo
dell' oppressione (vv. 3-5). Ma con una significativa precisazione: Dio
terrà lontano da Sion lo scettro dell'invasore se gli ebrei non si
lasceranno tentare dall'ingiustizia al loro interno, nella gestione della
loro vita sociale (v. 3). Una protezione non magica ed automatica, quindi,
ma condizionata all'osservanza del Decalogo. È solo così che Dio svelerà il
suo volto misericordioso per gli oppressi; altrimenti sarà giudice
implacabile anche per il suo popolo (vv. 4-5).
Dossologia
Sempre al Padre rendiamo la
gloria, perché il Figlio ha donato agli uomini, roccia salda in ogni
tempesta.
Preghiera
O Padre, in te solo abbiamo
riposto la nostra fiducia: rendici saldi come monte incrollabile e fa' che
non siamo tentati da operare mai cose ingiuste, che rendano tenebra in noi
la luce del tuo Mistero. Amen.
Salmo 126 (125) QUANDO IL SIGNORE, LE NOSTRE CATENE,
E tu, Signore, per questa gioia
degli umili - gioia divina, da impazzire -, continua a intervenire: sarà
anche per te la gioia più grande e umana! Troppi popoli poveri ancora
seminano nel pianto, senza neppure il diritto di raccogliere il frumento
maturato con l'acqua delle loro lacrime.
1 Quando in sue mani il
Signore riprese le sorti di Sion, era per noi come un sogno.
2 Allora di sorriso
fiammeggiarono le labbra, lingua e bocca esplosero di gioia. E tra le genti
corse la voce: «Oh, quali grandi cose ha fatto per loro il Signore!»
3 Grandi cose ha fatto per noi
il Signore: ubriachi eravamo di gioia.
4 Come i torrenti del Negheb
il Signore fa rifluire le nostre genti disperse.
5 Chi semina nel pianto nella
gioia mieterà:
6 Chi porta il sacco della
semente se ne va con lacrime, ma come canterà di gioia quando tornerà, le
spalle cariche dei propri covoni !
Scrive A. Chouraqui, noto
traduttore e commentatore ebreo della Bibbia: «Usciti dai campi di
concentramento, scampati dai forni crematori nazisti, noi cantavamo il Salmo
126 che sembrava essere scritto per questa circostanza, il ritorno dei
prigionieri di Sion verso la terra promessa. Il riso che riempiva la bocca
del salmista 2500 anni prima era il nostro riso e la nostra lingua cantava
il suo canto!». Anche se il salmo invoca probabilmente solo che Dio restauri
le sorti di Sion caduta o schiava, il carme può essere inteso anche come il
canto dei rimpatriati dall'esilio di Babilonia, dopo che nel 538 a.C. Ciro
aveva concesso loro il rientro al focolare nazionale. La restaurazione o il
ritorno sono descritti con due immagini desunte dall'orizzonte palestinese.
I torrenti del Negheb, arida regione meridionale di Israele, sono secchi e
sassosi d'estate ma a primavera si gonfiano d'acqua e fanno fiorire persino
il deserto. La semina è sempre un momento sospeso, perché una stagione
meteorologicamente negativa può vanificare ogni lavoro. La mietitura è,
invece, festa. Così è stato per la storia d'Israele. Ai momenti di sete e di
aridità, al pianto e all'attesa Dio fa succedere acqua e cibo, gioia e
libertà.
Dossologia
O deportati da tutti i paesi, a
Dio, sciogliamo il canto di lode, perché nel Cristo risorto dai morti tutte
le lacrime nostre asciuga.
Preghiera
Padre, Dio della libertà, sola
nostra libertà possibile, ti chiediamo che in te si inverino tutte le lotte
di liberazione degli oppressi sulla terra, e la chiesa, la tua chiesa, sia
il paese dell'umanità libera e pacificata. Amen. TORNAVAMO DAI LAGER
Tornavamo dai lager come torrenti in piena verso la terra del sole. Tutti i
volti erano in pianto e il cuore impazziva nella «paura» di sentirci liberi.
Un nembo solo di cenere avvolgeva morti e vivi in cammino sulle strade d
'Europa. Ma non sapevamo, Signore, quanto è difficile essere liberi. Era
bene che pure i vincitori fossero uccisi, libertà non sopporta vittorie.
Ritorna, Signore, e disperdi quanti hanno nuovamente ucciso milioni di
morti: anch'essi sono divenuti assassini, hanno superato l'infamia dei
vinti. Ritorna, Signore, e uccidi tutti i potenti: maledetti che usano
perfino il tuo nome! Almeno gli ultimi poveri del mondo conoscano solo inni
di pace.
O abitato,re di grattacieli e di
appartamenti, se pur credente, potrai tu cantare ancora questo incredibile
salmo? C'è forse qualcuno più solo di un inquilino di condomini? E dove
ancora una città fatta di case?
1 se non edifica Dio la casa i
costruttori faticano invano. Sulla città se non veglia il Signore veglia
invano la guardia notturna.
2 Vano per voi è levarvi
all'alba, a tarda notte concedervi al sonno; mentre per voi è amaro il pane,
egli all'amico gioia e bene provvede.
3 I figli sono un dono di Dio,
un premio suo i frutti del grembo.
4 Come le frecce in mano d'
arciere sono i nati da tua giovinezza.
5 Beato chi ha la faretra
ricolma, paura non ha di nemici alla porta.
Messo in musica in una mirabile
tessitura musicale (dieci voci!) da C. Monteverdi nel Vespro della Beata
Vergine (1610), questo «canto delle ascensioni» è costruito su un ideale
dittico: senza Dio, invano. ..(vv. 1-2); con Dio, ecco invece... (vv. 3-5).
Tutte le immagini sono urbane, assunte quasi da Gerusalemme. Senza Dio,
invano si elevano mura di protezione, le scolte notturne spiano la notte, i
lavoratori si consumano per il pane. Con Dio, invece, ecco una stupenda
discendenza. Questo simbolo riassume in se tutte le benedizioni divine
perché non è solo segno di vita e di fecondità ma anche di immortalità nel
ricordo e nel futuro dei figli soprattutto quando incerta era la speranza
nell'oltrevita. Il giusto entra in scena come un poderoso guerriero, armato
di quelle frecce acuminate e vittoriose che sono i figli. Per mezzo di
queste giovani forze egli respingerà i nemici che si concentrano alle porte
della città nella speranza di farla cedere. O se si vuole, il giusto sarà
come uno sceicco attorniato da una folta e vigorosa prole: egli si fa largo
tra la folla che si accalca alla porta-municipio della città e tutti i suoi
avversari si ritirano davanti alla sua forza, segno della benedizione
divina. Dossologia Sia gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito, che ci
ricolmano il cuore di beni. Preghiera Padre, donaci una casa, Padre, donaci
fiducia reciproca, aiutaci ad amarci! Le case sono sempre più rare, sempre
più rari i padri, e i figli sempre più estranei! Padre, manda il tuo Spirito
che accenda il tuo fuoco nel cuore dei padri, delle madri, dei figli, e più
nessuno sia così solo! Amen. A ME UN PAESE A me un paese di sole una casa
leggera, un canto di fontana giù nel cortile. E un sedile di pietra. E
schiamazzo di bimbi. Un po' di noci in solaio, un orticello e giorni senza
nome e la certezza di vivere.
Possa levarsi piena la voce
giubilante dello sposo e quella della sposa, e i cori gioiosi di chi alla
loro gioia si accompagna. Benedetto, o Signore, che rallegri lo sposo con la
sposa.
1 Felice colui che teme il
Signore: chiunque cammini per le sue vie.
2 «Mangerai il frutto del tuo
sudore, il pane guadagnato con le tue mani: o te beato, avrai ogni bene!
3 Sarà la tua sposa una vite
feconda nella intimità della tua casa, i figli tuoi virgulti d 'ulivo
intorno alla tua mensa» . 4 È questo la benedizione dell'uomo timorato di
Dio:
5 «Ti benedica Dio da Sion!
Possa tu vedere il bene di Gerusalemme ogni giorno della tua vita:
6 Possa tu vedere i figli dei
tuoi figli». Pace su Israele!
Questo delizioso quadretto
familiare - che ha reso il salmo uno dei testi liturgici del matrimonio
giudaico e cristiano - mette in scena un padre soddisfatto del suo lavoro,
una moglie piena di vita e di fecondità come la vite, simbolo per eccellenza
dell'Israele benedetto da Dio (vedi il Salmo 80), i figli pieni di energia e
di vitalità come i polloni dell'ulivo, altro albero caro alla Bibbia. Un
idillio pieno di pace, di serenità, di felicità. Ma la porta della casa
sembra essere aperta su Gerusalemme, alla piccola famiglia ebraica subentra
la grande famiglia della nazione sulla quale scende la stessa atmosfera di
pace, di serenità, di felicità. Il carme sapienziale, fiorito all'interno di
una casa, sfocia così nella liturgia del Tempio ove i sacerdoti, benedicendo
quella famiglia, vedono in essa il segno della protezione divina e della
pace-shalom (v. 5) su tutto Israele fedele.
Dossologia
Sia gloria al Padre, al Figlio,
allo Spirito, come era in principio sia ora e per sempre.
Preghiera
Padre, donaci di tornare tutti a
guadagnarci il pane con le nostre mani, e tornare tutti a gustare quanto sia
buono il pane. Padre, dona a tutte le case una donna forte e saggia, che
insieme all'uomo sia il principio dell'armonia libera e necessaria. Padre,
dona figli che siano segno di gioia e pace intorno a ogni mensa: e che tutti
possiamo veder fiorire una chiesa più credibile, una città più umana. Amen.
TEMPO È DI TORNARE Tempo è di tornare alla casa antica verso il silenzio e
il regno verde. Tempo è d'obliare lo squallore di queste armate solitudini.
Ogni notte, da tempo, m'esilio nel sogno: a navigare sul fiume delle sepolte
vite. Allora quasi mani di angelo adornano e stendono ghirlande ad arco
lungo una via che non ha nome; e aceri e olmi s'inchinano al tuo incedere
nuziale. Riappare una fattoria a rompere la vasta campagna; e un canto di
fanciulle ti viene incontro portato sulle mani bianche del vento... Già le
tue mani nuove e la terra nuova spandono profumi insieme, e l'«Arida»
riprende a fiorire al passo leggero del Dio che torna alla sua fattoria.
Quale, Signore, sarà l'Israele
che ora nel mondo ti canterà questo salmo di oppressione? Ora che il tuo
Israele è tentato lui di passare con l'aratro sul dorso di altri ancora più
oppressi e soli! Che nome porta questo nuovo «uomo del dolore?».
1 Troppi e quanto mi anno
oppresso, quanti fin dall'infanzia amara, lo può dire ben forte Israele!
2 Fin da giovane oppresso mi
hanno, ma non mi hanno fiaccato ne vinto:
3 sul mio dorso han voluto
scavare! Con l'aratro essi hanno arato, lunghi e fondi han tracciato i
solchi,
4 ma il Dio giusto il lor
giogo frantumi! I grovigli del male recida
5 e confusi si volgano in fuga
quanti sono nemici di Sion.
6 Erba sopra i terrazzi,
riarsa prima ancora di essere alta, mietitore non faccia raccolto!
7 E nessuno si riempia il
grembo, o vi speri di farne covoni,
8 ne mai possano dire i
viandanti: «Il Signore su voi abbondi, bene a voi nel nome di Dio: da noi
pure un buon augurio».
Il decimo «cantico delle
ascensioni» raccoglie un grido: è l'Israele oppresso che urla nella tortura
e che evoca la sua continua storia di perseguitato «fin dall'infanzia», cioè
fin dalle sue origini come popolo, in Egitto sotto la schiavitù faraonica. L
'immagine usata per descrivere questo tormento è quella dell'aratura (v. 3):
al suolo lacerato, squartato, straziato dalla lama dell'aratro o del legno
appuntito subentra in dissolvenza il dorso umano di un prigioniero striato
di sangue, scavato dai flagelli, straziato dalle torture. Ma il salmo nella
seconda parte scivola verso la speranza ed è ancora un'immagine agricola a
dipingere la svolta attesa, quella della mietitura che nella Bibbia è spesso
segno del giudizio divino. I tetti delle case palestinesi erano spesso
coperti di terra battuta. In occasione delle piogge primaverili su di essi
si stendeva un velo di verde, fatto di erbe spontanee e di grano. Ma
l'esiguità del terreno impediva che potessero attecchire pienamente
crescendo in spiga o fiore. Così sarà il successo degli oppressori: un
apparente fulgore, la fioritura d'un istante, ma nessuno potrà colmare il
grembo quando mieterà quelle spighe.
Dossologia
La speranza che mai tu deludi a
te, Padre, e al Figlio e allo Spirito salmi e canti ci ispiri di gloria.
Preghiera
L'oppressione che i popoli dei poveri patiscono ora
nel mondo, come pativa il tuo Israele nella sua storia, si muti, Padre, in
liberazione di tutti, in liberazione anche degli oppressori: ogni anelito di
libertà sulla terra trovi il suo compimento nel nome di tuo Figlio che
continua ad agonizzare in tutte le vittime. Amen.
SALVA LA TUA CREATURA Salva la tua creatura, Signore,
l'uomo che porta l'immagine tua: che non rovini per sempre nel male chi hai
redento col sangue da morte. Uomini schiavi, oppressi, malati, uomini senza
nessuna speranza: turbe di Lazzari intorno ai palazzi, morenti a turbe in
mezzo ai deserti! Ed altri uomini empi e rapaci, tutti in peccato, sedotti e
perduti, e leggi ingiuste, torture, violenze, e sempre il giusto che paga e
muore. Fa' della chiesa un paese di liberi, una splendente città di
salvati...
DALL'ABISSO No, non c'è notte da Innominato che non
possa essere squarciata da una preghiera. Perché anche il disperato spera;
anche il suicida spera. Pure la morte spera; e può essa stessa comporsi in
un estremo De profundis. Anche il fiotto del sangue è un inaudito gemito.
Anche chi grida a te da luoghi troppo profondi e ti dice di non ascoltar la
tua voce, ti prega. E pure chi ti maledice, Dio, a suo modo ti innalza il
suo De profundis assurdo. E, presente o assente che tu sia, sempre incombi
dall'altro polo dell'abisso: ora muto come una lapide; ora tenero come una
madre, gioioso di sentire pietà. Tu pure commosso e avvilito per questo
infinito dolore del mondo; commosso per le tante vite infelici, colpevoli o
innocenti che siano.
1 Dall'abisso a te grido, o Signore,
2 Signore ascolta la mia voce: alla mia voce che ti
implora amoroso accosta le orecchie tue.
3 Se tu guardi alle colpe, Signore, potrà qualcuno
resistere, o Dio?
4 Ma presso di te è il perdono che ci irradia del
tuo timore.
5 lo spero, Signore, l'anima mia spera, nella tua
parola confido.
6 L' anima mia è tesa al Signore più che le
sentinelle verso l'aurora, più che le sentinelle verso il mattino.
7 Attenda Israele il Signore, perché presso il
Signore è la grazia, e grande è presso di lui la redenzione !
8 Da tutte le sue colpe egli redimerà il suo
Israele.
Le 52 parole ebraiche del De profundis sono state
ripetute, tradotte, commentate forse più di ogni altro salmo. Ed anche se
spesso ridotta al rango di canto funebre, questa supplica resta uno
splendido inno alla gioia del perdono. Questo grido che sale dai luoghi
abissali del male nascosto nel cuore umano penetra i cieli e dalla colpa
conduce alla grazia, dal peccato alla redenzione, dalla notte alla luce.
Vorremmo solo fare due osservazioni su questa pagina così celebre e così
nitida. La prima riguarda il v. 4. Il timore di Dio nasce per il salmi sta
non dal giudizio ma dal perdono, proprio come suggerisce Paolo: «È la bontà
di Dio che ti deve spingere alla conversione» (Romani 2,4). Il gesto del
perdono deve incutere dolore per un amore offeso; più che la collera di Dio
deve generare timore e dolore il suo amore disarmante. È più amaro colpire
un padre che un sovrano inesorabile. Il secondo dato che vogliamo
sottolineare è racchiuso nell'immagine del v. 6. L 'attesa del perdono è il
sospiro di tutto l'essere così come le sentinelle spiano il primo filo di
luce dell'aurora che segna la fine delle paure notturne. Nella trepidazione
c'è anche la certezza che il sole sempre spunterà col suo carico di luce e
di vita. Ma il vocabolo «sentinelle» indica anche più genericamente «coloro
che vegliano», forse anche i sacerdoti che nel Tempio attendono il giorno
per poter presiedere - forse anche una sola volta in vita a causa del loro
numero elevato - il culto d'Israele. Un'attesa santa e gioiosa dell'amore di
Dio verso la sua creatura.
Dossologia
Al suo trono di grazia e d'amore egli ha aperto per
tutti la via: con fiducia andiamo dal Padre, e lo Spirito canti per noi.
Preghiera
Dio, abbi misericordia di noi che siamo meschini e
peccatori! Dio, non guardare le nostre colpe, ma guarda al volto sfigurato
di tuo Figlio! Dio, ti prego, guarda solo alla disperazione, guarda al
desiderio che qualcuno ha perfino di morire! Dio, se vuoi, guarda ai
fanciulli, guarda alle madri, guarda ai poveri, e dimentica, dimentica...
Guarda ai giusti di ogni religione e di tutte le chiese! Per te è un niente
perdonare, e tuo Figlio ha detto che nessuna festa è pari alla festa che tu
fai nei cieli per un solo peccatore che si converta. E allora per la tua
gioia e per la nostra pace donaci la grazia di convertirci. Amen.
Come gli angeli volare eternamente immobili dentro il
tuo gorgo e contemplare i tuoi occhi. Ancor più, ancor più e sempre, o Dio,
o Amato, in ogni cosa piacerti! Sensi di fanciullo ti chiedo, di farmi
interiore e mite, e taciturno nella tua pace. E di possedere un cuore
chiaro.
1 Orgoglio non gonfia il mio cuore, superbia non
turba il mio sguardo, non vado in cerca di gloria, di grandi imprese,
Signore.
2 Tranquillo e sereno mi sento, un bimbo in braccio
a sua madre, un bimbo svezzato è il mio cuore:
3 in Dio speri sempre Israele!
La dolcissima immagine che regge le poche battute
di questo salmo di fiducia hanno reso la preghiera in esso racchiusa una
delle più care alla tradizione cristiana. È il canto di una fiducia
spontanea ed assoluta, quasi istintiva, simile appunto all'aggrapparsi
affettuoso e sereno del bambino alla persona che costituisce la sua
sicurezza e la sua pace, cioè la madre. Non si tratta, però, come molti
pensano, del bambino ancora allattato; il termine ebraico definisce il bimbo
svezzato e l'immagine, allora, è quella molto orientale del bimbo che la
madre porta sul dorso. Si ha, quindi, un'intimità più cosciente. Isaia aveva
già cantato il rapporto tra Israele e il suo Dio proprio sulla base della
simbolica materna (49 , 15) e anche in alcune epigrafi egiziane si diceva:
«Due volte felice colui che riposa beatamente sul braccio del dio Amon che
ha cura del piccolo e del povero». A questa intimità, che non è compresa da
chi ha il cuore gonfio d'orgoglio e mira a successi clamorosi, il poeta in
finale chiama tutto Israele: «In Dio speri sempre Israele! » (v. 3).
Dossologia
Ci renda fanciulli la grazia, ci colmi la gioia di
vivere: l'amore per tutti i fratelli ci ispiri inni e salmi di gloria.
Preghiera
E dunque, fa' di noi dei fanciulli che solo di te si
fidano, o Dio: e sereni affrontino i giorni; e tornino la notte come gli
uccelli tornano ai loro nidi: e tu a raccoglierci ogni notte all'ombra delle
tue ali. Amen.
«Ma è proprio vero che Dio abita sulla terra? Ecco, i
cieli e i cieli dei cieli non possono contenerti, tanto meno questa casa...»
(1Re, 8,27).
1 David tuo servo ricorda, Signore: di quante prove
dovette soffrire:
2 ricorda, Dio, il suo giuramento, quanto promise
al potente di Giacob:
3 «Che mai io abbia per me una casa e mai mi stenda
sul mio giaciglio,
4 ne sonno lasci a questi miei occhi, ne alle
membra riposo alcuno,
5 fin che non trovi per lui una tenda, la sede
degna al Dio di Giacobbe!».
6 Abbiamo udito che stava in Efrata, l'abbiam
trovata nei campi di Iaar!
7 Andiamo dunque alla sua dimora, a umiliarci
davanti ai suoi piedi.
8 Al tuo riposo ora vieni, Signore, vieni con
l'arca di forza e salvezza.
9 I sacerdoti tuoi orni giustizia, esulti il popolo
in canti festosi:
10 per grazia a David, amato tuo servo, tu non
rifiuti il tuo messia.
11 Così a David Iddio ha giurato, non sarà egli un
Dio che ritratta: «Sul tuo trono io voglio eletto del tuo sangue un frutto
regale!
12 Se al mio patto e ai miei precetti i figli tuoi
saranno fedeli, - la loro stirpe farò io regnare, sul trono staranno per
sempre».
13 Fu il Signore a scegliere Sion, lui a volerlo
per sua dimora:
14 «Il mio riposo è questo per sempre, questa è la
casa che io ho scelto.
15 Da qui farò maturare i raccolti, renderò sazi di
pane i suoi poveri,
16 i sacerdoti suoi vesto a salvezza e i suoi santi
inondo di gioia.
17 Potenza a David farò qui fiorire, al mio messia
preparo una lampada: 18 ai suoi nemici obbrobrio e vergogna, mentre su lui
splenderà il diadema».
Testo molto complesso e arcaico, questo «cantico delle
ascensioni» sembra essere un inno liturgico per la processione dell' arca e
per la dinastia davidica, le due «sedi» della presenza divina a Gerusalemme,
nello spazio e nella storia. Il carme è articolato su due tavole che
contengono due giuramenti. Il primo (vv. 1-10) è quello che Davide rivolge a
JHWH: «Che mai abbia una casa... finché non trovi una tenda per il Dio di
Giacobbe» (vv. 3-5). Si evoca, così, l'atto di Davide descritto in 2 Samuele
6 allorché il sovrano di Giuda trasferì l'arca dalla regione di Efrata,
attorno a Betlemme, e precisamente dalle compagne di Iaar (Kiriat-Jearim) a
Gerusalemme, la nuova capitale, da poco conquistata. Il primo quadro
tratteggia la processione commemorativa di quell'evento coi suoi cori, coi
sacerdoti, con l'assemblea. Il secondo giuramento è, invece, fatto da Dio
nei confronti di Davide e della sua dinastia: «Se i figli tuoi saranno
fedeli, sul trono tuo staranno per sempre» (v. 12). Si riprende qui la
promessa di Natan citata da 2Samuele 7 e nel Salmo 89 e la si vincola alla
fedeltà alla legge divina. Alla proclamazione della promessa segue un coro
sacerdotale di acclamazioni che si chiude con le immagini della luce e della
vita: la lampada, lo splendore del diadema e il fiorire della potenza di
Davide diventano nella liturgia del Tempio un segno della speranza
messianica.
Dossologia
Avrà il trono di David suo Padre, e non vedrà il
suo regno più fine: or l'universo è il nuovo suo tempio, tutta la storia lo
chiami «Signore».
Preghiera
Dio che l'intero universo racchiudi nell'atomo, Dio
che fai dell'uomo il riassunto cosciente dell'universo, e della piccola
ostia fai il dono più grande fra tutti i tuoi doni, perché nell'ostia
racchiudi te stesso: fa' del cuore dell'uomo il tuo tabernacolo e di tutta
l'umanità il tuo tempio, ora che il velo del tempio di pietre si è rotto e
la tua gloria si posa sopra la croce, là dove ogni vita umana si immola per
amore. Amen!
È COSÌ LA RUGIADA... «Allora David
intonò questo lamento: - O monti di Gelboe non più rugiada ne pioggia su
di voi, ne campi di primizie, perché qui fu avvilito lo scudo degli
eroi... - Saul e Gionata, amabili e gentili, ne in vita ne in morte
furon divisi; erano più veloci delle aquile, più forti dei leoni... -
Gionata, per la tua morte sento dolore; l'angoscia mi stringe per te,
fratello mio Gionata! la tua amicizia era per me preziosa più che amore
di donna» (2Samuele 1,17-26).
INNO ALL'AMORE E ALLA CONCORDIA
Canto
delle salite. Di Davide.
Ecco, com'è bello e com'è dolce
che i fratelli vivano insieme!
È come olio prezioso versato sul capo,
che scende sulla barba, la barba di Aronne,
che scende sull'orlo della sua veste.
È come la rugiada dell'Ermon,
che scende sui monti di Sion.
Perché là il Signore manda la benedizione,
la vita per sempre. Se volessimo trascrivere questo canto
della fraternità dell'Israele di Dio in chiave cristiana potremmo usare le
parole di Gesù nel testamento dell'ultima sera della sua vita: «Da questo
tutti conosceranno che siete miei discepoli, dall'amore che avrete a
vicenda» (Giovanni 13,35). Il tema del salmo è commentato attraverso una
duplice simbologia. Innanzitutto l'olio profumato usato nella consacrazione
dei sacerdoti (Aronne, il fondatore del sacerdozio ebraico): esso penetra
nel corpo e nelle vesti santificando e trasformando la creatura. C'è poi il
simbolo della rugiada dell'Ermon, il monte settentrionale della Palestina
(2760 metri): un'immagine di freschezza in un mondo assolato e bruciato. Con
un'iperbole s'immagina che questa rugiada sia come un'inondazione che dal
nord della Palestina scende al sud a bagnare anche l'arida Gerusalemme. L
'amore fraterno è, quindi, fonte di santità e di vita in un mondo dissacrato
e morto.
Dossologia
Trinità indivisibile e santa, confessarti e
cantarti vogliamo: sei il principio del nostro amore, della nostra concordia
il fine.
Preghiera
Dio, amico dei fanciulli e degli umili, tu vuoi
che ogni uomo ti sia amico ! Dio, unica fonte di comunione dei cuori,
rendici capaci di rinnovare l'amicizia con tutte le creature, e rinsalda la
nostra fraternità perché tutti ritrovino la gioia di vivere. Amen.
IL SANGUE NON CONTA Il sangue non conta niente da
solo. La linea del sangue può essere una trincea di oscuri istinti, di
interessi a volte mortali. Solo l'amicizia ha il divino potere di superare
il sangue, il censo, la classe, la razza, e fare che due esseri veramente si
amino, confortati dalla stima dell'uno per l'altro, accettando tutti e due
la rinuncia a prevalere, e a espropriarsi l'uno per l'altro. (E ho scritto
che anche la chiesa, se vuole essere vera, non può essere che una chiesa di
amici. Così la città, se vuole essere umana. Invece...). Invece desolate
selve di sassi sono le case. Attendiamo di emigrare da pianeta a pianeta, ma
siamo ancora più soli, e sempre più freddo ha il cuore... Tempi grami
viviamo. Tempi senza amicizia. Mondo senza fanciulli. Siamo tutti dentro a
un sistema nel quale l'uomo non conta più nulla. È il sistema più disumano e
ateo che si possa immaginare. Per questo crescono le solitudini, e le
desolazioni, e la disperazione. Oh, i giovani! Come sono eroici quei giovani
che riescono ancora a coltivare delle amicizie. I molti che soccombono non
si contano più. Queste non sono città! Sono termitai, deserti cintati di
cemento e da invisibili (ma non sempre invisibili) cavalli di frisia.
Lodatelo perché esiste e gioca nella creazione e gode
della stessa mia gioia. Lodate il mio Signore per ogni tristezza e dolore
per ogni goccia di gioia nascosta nelle case.
1 Benedite il Signore, o voi servi del Signore, che
abitate la sua casa e vegliate nella notte.
2 Innalzate a lui le mani, benedite il Signore:
3 benedica te da Sion Dio che ha fatto cielo e terra.
Con questa breve e spoglia benedizione si chiude la
collezione dei «cantici delle ascensioni» aperta dal Salmo 120. Preghiera
vespertina e notturna, questa lirica si svolge su due benedizioni. La prima
è contenuta in un appello indirizzato ai sacerdoti che abitano nel Tempio e
nella notte vegliano: i fedeli che stanno per lasciare il santuario chiedono
a questi «servi del Signore» di non lasciare mai spegnere la lampada della
lode divina (vv. 1- 2). I sacerdoti rispondono con la seconda benedizione
che viene impartita nel nome del Signore su tutta l'assemblea d'Israele (v.
3). «Colmaci, o Dio, con le tue festose benedizioni -dice un canto
sinagogale -accordaci vita e pace, gioia e sazietà secondo la tua
promessa!».
Dossologia
Misteriosa Trinità, una, santa, venerabile,
salva i figli di Adamo che ti cantano con fede.
Preghiera
Padre, fonte e ragione di ogni pietà, fa' che i
nostri monasteri ancora risuonino di musiche e canti e tornino ad essere le
verdi oasi sul cammino verso il Regno: almeno da essi tu abbia la lode del
cuore, e in essi ogni uomo trovi riparo alle sue solitudini. Amen.
«In quel medesimo giorno, verso sera,
disse loro: "Passiamo all'altra riva... " Nel frattempo si sollevò una
grande tempesta di vento e gettava le onde nella barca... Egli se ne stava a
poppa sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: "Maestro,
non t'importa che moriamo?". Destatosi, sgridò il vento e disse al mare:
"Taci, calmati!". Il vento cessò e vi fu grande bonaccia... Essi furono
presi da grande timore e si dicevano l'un l'altro: "Chi è dunque costui, al
quale obbediscono il vento e il mare?"» (Marco 4, 35-41).
1 Alleluja! Al Signore cantate! Lodate
il nome di Dio voi, servi di Dio, lodatelo
2 che nella sua casa abitate, negli
atri del nostro Iddio !
3 Lodate il Signore, egli è buono,
cantate al suo nome amabile:
4 Iddio si è scelto Israele, Giacobbe
per suo possesso!
5 lo so com'è grande il Signore, un
Dio che è sopra gli dèi,
6 e quanto decide egli compie, lo
compie in cielo e in terra, nei mari e in tutti gli abissi;
7 le nubi conduce per cieli la pioggia
con folgori annuncia, e il vento dagli antri scatena.
8 Colpì i primi nati all'Egitto,
dell'uomo e degli animali: -
9 il cuore ferì dell'Egitto, con
piaghe sovrano e servi.
10 Vibrò colpi a molte nazioni,
monarchi potenti uccise:
11 il re amorreo Seon, re Og e re
tutti di Canaan.
12 Le terre in possesso egli diede, le
diede al suo Israele:
13 Signore, è il tuo nome in eterno,
la tua memoria è per sempre.
14 Il popolo suo egli difende e sente
pietà dei suoi santi;
15 gli altri dèi oro e argento, tutti
idoli fatti dall'uomo:
16 la bocca non ha un accento, gli
occhi non posson vedere,
17 gli orecchi non possono udire, le
labbra non hanno un respiro.
18 Diventi così chi li ha fatti, chi
in loro ripone fiducia!
19 Da' lode a Dio, Israele, da' lode a
Dio, casa d' Aronne.
20 Da' lode a Dio, casa di Levi, voi
che lo temete, lodatelo !
21 E sia benedetto da Sion: Dio vive
in te, Gerusalemme. Alleluja!
Al Signore cantate! Questo inno
allelujatico, tutto intessuto di reminiscenze di altri testi biblici, è una
solenne celebrazione del Dio vivente che si rivela nella creazione e nella
storia della salvezza. Infatti, entro un'ampia cornice di lode e di
benedizione (vv. 1-4 e 19-21) si raccoglie una meditazione poetica in tre
strofe che professano le fede biblica. Il primo tema è quello della
creazione evocata nei vv. 5- 7 nelle sue strutture cosmiche e meteorologiche
fondamentali. C'è poi il tema della redenzione nella storia (vv. 8-14) con
la memoria dell'esodo dall'Egitto, della marcia nel deserto con gli incubi
dei re locali come i principi transgiordanici Seon e Og, della conquista
della terra di Canaan. Il salmo nella terza parte (vv. 15-18) passa, allora,
ad una polemica contro i falsi dèi, falsi creatori e falsi salvatori perché
essi sono inerti manufatti dell'uomo (vedi Salmo 115,4-8). Il Dio della
Bibbia appare, quindi, nella sua triplice qualità di Creatore, Redentore e
Vivente. Nella tradizione giudaica il nostro salmo dal v. 4 in avanti, unito
al successivo Salmo 136, costituisce il cosiddetto «Grande Hallel», la
grande lode della liturgia pasquale.
Dossologia
Sia gloria a Dio, il Signore, che ha
visitato e redento il suo amato Israele nel Cristo, l'atteso dei secoli!
Preghiera
O Padre, che hai compiuto opere
mirabili lungo tutta la storia di Israele, e hai colmato la misura del tuo
amore inviando nella carne il tuo Figlio diletto, manifesta ancora la tua
fedeltà per il mondo intero nel continuo esodo verso la libertà di cui tu
solo sei la profonda origine. Amen.
Io vorrei donare una cosa al Siignore,
ma non so che cosa. E non piangerò più non piangerò più inutilmente: dirò
solo: avete visto il Signore? Ma lo dirò in silenzio e solo con un sorriso,
poi non dirò più niente.
1 Cantate lodi al Signore: egli è
buono: eterno è il suo amore per noi.
2 Cantate lodi al Dio degli dèi:
eterno è il suo amore per noi.
3 Lodate il Dio che è sopra i potenti:
eterno è il suo amore per noi.
4 Soltanto lui ha compiuto prodigi:
eterno è il suo amore per noi.
5 I cieli ha fatto con somma sapienza:
eterno è il suo amore per noi.
6 Ha stabilito la terra sull'acque:
eterno è il suo amore per noi.
7 I cieli ha seminato di astri: eterno
è il suo amore per noi.
8 Il sole ha posto a governo dei
giorni: eterno è il suo amore per noi.
9 Luna e stelle a regger la notte:
eterno è il suo amore per noi.
10 I primi nati ha ucciso all'Egitto:
eterno è il suo amore per noi;
11 e da laggiù ha liberato Israele:
eterno è il suo amore per noi;
12 con la potenza del braccio disteso:
eterno è il suo amore per noi;
13 il mar dei giunchi divise in due
parti: eterno è il suo amore per noi;
14 in mezzo ha fatto passare Israele:
eterno è il suo amore per noi;
15 il Faraone e le armate sommerse:
eterno è il suo amore per noi;
16 e nel deserto ha guidato il suo
popolo: eterno è il suo amore per noi.
17 Grandi sovrani ha percosso e
ucciso: eterno è il suo amore per noi;
18 superbi principi ha sterminato:
eterno è il suo amore per noi;
19 Seon re Amorreo e Og re di Basan:
20 eterno è il suo amore per noi.
21 La loro terra ha dato in possesso:
eterno è il suo amore per noi;
22 come possesso a Israele suo servo:
eterno è il suo amore per noi.
23 Ha ricordato la nostra abiezione:
eterno è il suo amore per noi;
24 ci ha liberati dai nostri nemici:
eterno è il suo amore per noi.
25 È lui che da il cibo ad ogni
vivente: eterno è il suo amore per noi.
26 Cantate lodi al Signore dei cieli:
eterno è il suo amore per noi.
Ecco il «Grande Halle1», la solenne
lode che la liturgia giudaica riservava alla celebrazione pasquale, unendolo
al precedente salmo in una specie di grande Credo. In questo inno si
professava la fede storica di Israele nei suoi articoli fondamentali: la
creazione, l'esodo dall'Egitto, il dono della terra. Questi tre temi sono
espressi nel nostro salmo in 22 distici (vv. 4-25) tanti quante sono le
lettere dell'alfabeto, quasi a racchiudere in una sigla perfetta la lode al
Dio Creatore e Salvatore. Altri due testi biblici, Deuteronomio 26,5-9 e
Giosuè 24,1-13, raccolgono 10 stesso Credo con alcune varianti, attestando
così l'esistenza di una formula fissa liturgica. Che il nostro salmo sia
destinato alla liturgia appare anche dalle strutture per solista e coro. La
voce solista elenca le azioni di Dio, dalla creazione Cosmica alle piaghe
d'Egitto, dal passaggio del mar dei giunchi nell'esodo dalla schiavitù
faraonica alla traversata del deserto, dalla guerriglia contro i principi
beduini, come ire transgiordanici Seon e Og, all'ingresso nella terra
promessa. Il coro acclama continuamente con un'antifona kf le (olam hasdo,
«eterno è il suo amore!». È, quindi, un dialogo tra gli atti salvifici di
Dio e la fede riconoscente d'Israele.
Dossologia
Sia gloria al Padre nel Figlio e lo
Spirito: eterno è il suo amore per noi.
Preghiera
Dio del cielo e della terra, e di
tutti gli elementi, Dio del sole e della luna; e del vento, e delle nuvole,
e del mare; e degli esseri che vivono nelle acque; Dio di tutti i volatili
del cielo; Dio dell'uomo, dei fanciulli e delle donne; Dio dei poveri,
continua a compiere le tue meraviglie, a liberare gli oppressi dai potenti e
dai malvagi; e tutti i salvati ancora ti cantino: eterno è il tuo amore,
Signore. Amen.
POTER DIRE ANCHE NOI Poter dire anche
noi, ognuno di noi: - Egli si è degnato di chiamarci alla vita, chiamato
ciascuno per nome: eterno è il suo amore per noi. - E ci ha dato una mente e
un cuore, e occhi e mani, e sensi; e la donna ha dato a perfezione
dell'uomo: eterno è il suo amore per noi. - E ci ha donato la Grande Madre:
e la buona e umile terra, e i fiori: eterno è il suo amore per noi. - Ed
Egli stesso si è fatto uomo e ha fatto della terra il suo paese, e ha
consacrato il vino e il pane per il nostro cammino: eterno è il suo amore
per noi. - E ci ha dato lo stesso suo Spirito, estremo dono per cui siamo
liberi: eterno è il suo amore per noi. - E pur se provati da mali e
sventure, potati come vigne d'inverno, visitati dalla morte, ostaggi di una
civiltà di morte, braccati da forsennata morte, almeno qualcuno riesca
adire: eterno è il suo amore per noi. - Che tutti gli umiliati e offesi del
mondo, questo immenso oceano di poveri, possano un giorno insieme urlare:
eterno è il suo amore per noi. - Perché egli continua a sognare il Regno, un
regno di uomini liberi e giusti: eterno è il suo amore per noi - Per il
nostro atto di fede mai finito: eterno è il suo amore per noi.
Ma pregare è calmarsi; è placare e
vincere anche i più infernali furori. È disarmare il cuore, liberandoci da
queste beatitudini nere della vendetta; della morte che invoca morte. E però
tu, orante, devi farti voce: voce anche di tutti i disperati; anima
sanguinante di chi vuole sangue. Come Cristo sulla Croce: a gemere con lui
ogni gemito del mondo. «Il Signore disse: "Chiunque ucciderà Caino subirà la
vendetta sette volte". E il Signore impose a Caino un segno perché non lo
colpisse chiunque l'avesse incontrato... E Lamech disse alle mogli: "Ho
ucciso un uomo per una mia scalfittura, un ragazzo per un mio livido. Sette
volte sarà vendicato Caino, ma Lamech settantasette volte"» (Genesi
4,15.23-24).
1 Lungo i fiumi
laggiù in Babilonia sedevamo in pianto al ricordo di Sion.
2 Ai salici, là, in quella terra
appendemmo mute le cetre.
3 E là, i nostri oppressori ci
chiedevano canzoni, canzoni di gioia chiedevano quegli aguzzini: «Cantateci
i canti di Sion!».
4 Come cantare i nostri divini
canti in quel paese straniero?
5 Se avessi a dimenticarti,
Gerusalemme, pure la mia destra si dimentichi di me;
6 Mi si attacchi la lingua al
palato, se ti scordo, o Gerusalemme; se Gerusalemme non innalzo al culmine
di ogni mia gioia!
7 Ricorda, Dio, i figli di Edom
come nel giorno di Gerusalemme urlavano: «Abbattetela, distruggete le sue
fondamenta».
8 Figlia di Babilonia
sterminatrice: beato chi ti rende l'infamia che tu hai consumato contro di
noi !
9 Beato chi afferra i tuoi bimbi e
li stritola contro la roccia.
Ripresa ininterrottamente nella tradizione letteraria
di tutti i secoli (ultimo, forse, Salvatore Quasimodo), questa meravigliosa
e drammatica lamentazione degli ebrei esuli lungo i canali di Babilonia dopo
la distruzione di Gerusalemme del 586 a.C. dev'essere affidata solo
all'ascolto. La sua carica di disperazione e di speranza, l'asciutta forza
delle sue immagini, la folgorante intensità dello sdegno e della malinconia
sono intraducibili in un commento. L'amore viscerale per Sion,
l'impossibilità di cantare e di suonare le melodie del Tempio profanandole
in terra straniera, la brutalità degli aguzzini, i ricordi laceranti degli
Edomiti, vassalli d'Israele, che avevano collaborato coi Babilonesi a radere
al suolo la città santa diventano materia di una poesia sublime. In finale
resta sulle labbra la terribile maledizione per Edom e per Babilonia, la
sterminatrice: come tu hai fatto ai bimbi ebrei così - per la giustizia
biblica del taglione - altri sfracellino sulle rupi i tuoi bambini. Una
scena macabra, segno della «condiscendenza» del Dio della Bibbia nei
confronti di un'umanità oppressa che non ha come arma se non quella della
parole e dell'invocazione al Dio giusto vendicatore.
Dossologia Nelle tue mani, Cristo, affidiamo, questo
grido di oppressi e uccisi, perché tu dalla croce converta ogni gemito in
canto d'amore, e per te venga il Regno del Padre. Preghiera O Padre, dona a
quanti patiscono ancora schiavitù e violenza la sospirata liberazione da
ogni paese di morte: che nessun uomo sia strumento di oppressione, nessuno
più domini nessuno, e così nessuno abbia più a maledire nessuno; e tutti
siano figli tuoi, liberi e fratelli nel tuo Cristo. Amen.
«Grande Dio è il Signore. E degno di
ogni lode, terribile sopra tutti gli dèi. Tutti gli dèi delle genti un
nulla: è Dio il Signore che fatto il cielo e la terra»
(Salmo 96).
Per dirti, Signore, che non ti
preghiamo soltanto quando siamo disperati. Saggezza estrema è non chiederti
nulla, poiché tu sai ciò di cui abbisogniamo: lo sai e ci ami! E dunque, fa'
che non conosciamo gioia più grande di questa: di solo lodarti. E cantare
alla tua gloria:
1 A pieno cuore ti voglio cantare, renderti grazie,
o mio Signore: inni levarti davanti agli dèi
2 prostrato verso il santo tuo
tempio: rendere grazie al tuo nome, all'amore: o Dio, cantare la tua
fedeltà, perché hai reso glorioso il tuo nome rendendo gloria alla tua
parola.
3 Lo stesso giorno che ti ho
invocato tu hai risposto ridandomi forza.
4 Grazie ti renda ogni re della
terra per che ha udito la tua promessa.
5 Cantino tutti alle vie di Dio
perché la gloria sua splende sublime.
6 Eccelso è Iddio ma all'umile
guarda, e tiene d'occhio da lungi il superbo.
7 Se nell'angustia ancora precipito
tu mi trai fuori, o Dio e Signore: tu a dispetto e ira nemica stendi la
destra tua mano a salvarmi,
8 La sorte mia compirà il Signore
portando a termine l'opera sua: la tua pietà permane in eterno, non
interrompere, Dio, la tua opera.
L'incubo di un pericolo che attentava
alla vita dell'orante e dell'intero Israele si è dissolto; sulle labbra
sboccia un ringraziamento reiterato che il fedele innalza prostrato verso
l'aula sacra del Tempio, davanti alla corte celeste evocata con la locuzione
arcaica degli «dèi» (v, 1) piegati da JHWH e ridotti al rango di angeli, Con
la sua riconoscenza il credente diventa un testimone missionario del dono
ottenuto davanti a tutti ire e ai popoli, Tre sono i motivi per cui Dio non
resta muto e indifferente davanti al dolore del suo fedele, Innanzitutto per
la sua fedeltà nei confronti dell'alleanza che lo vincola al giusto (v, 2),
In secondo luogo perché il Signore sceglie sempre l'oppresso e il povero e
rifiuta il superbo e il potente (v, 6), Da ultimo la costanza della
provvidenza divina: Dio non crea l'uomo per abbandonarlo ai bordi di una
strada, ma lo segue sempre con amore paterno e premuroso, «portando a
termine l'opera sua» (v, 8), Anche Paolo scriverà ai Filippesi che «colui
che ha iniziato in voi quest'opera buona, la porterà a compimento fino al
giorno del Signore Gesù» (1,6),
Dossologia
Sia gloria al Padre, al Figlio, allo
Spirito, come in principio sia ora e per sempre,
Preghiera
Dio, immenso è il tuo amore quanto la
tua giustizia: donaci di credere con verità in te, di confessarti con degna
lode; di intrattenere con te la conversazione che conduce a salvezza: e tu
continua a usarci pietà. Amen.
Salmo 139 (138) SIGNORE, TU MI
SCRUTI E MI CONOSCI
Per noi invece è diverso. Per noi è
sempre da una nube che ci parli, Signore: dalla nube dell'inconoscibile. «Ed
entrati nella nube sentirono paura». Per noi pure il giorno si fa notte.
Così avvenne anche per Abramo, nostro padre nella fede. «Il giorno stava per
tramontare e un oscuro terrore...». Per noi tu, Dio, ti celi anche quando ti
sveli: quasi ad essere una «ri-velazione» ogni tua epifania. E per quanto il
sole sfolgori, è già molto se di te riusciamo a scorgere l'ombra che ci
passa di spalle, proiettata sulle pareti della spelonca. Dio, abbi pietà
della nostra notte. E sia come qui è scritto: «La notte sarà la mia luce e
la mia gioia».
1 Signore, tu mi scruti e mi
conosci,
2 tu sai quando seggo e quando mi
alzo, il mio pensiero tu scorgi da lontano.
3 Tu misuri il mio stare e il mio
andare, e familiari ti sono le mie strade.
4 Non ancora la parola mi suona
alla bocca che già tutto il discorso ti è noto, Signore.
5 Mi incombi da tergo, di fronte ti
urto, e tu sulla spalla mi posi la mano.
6 Meravigliosa tua conoscenza: per
me troppo alta, irraggiungibile !
7 Come smagliarmi dalla rete del
tuo Spirito e dove, dove fuggire dal tuo volto?
8 Se ascendo nei cieli là tu sei, -
se discendo agli inferi eccoti là!
9 Mi porti l'aurora sull'ali ad
abitare agli estremi confini del mare;
10 anche là la tua mano mi guida: è
la tua destra che mi afferra!
11 Se dico: «Certo la tenebra mi
coprirà e la luce intorno si farà notte»,
12 per te nemmeno la tenebra è
tenebrosa, e notte non c'è che non splenda come giorno luminosa: tenebra è
luce per te!
13 Sei tu che hai formato i miei
reni, che mi hai intessuto nel ventre della madre facendo del suo grembo una
tenda.
14 Grazie a te mirabile mi hai
fatto, o mirabile autore di prodigi ! Meravigliose le opere tue: l'anima mia
trabocca della loro conoscenza.
15 Non c'era del corpo mio una
fibra che ti fosse nascosta, quando fui costruito in segreto, ricamato nelle
viscere della terra.
16 Quando ancora ero un grumo
informe i tuoi occhi mi videro; e nel tuo libro già stavano scritti i giorni
che furono poi, quando ancora non uno di essi esisteva.
17 Come insondabili sono i tuoi
pensieri, mio Dio... quanto eccelse le loro cime!
18 Più fitti a narrarli che la
rena! Uscito dal sogno ancora con te mi ritrovo !
19 Oh, se tu, Dio, sterminassi
l'empio! Lungi da me, uomini sanguinari !
20 Parlano essi di te come di un
idolo: quasi tu fossi un dio del nulla, così sparlano di te.
21 Non devo forse, Dio, odiare
quelli che ti odiano? e non detestare coloro che ti si levano contro?
22 Io li odio con odio perfetto
come se fossero nemici miei.
23 E tu scandagliami, o Dio, scruta
il mio cuore, esamina e scruta i miei incubi!
24 Vedi se in me ci siano appena
tracce di idolatria! E raddrizzami tu sulla eterna Via.
Ecco un altro capolavoro del Salterio, un inno al Dio
infinito, onnisciente, onnipotente, un inno di grande potenza e di sovrana
bellezza nonostante un testo ebraico giunto a noi con molte lesioni e
oscurità. Il carme, di qualità sapienziale, rivela contatti con passi di
Geremia e di Giobbe: è stato composto, perciò, in epoca post-esilica (dal V
sec. a.C. in avanti). È difficile in poche note rendere ragione delle molte
ricchezze racchiuse in queste quattro strofe dedicate all'onniscienza (vv.
1-6), all'onnipresenza divina (vv. 7-12), alla creazione dell'uomo (vv.
13-18) e al giudizio divino sugli empi (vv. 19-24). Basti solo citare la
sorpresa dell'uomo quando vede che Dio conosce già il suo discorso sin dalla
prima parola (v. 4), la sua fuga da Dio in un folle volo nèi cieli, negli
inferi, verso l'aurora e fino agli estremi confini d'occidente (vv. 8-9), la
tenebra che si fa trasparente allo sguardo di Dio (vv. 11-12), la
«tessitura» del feto nel grembo della madre, un ricamo di ineguagliabile
bellezza (vv. 13-15), la biografia di ogni uomo scritta già da Dio nel suo
libro prima ancora che i nostri giorni esistano (v. 16), l'acre sdegno per
gli empi che si illudono di spezzare l'opera divina (vv. 19-22)... È il
canto dell'incontro tra due misteri, quello infinito di Dio e quello
dell'uomo creatura «mirabile» (v. 14). Dossologia A colui che su tutto ha
potere più di quanto possiamo pensare, per il Cristo che opera in noi nello
Spirito gloria nei secoli. Preghiera Dio, o Grande Occhio, come il tuo nome
significa: vigile Onnipresenza che tutto vedi e sai, fa' che pure noi
vediamo te sia che tu rifulga in chiarità dalla tua sede di stelle, sia che
tu incomba come ombra nella notte; e là dove più ti pensiamo assente, come
nella ingiustizia e nella sofferenza, là soprattutto rivelati con tutta la
potenza del tuo amore. Amen.
MENTRE AMO IN ESSI LA TUA OPERA
«Io odio in coloro che odiano la tua
legge la loro iniquità, ma amo in essi la tua opera. Odiare di odio perfetto
non è odiare gli uomini per il fatto che essi sono viziosi... è invece
odiare nei viziosi ciò che viene dal male e amare ciò che viene dall'uomo...
È avere per l'iniquità un odio così totale che, per amore del colpevole, si
prega per la sua conversione» (S.Agostino).
QUESTA INTERIORE NOTTE
Questa interiore notte ove luce
nessuna rompe un attimo la tenebra compatta; questa notte, coltre di morte,
immobile mare ove il grido è rottame inutile. Notte nemica, ove nessuno è
presente a segnare il punto del tuo viaggio: nessuno a dirti la distanza
della terra, del cielo; mia notte, spazio non di vita, non di morte, ove non
è dato sapere se una qualsiasi speranza d'approdo sia ancora possibile:
questa inanimata notte è mia dimora, Signore, il mio elemento ove m'immergo:
e tu, tu, o Assente, la mia lontanissima sponda.